Cucina Rambaldi

VALUTAZIONE

Cucina Moderna

16,5/20

PREGI
Possibilità di scegliere tra un menù tanto regionale quanto uno creativo.
La curiosa carta dei “Lenitivi” e i loro pairing.
DIFETTI
Il parcheggio decentrato rispetto al ristorante.

Villar Dora da Oscar

Vigarano Mainarda e Villar Dora, così, d’impeto, sembrano due paesi che hanno poco da spartire tra loro. Uno in Emilia, l’altro in Piemonte. Qualche vocale, al massimo qualche consonante in comune nei loro nomi. Eppure, scavando per raccontare il ristorante Cucina Rambaldi, scopriamo che i due paesi condividono un albero genealogico comune, che si ramifica tra queste due regioni, grazie al cuoco di cui raccontiamo.

Giuseppe Rambaldi è infatti il nipote del premio Oscar Carlo Rambaldi, nato proprio a Vigarano Mainarda, nella bassa ferrarese. Da quella Bassa, Rambaldi senior ha saputo proiettarsi sino ai set di Hollywood, diventando uno dei maestri indiscussi nella cinematografia internazionale nel campo degli effetti speciali. Dai commoventi occhioni di E.T. fino alle possenti zampe di King Kong, stile e cura del dettaglio appartenevano – e appartengono – al suo talento. Il nipote Giuseppe non ha seguito le orme hollywoodiane dello zio, ma lo spettacolo, qui a Villar Dora – all’imbocco austero tra la Val di Susa, con la Sacra di San Michele a fare da guardiano, e la sabauda Torino poco distante – prende vita comunque, e lo fa in tavola.

Una cucina fuori dalle rotte

Qui, Rambaldi si rivela come uno dei cuochi più contemporanei e dotati dell’attuale panorama nazionale. Ne avevamo già raccontato nelle nostre visite precedenti, lasciandoci condurre tra piole e salse verdi, senza mai castrare o inibire i guizzi di questo cuoco, capace di orchestrare ad esempio uova e acciughe in una merenda sinoira reloaded. L’accoglienza, nel frattempo, non è cambiata.
Milena Pozzi, in sala, maître e moglie di Rambaldi, dimostra tutta la sua esperienza nell’accogliere e nel far sentire davvero come a casa – nella cucina di casa – l’ospite. Non a caso se, appena arrivati, è presentata la carta dei cosiddetti “Lenitivi”: bocconi o tapas da abbinare a liquore o vermouth, dal nome antico ma capaci di raccontare tutta la loro modernità grazie al loro varietale aromatico pressoché infinito. È il caso della Frisella con cozze, pomodorino giallo e pastis in abbinata. Servito rigorosamente con acqua e ghiaccio, questo liquore dall’anice dominante incontra il morso croccante della frisella, su cui poggiano mitili e pomodorino. Godurioso e lenitivo! Le stoviglie sono deliziosamente retrò, eppure la cucina di Rambaldi – affrancata, ma non rinnegata, dall’esperienza passata con Scabin – rivela un’identità precisa e autoriale.

C’è stato il tempo del dolce, dell’amaro, dell’acido. Ora la sfida è la scala del sapido. La narrazione di questa brigata studia con cura i frattali del mondo sapido e di quello salato.

Una timbrica che, all’incedere di ogni portata, accelera fino ad arrestarsi bruscamente (ma con ragionata dovizia) nel Savarin di finocchi, cuore di vitello e cardoncello – di cui parleremo tra poco. Veniamo dunque al prima! Come per i lenitivi d’apertura, la vera forza della Cucina (di) Rambaldi sta in quell’approccio delicato ma chirurgico, istintivo negli abbinamenti ma orchestrato magicamente nella successione del servizio. Ne è esempio il Cavolfiore, bollito nell’acqua di governo della mozzarella e latte di cocco, poi rifinito in crosta di sale: un piatto che srotola l’elenco sensoriale tattile-olfattivo del lattiginoso, nei suoi diversi livelli concentrativi. Il Burro innestato con le stesse spore del Gorgonzola sferza, con la sua sapidità muffata il vegetale cui è abbinato. È un cavolfiore gratinato al palato, ma non sovrastato dalle consuete note grasse di burro, besciamella & affini. Il Carciofo alla brace con ostrica e salsa al vino è voluttuoso nella salsa magistrale, carnoso nell’ostrica, vibrante nel carciofo che ha detto addio a qualsiasi velleità di astringenza. Come? Con il pairing dell’infuso delle stesse foglie del carciofo, basilico e ginepro. Rambaldi capovolge anche l’Animella, partendo dal servizio: qui le vongole e cipolla in ceviche. La canonica arrostitura cede il passo alla brasatura con l’acqua delle vongole appena aperte. La sapidità si sposa con l’acidità punk della cipolla in ceviche. L’animella, scaloppata in sottili fette quasi in brodo, acquisisce una nuova masticazione, fondendosi con la callosità della vongola. Giusto un Kumquat scavato, riempito con tequila e granita di limone, funge da stacco pubblicitario da 5 secondi che riposiziona la sequenza. Le verticalità sapide ora smussano la loro direzione, curvano verso la dolce morbidezza del già citato savarin di finocchi, con Finocchi marinati nella barbabietola (a mo’ di insalata siciliana, dove il nuovo agrume è la viola radice), salsa di salmì, cuore di vitello e cardoncello. Un multistrato carne-fungo, con un salmì concentrato in grado di reggere entrambi senza nascondere la croccante vitalità del finocchio osmotizzato.

Rambaldi non rincorre la modernità, semplicemente perché sembra appartenergli per istinto. Fuori da rotte note, fuori da liturgie preconizzate. Tutti tratti che si traducono in una cucina dove ogni piatto è in grado di posizionarsi su diversi livelli di altezza – contemporaneamente – senza mai avvitarsi in manierismi temibili.

IL PIATTO MIGLIORE: Burro erborinato e cavolfiore.

La Galleria Fotografica:

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Giacomo Bullo

Prima come cuoco, annoverando esperienze nel campo gastronomico fino al foraging nostrano, oggi come narratore amante del buon cibo in tutte le sue forme ed espressioni. E’ convinto sostenitore dell’esistenza, in qualche dizionario sconosciuto, della gastrofilia: nei suoi racconti, il tentativo di definirla. Let’s do it!

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VALUTAZIONE

Cucina Moderna

16,5/20

PREGI
Possibilità di scegliere tra un menù tanto regionale quanto uno creativo.
La curiosa carta dei “Lenitivi” e i loro pairing.
DIFETTI
Il parcheggio decentrato rispetto al ristorante.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menù degustazione a 65€ e 85€. Alla carta sui 70€

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