Passione Gourmet Rinaldini - Passione Gourmet

Rinaldini

di Thomas Coccolini Haertl

Nel Lambrusco un metodo classico nascosto

Continuiamo con le tappe emiliane dedicate alle cantine che lavorano le uve Lambrusco (e non solo) con metodo classico o la tradizionale rifermentazione in bottiglia, detta anche ancestrale. Ci orientiamo da Reggio Emilia verso Parma, seguendo il tracciato della Via Emilia, nel cuore della pianura. In lontananza, verso sud c’è lo skyline dell’Appennino emiliano, mentre verso nord, solo nelle giornate più limpide si può intuire, in lontananza, la fine della grande pianura, confinante con le prealpi veronesi. Deviando di poco dalla storica Strada Statale 9, la via Emilia appunto -voluta dal console romano Marco Emilio Lepido per unire Piacenza a Rimini, intorno al 189-187 a.C.- andiamo in direzione collinare e dopo poco, nel mezzo di estesi vigneti, troviamo la cantina di Rinaldini, Azienda Agricola Moro.

È una della cantine che vanta più storia, nel contesto reggiano, costruita verso la fine degli anni ‘60, sfruttando un’antica cascina risalente al 1884, collocata fra i 15 ettari di vigne oggi lavorate in lotta integrata. Tutto nasce con Rinaldo Rinaldini, che veniva dal mondo della ristorazione, i cui vini e salumi erano del tutto artigianali e nei piatti si ritrovava la tradizione emiliana più autentica. Sotto sotto, già ai tempi del ristorante di famiglia, cresceva in Rinaldini la conoscenza, ma anche l’ammirazione per il metodo champenois, andando proprio all’origine francese di questa lavorazione, che poi lo spinse a divenire viticultore. Furono recuperate delle vecchie vigne e perseguito il criterio di uscire dal concetto di conferimento a quelle che di lì a breve sarebbero diventate le grandi cantine cooperative emiliane, sicché ben presto tutta la famiglia mutò la propria attività concentrandosi solo sul mondo enologico. E arrivando a oggi, si è perfettamente conservato questo spirito famigliare, nella trasformazione delle uve curata da Paola Rinaldini, assieme al marito Marco Melegari e al figlio Luca, con la conduzione enologica di Luca Zavarise.

Attualmente, sono 90.000 all’anno le bottiglie prodotte, con tre etichette di vini bianchi da uve grechetto gentile, chardonnay e malvasia aromatica di Candia per il passito Lieto Evento; ma soprattutto 9 etichette di vini fra rosati e rossi, sottolineando in particolare lo storico Moro del Moro IGT, audace esempio di vino fermo da uve lambrusco Pjcol Ross, che evolvono nelle barrique francesi all’interno delle cantine sotterranee. È uscito in commercio nel 1988, anche se per svariati anni non è stato prodotto in quantità sufficiente per la vendita, ma solo per il consumo famigliare. È un vino che nasce dalla grande passione dei Rinaldini per l’Amarone, da cui infatti eredita la tecnica di lavorazione; quindi nulla di nuovo o di segreto, ma in Emilia, qua nel reggiano in particolare, le lavorazioni con appassimento e l’utilizzo del legno per le lunghe soste di affinamento, non erano pratiche tradizionalmente perseguite dai viticultori. Il taglio di questo vino prevede il Lambrusco Pjcol Ross che rilascia struttura, tannicità e un’adeguata dose acida, sommato a una parte di ancellotta che concede in particolare colore ed equilibrio finale.

