Passage 53, Paris. By Orson
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Difetti
Recensione ristorante.
La forza di un movimento gastronomico si misura nella quantità di chef di livello alto o altissimo che possiede e, ancor più, nella rapidità con cui si producono i loro ricambi naturali.
E allora ci si può anche divertire a parlare di crisi francese, celebrare la morte dei cugini e i fasti di Spagna, Italia, Scandinavia che verrà, ma i numeri rendono la discussione poco più di un’amena provocazione.
Quanti stellati attuali sono passati da Passard (che, by the way, non ha 80 anni, ma 53, e altri ne formerà…)?
Oggi siamo già ai nipotini se è vero che dall’Astrance vengono fuori 2 satelliti come Yam’tcha e questo Passage 53, che sembrano garantire che nella trasmissione dei saperi le cose oltralpe vadano benone.
Il ristorante, piccolissimo, molto curato, è nelle mani di Mr. Sato, che oltre all’Astrance è passato dallo stellato giapponese Aida (magnifico!), affiancato da un’équipe di sala dal garbo straordinario e ha ambizioni sicuramente più alte di quanto l’understatement faccia pensare.
Due soli menù, 65 e 85 euro, entrambi a mano libera dello chef ( Barbot ci ha preso 3 stelle, perché non provarci? ), in cui si coniugano a puntino tecnica e prodotti francesi con l’essenzialità del gusto nipponica e in cui l’unico limite -a voler fare i difficili- sta nel voler forse, fin da subito, giocare al plebiscito ( difficile uscire insoddisfatti, difficile che un singolo piatto possa essere meno che buono; difficile, altresì gridare al miracolo ).
Si capisce tutto già dall’amuse-bouche: crema di potimarron con emulsione di caffellatte. Finissimamente giocato sul dolce con venature amare, lunghissimo e soave in bocca. Piatto d’alta scuola.
Segue la tartara di vitello ( di Hugo Desnoyer, ovviamente ) con ostriche, finocchio e mela: anche qui tutto giocato in finezza, con materia d’eccezione ( la temperatura un po’ troppo bassa della carne rende forse il sapore più etereo del dovuto ).
Bellissima alla vista e gradevole al palato, anche per la consistenza del calamaro, l’emulsione di cavolo con mandorla e, appunto calamaro, ma ancora migliore la cappasanta alla plancia, ( in apertura ) su un’emulsione ( la terza, seppur buonissima ) di noce fresca.
Si osa un po’, con ottima riuscita, col foie grasIn francese significa letteralmente "fegato grasso" ed è definito dalla legge francese come "fegato di anatra o di oca fatta ingrassare tramite alimentazione forzata”. È uno dei prodotti più famosi e pregiati della cucina francese. Esistono tipologie di 'foie gras' non derivate da animali sottoposti ad alimentazione forzata. Spesso il fegato grasso è associato all'alta cucina francese e internazionale per... Leggi, succo caldo di clementine: ancora un piatto d’alta scuola, con in più un tocco spiazzante nella calda temperatura del brodo che pure non è mai stucchevole. Lo segue il miglior piatto della serata: il merluzzo caramellato, variazione di funghi shiitake, borragine. E’ straordinaria la tecnica, ma più ancora l’idea che lo rende un piatto di terra, di bosco con i funghi come fulcro e il merluzzo di servizio e contrappunto.
A precedere il main dish di carne, un brodo vegetale di verdure di stagione ( anche qui, Joel Thiébault, ça va sans dire ,garanzia di qualità, ormai onnipresente a questi livelli ) che è di una ricchezza gustativa memorabile, poi arriva l’anatra colvert, salsa al cioccolato, legumi di stagione: chiudete gli occhi, siete all’Astrance.
Dolci ineccepibili, su traiettorie classiche: gelato alla vaniglia su gelatina di prezzemolo e mela granny e, ancor più, la tartelette di cioccolato con gelato al caffè.
Carta dei vini con belle chicche a prezzi interessanti, come l’Aligoté di Coche-Dury a 50€ (purtroppo assente alla chiamata per errori di approvvigionamento e sostituito con Saint Aubin 1er cru Charmois 2007 di Ramonet che non entusiasma). Servizio professionale, già pronto alla certa, prossima stella (anche se il locale è ignorato sia da Gault Millau sia dalla recente Fooding cartacea).
il pregio : Finezza passardiana e materie prime straordinarie.
il difetto : Un po’ di prudenza di troppo per un talento così.
Passage 53
Sato.
