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Recensione ristorante.
Ostci, che patàca!
Queste parole di un giovane Nando Orfei – nel ruolo dello “ zione ” (così si definiva in Romagna il cognato scapolo accasato presso la famiglia della sorella sposata) – racchiudono il senso di meraviglia inavvicinabile, nel suddetto caso la ruota esibita dal pavone del conte di Covignano, volatosene via dalla villa, che interrompe una battaglia a palle di neve (siamo nel 1929, ” l’an de’ nivòun ”, a Rimini ne cadde per più di 130 cm) in un clima surreale, nell’ Amarcord di Fellini.
Il medesimo concetto ( è la mia prima sospiratissima visita a Caino ) con il passare dei minuti balenava di volta in volta nella mia mente tra un piatto e l’altro, una tecnica di cottura e una sfumatura sensoriale, un boccone e un sorso di vino, immancabilmente:
Ostci, la Valeria!
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