El Bulli e dintorni … di Gianni Revello – parte 2 di 4
Il TERZO arco di tempo infine, ancora più profondo, che abbraccia molti secoli.
In quello che è probabilmente il più bel libro che sia mai stato pubblicato dacché esiste la stampa, l’Hypnerotomachia Poliphili (Il Combattimento onirico amoroso di Polifilo), stampato da Aldo Manuzio a Venezia nel dicembre del 1499, un romanzo allegorico, che contiene al suo interno 196 xilografie dedicate soprattutto all’idea di ‘giardino rinascimentale’, è descritto un banchetto che a mia memoria è quanto di più simile, nel concetto, all’esperienza che si può provare a elBulli: una festa dove vengono servite, con originalità di presentazione, sequenze di raffinate piccole porzioni di vivande, per le quali non valgono le regole aristoteliche della separazione degli opposti.
L’ideale dell’Umanesimo, con cui si forma l’uomo nuovo in opposizione a quello medievale, è quello neoplatonico dell’unione degli opposti. Ed è a questo ideale che, nella sua ragione ultima, si rifà il nucleo più innovativo dell’opera di Adrià.
Anzi, come l’Umanesimo ed il Rinascimento hanno rappresentato rispetto ai modelli medievali una nuova fusione e ampliamento del rapporto tra senso, sentimento e intelletto, nell’ambito di ogni forma di cultura, e dunque anche in cucina (nuova raffinatezza di un’arte del ‘dolce/salato giudiziosamente speziato’ in contrapposizione evolutiva rispetto ad una più antica ed elementare arte del ‘rotisseur’), allo stesso modo Adrià ed il movimento di cui è la punta di diamante hanno superato il secolare, pur raffinato e però socialmente dispendioso e culturalmente chiuso in sé, modello proteinocentrico ed enocentrico delle società opulente occidentali, con una nuova e globale ecologia del prodotto e della mente, che integra sincreticamente in una nuova idea di cucina diverse nature, culture, tecniche, arti.
E tuttavia anche l’avventura di Adrià a elBulli, durata ben 25 anni, dal 1986 al 2011, ha una sua storia ed evoluzione interna, delle quali personalmente ho avuto la fortuna di vivere solo un episodio a metà del percorso ed uno alla fine. Per cui, nella storia di Adrià e del suo ristorante, mentre il menu della precedente mia esperienza può essere visto come un emblematico e potente ‘piatto di mezzo’, il menu di quest’ultima cena può essere invece paragonato ad un raffinatissimo ‘dessert’.
Una sorta di menu di commiato, quest’ultimo, con molti dei temi che percorrono evolutivamente tutta la storia di Adrià esposti in appariscenti o nascosti e sottili orditi e trame gustativo/concettuali, un menu per gli ospiti ultimi arrivati a elBulli, che possono vedere tutto il tracciato imbandito ormai in prospettiva, nonché messo allo stesso tempo in tavola con la serenità di chi non ha più bisogno di dare dimostrazione di sé, e quindi ‘detto’ con una voce tanto moderna quanto priva, o quasi, di asperità nell’enunciazione.
Un menu di commiato, un’ultima potente e tenera espressione, quale quella ne La Tempesta di Shakespeare dell’ultimo monologo di Prospero, che autoprivatosi della propria magia, subito prima del calar del sipario, si rivolge agli spettatori: ”Ora i miei incanti sono finiti …Un gentil vostro soffio deve gonfiar le mie vele, altrimenti fallisce il mio scopo che era quello di divertire…” chiedendo che prima che il gioco dell’arte decada in ripetizione e noia lo si lasci libero, da uomo e non più da ‘mago’, di procedere in direzione di nuove umane avventure.
