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Borgo Stajnbech

Lison Classico… ma non solo!

La zona di produzione del Lison Classico DOCG è circoscritta a un limitato territorio nella provincia di Venezia. Un’area situata a breve distanza da Venezia e dalle spiagge di Caorle e Jesolo, che può godere di un clima temperato grazie alle leggere brezze provenienti dal vicino mar Adriatico. Il sito di produzione è ubicato nella pianura veneta, a pochi chilometri dalla costa veneziana, e si estende attraverso le province di Pordenone, Treviso e Venezia. I confini orientali sono delineati dal fiume Tagliamento, mentre a ovest sono delimitati dal Livenza. Si tratta di una regione con radicate tradizioni vinicole, storicamente legata alla fornitura di vino per la Serenissima.

Il vitigno predominante in questo territorio è il Tai, conosciuto anche come Friulano o Vecchio tocai. Questa scelta sottolinea il profondo legame con la storia e le usanze locali. La produzione di alta qualità, quasi esclusivamente da uve di un solo vitigno, conferisce al Lison Docg Classico una forte identità e personalità distintiva. Alcuni fattori pedoclimatici favoriscono la diffusione del vitigno Tai, tra cui la presenza del caranto. Il caranto è un tipo di suolo di colore ocra scuro con striature bianche, composto principalmente da carbonato di calcio, che può essere trovato a profondità comprese tra i 30 e i 70 cm, con uno strato superficiale argilloso. Questa terra è estremamente dura e resistente, la stessa su cui sono piantati i pali che sostengono Venezia. In aggiunta, la concentrazione di elementi minerali come potassio, calcio e magnesio arricchisce il profilo aromatico delle uve, dando origine a vini pregiati, strutturati e longevi, con un finale tipicamente caratterizzato da note di mandorla amara.

Il clima mite è assicurato dalla prossimità del mare, dalla presenza di zone lagunari e dalla posizione pianeggiante che agevola l’esposizione dei vigneti ai venti locali, come la Maestrale, un vento fresco e secco, e lo Scirocco, un vento caldo e umido. La presenza di venti, prevalentemente serali, favorisce l’escursione termica tra notte e giorno, contribuendo alla produzione di numerosi precursori aromatici. Il termine “tai” è, in realtà, utilizzato in Veneto come equivalente regionale del vecchio Tocai friulano, successivamente ribattezzato semplicemente Friulano a seguito di una disputa con l’Ungheria. Nel 2008, la Corte di Giustizia Europea ha deciso che il termine “Tokaji” può essere utilizzato solo per indicare il vino proveniente dall’omonima regione ungherese e prodotto con uve Furmint, Hàrzevelu e Muscat lunelu. Il Friulano è coltivato da secoli nell’estremo nord-est d’Italia, ma le sue origini sono francesi. Esso corrisponde al vitigno bordolese Sauvignonasse, abbandonato a Bordeaux da secoli in favore del Sauvignon blanc e del Sémillon. Oltre al Friuli, viene coltivato nella zona confinante della Brda slovena e in Cile, dove spesso viene confuso con il Sauvignon blanc e vinificato insieme. È un vitigno dalla resa buona e costante, predilige esposizioni ben ventilate e climi freschi. Il vino si presenta con un colore giallo paglierino, con un bouquet caratterizzato da note floreali e di frutta bianca. Mostra una buona struttura, intensa persistenza aromatica ed equilibrata acidità. Il finale è distintamente ammandorlato.

Il vino Lison Classico DOCG ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione d’Origine Controllata e Garantita nel 2011, sebbene già nel 1971 la denominazione Lison DOC tutelasse il Tocai di Lison. La zona di produzione include le frazioni di Lison, Pradipozzo e Summaga nel comune di Portogruaro; Belfiore, Blessaglia e Salvarolo nel comune di Pramaggiore; Carline e Loncon nel comune di Annone Veneto e parte del territorio dei comuni di S. Stino di Livenza e Cinto Caomaggiore in provincia di Venezia. Secondo il disciplinare, il vino Lison Classico Docg deve essere prodotto con almeno l’85% di Tai (friulano). Il consorzio di Tutela dei vini Lison Pramaggiore è stato istituito nel 1974 per preservare e valorizzare la produzione vitivinicola delle zone di Pordenone, Treviso e Venezia. La viticoltura nella regione ha origini nell’epoca romana e fu organizzata dai monaci benedettini nel X secolo. Con l’avvento della Repubblica Serenissima di Venezia, la viticoltura assunse importanza economica, sfruttando i canali commerciali e raggiungendo l’apice durante il periodo asburgico. Intorno al 1850, la coltivazione del vitigno Tocai friulano prese piede e la produzione di vini migliorò ulteriormente.

Borgo Stajnbech

Borgo Stajnbech è una giovane e dinamica azienda di 17 ettari vitati, con la produzione che arriva a circa 120.000 bottiglie annue su 20 etichette, che è sorta nel 1991 con i primi 4 ettari acquistati in un luogo nominato già nel ‘500 e mappato da Vincenzo Maria Coronelli nel 1696 come ”stagni bech” e rimappato nel 1815 dagli Austriaci ”stajnbech”, cioè “ruscello delle pietre”, per via del mulino (oggi museo etnografico) che dava il nome alla località di Belfiore sul fiume Loncon, già conosciuta come una zona ad alta vocazione vinicola. La zona si trova a 11 metri s.l.m. ma è come se fosse una valle, in quanto non ci sono colline vicino ma subito le montagne con il comprensorio del Piancavallo e del Cansiglio che salgono fino a 1.800 metri. Giuliano Valent, come si dice, è “nato in bottiglia”, dato che aveva iniziato giovanissimo a occuparsi di vitivinicoltura nell’azienda vinicola di suo padre, imparando fin da subito i segreti dell’arte del “far vin”, ma con una grande passione per la ricerca e una gran voglia di sperimentare. Quando ha aperto la cantina aveva già oltre 20 anni di vendemmie alle spalle con tutta l’esperienza necessaria per dar vita a questo progetto e quindi fa il winemaker e gestisce l’organizzazione generale della produzione. I coniugi Valent sono sempre ingaggiati insieme con passione e competenza a utilizzare i metodi di coltura più razionali, come gli impianti a levata densità di ceppi per ettaro e le potature molto castigate, rispettando l’ambiente con sistemi eco-compatibili.

