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In Svizzera non c’è solo il formaggio ‘con i buchi’

di Adriana Blanc

Curiosità e folklore a proposito del feticcio elvetico: il formaggio

Quando si parla di Svizzera, l’immaginario collettivo impone immediatamente i verdi pascoli erbosi abitati da centinaia di mucche felici e l’ottimo formaggio “con i buchi” che si produce con il loro latte. Tutto vero, ma da quando ho iniziato a frequentare questo meraviglioso Paese, ho capito che la realtà supera di parecchio l’immaginazione.

Il culto del latticino tra mongolfiere e legge marziale

Il formaggio, in Svizzera, rappresenta una vera e propria religione. Il latticino non solo piace, ma è idolatrato. Basti pensare che gli svizzeri ogni anno ne mangiano oltre 20 kg a testa (la media europea si attesta attorno ai 17 kg pro-capite) e che l’amata fondue è il piatto festivo per antonomasia del periodo autunno-invernale, regina delle cene tra amici e del banchetto di Capodanno. Un tale successo quello della fondue, che dopo essere stata adottata pressoché in ogni cantone, ha visto svilupparsi in tempi recenti la tendenza del posto-più-strano in cui mangiarla, pranzi in mongolfiera e cene in scenografici igloo incluse.

 Gli elvetici sono talmente ossessionati dal formaggio che, se alle nostre latitudini è tutto un fiorire di sushi all-you-can-eat, qui di pari passo vanno i ristoranti che propongono raclette “a volontà”. Un piatto tanto amato che perfino al supermercato è possibile trovare una moltitudine di varietà di formaggi già tagliati e pronti per preparare questa prelibatezza a casa propria. Sì, perché per non incorrere nello stigma sociale, uno svizzero che si rispetti in casa deve avere due arnesi fondamentali: il caquelon per la fondue e il fornetto (nelle sue svariate forme) per la raclette. E sfoderarli almeno un paio di volte all’anno. Minimo.

Se non vi avessi ancora convinti dell’importanza che il formaggio ricopre all’interno di questo paese, pensate che negli anni ’90 la Nazionale Svizzera di sci alpino decise addirittura di farlo indossare ai propri atleti sotto forma di allegra tutina attillata.

Ma il mio dato folkloristico preferito ha origini ben più antiche, risalenti addirittura al XVI sec., quando tra i pastori nacque l’usanza di richiamare il bestiame attraverso un canto simile al celebre jodel, il “Ranz des vaches” (o “Kühreihen”, canto dei vaccai) tipico della regione della Gruyère. Ebbene, se già non fosse abbastanza l’invenzione del poetico e melodioso richiamo con cui le mucche, una per una, nome per nome, erano chiamate a tornare in stalla, a colpire è il fatto riportato da Jean Jacques Rousseau nel suo Dictionnaire de la musique del 1768: “[…] il famoso Rans-des-Vaches, quell’Aria tanto amata dagli Svizzeri che era proibito sotto pena di morte suonarla nelle loro truppe, perché quella faceva disertare o morire coloro che lo udivano” perché, riporta l’autore, suscitava in loro “l’ardente desiderio di rivedere la loro patria.”

Italia e Svizzera, un matrimonio che s’ha da fare

A tutelare e promuovere questo bendidìo, oggi articolato in più di 700 specialità casearie e una produzione globale di circa 210.000 tonnellate, è Formaggi dalla Svizzera, che con il recentissimo lancio della campagna “+ che Svizzeri” punta a dare ulteriore valore ai suoi prodotti d’eccellenza e a farli conoscere in giro per il mondo.

L’evento di apertura tenutosi lo scorso 13 marzo a Milano, ha visto assegnare i sei più famosi formaggi svizzeri – Emmentaler DOP, Le Gruyère DOP, Appenzeller, Tête de Moine DOP, Raclette Suisse e Sbrinz DOP – ad altrettanti grandi nomi della cucina italiana – Niko Romito, Gianluca Gorini, Davide Caranchini, Stefano Vola, Antonio Guida e Luigi Taglienti – chiamati a creare un piatto con uno di questi formaggi.

