Il circuito di Guido Paternollo
È il 1994 quando Annie Leibovitz immortala con una foto, che farà storia nel mondo della pubblicità, un Carl Lewis ai blocchi di partenza con ai piedi due fiammanti tacchi rossi. Il claim storico: “La potenza è nulla senza il controllo”. Ebbene in questa nuova visita al Pellico 3 nel cuore meneghino, la cucina di Guido Paternollo si mostra ancora convincente e ben pensata.
Un claim gastronomico
Prendiamo allora lo spunto dalla campagna Pirelli per fare alcune osservazioni. Il primo, legato sicuramente al background di questo cuoco-ingegnere che dell’approccio analitico alla sua cucina ha restituito una visione nitida nella manipolazione del prodotto quanto nella sua resa gustativa. L’apprendimento minuzioso delle rigorose tecniche culinarie acquisite Oltralpe, in primis nella mirata esecuzione del capitolo salse, già vale di per sé il talento che questo cuoco possiede. Estrazione, non riduzione. Ognuna delle salse in accompagnamento ha sua solida struttura, senza adombrare mai l’elemento al quale è abbinata. È il caso della Capasanta al vapore di verza, foie grasIn francese significa letteralmente "fegato grasso" ed è definito dalla legge francese come "fegato di anatra o di oca fatta ingrassare tramite alimentazione forzata”. È uno dei prodotti più famosi e pregiati della cucina francese. Esistono tipologie di 'foie gras' non derivate da animali sottoposti ad alimentazione forzata. Spesso il fegato grasso è associato all'alta cucina francese e internazionale per... Leggi, salsa al pan brioche e tartufo nero. Innegabile la matrice francofona per la modalità d’impiego degli ingredienti, eppur ciascuno di essi è in grado di mostrare sincronia e identità nelle diverse stratificazioni che il piatto schiude. Il passaggio a vapore del mollusco ne preserva la morbidezza, amplificandosi ulteriormente con l’innesto dolce del fegato grasso. La masticazione si riverbera nella verza, coadiuvata dalle tessere sparse del mosaico lasciate da Paternollo: cubetti di tartufo nero e lardo appena abbracciati dal calore. Dettaglio importante a riprendere in similitudine il morso della capasanta, alternandosi alla salsa di pan brioche e al ricco fondo di anatra. La seconda considerazione è sul luogo in cui la cucina del Pellico 3 è officiata. Chef, brigate di cucina e sala sono stati in grado di delineare un proprio perimetro creativo, cesellando una cucina intellegibile per tutte le tipologie di clienti, senza inciampare in banalità o semplice compiacimento da hotel di lusso in pieno centro. Due piatti ci aiutano a chiarire. Il Carciofo alla giudia, menta, anemone in tempura
La tempura è un piatto tipico della cucina giapponese a base di fritto misto di molluschi, crostacei e verdure. Gli ingredienti vengono intrisi, prima della frittura, in una pastella di farina di riso, acqua gasata e ghiaccio. Leggi e salsa di topinambur. Un piatto dal gusto tutto italiano che non ha timore di svelare uno dei tratti più personalistici della nostra cultura culinaria: la dimensione dell’amaro. Espresso sia con la salsa che con il carciofo. Si riporta il cliente in una zona più comfort, attraverso uno dei tagli internazionali più conosciuti, il Rib eye di manzo. Qui è declinato in appagante abbinamento ad una patata croccante con pesto di salvia, pomodoro e jus alle olive taggiasche. La parte “nervosa” del taglio è volutamente tenuta, per dare masticazione e ulteriore supporto alla salsa ancora una volta in estrazione, bilanciando la parte sapida grazie all’oliva. Un piatto dal linguaggio comune, ma foriera di un’eleganza mediterranea riconoscibile anche per chi potrebbe venire da latitudini diverse. Su questa scia, Paternollo chiude con una cesura drastica il capitolo salato con lo Spaghetto acido, emulsione di vongole e calamaretti spillo. Liberato il dogma della pasta come primo, questo spaghetto cotto in brodo di pomodoro verde e mantecato a freddo con salsa alle vongole, riazzera il palato preludendo al capitolo del dolce. Da ricalibrare la quantità in una sequenza di degustazione, ma la strada imboccata è quella giusta.
Che fossero gomme nel 1994 con Leibovitz e Lewis da Pirelli o che ci sia oggi Paternollo al Pellico 3 in cucina, la sostanza di questo claim è ovviamente trasversale. È curioso come nel 2014 la carriera di questo cuoco, all’epoca ingegnere, avrebbe visto orizzonte tra motori e aerodinamica alla Ducati e non tra brigate e pass come quello di oggi. Una cosa è certa: di potenza e controllo sempre si tratta. È questo il circuito gastronomico del Pellico 3 su cui corre Paternollo.
IL PIATTO MIGLIORE: capasanta al vapore di verza, foie gras, salsa al pan brioche e tartufo nero.
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