E allora ecco che, se l’emozione crepuscolare (di una ‘magia’ che emana gli ultimi bagliori) e insieme aurorale (di vele che si gonfiano per una nuova avventura) provata in quest’ultima occasione a elBulli non è e non può essere della stessa intensità di quella eclatante, di un pieno meriggio, che l’aveva preceduta tredici anni fa, nel 1998, quando la novità era assoluta ed il genio della libertà abbracciava in modo radicale le regioni, le ragioni del gusto per un’esperienza di forte cambiamento, in contrasto con un modello dominante, l’Adrià della sua ultima stagione mi ha dato l’idea di aver raggiunto invece una superiore raffinatezza, gradevolezza e maturità. Una maturità che tra l’altro non ha timore, come vedremo nell’analisi del menu, di inglobare lo stesso schema classico della cucina occidentale a lui precedente, come, per dire, la relatività einsteiniana aveva inglobato la meccanica newtoniana.
Una maturità, quella dello chef catalano, che a tutt’oggi non ha perso il gusto della scoperta, con un ventaglio di approcci al tema del cibo di un’ampiezza che non ha pari nella storia, e che s’apre tra primordialità e raffinatezza estrema. Frutto dell’affinamento di un pensiero che, in una logica inclusiva e non esclusiva, è giunto come si diceva alla congiunzione di plurimi opposti, che, rispettosi l’un l’altro, nel contatto s’arricchiscono.
E dunque con la sua cucina, e con le centinaia e centinaia di suoi piatti, frutto di intuizione e ricerca a tutto campo, ecco emergere, ripeto, la figura di primo cuoco veramente globale della storia, portatore di un nuovo umanesimo.
Non più il prevalere della disgiunzione ‘o’, carattere tagliente di un pensiero d’occidente per lungo tempo dominante, nel suo carattere economico e culturale etnocentrico andato definitivamente in crisi col volgere del Novecento. Pensiero caratterizzato dagli ‘aut aut’. A contrapporre, a recintare. Quindi così anche nel gusto: ‘dolce o salato’; ‘cuoco e buoi dei paesi tuoi! o Haute Cuisine, ..Française, quoi d’autre?’; ‘nostrano o etnico’; ‘crudo o cotto’; ‘pop o snob’; ‘shock o chic’; e così via..
Ma la congiunzione ‘e’ dell’unione degli opposti, di cui la logica neo umanistica di Adrià, che va a trascendere l’ambito classico della cucina stessa, è uno degli esempi più pregnanti tra quelli posti a cavallo del millennio.
Detto giustamente per elementi intercambiabili, senza alcun ordine canonico, in libertà di punto d’attacco di un pensiero creativo in perenne movimento, ecco allora il venire a configurarsi di tutta una serie di innumerevoli polarità che nell’opera del cuoco catalano non si respingono, bensì si cercano e arricchiscono:
– Dolce e salato
(la voce “Simbiosi di dolce e salato” è posta nello schema della storia di elBulli già a partire dagli anni attorno al 1993)
– freddo e caldo (uso raffinato delle temperature nella loro azione di rivelatori e modulatori di nuovi aspetti del gusto)
– Sud e Nord (nel sistema Europa: cultura mediterranea e cultura continentale; nel sistema mondo: culture del sud del mondo e culture dei paesi economicamente più sviluppati; dalla materia prima cibo fino al senso culturalmente più estensivo)
– Oriente e Occidente
– artigianato e arte
(E’ in atto un processo di maturazione graduale che, qualora l’elemento creativo non risulti del tutto sporadico ed estemporaneo, sta orientando anche i protagonisti del mondo della cucina allo spontaneo rifiuto della contrapposizione, d’origine medievale e stampo idealistico, tra artigianato ed arte. Contrapposizione figlia di un’artificiosa e superata divisione delle ‘arti’. Un antesignano a questo proposito è stato Pierre Gagnaire. Nello specifico nostro, c’è stata la consacrazione dell’ ‘artigiano/artista’ Adrià da parte della più prestigiosa rassegna internazionale d’arte contemporanea, con l’invito rivolto allo chef catalano a partecipare a Documenta 12 del 2007, nell’assimilazione della sua peculiare creatività ad uno specifico artistico. E quindi i suoi successivi rapporti col mondo dell’arte, in un territorio ancora tutto da esplorare)