Lo stress-test definitivo – e ampiamente superato – del latticino, che ha saputo abbinarsi magistralmente anche negli accostamenti più ostici, come quello di Antonio Guida e la sua Triglia avvolta in foglia di bieta e tartare di calamari all’Appenzeller.

Tutto quello che avreste voluto sapere sul… formaggio

Formaggi dalla Svizzera mette poi a disposizione degli utenti un sito web veramente nutrito di contenuti. Dalla ricetta per realizzare una perfetta fondue moitié-moitié, ai luoghi più strani in cui mangiarla, passando per l’elenco delle tipologie di formaggio suddivise per le loro caratteristiche… se avete una domanda sul formaggio, questo è il posto in cui troverete una risposta.

Alcune curiosità

La maggior parte dei formaggi svizzeri non contiene lattosio
I formaggi a pasta extradura e dura non contengono lattosio, poiché la maggior parte viene rilasciata nel siero durante il processo di caseificazione e la restante è eliminata attraverso il processo di stagionatura. Al novero è possibile aggiungere anche i formaggi a pasta semidura e alcune tipologie di formaggio molle, che, pur contenendo qualche traccia di lattosio, sono ben tollerati dall’organismo.

L’autentico formaggio svizzero “con i buchi” è soltanto l’Emmentaler DOP
Non l’Emmental, non il Groviera, che possono essere prodotti in altri paesi. Dal 2000 il solo e unico formaggio con i buchi svizzero è l’Emmentaler DOP. Emmentaler si traduce letteralmente come “proveniente dalla valle dell’Emme”, l’area di produzione storica di questo iconico formaggio.

La produzione è interamente biologica e attenta al benessere degli animali, immersa in scenari da favola
In un Paese che ha chiamato il suo popolo a votare circa l’opportunità o meno di tagliare le corna delle vacche adducendo che ciò provocasse una sofferenza inutile dei bovini, superfluo dire che il benessere degli animali è sempre tenuto in grandissima considerazione. Io stessa in occasione di una passeggiata in montagna ho assistito all’inusuale scena di un branco di maiali che saltellavano, letteralmente, liberi per i prati, sprizzando gioia da tutti i pori. Sul tema gli elvetici sono avanti, c’è poco da dire.

Nel 2002 i produttori di formaggio hanno poi volontariamente deciso di attenersi a norme ancora più stringenti di quelle dettate a livello europeo, rinunciando all’impiego di coloranti artificiali e conservanti ad azione antibiotica. I casari svizzeri ne hanno fatto un vero e proprio dogma: non utilizzerai altro all’infuori di latte, batteri lattici e caglio.
Il risultato è un prodotto completamente naturale e di altissima qualità. Qualità che deriva dal fatto che i due terzi dei formaggi provengono da piccole realtà artigianali, saldamente legate al territorio e solitamente immerse in scenari da favola, dove le mucche brucano l’erbetta fresca di montagna e scorrazzano felici nei pascoli dalle tonalità verde smeraldo.

Alla scoperta dell’oro bianco svizzero

Un utile – e dilettevole – modo di scoprire l’ingente ricchezza casearia di questa nazione, è sicuramente quello di partire e mettersi in viaggio. Spesso dimentichiamo che la Svizzera non è poi così lontana. Il Ticino è giusto al di là del Lago di Como, e già qui è possibile trovare un infinito numero di caseifici e alpeggi, magari approfittando dell’occasione per concedersi una piacevole escursione.

Numerosi sono anche gli eventi legati al mondo del formaggio: i più famosi sono gli Swiss Cheese Awards, una sorta di Premio Oscar del formaggio che si tiene in autunno, ma non mancano le iniziative locali, come il Cheese-Festival che andrà in scena a Lugano il 1° aprile. Numerose iniziative saranno presentate anche sul territorio italiano a cura del distaccamento nostrano di Formaggi dalla Svizzera, che nelle prossime settimane sarà presente in numerosi punti vendita e attraverso punti di contatto diretto con il consumatore, tramite l’utilizzo di immagini, QR code, concorsi e molto altro.

Tutte ottime occasioni per scoprire quant’è effettivamente buona l’erba del vicino.

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