Antichi Vigneti di Cantalupo Ghemme “Anno Primo” 2012

La storia di Ghemme

Quando pensiamo all’uva nebbiolo non ci si deve limitare alle sole Langhe o Roero; in Piemonte, le prime tracce di quest’uva, si trovano a Rivoli, ma una prima grande storia di prosperità ci arriva invece da una zona nota come Alto Piemonte. Colline incornate dalle Alpi che danno un senso ai vini ivi prodotti. E infatti a Ghemme il nebbiolo si slancia con un espressività fuori dal tempo, è in grado di confondere anche le carte geografiche e gli amanti del Pinot Noir di Borgogna. Giustappunto anche i monaci di Cluny, tra i più emblematici fautori del successo dei vini della Côte d’Or, ebbero numerosi vigneti in questa porzione della regione che da sempre merita grande attenzione e un distinguo per la naturale stilistica che ne deriva dalla vinificazione del nebbiolo poi apprezzata nel XV secolo, quando i vini prodotti da questo villaggio erano tra i favoriti anche della Corte degli Sforza di Milano e, udite udite, anche da Camillo Benso Conte di Cavour che, in una lettera del 1845, esalta i vini di Ghemme a tal punto da affiancarli a quelli borgognoni.

Uno di questi, oggi, è senza dubbio l’azienda Cantalupo che si è sempre contraddistinta, sin dagli esordi, per il suo impegno, iniziato a concretizzarsi nel secondo dopoguerra con la realizzazione di un frantoio per la produzione di olio poi ampliato al vino nel 1969, dopo il riconoscimento della Doc Ghemme. È Carlo Arlunno ad applicare la sua mentalità imprenditoriale alle proprietà e, in quindici anni, amplia l’estensione vitata, reimpianta i vecchi vigneti e costruisce una nuova cantina. In meno di una decade la vigna splende e da azienda agricola l’Arlunno si trasforma nell’attuale Antichi Vigneti Cantalupo. Nel 1981 Alberto Arlunno, da poco laureato in agraria e specializzato in viticoltura ed enologia, con grande conoscenza della storia che porta in dote, decide di puntare tutto quello che ha commercializzando le prime bottiglie di Ghemme 1974; la sua convinzione porta la Cantalupo a imporsi nel panorama internazionale. 

Dentro l’azienda

Il nucleo operativo di Cantalupo si trova in prossimità della circonvallazione di Ghemme. Ai piedi della collina un lungo portico circonda la costruzione in mattoni a vista che si affaccia sul grande prato per l’accoglienza dei visitatori. Difficile immaginare che ci sia un “tesoro” nascosto all’interno della collina. È il cuore pulsante dell’azienda, la suggestiva cantina completamente interrata: un teatro di invecchiamento che si estende su 1.200 metri quadrati.

Dei gradoni, che assecondano l’andamento ascendente della collina sovrastante, introducono all’imponente visione delle botti di affinamento. Subito sottostante un infernotto, un luogo buio, di profonda quiete, con uno stretto corridoio dal quale si affacciano le celle in cui riposano i vini. Una logistica studiata e mirifica, decisa in tempi non sospetti, quando si scelse di espandere la superficie vitata in un momento storico in cui il Paese non aveva certo, tra le sue ambizioni, il ritorno alla campagna. Con le sue vigne, messe a dimora tra i 250 e i 350 metri s.l.m, l’azienda è la grande protagonista della denominazione e non solo per i suoi trentacinque ettari, ma anche per la loro distribuzione, ben concepita tra piante più vecchie (Baraggiola e Rossini), quelle affacciate sull’imponente Monte Rosa (Carella) e quelle tutto intorno alla tenuta (Roccolo Maiolo e Ronco di San Pietro).

Qui, l’interpretazione e la conoscenza dei suoli creano un’impronta inequivocabile, riconoscibile: vini longevi, da capire e di certo da aspettare, simboli di ricerca, di pazienza e di esclusività. È una storia fatta di presenza, diversa, di quella stessa uva che prende il nome in questo Piemonte storico e alto, di Lessona, Gattinara e Boca. È una potenza senza corpulenza, la sua, semmai dentellata da un tannino friabile e marino al gusto, che richiama un’ostrica Belón. Tra ciottoli friabili e ricchi di minerali, ecco un’eleganza ignara ai più, da sospirare quando chiamata.

Ghemme “Anno Primo” Cantalupo Antichi Vigneti 2012

Il nome identifica l’origine: l’insieme dei vigneti di proprietà dell’azienda. Dopo venti mesi di affinamento in botti di rovere e un anno di bottiglia, nel bicchiere c’è un tremito al primo sguardo: una manifestazione di solidità e austerità sfoggiate in un patrimonio organolettico eseguito con un rosso rubino-granato, di bella limpidezza. Il nebbiolo appare con la sua parte violacea, profonda, blu, salmastra, emozionata e chiusa da una folata di resina e ancora floreale (rosa appassita) ravvivata da un succoso lampone.

Difficile staccare il naso da questa intensità e persistenza. Caratteristiche, queste, che insistono nel catturare l’attenzione e magnificano un’ampia e profonda essenza eterea e un gusto polimorfo che esprime dinamica vitalità e una sua propria, intima sapidità. Secco e giustamente tannico, è caldo di corpo ma anche fine, incalzante nella beva.

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Erika Mantovan

Dopo una Laurea in Economia e una magistrale in Economia, gestione e valorizzazione del turismo, completa la propria formazione in centri media, lavora presso l’Assessorato del turismo e Regione Piemonte per poi dedicarsi con dedizione al racconto dei suoi dialoghi ed esperienze, con i produttori vitivinicoli, cuochi e protagonisti dei territori che animano il mondo dell’enogastronomia.

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