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Recensione Ristorante
“Bottura copia Bottura”
Sottotitolo : la lenta ed inesorabile evoluzione statica.
Un grande, grandissimo interprete dell’alta cucina contemporanea. Che propone i suoi piatti-simbolo ma non li lascia immobili e statici. Qui alla Francescana è un continuo evolversi. Alcuni punti di riferimento di base fanno da pilastro a parti ed elementi in continua e dinamica modificazione. Dicono che l’arte contemporanea sia destinata a questo, alla perpetua contaminazione, commistione ed evoluzione. L’opera, in quanto oggetto statico, perderà con il tempo significato. Lasciando spazio a concetti, forme, in sostanza opere in movimento. Come i piatti di Massimo, apparentemente uguali ma perennemente diversi. Alcuni dei suoi più famosi sono usciti dal menù, perché non consentivano più (o almeno in questo momento) l’applicazione dello stile Francescana. Fatto di continui e perpetui movimenti di dettaglio, infinitesimali, costanti, intensi e pervasivi. Un lavoro di una squadra fantastica, motivata, con un bagaglio tecnico invidiabile dal mondo intero. E qui, in via Stella, è evidente ed appariscente lo stile imposto dal capo, il leader, che ha gettato il seme del continuo cambiamento alla ricerca della perfezione. Un seme che sta crescendo e sta diventando una realtà consolidata. Basso Profilo, Altissime prestazioni. Parafrasando una delle colonne portanti di questa Francescana, quel Beppe Palmieri che gestisce una sala che rasenta la perfezione, con una squadra anche in questo ambito motivata e professionalmente molto preparata.
“Bottura copia Bottura” è la sintesi di un pensiero teso alla ricerca del continuo miglioramento. Quasi maniacale. Perché Massimo, e non ne avrebbe affatto bisogno, continua a mettersi in discussione. Raggiunto un traguardo, un piatto acclamato, disperde per ricostruire. Ed ha congegnato un menù che è l’emblema del viaggio. Un viaggio Italiano, un viaggio che può essere tranquillamente la nostra bandiera in giro per il mondo, ed il Massimo nazionale il suo ambasciatore. Un pensiero provato e progettato nei minimi particolari, un’operazione di alto pensiero politico, nel senso più nobile di questo termine. Un menù che rende orgogliosi noi italiani di fronte a tutti gli avventori che arrivano qui, da ogni parte del globo, per conoscere la Francescana. Ecco quindi che i piatti, nuovi e vecchi, hanno subito un lavoro su rotondità e voluttuose e avvolgenti costruzioni che hanno reso questi ultimi molto più comprensibili, decifrabili ma al contempo anche decisamente consistenti. Piatti che oggi rasentano la perfezione stilistica. Sornioni ? No … nulla di tutto questo. Genialmente evoluti, anche per il più pazzo ed appassionato gourmet. Che non difettano di eleganza, persistenza, personalità, e riconoscibilità. Con il percorso sensazioni a sancire ancora, se ce ne fosse bisogno, che il pensiero, la costruzione è articolata lungo tutto il percorso gustativo. E che ogni piatto ha un senso nel punto in cui è collocato, e che si finisce da dove tutto ha avuto inizio. Qualità tipica solo di pochi, grandissimi, interpreti. La direzione intrapresa è quella di una macchina che si avvia, dalla fase prototipale, all’alta produzione di gamma. Con continuità, giorno dopo giorno, servizio dopo servizio. Perché ormai i fari sono tutti puntati in via Stella. E noi abbiamo bisogno oggi, come non mai, di un punto di riferimento che ci renda orgogliosi in giro per il mondo. Qui, in via Stella, dove Massimo sta compiendo l’ennesima rivoluzione, facendo esplodere un quartiere intero con la sua ristrutturazione profonda. Tra un anno la Francescana avrà un volto diverso, ed anche i suoi piatti, ne siamo convinti. No, non fatevi ingannare dalle foto. Troppo superficiale il solo sguardo. Il segreto è dentro la Francescana, in via Stella, destinazione paradiso … paradiso città.