Il loro vecchio ”Rustico” è l’emblema, il testimone e il custode dei valori di genuinità e trasparenza proprie della cultura contadina ereditata dai padri e che sono orgogliosi di tramandare alle nuove generazioni. I vini provengono da vitigni bianchi come tocai (oggi lison, per il vino bandiera ”150” Lison Classico DOCG) pinot grigio, sauvignon, chardonnay, verduzzo e da vitigni rossi come malbech, merlot, cabernet franc, cabernet sauvignon, refosco dal peduncolo rosso per una capacità produttiva di 130.000 bottiglie l’anno.  Sono vini puliti, sinceri, che hanno personalità, ma soprattutto un grande equilibrio e tipicità, il varietale è messo in risalto in ogni etichetta In linea generale i vini mi sono piaciuti molto, tutti ampiamente sopra i  90 punti, riconoscibili nel vitigno, fragranti, fini, dalla beva snella, precisa. La tipologia di vini che si abbinano benissimo a piatti di cuochi di nuova generazione dove è messa in risalto la materia prima.

La degustazione

Lison Classico DOCG 150 2021 Borgo Stajnbech

Nome dato in occasione dei 150 anni della Repubblica Italiana, provenienti da vigne di oltre 40 anni di età. 100% Tocai Friulano. Acciaio.  Pigiatura soffice con criomacerazione per otto ore in pressa, decantazione a freddo e vinificazione in bianco con temperature controllate. Decantazione a freddo. 8 mesi sui suoi lieviti con frequenti battonage; con una piccola percentuale di legno. Il naso è sciolto e ampio, decisamente fruttato e floreale con intriganti note di mandorla amara, mela golden, pera, tocco minerale quasi affumicato, fiori gialli. Il sorso è fresco, gustoso, materico e avvolgente, caratterizzato da una perfetta e lunghissima corrispondenza naso-bocca. Ottima la persistenza dove si apprezza la tipica nota amarognola.

Stajnbech Bianco Trevenezie Chardonnay IGT 2021 Borgo Stajnbech

Ricco nella parte olfattiva con note calde di frutta tropicale, mela matura, pesca gialla. Assaggio dinamico, l’avvolgente morbidezza e la generosa sapidità accompagnano la lunga chiusura con rimandi fruttati.

Trevenezie IGT Bianco “L’Enologa” 2022 Borgo Stajnbech

Deriva da un blend di uve autoctone e internazionali che da sempre hanno caratterizzato il territorio: Tocai Friulano e Chardonnay. Nel profumo intenso prevale la ricchezza dei richiami del frutto, da subito esotico, ananas, melone, con mandorla amara e un fruttato di glicine a chiudere. Sorso compatto e generoso, equilibrato e persistente. Mantiene eleganza e freschezza.

Bosco della Donna Sauvignon Trevenezie IGT Borgo Stajnbech

Al naso porge complessità e maturità  con cenni fruttati tipici di uva spina, lampone bianco, litchies, kiwi, mela verde, tocco vegetale di salvia, fiori di biancospino e mughetto. In bocca rivela un sorso agile e snello, succoso e di ottimo equilibrio. Buona la freschezza e sapidità che lo rendono adatto a molteplici abbinamenti gastronomici

Merlot Trevenezie IGT 2021 Borgo Stajnbech

Decisamente complesso, sprigiona energiche suggestioni tipiche e varietali, piccoli frutti neri, mirtillo, prugna, note di tabacco dolce, moka, affumicato. Sorso espressivo, ritmato dal fine intreccio di materia, calore alcolico, freschezza, tannini molto fini. Armonico e pronto da bere, si fa apprezzare per la sua persistenza.

Stajnbech Rosso Trevenezie IGT Refosco e Cabernet Sauvignon 2020 Borgo Stajnbech

Olfatto caldo e denso dai profumi articolati che iniziano con prugna, mora, ciliegia nera e concludono con sentori di tabacco da pipa, sottobosco, note mentolate, spezie dolci. Esordio sul palato deciso e materico, ravvivato dal dinamico rapporto fra tannino ben estratto e calore avvolgente, non manca la freschezza vero riferimento dello sviluppo gustativo. Armonico nelle sue componenti, buona

Un legame indissolubile

Un borgo di epoca medievale, un antico sistema di coltivazione della vite e una diversa interpretazione del Raboso sono gli elementi fondamentali della fortunata ricetta del Malanotte del Piave DOCG, un pregiato vino rosso veneto. In terra di Glera, e quindi di Prosecco, questo vino ambisce a farsi strada con il suo carattere deciso, frutto delle peculiarità del vitigno autoctono da cui trae origine.

La narrazione di questo nettare inizia a Borgo Malanotte, un minuscolo borgo medievale a Tezze di Piave, frazione di Vazzola, nella provincia di Treviso. Questa terra, un tempo dominio della nobile famiglia dei Malenotti, ha visto nascere nel secolo scorso una nuova interpretazione del Raboso, da cui deriva il nome associato alla DOCG. Il Raboso, vitigno autoctono della zona, si caratterizza per l’elevato livello di acidità e tannini. Queste peculiarità conferiscono al vino un sapore insolito e distintivo, con una piccantezza che invita a dedicargli tempo. Il Raboso è un vino che desidera essere compreso, e forse è proprio per queste sue caratteristiche che una delle due ipotesi sull’etimologia associa il termine dialettale “rabioso”, ovvero rabbioso e spigoloso. Un’altra ipotesi, seppur non confermata, suggerisce l’omonimia con il torrente che scorre nel Quantier del Piave, il pianoro delimitato a sud dal fiume Piave e a nord dai rilievi collinari che caratterizzano la Marca Trevigiana.