(Vedasi inoltre anche la mostra da poco inaugurata a Barcelona su cibo e arte nella storia, che parte dal ‘naturalismo’ delle prime nature morte per giungere fino alle composizioni del nostro)
– arte e scienza
– artigianato e industria
– natura nella sua immediatezza e simbolo culturale (mangiare è comunque un atto simbolico)
– crudo e cotto (non rozzamente e banalmente contrapposti)
– fusione panica e viscerale col cibo e subtilitas tecnica astrattiva
– arcaico e futuribile
(..ci sarebbe in effetti anche un quarto arco di tempo, che parte da elementi primordiali della cucina; ricordo a questo proposito nel menu del 1998 un cervello d’agnellino in una sua basica cottura e, con soli sentori di brace, quasi intoccata presenza nel piatto)
(..e proiezione al futuro con le ricerche già in atto in varie sedi e da attuare nella nuova Fondazione)
– provocatorio e conciliato
– nascita e morte
– consistenza e vanitas
(in questa polarità e in quella precedente del ciclo della vita si sono enucleati due temi fondamentali, coniugati in diverse maniere in modo da tracciare un filo conduttore della cena)
– riduzione minimalista e ampliamento multisensoriale
– induttivo e deduttivo
– puer senex e senex puer
– Gaudì e Dalì, Picasso e Matisse, Dada e Derrida (..da dalì a dalidà 🙂 ), Ficino e Duchamp, … …
– selvatico e domestico
– bottega rinascimentale (dove una chiara gerarchia non viene vissuta in modo ossessivo, in modo da liberare gli animi e le menti e stimolare le energie creatrici) e macchina da guerra (sì alla maggiore umanizzazione del rapporto, ma allo stesso tempo efficienza e rigore organizzativo della ‘brigata’ che va piuttosto ad estendersi in un rigore procedurale ancora maggiore rispetto a quello dell’alta cucina classica)
– posizione di principio e rifiuto degli estremi
(Un esempio: nei menu di elBulli niente più carni da animali di grossa taglia -altro punto di rottura con la tradizione del menu con centro proteico animale- e questo per ragioni eminentemente etiche ed ecologiche.
Ma non niente carni, o prodotti animali)
– spontaneità della forma alimento e food design
(nel 2006 ha ricevuto – unico chef della storia – il “Raymond Loewy Foundation’s Lucky Strike Award”, altrimenti noto come l’ Oscar del design)
– prodotti ‘ricchi’ e ‘poveri’
– tradizione e innovazione
– creazione per smembramento (decostruttivo) e ricreazione (costruttiva)
– per gioco e sul serio
– ammiccamento pop all’industria del cibo e squisita turris eburnea unica irripetibile
– ‘possibili’ e ‘impossibili’ ecc. ecc.
Tutte polarità che poi come vedremo prenderanno veste concreta nei vari passaggi del menu e nel loro intreccio. Polarità che di volta in volta variamente si disporranno toccando nella loro espressione tutti i tasti del gusto, in un ventaglio compreso tra la sua essenza più mirata e la sua essenza più vasta.
Col tempo uscirà il catalogo definitivo e organizzato della sua opera a elBulli. Continuerà il rapporto, che già dura da anni, con l’Università di Harvard. Sicuramente indagherà il senso profondo delle cucine orientali (le loro storie, come le nostre, hanno radici millenarie, che già in più punti si sono toccate e che via via sempre più andranno ad intrecciarsi). Si farà su elBulli un film hollywoodiano. Si inaugurerà nel 2014 un’importante fondazione internazionale a Cala Montjoi, presso la quale, col menu autografato distribuito a ciascuno dei circa 8000 ospiti di quest’anno, si viene invitati a tornare. E così via, …
Tutto quello che ancora farà andrà ad aggiungersi, ma Adrià in ogni caso è già consegnato alla storia.
Segue …