Granita di mandorla, capperi, caffè, agrumi (foto di apertura)
pane
il mare – cannolicchio ricostruito …
e brodo di distillato di cannolicchi, intenso e pervasivo!
baccalà, salsa alle olive … e molto altro di nuovo 😉
Un branzino che diventa un coniglio alla cacciatora … al mare, sulla spiaggia
Un’ostrica che si trasforma in agnello, anche qui apparentemente uguale ma diverso, tanto diverso
green – caglio di parmigiano, polvere d’erbe, funghi, asparagi e …
piccione, il suo ristretto, rape acidulate, rafano fresco
Un colpo di classe : Italia-Francia. Una salsa di una finezza e concentrazione imbarazzante
La rottura del confine fra dolce e salato : un pre dessert a base di faraona 🙂
Globo – menta, acetosellaOxalis acetosella (nome comune Acetosella dei boschi) è una piccola pianta alta fino a 12 cm, appartenente alla famiglia delle Oxalidaceae. Il nome comune della pianta deriva dal sapore acidulo (ma anche aspro) delle foglie usate anticamente come condimento per le insalate e che ricorda appunto l'aceto. Anticamente (nel Medioevo) si usava come condimento. Al pari dell'acetosa arricchisce di sapore... Leggi, sambucoIl sambuco è un genere di piante tradizionalmente ascritto alla famiglia delle Caprifoliacee, che la moderna classificazione filogenetica colloca nella famiglia Adoxaceae. I fiori del sambuco trovano impiego in erboristeria per la loro azione diaforetica. Con i fiori è possibile fare uno sciroppo, da diluire poi con acqua, ottenendo una bevanda dissetante che è molto usata in Tirolo, in Carnia... Leggi, limone e ….
Eccoci qui, dove tutto ha avuto inizio. Mandorla, capperi, limone e …
alcuni dei vini in abbinamento …
il pregio : Lo statico movimento continuo
il difetto : Non si può parcheggiare nelle vicinanze
OSTERIA FRANCESCANA
Via Stella 22
41100 Modena
Tel +39.059.210118
Chiuso il sabato a pranzo e tutta la domenica
Menù euro 100 (tradizione)- 140 (classici)- 180 (sensazioni)
Alla carta euro 130 -170
Visitato nel mese di Maggio 2012
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Alberto Cauzzi
Ne voglio sentire parlare ancora! P.S.: grazie per la foto del riesling, mi mancava nel resoconto.
no grignani no
Ciao Alberto, felice d’aver condiviso con te la tavola per questo pranzo. Ancora una volta all’Osteria Francescana per un saggio del meglio di quello che può dare oggi la grande ristorazione in Italia e nel mondo. Ore di piacere e serenità, di grande gusto, di scambio e di crescita nelle idee. All’insegna del carattere distintivo della parte più fertile della grande cucina contemporanea, nel solco della quanto mai moderna e tuttora attuale visione del grande illuminista Pietro Verri il quale auspicava la necessità di oltrepassare il “grossolano nodrimento” della cucina “assaporativa e dormitiva”. Ed ecco dunque, a emblema (qui, com’è quasi sempre, l’inizio è decisivo), il gran bicchiere messo, prima cosa, in tavola da Beppe Palmieri (mitico!), contenente solo alcune gocce di un trasparente e concentratissimo distillato di ginepro (ottenuto secondo formula in uso da 150 anni) poste in acqua con ghiaccio. Colpo di teatro, da vero maître. Un preludio tonificante che, sorseggiato conversando con te e con Beppe in attesa dello starter, andava nella sua ben composta e pur straordinaria intensità a rinfrescare, aromatizzare, aprire e risvegliare le papille prima di iniziare il percorso. Segnale inequivocabile, non da ultimo tra tutte l’altre cose ironicamente sovversivo rispetto a taluni finali a suon di gin (tonic?). E quindi in seguito, a mezzo della ricchezza del gusto (…palatale? sì, certo, anche se la cosiddetta centralità palatale del gusto …semplicemente non esiste! :) ) che evolveva di portata in portata, era stato naturale a un certo punto durante il pranzo andare con la mente a quello che è il tema della più importante rassegna mondiale d’arte contemporanea, a cadenza quinquennale, che si sta aprendo proprio in questi giorni in Germania: ''documenta 13''. Rassegna che di volta in volta enuncia un’ipotesi su quello che è il margine creativo del mondo in relazione alle arti visive, ma, e fin dalle sue origini, non solo (ad esempio cinque anni fa a documenta 12 tra gli altri era stato invitato anche Ferran Adrià). Il tema, come hai detto molto bene associandolo alla cucina di Massimo Bottura, e come qui vado a