Grazie alla buccia piuttosto spessa, il Raboso può prolungare la sua maturazione anche durante i mesi più freddi. È una delle ultime uve ad essere raccolte, talvolta persino fino a novembre, con un lento processo di disidratazione naturale in pianta. Uno spettacolo della natura che, quando il paesaggio è avvolto dalla nebbia, terreni e piante spogli, il Raboso è ancora lì, completando la sua maturazione per regalare un vino dalle note calde e avvolgenti. Il risultato è una delle massime espressioni di questo vitigno, il Malanotte del Piave, che ha ottenuto la DOCG nel 2010. Il Malanotte del Piave invecchia nelle cantine dei produttori per almeno tre anni, di cui dodici mesi in botte e quattro mesi in bottiglia. Questo processo conduce al caratteristico colore rosso granato con riflessi violacei, e a un profumo intenso e avvolgente di ciliegia marasca matura, frutti rossi, con calde note di tabacco, cacao, vaniglia e spezie.

La zona di produzione della DOCG Malanotte del Piave, tutelata dal Consorzio Vini Venezia, si estende sulla pianura di media-bassa altitudine lungo il corso del fiume Piave. Quest’area è caratterizzata da un clima temperato, con estati calde e inverni non eccessivamente freddi. I terreni, composti da sedimenti alluvionali dei ghiacciai e del fiume Piave, presentano un’alta percentuale di scheletro e ghiaia, offrendo una profondità ideale per le radici. Il contenuto di sostanze minerali come fosforo e magnesio contribuisce alle caratteristiche di questo vino, che si presta bene ad abbinamenti con carni grigliate, arrosti e anche torte al cioccolato fondente.

Tuttavia, quando si discute del Raboso, non sono solo la raccolta e il risultato finale del Malanotte del Piave DOCG a catturare l’attenzione. Affascina anche il tradizionale sistema di allevamento, ora in disuso, legato alla sua massiccia diffusione nel secolo precedente: la bellussera. Alla fine del XVIII secolo, i fratelli Bellussi di Tezze di Piave inventarono un sistema di allevamento a raggi per le viti dell’epoca, successivamente denominato “bellussera”. Questo sistema prevedeva l’unione della vite a una pianta di sostegno, solitamente un gelso, e ha caratterizzato a lungo il paesaggio della campagna trevigiana. Fortunatamente, ancora oggi esistono alcuni esemplari centenari in queste zone, principalmente legati alla produzione del Raboso. Il nome “Malanotte” evoca non solo un periodo di grandi innovazioni agrarie e prosperi scambi di vino Raboso con Venezia, ma è stato scelto anche per rispondere alle regole del marketing contemporaneo. Esso adorna le bottiglie di un vino di grande corpo, struttura eccellente e deciso tenore alcolico con un’etichetta accattivante, con un nome facilmente memorizzabile anche per gli stranieri, predisposto a interpretazioni ed evocazioni diverse. Ciò crea un efficace contrasto comunicativo con la severità del disciplinare che garantisce il contenuto delle bottiglie.

Il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Piave Malanotte” o “Malanotte del Piave” deve derivare da uve provenienti da vigneti con la seguente composizione ampelografica all’interno dell’azienda: almeno il 70% Raboso Piave e fino al 30% Raboso veronese. La zona di produzione inizia dalla foce del fiume Piave nella pianura trevigiana e confina con la laguna di Venezia. La coltivazione della vite in questo territorio risale al 181 a.C. con la costruzione della via consolare Postumia da parte dei Romani. Dopo le invasioni barbariche che causarono la distruzione delle viti, la coltivazione riprese con forza sotto il dominio della Repubblica di Venezia. La diffusione della vite nell’area e il miglioramento della qualità del prodotto furono favoriti dalla competizione tra i nobili veneziani per la produzione di vini di alta qualità. Nel 1971, il vino “Malanotte” era conosciuto dai consumatori come Raboso Piave Malanotte all’interno della denominazione DOC Piave, e già agli inizi degli anni ’80 era considerato uno dei vini di maggior pregio qualitativo. La forte caratterizzazione di questo vino, che include anche una parte di uva appassita, conquistò i gusti dei consumatori, diventando più famoso della denominazione in cui era classificato. Per questi motivi, nel 2010 il “Piave Malanotte” o “Malanotte del Piave” ottenne dal Ministero il riconoscimento della Denominazione Geografica Controllata e Garantita per il suo omonimo vino.

Le uve del Raboso Piave e veronese maturano nel tardo autunno, che spesso concede ancora giornate soleggiate ed asciutte, le correnti di aria fresca provenenti da nord-est fanno sentire il loro effetto abbassando le temperature notturne di ottobre e novembre impedendo lo sviluppo di marciumi sui grappoli che alla vendemmia si presentano perfettamente sani. sono dotate di elevati contenuti in acidità, tannini e sostanze aromatiche che vengono sapientemente gestite in vinificazione con il taglio di vino ottenuto da uve fresche e appassite in graticci. Questa tecnica consente di ammorbidire la spigolosità originaria dando la morbidezza necessaria ed indispensabile alla produzione di un grande vino.

Azienda agricola Cecchetto Giorgio

Una famiglia da sempre concentrata sul Raboso; questa la filosofia che caratterizza la produzione dell’azienda Cecchetto di Tezze di Piave. Tutta la produzione della cantina pone particolare attenzione, a rispettare ed esaltare le caratteristiche di questo vitigno autoctono, dalla vigna alla bottiglia.

La famiglia Cecchetto arriva a Tezze di Piave nel 1968 gestendo i terreni a mezzadria, ma è con il diploma del figlio, Giorgio Cecchetto, e l’acquisto dei terreni nel 1985 che inizia il percorso di vinificazione e vendita diretta dell’azienda e nel 1994 esce la prima annata di Raboso Piave. La famiglia si espande e così anche l’azienda: Giorgio, titolare, e la moglie Cristina, hanno tre figli: Marco, Sara e Alberto. Oltre alle tenute di Tezze di Piave e Cornuda, nel 2005 danno vita alla sede di Motta di Livenza, zona scelta per la produzione dei bianchi. Prematuramente scomparso pochi mesi fa Giorgio è stato viticoltore appassionato e innovativo, diventando il simbolo dei vini del Sacro Fiume. Diplomato alla Scuola Enologica di Conegliano, è stato tutta la vita impegnato nella valorizzazione dei vitigni autoctoni del Piave, a cominciare dal difficile e ruvido Raboso. Giorgio ha avuto il merito di domare questo cavallo di razza, geneticamente portato a vendemmie incredibilmente tardive, approfittando di vinificazioni all’avanguardia e concependo, primo fra tutti, la possibilità di metterlo in bottiglia con una parte di nettare derivante da uve appassite. Ne è derivato quello che oggi chiamiamo Malanotte DOCG, e ne deriva anche un eccellente passito di Raboso che include in bottiglia le annate più storiche dell’ultimo decennio.

