L’urgenza di trovare una voce
Azabu10 è un ristorante nato e cresciuto con una velocità quasi anomala, spinto da un’urgenza: quella di cercare subito un’identità, di prenderla, plasmarla, metterla in discussione e ridefinirla. È un processo ancora in atto, iniziato con l’apertura nel 2023, e che oggi si traduce in una proposta tanto personale quanto polarizzante. L’influenza orientale, evidente nel nome, nei gesti e in qualche tratto estetico, viene usata più come chiave di lettura che come punto di approdo.
Lo spazio è contenuto, eppure riflette bene il clima che vi si respira: concentrazione, ascolto, un ritmo preciso e ben scandito. Il servizio accompagna l’esperienza senza sovraccaricare, lasciando che siano i piatti a parlare. E parlano con una grammatica chiara, già riconoscibile: acido, fermentato, iodato. Non c’è nessuna volontà di compiacere, piuttosto la voglia di definire un’identità netta, anche a costo di spingersi oltre la zona di comfort del commensale.
Andrea Arcieri è l’artefice di tutto questo. Giovane e con uno stile che ha già inquadrato la sua traiettoria. E se l’irrequietezza resta una cifra dominante, è un’irrequietezza che produce struttura e punta in alto.
Esperienza ad alto voltaggio
Il percorso si sviluppa attraverso una sequenza serrata di micro portate – tra le 23 e le 25 – che si susseguono con logica interna, senza mai perdere tensione. L’esordio è già un manifesto: acidità netta, sapidità controllata, note fresche che aprono il palato. Da lì in poi, ogni passaggio è un tentativo di spinta. Si percepisce la volontà di mantenere sempre alta la soglia dell’attenzione, e questo comporta inevitabilmente una saturazione parziale, che però sembra messa in conto. È come se la cucina di Azabu10 accettasse deliberatamente di essere eccessiva in alcuni punti, pur di non risultare mai piatta. Le fermentazioni e le frollature dei pesci sono i pilastri che portano alla proposta culinaria profondità, slancio e nervo. Si avvertono nei Nigiri serviti nel menù OmakaseIl termine omakase significa “lasciare fare al cuoco”, ed è ciò che in Giappone, alla fine di una dura giornata lavorativa, più si preferisce fare: non prendere decisioni. Ecco, non prendetevela se non vi sarà dato di sapere il prezzo dell’omakase fino alla fine del pasto, né se non avete la minima idea di cosa state mangiando; ricordatevi di specificare... Leggi, ma anche nella costruzione ritmica della degustazione, che alterna spigoli e morbidezze con una regia da fuoriclasse. Alcune portate si impongono per chiarezza e precisione. In altri casi, invece, la stratificazione rischia di comprimere il messaggio: l’eccesso di componenti o di sovrapposizioni aromatiche può indebolire l’efficacia complessiva, soprattutto quando la concentrazione gustativa si fa troppo monocorde sul versante acetico o umami. Ma anche questi passaggi più faticosi sembrano fare parte del disegno.
Azabu10 è un ristorante in movimento. E come tutti i luoghi che non si accontentano di stare fermi, vive di accelerazioni e di tentativi continui. Non tutto è compiuto, non tutto è risolto, ma la direzione è ben tracciata. E merita attenzione.
IL PIATTO MIGLIORE: Tutti i nigiri, ottimi e ben eseguiti tecnicamente.
P.S. non abbiamo nesso le didscalie ai piatti perchè comunque hanno un ritmo di cambiamento elevato, non troverete facilmente gli stessi piatti da una settimana con l’altra.
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