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Réva

Vino
Recensito da Giulia Carelle

Un nuovo progetto a Monforte d’Alba

Sono 181 le MeGa (Menzioni Geografiche Aggiuntive) del Barolo. La summa del lavoro di mappatura voluto dal Consorzio di Tutela vede tra le sue protagoniste anche la menzione di Cannubi, una collina da sempre tanto ammirata quanto contesa. Lasciando da parte le vecchie diatribe tra i produttori, oggi si può dire di esser arrivati a una nutrita e affiatata flotta di produttori che esprime, con decisione e fierezza, le rispettive parcelle i cui confini definiscono caratteristiche e differenze reali, fatte anche di differenti momenti di maturazione che determinano altrettanto differenti approcci stilistici in fase di vinificazione. 

Cannubi

Un’unica collina, più bassa rispetto a Brunate e Cerequio, che si distende a nord-est ariosamente dal paese di Barolo e che in sequenza le sue interne micro cinque zone prendono il nome di Cannubi Muscatel, Cannubi San Lorenzo, Cannubi Valletta, Cannubi (storici) e Cannubi Boschis. Quest’ultima, assieme al Cannubi Muscatel, vanta un’esposizione più uniforme. Sappiamo che all’interno ci sono diverse conformazioni geologiche ed esposizioni: a sud e al centro, nelle zone più alte, troviamo parti più sabbiose intervallate ad arenarie di Diano, mentre nella parte più a sud (Cannubi Boschis) le marne di Sant’Agata fossili. Il nome Cannubi, salito alla ribalta nei primi anni ’80 del Novecento, apparve già nel 1595 come uno dei grand cru di Barolo e, ancora prima, in un testo di Amato Amati che lo menziona nel borgo cuneese di Torresina il quale, in epoca medioevale, era governato dalla famiglia omonima: Cannubi, appunto. Al netto di questi documenti piace sempre pensare che l’origine del nome, vista l’armonia e l’eleganza che i vini raggiungono nel tempo, derivi dal latino connubium: matrimonio. Un pensiero che, seppur antico, evoca tutto il fascino di questo vigneto e del primo momento, quasi di imbarazzo, che si ha quando sul tavolo appare una bottiglia con su scritto, in etichetta, “Barolo Cannubi”. 

Il progetto

Recentemente, proprio nel cuore pulsate di Cannubi, si è affacciata questa nuova giovane realtà, nata nel 2011, che ha iniziato la sua avventura condividendo gli spazi della struttura del Resort omonimo a Monforte d’Alba. E, appunto, i vini sono a marchio Réva e, come in ogni conoscenza reciproca, dopo i primi anni di studio e rodaggio da parte del giovane team capitanato da uno degli enologi di punta delle Langhe, Gianluca Colombo, oggi si inizia a marcare il mercato in maniera più profonda.

Réva è, senza dubbio, una realtà in via di espansione e lo fa col carattere di chi sceglie di lavorare al proprio progetto passando dall’educazione dei propri vini. A conferma della loro definizione “Réva è molto più di un’azienda vitivinicola, è un organismo agricolo”, l’abbraccio dei vigneti è così ampio da riuscire ad esprimere molte delle sfaccettature del terroir delle Langhe e delle sue grandi uve protagoniste: dolcetto, barbera, nebbiolo.

Ben gli 35 ettari di proprietà, 23 dei quali a conduzione biologica distribuiti in 6 diversi comuni. Per mettere ancora più a fuoco i vini, serve tecnologia e spazio, ed ecco perché recentemente la produzione si è spostata in Frazione Annunziata (Località Gallinotto), a La Morra. Ogni momento, dalla vendemmia alla vinificazione, viene studiato nei dettagli e in cantina non mancano momenti di sperimentazione con nuove presse e nuove diraspatrici. Anche sui legni si è trovata la formula perfetta per definire il proprio stile, certamente d’ispirazione tradizionalista – “giacosiana” – in cui ritrovare agilità di beva, precisione e freschezza. 

Lo scopo è descrivere al meglio l’annata e il vigneto e, dopo anni passati a studiare il Ravera, la novità del 2020 è appunto il Cannubi 2016 a cui si affiancheranno altri emblematici progetti, come il Barolo Lazzarito e la messa in produzione, in quindici ettari di vigneti, a Roddino, di un Alta Langa a base pinot noir e altri vini a base di uve native (barbera, dolcetto e nebbiolo).  Il filo conduttore che lega tutte le referenze unisce un gusto che fotografa freschezza, serbevolezza e gusto.

Barolo Cannubi Docg 2016

Una vitalità che oggi si catapulta in questo nuovo nato che, proprio per questa sua impostazione produttiva fa inebriare per fibra voluttuosa e giovinezza.

A Cannubi Réva gestisce una piccola ma preziosa parcella di circa 0,3 ettari nella parte storica. Una vigna esposta ad est con una altitudine di 320 metri s.l.m., con un terreno composto da marne calcaree tortoniane ed elveziane con presenza di sabbia e microelementi. Una realtà che si distingue e dona vini armonici e dalla tannicità elegante. 

Vinificato solo nelle annate migliori, la 2016 è la prima annata che al suo debutto appare già equilibrato, fine e affatto austero. È giovane ma non per questo privo di complessità. Al naso la spezia leggera e la cipria, impattano la scena introno a una golosa parte fruttata. La lieve tostatura in ingresso è ciò che caratterizza i primi momenti dell’assaggio, dal buon potenziale di sviluppo. In ogni etichetta sono raffigurati degli animali, un ritratto della spontaneità di Réva; quei disegni, nati come schizzi durante una degustazione, hanno dato vita anche al gufo che identifica il Cannubi e che, secondo la tradizione popolare, è simbolo di un’ottima annata.

Barbera d’Alba Doc Superiore 2018

Una delle più emblematiche selezioni di Réva, e che meglio rappresentano la filosofia di questa giovane azienda. Si tratta di una Barbera Superiore – vocalmente “fuori dal coro” – giovane e scalpitante. Un rosso che si spinge al limite senza pensare che sia impossibile trasformare l’immagine del nome del vitigno e del suo gusto, giustappunto non esita a farsi scrutare nelle sue molteplici sfaccettature: intensa, d’impatto e ricca di frutto, la caratteristica che la contraddistingue è l’acidità dirompente ma al contempo elegante e fine, in “stile Réva“. Sicuramente sinonimo di grande potenziale di invecchiamento, l’acidità contornata dal frutto e dalle spezie rende la beva gradevole e tutta da vivere.

 

 

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