ripetere, è quello della perpetua contaminazione delle culture, della loro commistione e continua evoluzione. L’opera in quanto oggetto statico va a perdere significato lasciando spazio a concetti, forme, in sostanza dando vita ad opere in movimento. Che senza rinunciare affatto a una loro specifica fisicità si mettono piuttosto in una rete di relazioni più ampia dove ha sempre meno senso la separatezza delle varie culture (scientifiche, artistiche, materiali, sociali ecc.). Gli invitati a documenta 13, artisti e non, di ogni parte del mondo e di ogni cultura, propongono il loro lavoro in una grande varietà di relazioni e di contesti. Non esiste titolo definitivo per una rassegna che nella sua sede naturale e al di fuori di essa è in progress, non esiste il canonico catalogo ufficiale, al posto del quale sono stati prodotti cento libri di non grande dimensione che affrontano ciascuno un tema. (…e quanti altri ‘cento’ memorabili possiamo affiancare: …Cento partite sopra passacagli di Girolamo Frescobaldi… …Le cento vedute del monte Fuji di Hokusai… …Cien años de soledad di Gabriel García Márquez… …I cento piccoli romanzi fiume di Giorgio Manganelli…). E, ancora, altro parallelo, sono ormai appunto sull'ordine del centinaio le creazioni che ho provato nel corso di questi ultimi anni alla Francescana, attraverso le quali lo chef italiano che ci porta nel mondo ha affrontato nell’ambito delle cultura cibo ogni sorta di temi, da quelli per così dire già classici a quelli che come classici se li ritroveranno, fruttuoso lascito, le generazioni future. Nel nostro caso specifico, per tutto il corso della dozzina circa di passaggi, il piacere del gusto, tanto nelle certezze conclamate di molti piatti, non statici ma in continuo ulteriore affinamento ed evoluzione, e altrettanto in alcune sorprendenti sottili novità di ben centrati ossimori italo-francesi (su tutti il culmine della straordinaria successione interattiva ‘piccione’-‘pasta’ con una salsa mirabile a collegamento), aveva pervaso tutto il nostro pranzo. E nulla lasciava certo presagire quello che di lì a pochi giorni doveva succedere. Una tragedia che sarebbe andata a sconvolgere un’ampia parte della regione emiliana. Allora, anche dopo aver manifestato la propria solidarietà, come pure dopo aver visto l’iniziativa a favore dei terremotati messa in atto dall’Osteria Francescana, ecco che un dubbio potrebbe ancora insinuarsi fino a farci arrivare a chiedere se, con le plurime crisi in atto che colpiscono ormai tutte le nostre attività, lo stare qui a parlare d’arte e di alta cucina abbia sempre un senso. La risposta è sì, non solo ha ancora un senso è piuttosto un’esigenza, affatto accessoria o secondaria, quanto, al contrario, indispensabile, vitale, perché dietro a tutto quello che è qualità, dietro a tutto quello che in ogni settore è fatto di radicate storie e nello specifico di invidiato made in Italy, c’è un incredibile investimento in passione e in lavoro che poi dal punto di vista tanto economico che simbolico riverbera sull’intera comunità. Dirlo non starebbe a chi è qui come semplice appassionato, e fuori di qui come comparsa in uno sceneggiato d’apprendisti stregoni, ma può anche darsi che un mondo, può darsi che un nostro modo di essere possa venire per un certo tempo messo in discussione o forse persino, come da un terremoto, sconvolto. Ma in ogni caso l’Emilia e l’Italia per ripartire hanno e avranno comunque bisogno di avere dei punti di riferimento tanto nelle loro basi che nelle loro eccellenze. Massimo Bottura e tutta l’Osteria Francescana, oggi diventati nel mondo ambasciatori della nostra cucina, anzi della nostra cultura, nel loro lavoro che non smette di crescere e che fa scuola col cuore e con la mente restano sempre un riferimento tanto per il presente che per il futuro. Nell’accezione più vasta possibile: W la cucina! che fin dalle sue origini è strumento fondamentale della formazione evolutiva dell’umanità, indispensabile materialmente e simbolicamente per la sua perpetuazione.
Bravo Gianni, bella nota. L'unica cosa che ti manca è il senso del conflitto. Hai una visione troppo inclusiva delle cose.
Una curiosità... Alberto Cauzzi sei tu qui? (Però dice Beppe Cauzzi...)
Dice, per la precisione, "Beppe! (Palmieri n.d.r.) dov'è Cauzzi ?" Comunque si, sono io ...