La stessa tipologia di Lambrusco che caratterizza un’altra etichetta molto nota, non solo fra i reggiani amanti delle bollicine: il Pjcol Ross Lambrusco Spumante rosso metodo classico. La cosa curiosa di questo esemplare Lambrusco è che in etichetta non viene dichiarato che si tratta appunto di metodo classico, mentre in verità, la famiglia lo ha sempre fatto così. Ed è questo l’oggetto della nostra esplorazione. Il Lambrusco Pjcol Ross è un antico vitigno autoctono focalizzato nella Val d’Enza, dal rendimento molto basso, notoriamente coltivato da tempi immemorabili. Da queste parti si diceva che lo si “maritava” agli olmi, cioè veniva coltivato appoggiandosi agli alberi di Olmo che un tempo, in mezzo alle nebbie delle pianure, ne caratterizzavano la linea dell’orizzonte. Con il progredire delle nuove tecnologie vitivinicole e l’esigenza di lavorare grandi quantità di uva, nei decenni il Pjcol Ross è stato sostanzialmente accantonato. Famiglia Rinaldini a parte, ovviamente. Quando papà Rinaldo acquistò le terre, c’era anche un piccolo vigneto di Pjcol Ross e fu nonno “Moro” a volere farne una vinificazione in purezza, ottenendo fra l’altro dei risultati allora molto incoraggianti. Ricetta vincente non si cambia, così grazie agli ottimi risultati ottenuti, questo Lambrusco in purezza è arrivato fino ai giorni nostri.

Nel mentre, l’azienda si è ingrandita crescendo negli spazi e nella qualità dei macchinari, con le due cantine completamente sotterrane, ove proprio come agli inizi, si affinano le bottiglie di spumante con il remuage eseguito rigorosamente a mano! Un’altra parte è dedicata alla barricaia  per la stagionatura dei vini fermi, mentre nella vecchia stalla che faceva parte degli edifici, si trova un piccolo museo enologico, il banco di degustazione e la vendita. Tutta la produzione si basa sulla lavorazione delle sole uve di proprietà con allevamenti ad alta densità -intorno alle 4.000 piante per ettaro- e bassa resa di 90/100 q/ha. Oltre al Pjcol Ross si lavorano i vitigni autoctoni dei Lambruschi Maestri, Salamino e Marani, nonché le tre uve per i bianchi che dicevamo prima, su terreni a 60 m slm, verso sud, di fronte alle cosiddette colline Matildiche (ovvero le terre di Matilde di Canossa, su cui si potrebbe approfondire tanto). La denominazione territoriale è quella dei “Colli di Scandiano e di Canossa” e del “Reggiano”. Rispetto alle tante cantine modenesi, ad esempio, che si estendono a nord della Via Emilia, andando nella direzione del fiume Po, qua ci si trova su profondi terreni ghiaiosi, che garantiscono un elevato drenaggio, al di sotto della parte superficiale più fertile della terra.

Durante la preistoria, un ramo del torrente Enza scorreva proprio al di sotto degli attuali vigneti di Rinaldini e la popolazione che si era stanziata in zona vi aveva costruito un villaggio di palafitte. Il torrente aveva dunque formato, nei secoli, la sedimentazione della ghiaia che caratterizza l’attuale terreno. Mentre al tempo dei romani, gli insediamenti lungo la via Emilia avevano necessitato di bonifiche e già da allora si hanno testimonianze delle coltivazioni della brusca vitis”, con ritrovamenti di anfore vinarie.

La degustazione

Ma veniamo alla degustazione del metodo classico non rivelato Pjcol Ross Lambrusco Spumante rosso, 11,50% Vol. con il millesimo quindi non dichiarato, tanto quanto non viene precisata la sboccatura, pur sapendo che viene usualmente prevista una sosta sui lieviti per un massimo di 12 mesi. Gli zuccheri residui sono di circa 10,00 gr/l, che lo rendono sicuramente uno spumante di stampo tradizionale. Si presenta di colore rosso porpora pieno, pur lasciandosi penetrare in parte dalla luce, con un profumo complesso di frutta rossa matura, contrastato da una delicata nota di rabarbaro e di cantina, mentre al  palato tratteggia ancora dettagli vinosi; è un vino adeguatamente tannico e  franco, diciamo senza fronzoli, esemplare nella persistenza delle bollicine fini e nella lunga coda percettiva piacevolmente ancora fruttata e delicatamente asprigna.

Il Pjcol Ross di Rinaldini è quindi uno spumante che si deve provare, proprio per l’unicità di questo vitigno di cui non si parla nelle tante altre cantine della zona. Un altro valido motivo per sostare in queste terre emiliane, dove oggi come oggi le grandi quantità sono validamente affiancate da produzioni di nicchia ed etichette ricercate, che incuriosiscono anche solo per il fatto di poter bere un raro metodo classico rosso. Fuori dagli schemi, fuori dalle convenzioni. Voto 87/100

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