53, Passage des Panoramas, Parigi
Tel: 0033 1 42 33 04 35
chiuso: domenica e lunedì
numero coperti: 20
alla carta: no
menu degustazione: 65€, 85€
Visitato nel mese di Novembre 2009.
Visualizzazione ingrandita della mappa
orson
Orson, i colori del merluzzo mi inquietano un po' ma se dici che è stato il miglior piatto mi fido più del tuo palato che della foto.
Le foto non rendono (ci sono grossi problemi di luce, è un posto un po' da coppiette;)), sulle cotture stai tranquillo: millimetriche, in termini di tecnica qui siamo ai vertici.
Solo posti da fighetto a luci basse, vero Orson? :-)
Voci false e tendenziose;) Le luci basse, poi, a ristorante non è che aiutino (la futura recensione su Senderens sarà praticamente senza foto a meno di miracoli del Presidente)
li mortè pero'....65 o 85 euri di menu', mica poco....come, se non piu', della bigarrade. Comunque sempre buone critiche, anche se il locale lo trovo orribile. Lo provero' presto..
Neo stellato, con merito
Anticipazione: le stelle diventano 2
Secondo me le vale.
Ecco la dimostrazione che per mangiare bene non occorre svenarsi su un 3 stelle (vedi commento su Pre Catelan). Basta e avanza svenarsi, un po' meno, su 2. Il prezzo del menu degustazione e' salito insieme al numero delle stelle (ci vogliono 120 euro ora) e soprattutto la carta dei vini ha proposte disproporzionate rispetto al budget cibo. Infatti a stento si trovano buone bottiglie sotto i 100 euro. Noi siamo usciti con un conto cantina di 200 euro (e non eravamo neanche completamente ubriachi...). Dato che ci siamo parliamo dell'altro aspetto negativo, anche se alla fine "amusant", della toilette al piano superiore, a cui si accede tramite scala a chiocciola del diametro di 50cm. Si sale con piedi e mani... Si sconsiglia di andarci a cena inoltrata quando l'alcool riduce le capacita' motorie. Tutto il resto e' enormemente positivo. Anche la sala, malgrado sia piccola, ha una gran classe e ci si sta benissimo. La cucina poi e' entusiasmante, una successione dai tempi perfetti di preparazioni in crescendo mai grasse. 12 preparazioni in totale: prima volta in vita mia che dopo una tale maratona non mi sento pesante, pur avendo abbastanza quantita' in ogni piatto da apprezzarne tutte le sfumature. La crema di potimarron e caffe au lait la propongono ancora (e fanno bene). Poi caviale francese con spaghetti di patata (esplosivo). Scampi con crema di cavolfiore e cavolfiore in carpaccio (insomma questo ci ha convinti un po' meno, scampo con odore troppo marcato). Rombo di cottura magnifica, sapore divino. Merluzzo caramellizzato con porcini e castagne, una gioia. Poulet de Bresse stupendamente cotto con marmellata di mele cotogne, piacere puro. Per capire poi che tutto questo, dal mio punto di vista, era un crescendo di sapori per arrivare ad un piatto quasi commuovente, di una bonta' semplice ma totale, completa: petto di piccione appena cotto, consistenza burrosissima, salsa perfetta + tortino di fegato di piccione (sembra di stare in Toscana) + pure di carote. BINGO: uno dei commensali non apprezza il piccione al sangue e me ne sbaffo 2 porzioni. Dolci intelligenti nel senso che dopo un "enfilade" del genere non si puo' partire su quantita' eccessive di burro e zucchero (come invece successo a Pre Catelan). Quindi Macedonia, Sorbetto, Pera con biscotto, Variazione sul fico (questa non proprio riuscitissima), Torta al cioccolato (piccola, si puo' anche finire). Da provare assolutamente.
Grazie dell'aggiornamento, Luca. Questa è una scommessa (facile) vinta da PG: ci andammo che non aveva nemmeno la stella, oggi a leggere il tuo commento mi sa che il 16 gli va stretto. Ci torneremo senz'altro.
stettissimo ;-)
Se questa bella realtà non si è rovinata neanche dopo la seconda stella, penso possa aspirare a durare un bel po' ed a superare indenne anche un eventuale riflusso del fenomeno gastrobistrot. Per certi aspetti i ragazzi del Passage (ho un bel ricordo anche della sala) mi ricordano un certo cuoco, che agisce in quel di Torriana, e che non si è montato più di tanto la testa neanche quando in tanti hanno cominciato a dirgli che è il nuovo Pierangelini.