Altre tappa fondamentale dell’azienda, racconta Marco, il primogenito e stato il 2017 con l’arrivo della certificazione di sostenibilità, dunque è per noi è stato un anno molto importante. Abbiamo seguito dopo anni di ricerca e giri intorno al mondo, prosegue Marco, ma il biologico ci risultava molto difficile visto che preservare l’uva dall’umidità che caratterizza questo territorio è difficile e dunque abbiamo preferito trovare soluzioni sostenibili diverse. La certificazione è dunque stata una conferma positiva delle nostre scelte”. Nel 2012, poi, inizia il “rinvigorimento delle vecchie vigne”, come lo definisce Marco, che segue in prima persona la produzione fino all’imbottigliamento, con l’obiettivo di preservare un vecchio vigneto di 60 anni a Mareno di Piave dove viene prodotto il Gelsaia.

La sfida dell’Azienda Cecchetto sta dunque nel far rivalutare e far conoscere il Raboso, rispettando il vitigno autoctono ed esaltando le sue caratteristiche principali: grande acidità e indiscussa presenza di tannini. Il cambiamento climatico ha giovato al Raboso facendolo diventare un vino moderno, rispetto a qualche anno fa si vendemmia 10 giorni prima, verso il 20 di ottobre, facendo apprezzare il suo frutto e la freschezza.

La degustazione

Ecco qui sotto i 4 volti dell’uva Raboso Piave che dimostra la sua predisposizione a produrre vini molto diversi dimostrando sempre carattere e forza.

Rosa Bruna Vino Spumante di qualità Rosato 2013 Azienda Agricola Giorgio Cecchetto

Il Rosato di Raboso metodo classico è un’ originale declinazione del Raboso del Piave. Raccolta delle uve con vendemmia manuale, macerazione per 12 ore sulle bucce e successiva maturazione per 10 anni in bottiglia sui propri lieviti. Rosa intenso sul calice, dispensa piacevoli note di piccoli frutti rossi, ciliegia, melograno, fragola unite a note di pasticceria, biscotto, pane appena sfornato. Sul palato si esprime ricco e intenso, buona la texture, decisamente saporito, dotato di buona vena fresco-sapida che lo spinge in un’ottimo allungo. 88/100

Raboso del Piave DOC 2020 Azienda Agricola Giorgio Cecchetto

Il Raboso Piave, cavallo di razza difficile da domare, dimostra il suo carattere già in vigneto avendo un ciclo vegetativo molto lungo: germoglia per primo ed è una delle ultime uve ad essere raccolta. Questo lo rende un vitigno unico, fra i più tipici della DOC Piave, quasi estremo, e forse per questo lasciato in disparte, perché intimorisce per la sua natura forte rabbiosa. Per svelare il meglio di sé richiede tempi lunghi, pazienza e una certa dose di coraggio. Raccolta delle uve con lieve surmaturazione in pianta e vinificazione con macerazione in tini di rovere per 12 giorni, Il vino viene affinato per il 60% in barriques e il rimanente in botti di rovere di slavonia da 30 hl per almeno 12 mesi. Rubino fitto e denso sul calice, all’olfatto regala note calde e dense di frutta matura, marasche, prugne unite  a note terrose, humus, cuoio, tabacco, speziato di pepe e cannella. All’assaggio denso, ricco, pieno, scalpitante il tannino e la parte fresca. Buona la persitenza, esprime in pieno il carattere del Raboso. 89/100

Gelsaia Piave Malanotte DOCG 2020 Azienda Agricola Giorgio Cecchetto

Il Gelsaia è un Raboso vinificato solo nelle migliori annate, prima di questa sono state la 2017, 2014 . Il 15% delle uve è stato appassito in fruttaio per disciplinare fino all’8 di dicembre,  prevede da un minimo del 15% ad un massimo del 30%) Il vino viene affinato in legno nuovo e usato (barriques e tonneaux) per 12 mesi. Rubino impenetrabile,  bouquet pieno e ampio, ricorda le more di rovo e la ciliegia in confettura, spezie dolci, cioccolato fuso e il tabacco, viole appassite, legno di cedro. Sul palato è materico, denso e ricco, copioso nel suo calore avvolgente, tutto con grazie ed eleganza, i tannini di grande eleganza e la viva freschezza regalano armonia e un finale decisamente lunghissimo. 93/100

Raboso Passito Veneto IGT Azienda Agricola Giorgio Cecchetto

Poiché l’appassimento enfatizza i pregi e i difetti di ciascuna annata sono stati assemblate in percentuali decrescenti quattro grandi annate: 2003 – 2005 – 2007 – 2009. Mani esperte hanno raccolto i migliori grappoli, che sono stati conservati in cassette e in graticci fino al mese di aprile, estremizzando così l’appassimento per oltre sei mesi. Macerazione per 20 giorni in acciaio e successiva fermentazione e affinamento in barriques. Rubino molto intenso, impenetrabile. Bouquet con note di frutta rossa, ribes, mora, marasca allo sciroppo, sentori di tostato. balsamico, speziato, floreale di viola e rosa appassita.  Sul palato è sciropposo, denso, fitto, ricco, avvolgente, gradevolmente tannico con una sensazione finale di estrema pulizia del palato grazie a un sentore leggermente acidulo. Infinita la persistenza. 92/100

Il padre putativo dell’Amarone

Viene quasi naturale raccontare di questi vini che lasciano sempre il segno per il profondo legame con queste terre, ma soprattutto per il loro essere estremamente complessi, con facilità. E benché sia pur vero che non è stato codificato tutto nella fermentazione alcolica, o sulle trasformazioni che si sviluppano nell’affinamento, accarezzando le vecchie botti Garbellotto viene da pensare che, al di là, di quelle doghe, accada qualcosa di inspiegabile, una magia, e, anno dopo anno, un inanellarsi di vini splendidi per luminosità, complessità, finezza, e per l’energia che esprimono.

