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Vini in anfora

Vino
Recensito da Sofia Landoni

Assaggi dal mondo

Dialogare con un elemento come l’argilla, come la terra, è qualcosa che dà continuità al lavoro iniziato in campo”. Così Elisabetta Foradori racconta la sua scelta di utilizzare le anfore per la vinificazione delle proprie uve e, così, mostra l’emozione di chi questa terra la tocca con mano tutti i giorni. Il rispetto verso di essa e verso il vigneto passa attraverso la consapevolezza di non aver compreso ancora tutto della vigna, della pianta, della natura. In questa continua scoperta risiede il punto più interessante del mestiere del vignaiolo, che entra in relazione con il vigneto e con la natura come fossero interlocutori. E, di fatto, lo sono realmente.

Sono molte, ad oggi, le cantine che si sono avvicinate a tale metodo produttivo, solitamente parte di un quadro agronomico ed enologico di tipo biodinamico, ma non necessariamente. L’utilizzo delle anfore in vinificazione è una pratica che appare come una moda, come l’invenzione dei giorni nostri, e invece altro non è che la prima ancestralissima forma di contenitore atto ad ospitare il processo fermentativo che trasformava già nel 5000 a.C. il mosto d’uva in vino. Un ritorno alle origini, quindi, con la consapevolezza di oggi, che non si basa su un mero romanticismo o su una nostalgica restituzione di tradizioni fini a loro stesse, ma bensì su studi scientifici e su reali effetti riscontrabili nei vini.

Il contenitore in terracotta risponde concretamente all’obiettivo di ottenere vini identitari, pregni del proprio carattere varietale e individuale. Vini figli del proprio terroir, che non vengono coperti o deviati dall’aromaticità del legno ma, al contrario, vengono scortati in affinamento dalle necessarie microssigenazioni che ne permettono l’evoluzione. Talvolta le anfore vengono interrate, così da mantenere una costante condizione termica favorevole all’attività dei lieviti e alle fasi della vinificazione. Altrettanto frequentemente, all’utilizzo dell’anfora viene associata la macerazione delle uve, con durate anche piuttosto lunghe. Questa pratica garantisce, innanzitutto, un maggior contenuto polifenolico nel vino, riducendo il rischio di ossidazioni e consentendo quindi un minore – o del tutto assente – utilizzo di solforosa. Inoltre, le macerazioni apportano una complessità aromatica e strutturale nettamente superiore a quella di un vino ottenuto con separazione immediata delle vinacce, nelle quali risiede buona parte del carattere di un vino. Ciò vale per i rossi – come di norma si è abituati a pensare – ma anche, e soprattutto, per le uve a bacca bianca. E spesso sono proprio queste le più emozionanti; sono i vini bianchi a sorprendere per la nitidezza dell’impronta che portano in calco, segno del passaggio in anfora e segno del proprio carattere finalmente espresso, finalmente raccontato in tutta la sua articolata profondità.  Le anfore restituiscono il realismo di vini espressivi e cesellano il profilo di vini fini, dritti, tesi. Nessuna rotondità e nessuna morbidezza di matrice legnosa è concessa, questa volta, alla bacca, che si riappropria della sua personale e unica tridimensionalità.

Nessun estremismo, però. Sarebbe poco realistico, infatti, generalizzare un metodo produttivo estendendolo indifferentemente alla “vinificazione” intesa come processo, ignorando il timbro caratteriale della varietà di uva che si ha per le mani. Esistono alcuni vitigni che, a fronte di certe spigolosità e di certe rudezze estreme, richiedono il supporto del legno come un compagno complementare; necessitano del suo tannino ellagico e della sua mitezza, sempre con l’accortezza di una gentile discrezione. Ed è forse questa intelligenza, scaturita dall’osservazione senza preconcetti, che rende un vignaiolo simile a un artista. In questo sta la sua grandezza e la sua abilità. In questa capacità di guardare e di modulare il proprio agire sulla base di ciò che c’è, spesso nuovo e diverso dalle aspettative. La capacità di rompere il proprio equilibrio in favore di quello spostamento che, da sempre, significa camminare.