Varcare quel cancello, percorrendo il viale di ulivi che porta alla cantina, mette sempre un timore reverenziale accompagnato da un brivido alla schiena. L’accoglienza di Francesco e Lorenzo, nipoti di Giuseppe, ti mette subito a tuo agio e colpisce la professionalità e la pacatezza che esprimono. Sono loro ad aver il compito di far rivivere in bottiglia i valori e la visione di colui che è stato definito il padre putativo della denominazione. E se si chiede loro se hanno effettuato qualche modifica sulla metodologia di produzione, rispondono che hanno rivisto alcuni piccoli accorgimenti atti a migliorare qualche aspetto legato alla precisione, rendendoli più contemporanei, lavorando sull’espressione del frutto, sulla precisione.

Un po’ di storia

L’azienda nasce nei primi anni dello scorso secolo con Silvio Quintarelli, che, insieme ai suoi fratelli, coltiva a mezzadria i vigneti di località Figàri, nel comune di Marano di Valpolicella. Dopo la prima guerra mondiale, dal 1924, l’azienda si sposta nella vallata di Negrar, in località Cerè, dove Silvio prosegue la propria attività con il prezioso aiuto dei figli e in particolare di Giuseppe, il più giovane, che nei primi anni ’50 subentra in maniera importante in azienda per continuare la tradizione, apportando migliorie in cantina e in vigneto.

Giuseppe opera nel pieno rispetto della natura con amore e dedizione costanti; i vini ottenuti già allora seguono una paziente e scrupolosa selezione delle uve e hanno un fortissimo legame con la tradizione. Nei primi anni `80 procede con l’acquisto di nuovi vigneti, ottimizza la produzione e sperimenta altri vitigni, come il nebbiolo, la croatina, il cabernet franc e il cabernet sauvignon, che verranno poi usati regolarmente nei blend, e nasce un vino mito come l’Alzero, frutto dell’esperienza e della consapevolezza nella tecnica dell’appassimento delle uve.

Vini al massimo livello

Fra le caratteristiche che contraddistinguono da sempre i vini di Quintarelli ricordiamo una naturale predisposizione al lunghissimo affinamento, che va ben oltre i vent’anni, e li rende complessi, sfaccettati, ricchi di svariate sfumature olfattive speziate e balsamiche, ideali da godere davanti a un caminetto nelle fredde giornate invernali. Le prime etichette Quintarelli furono scritte a mano da Giorgio Gioco, celebre Chef e proprietario dello stellato I 12 Apostoli, ristorante nel cuore di Verona che ha fatto la storia della ristorazione della città scaligera.

Nella nuova cantina si accede in religioso silenzio, le luci soffuse consentono di ammirare un mix tra passato e presente, dove si ergono le storiche prime 10 botti le botti intarsiate con motivi allegorici, come il melograno e la cicogna, simboli di fertilità. 11, circa, sono gli ettari vitati, per lo più coltivati a pergola veronese, su terreni calcareo basaltici per vitigni tradizionali come corvina, corvinone o rondinella, mentre il resto – cabernet franc e cabernet sauvignon – la maggior parte a Marano ma anche a Valgatara e a San Giorgio è allevato a Guyot.

Giuseppe Quintarelli, icona assoluta nel mondo del vino italiano e non solo, ha trovato nei due nipoti i traghettatori per portare l’azienda familiare nel futuro, tramandando la mission del fondatore che in anni difficili e contro il parere di tutti ha comunque scelto di portato avanti la qualità estrema, le rese bassissime e i lunghi affinamenti.

(n.b.: Nessuno dei vini ha un punteggio; non mi permetto di farlo.)

La degustazione

Recioto della Valpolicella 2011 Giuseppe Quintarelli

Il capostipite, il vino che si beve per ultimo, è anche il primo della classe per il suo straordinario equilibrio e per l’eleganza. Prodotto con le medesime uve che compongono l’Amarone, il suolo che accoglie questi vecchi vigneti è di origine vulcanica con sedimenti calcarei; la vendemmia, rigorosamente manuale, avviene nella seconda metà di settembre con uve ben selezionate, i grappoli migliori sono messi in piccole cassette ad appassire per oltre 100 giorni; fermentazione alcolica lenta, di circa 45 giorni, atta a mantenere un buon residuo zuccherino. Quindi l’affinamento, per almeno 4 anni, in botti di rovere.

Il comparto olfattivo, generoso e potente, è intriso di profumi caldi, suadenti, ricchi, opulenti, che fanno viaggiare con la mente e portano lontano. Molte sono le sfumature: marasca in sciroppo, prugna, marmellata di more e lamponi, spezie dolci come paprika, pepe nero, liquirizia, radice di china, incenso, legno di cedro, moka. Al palato è velluto: morbido, avvolgente, materico, spesso; lo zucchero residuo è bilanciato in maniera perfetta dal tannino e la vena fresco-sapida è da manuale. La persistenza è senza fine, con rimandi continui alle note olfattive… una per una… estasi pura.

Alzero Cabernet IGT Veneto 2014 Giuseppe Quintarelli

Il secondo vino, il celebre Alzero, nasce per volere del grande Giuseppe. Nessuno aveva mai pensato prima di allora di poter realizzare un cabernet con la tecnica dell’appassimento; nessuno aveva mai pensato di porre una vigna su quel terreno scosceso e ripido chiamato, in dialetto, “alzero”, a 350 metri di altezza sul livello del mare dove il suolo è di tipo calcareo-basaltico. Dopo la  vendemmia è prevista un’attenta selezione dell’uva che viene poi trasferita nel fruttaio e posta a riposo in piccole casse di legno e sui graticci. Dura in genere meno delle uve atte a dare Amarone, intorno ai 50 giorni. L’affinamento, che in una prima fase ha una durata di 30 mesi e avviene in diverse botti di rovere francese (Limousin, Allier, Tronçais) prosegue poi per ulteriori 30 mesi in un’unica botte di rovere di Slavonia di medie dimensioni.

Naso profondo e finissimo, tutto giocato sulla leggerezza, rispetto all’Amarone presenta meno impeto fruttato anche se si avvertono sottili note di frutti neri maturi. Escono poi sottili eco di grafite, pietra focaia, accenni balsamici di liquirizia, china, spezie dolci, ginepro e pepe nero, con un soffio di sottobosco, catrame, pellame pregiato. Sul palato è caldo, ricco, si apre a ventaglio rivelando una fenomenale ampiezza e un equilibrio perfetto; i tannini sono impeccabili, finissimi, seguiti da un guizzo sapido-salino che dà movimento. La persistenza è lunghissima e accompagna un incedere di note balsamiche-mentolate uniche.

Amarone della Valpolicella 2015 Giuseppe Quintarelli

Vino icona dell’azienda, l’Amarone di Quintarelli è un vero e proprio pezzo di storia della Valpolicella, amplificato da un’annata ritenuta la migliore degli ultimi 30 anni. Nel 2015 le condizioni climatiche in Valpolicella hanno toccato la perfezione: grappoli spargoli, asciutti, con un grande accumulo di sostanze fenoliche e coloranti. Quanto occorre per conferire all’Amarone grande longevità e profondità. I vigneti poggiano su terreni collinari di natura vulcanica e calcarea. Le uve, portate in fruttaio e messe a riposo in casse di legno e sui graticci, vengono fatte appassire in modo completamente naturale per oltre 100 giorni. Sette anni di affinamento in legno fanno da preludio a un Amarone senza eguali, emozionante e nobile.

Bouquet completo e complesso che dispensa note calde, scure, profonde, di amarene e prugna in confettura. Piccoli frutti neri sotto spirito, floreale di violette e rose essiccate, erbe aromatiche, timo, maggiorana, speziato di ginepro, pepe, cardamomo, resine pregiate come incenso e mirra, radice di liquirizia, soffio minerale e finale di moka e fava di cioccolato. Corposo, pervaso di calore, materia avvolgente e succosa, vigoroso ma vellutato, tannino profondo ma finissimo, sapientemente cesellato, con vitale acidità a ristabilire l’equilibrio generale. Vino dalla lunghezza infinita con note finali di legni pregiati e spezie orientali, grande profondità. Difficile fare di più e soprattutto chiedere di più. Immenso.

Rosso del Bepi Veneto IGT 2014 Giuseppe Quintarelli

Il Rosso del Bepi è il vino che Giuseppe ha dedicato a se stesso. Ha deciso di dare questo nome all’Amarone quando notava che la qualità dell’uva e quindi dell’annata non era all’altezza di fare un grande prodotto. Quindi viene declassato a Veneto IGT ma a tutti gli effetti si tratta di Amarone, proveniente dalle stesse vigne, con i soliti 4 mesi di appassimento e 8 anni di invecchiamento in botte, ma con una persistenza e struttura del vino leggermente inferiore, più immediato rispetto al suo fratello maggiore.

Excursus aromatico di grande estensione delineato da note dolci e succose di frutto maturo pieno, ciliegia, more di rovo, mirtilli, prugna che cedono il passo a calde note di legno di cedro e sandalo, alloro, timo, tabacco dolce e finale piccante di spezie, pepe nero e ginepro. Sorso di portentosa espressione, caldo, ricco di estratto, si muove sul palato come velluto, tannino di classe infinita e profondità superlativa. Nonostante tanta abbondanza riesce nel guizzo fresco-sapido finale a strizzare l’occhio al territorio a cui è intimamente legato e indurre salivazione, per cui non vedi l’ora di riprenderlo in mano.

Valpolicella Classico Superiore 2014 Giuseppe Quintarelli

Altro vino iconico, il Valpolicella Classico di Quintarelli nasce dalla classiche uve autoctone corvina e rondinella. Le uve sono raccolte manualmente in piccole cassette, la fermentazione avviene grazie alla presenza dei lieviti indigeni e si prolunga per 7-8 giorni. L’affinamento avviene in botti di rovere di Slavonia di diverse dimensioni per 60 mesi.

Composizione olfattiva ampia e invitante, intrisa di frutti maturi, ciliegia nera, mora di gelso, prugna in confettura, grafite, roccia, anice, spezie orientali e soffio di viola mammola. Affascina per la finezza e l’equilibrio sul palato, la materia densa fa da apripista a un tannino magistrale, di immensa classe, con il ritorno speziato che fa da cornice ad una beva eccelsa. Altro vino di puro piacere.

Cà del Merlo Veneto IGT 2015 Giuseppe Quintarelli

Il Rosso ‘Ca’ del Merlo’ di Quintarelli è un vino voluto fortemente da Giuseppe nei primi anni ’80, prodotto con la tecnica del Ripasso a partire da un uvaggio dove un 15% di cabernet sauvignon, cabernet franc, nebbiolo, croatina e sangiovese si unisce agli autoctoni corvina, corvinone e rondinella. Quindi l’affinamento di 7 anni in grandi botti di rovere.

Olfatto di ottima estensione, marcato da note speziate di ginepro, pepe nero, cannella, cardamomo. Intervengono poi un fruttato di confettura di prugna e mora e per finire china, liquirizia, tè nero, tabacco dolce, cuoio. Energico il sorso, avvolgente e generoso, tannino compatto perfettamente integrato e tocco sapido finale.

Bianco Secco Veneto IGT 2021 Giuseppe Quintarelli

Ottenuto da un sapiente blend di garganega, chardonnay, sauvignon e trebbiano. Dopo la raccolta le uve sono pigiate e lasciate macerare sulle bucce per circa 12 ore a bassa temperatura: la fermentazione spontanea ha luogo in vasca d’acciaio a cui segue un affinamento sulle fecce fini di alcuni mesi in inox, con periodici batônnage manuali.

Sfaccettato il naso con ricordi di frutta gialla matura, susina, pesca, mela golden, soffio di fiori di campo e pietra focaia. Gusto pulito e pieno, con elegante freschezza e piacevole sapidità, dotato di un finale con rimandi minerali di pietra focaia.