NIKA BAKHIA_ RKATSITELI DATO NOAH 2016 (Georgia)

Rkatsiteli 100%

Macerazione e fermentazione delle uve con i raspi in anfore Kveri per 6/8 mesi

L’impatto olfattivo è nettamente salmastro. Apre, poi, il sipario su un’intricata trama di incenso, spezie ed essenze orientali, con l’eco di qualche nota terrosa di fungo. In bocca emerge l’impronta speziata, agitata da un particolare timbro di vinaccia che rimanda alla percezione pungente della grappa. La percezione tannica non mette in discussione l’equilibrio, che scandisce il sorso e che determina una bella bevibilità.

GELVERI-MANUFACTUR_ KETEN GOMLEK 2015 (Turchia)

Keten Gömlek su piede franco 100%

Macerazione e fermentazione delle uve con i raspi nelle anfore Küps; svinatura e poi affinamento nelle stesse per 5 mesi

Immediatamente si intuisce la sua origine vulcanica. Una traccia di zolfo emerge con protagonismo dal bouquet, che si anima nello sfondo di qualche nota fruttata di albicocca e qualcun’altra di spezie dolci. Ricordi di mirra, cenere e fumo di pipa regalano una complessità interessante, che si ritrova nel sorso. È un vino dritto, nettamente fresco, tagliente. Proteso in una tensione nervosa ma piacevolissima, imprime alla bocca un nerbo astringente di origine tannica.

CLAUS PREISINGER_ GRUNER VELTLINER 2016 (Austria)

Gruner Veltliner 100%

Fermentazione a grappolo intero e macerazione sulle bucce per 4 mesi; affinamento in anfore di terracotta e barrique di rovere usate

Si intravede la sua inclinazione acidula già al naso, dove regala suggestioni di succo di albicocca e frutta gialla. Sullo sfondo, la trama terrosa, che suggerisce una complessità forse ancora in potenza, tutta da svilupparsi nel tempo a venire in bottiglia. Conferma la sua giovinezza al palato, con un sorso tagliente, dritto, che predomina ancora un po’ troppo sul corpo e sulla rotondità materica. Troverà il suo equilibrio certamente fra qualche anno, quando la bella freschezza si tramuterà nell’eleganza di cui è precursore.

CASTELLO DI LISPIDA_ AMPHORA ROSSO 2016 (Italia)

Sangiovese 100%

Fermentazione e macerazione sulle bucce per 6 mesi in anfore georgiane; affinamento nelle stesse per 8 mesi

Naso che bascula fra la frutta rossa e una nota lattica, sintetizzandosi in un ricordo di yogurt alla fragola. Il grip di bocca denota una certa giovinezza, rendendo l’assaggio di questo vino forse ancora un po’ prematuro. Saluta la bocca con il fascino di una trama vagamente speziata

TISSOT_ POULSARD AMPHORE MAGNUM 2017 (Francia)

Poulsard 100%

Fermentazione e macerazione sulle bucce per 3 mesi in anfore; affinamento nelle stesse per 3 mesi

Frutta scura, al naso, che si avvicina alle tinte della mora e del ribes nero. Lo sfondo si compone di tracce terrose e di quelle di cuoio, da cui fuoriesce inaspettatamente una nota di felce e di talco. Esercita il suo ossimoro nella percezione di bocca che concilia una certa morbidezza con un carattere impetuoso e sensibilmente tannico. Ricorda la vinaccia, la terra, il fumo di un camino. La sua “rudezza fine” lo rende attraente e lascia presagire un’ulteriore evoluzione da assaporare fra altri anni.

1 Commento.

  • Federico28 Giugno 2019

    Peccato una non menzione agli straordinari prodotti che si fanno in Romagna con il passaggio in anfora degli Albana...

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