Classico e contemporaneo

Renzo Dal Farra è una istituzione da queste parti e non solo. Ha creato, nel tempo, un tempio, un concentrato di gusto, piacevolezza, accoglienza, con una cantina che ha pochi rivali nello Stivale intero, sia per estensione che per qualità e prezzo della proposta. La sua cucina è sempre stata concreta, golosa, intensa ma mai a discapito dell’eleganza. Ora è arrivata la nuova generazione, il figlio Damiano che, dopo importanti esperienze in Italia e all’estero, muove a piccoli passi la cucina di Locanda San Lorenzo verso traguardi ancora più sottili e, se vogliamo, ancor più eleganti e leggeri di un tempo.

Toccare i capisaldi storici non è facile affatto : la Variazione di agnello dell’Alpago oltre che essere richiestissima è un piatto che ancor oggi vale il viaggio, ma l’opera lenta e duratura che Damiano già in parte opera e opererà sarà una ulteriore conferma dei piatti eterni, fuori dal tempo, che qui si propongono.

Goloso e pieno il Sandwich di anatra e fegato grasso con cipolla candita e maionese al lampone e ginepro, così come intrigante e moderno il Risotto ostriche e porcini, anguria marinata con salsa di finocchio e lemongrass. Splendide e intoccabili le Lumache croccanti con crema ai due agli.

Un percorso che stimola la scelta alla carta, per poi poter abbinare qualche intrigante e deliziosa perla enologica da una cantina che veramente lascia imbarazzati alla scelta, tanto è interessante e profonda. Un servizio attento, famigliare ma molto presente completa l’opera di un luogo davvero unico e indimenticabile. Se volete, e ve lo consigliamo, potente anche pernottare in una delle camere della locanda e risvegliarvi al mattino con una colazione casalinga ma ottimamente eseguita e servita.

La galleria fotografica:

Amarone 2012-2022: dieci anni e non sentirli

Il vino lo considero con dei tratti per certi versi umani e come l’uomo cambia atteggiamento spesso durante la sua crescita, durante il suo lento percorso le differenze, i cambiamenti e le fasi di crescita sono numerose, evolvendo migliora ma molte volte peggiora, si trasforma prima di arrivare inevitabilmente alla morte, perché anche i vini, come gli esseri umani, sono destinati a morire. L’occasione di testare un vino importante e complesso come l’Amarone dopo 10 anni dalla vendemmia è un’occasione da non perdere. Il fattore tempo per il vino è una variabile indecifrabile. Esistono alcuni vini capaci di evolversi per tantissimi anni, mentre altri a malapena possono arrivare alla vendemmia successiva.

L’Amarone è uno dei rossi al mondo più completi e affascinanti, più varietà a bacca rossa contribuiscono a plasmarlo, dopo essere state per mesi a prepararsi, a concentrarsi, a evolvere, a modificarsi. Un vino di pazienza, di fatica, che quando esce in commercio è “pronto a metà”, nel senso che ha ancora bisogno di tempo per aggiungere quelle sfumature così complesse e di evoluzione, e di smussare quei tannini a volte nervosi, il vino in fondo è intelligente, lo possiamo considerare scontroso e irrequieto da giovane, posato e saggio quando maturo.

Dalla fotografia scattata da questa degustazione, vi posso dire che assolutamente valeva la pena di aspettare, anche se l’annata 2012 non è considerata ottima e lo vedremo in seguito perché. In evoluzione l’olfatto migliora moltissimo, si aggiungono sfumature terziarie affascinanti: le radici, il cuoio conciato, il caffè, le fave di cacao, la carruba, note scure di humus, di sottobosco, di bitume, e all’inizio della sua vita mi piace pensare che sono presenti ma sopite, celate dall’irruenza di un frutto che va a coprire tutto. Sul palato assume i toni di una mano passata nel velluto, tutto armonia, cremosità, morbidezza, eleganza, raffinatezza. Un vino capace di accostare un grande piatto di carne o selvaggina, ma buono anche da solo, meglio ancora se gustato in compagnia.

Ma come è stata l’annata 2012 in Valpolicella?

Un’annata difficile, considerata a 4 stelle, segnata dall’umidità, con aprile e maggio molto piovosi, con tanto sviluppo fogliare. Seguita poi da un’estate caldissima: a giugno un’ondata di forte calore è coincisa con la fase della allegagione, durante la quale si sono toccate punte di 32° compromettendo lo sviluppo della vite, dando grappoli spargoli con acini più piccoli. Le temperature si sono poi stabilizzate a fine agosto e a settembre, rientrando nella norma e creando un clima ottimale per la maturazione delle uve, giunte all’appassimento sane e con un buon grado zuccherino. Ecco i campioni degustati facenti parte delle aziende delle Famiglie Storiche.

Amarone della Valpolicella Classico 2012 Campolongo di Torbe – Masi

Un cru fra la Valle di Negrar e la valle di Marano, esposto a sud ovest, che arriva fino ai 400 metri di altezza, calcareo a prevalenza con tufo vulcanico, vigne in pergola perché in alta collina l’impatto del sole è fortissimo. Appassimento fatto in vigneto in un casolare adibito a fruttaio senza tecnologia, ma con la ventilazione naturale che porta la botrite. Profondissimo il rubino, impenetrabile. Profilo olfattivo pregevole, dispensa note di frutta scura prugna, amarena, mora, poi chinotto, legno pregiato, pellame, tabacco dolce, liquirizia, cannella, pepe nero. Monumentale il palato, trama tannica impaccabile, volume avvolgente, calore, ricchezza ma precisione e rigore. Persistenza lunghissima su ricordi di moka e cioccolato amaro. Fantastico. 95/100

Amarone della Valpolicella Classico Riserva 2012 Capitel Monte Olmi – Tedeschi

Monte Olmi appartiene alla famiglia dal 1918 e si mise in etichetta quando ancora pochissimi lo facevano. Il vigneto viene dalla parte più a sud di Marano ed è terrazzato. Il Monte Olmi si riconosce per la balsamicità che dà freschezza. Spettro olfattivo ampio e intrigante, evoluto, balsamico, che inizia dalla frutta rossa surmatura, confettura di prugne, note ematiche, di goudron, humus, sottobosco, cacao. Sorso compatto e generoso, dimostra volume, calore e densità, tannino finissimo, pennellato e un finale che si stende su note piccanti di paprika, incenso e pepe. Grandissimo. 94/100

Amarone della Valpolicella Classico Riserva Ca’ Florian 2012 – Tommasi

120 anni di azienda, quattro generazioni, Ca’ Florian è un vigneto che risulta fra i primi investimenti del bisnonno e che fu Riserva dagli Anni Novanta. La Valpolicella ha mille sfaccettature: questo ha un terreno povero e in questa annata calda la pergola ha sopportato meglio il calore, mantenendo integrità e piacevolezza. Color granato con unghia tendente all’aranciato. Al naso porge complessità e maturità, ti accolgono note vanigliate, affumicate, di pellame pregiato, la confettura di ciliegia e la frutta rossa macerata arrivano dopo. Il sorso è vellutato e armonico, uno dei più buoni fino a qui incontrati, molto sapido e caldo, ma scorrevole, una materia ricca e balsamica apre a una nota fresca che dona vivacità. Finale preciso e finissimo. 93/100

Amarone della Valpolicella Riserva 2012 Fieramonte – Allegrini

Granato compatto, dispensa al naso note intense di ciliegia in confettura, prugna, mora, note evolutive di moka, pellame, liquirizia e tabacco dolce da pipa. Bocca dalla grande intensità, strutturato, succoso, materico, tannino ancora vigoroso, dimostra ancora una  buona vena acida e lunga persistenza su sentori di liquirizia forte. 92,5/100

Amarone della Valpolicella Classico Riserva 2012 – Zenato

Provenienti dal Garda, storicamente fra i più grandi negociant del territorio, poi hanno investito in Valpolicella, con vigne a 300 metri con tanta roccia bianca.  Prima Riserva 1980, una selezione di partite per farne un gioiello. Corvina, Rondinella, Oseleta e Croatina, allevate a Guyot, che dà tanta concentrazione in pianta. Colore profondo, al naso propone un’ouverture tutta giocata su toni surmaturi, ciliegia, prugna proseguendo poi su note balsamiche, radici, sottobosco, ruggine, goudron. Sul palato si concede morbido e voluttuoso, materia succosa e ricca, ampio e largo con un finale che stringe sulla spezia, sul balsamico, sul sapido. 92,5/100

Amarone della Valpolicella Classico 2012 Monte Cà Bianca – Begali

Monte Cà Bianca e un cru da vigneto di 2,3 ettari, sembrava un’annata ricca e potente, invece ha acquistato un equilibrio sorprendente con l’andare del tempo. Intenso al naso dove si colgono sentori di prugna secca, frutti rossi, marasca, scorza di agrume, spezie dolci, il dolce caldo del rovere e del cuoio. Sul palato fa sentire la sua materia, ricco, vellutato in prima battuta salvo poi mostrare un finale dritto, dinamico e preciso, finissimo con ricordi di bastoncino de liquirizia e leggere note speziate e piccanti. 91,5/100

Amarone della Valpolicella Classico 2012 Campomasua – Venturini

Dal 1963 famiglia di tradizione contadina che possiede oggi 17 ettari di proprietà intorno alla cantina a San Floriano. Il vino proveniente dal cru con molto scheletro, quindi povero, a 250 metri. Colore rubino molto intenso con unghia granato. All’olfatto mostra un frutto quasi surmaturo, in confettura, ciliegia, prugna, more, mirtilli, fiori essiccati, chiude con un soffio di chinotto, spezie dolci  e alloro. Il sorso è avvolgente, preciso senza sbavature, fine, caldo, materico, tannino dai toni eleganti e dal finale con sferzata fresca. Chiude lunghissimo su rimandi di pepe nero e agrume candito. 91,5/100

Amarone della Valpolicella Riserva 2012 – Brigaldara

Questo vino si fa ogni anno da un posto diverso, valutando l’annata, ma la 2012 proviene da un solo vigneto Case Vecie a 400 metri di altezza. Il rubino lascia posto a un color granato profondo conservando una bella lucentezza. Intenso e articolato al naso dove offre dapprima  sentori di frutta rossa dolce, marasca, mora e prugna e mostrare poi note speziate e di radici, bastoncino di liquirizia, rabarbaro, per finire con moka e mentolato. Strepitoso. All’assaggio si apprezza la precisione e  la bassa quantità di zuccheri. Scivola con classe sul palato, strutturato a metà bocca, con bella vena acida e tannini finissimi. Persistenti con rimandi di tabacco e liquirizia. 91/100

Amarone della Valpolicella Classico Vigneto Monte Sant’Urbano 2012 – Speri

Un solo Amarone che arriva dalla balconata che guarda verso Fumane volgendo a sera, che permette di invecchiare con grande lentezza. Tanto calore in estate, con la Corvina elegante, la Rondinella e la difficile Molinara minerale. Luminoso il colore granato che ti accoglie alla vista. Buono il ventaglio olfattivo che esprime, prugna, ciliegia matura, balsamico, mentolato, chiude con ricordi di radici e vaniglia. Non lo è da meno il palato, che unisce carnosità fruttata, un tannino ancora vigoroso e un finale stretto e balsamico. 90,5/100

Amarone della Valpolicella 2012 – Torre d’Orti

Parte dalla Cavalchina, ma il nonno era appassionato di Recioto e se lo faceva in casa per sé. Alla fine degli anni Novanta la famiglia va a cercare i vigneti e li prende disastrati, nella zona est della denominazione su terra marnosa che dà ph bassi e acidità da dominare ripiantandoli con Corvina, Rondinella, Corvinone, e Oseleta.  Ancora bello vivo il colore, granato luminoso. Naso di buona complessità, dispensa sentori di prugna, ciliegia, fragola in confettura e ribes rossi, viola, note vegetali e di olive in salamoia. Altro Amarone che dimostra dinamismo e vivacità. Avvolgente sul palato,  dimostra maturità piena, una buona materia, un tannino di ottimo livello e una parte finale fresco sapida che dona allungo su toni speziati e mentolati. 90/100