Parliamo oggi di una relazione intima, che non si discosta dalle sue origini ma che si plasma camaleonticamente alla realtà territoriale in cui si trova a vivere. Nella ricca, opulenta Bologna gastronomica c’è spazio per l’appeal mediterraneo della cucina di Agostino Iacobucci. Siamo tornati questa volta nella sua nuova dimora, a Villa Zarri, storica sede nel campo della distillazione. Un mondo a cui la cucina di Iacobucci sembra ispirarsi sintetizzando la sua terra campana con l’habitat felsineo lì intorno.
L’esperienza precedente a I Portici, per questo chef, ha sicuramente lasciato il segno, impostando la traccia personale su elementi che attingono sia dalla cultura gastronomica bolognese che da quella campana e di cui il menù omonimo, “Campania”, è l’epitome. Il suo leitmotiv? La strada, piuttosto facile, della golosità che, come tale, abbozza solo uno schizzo delle potenzialità dello chef e che ha inevitabilmente traghettato la nostra esperienza verso una votazione che abbiamo volutamente arrotondato per eccesso.
Dalla triglia con salsa di ‘nduja e garusoli fino alla lettura del totano e patate, l’interpretazione della cucina di Iacobucci verte sicuramente sull’alleggerimento di alcune preparazione tradizionali. La mano è delicata ma non per questo approssimativa o semplicistica. Lo spaghetto al nero, con lime e aglio nero spicca per linearità all’interno del percorso: per mantecatura cremosa e per saggio contenimento della nerboruta carica funginea dell’aglio nero. Altro piatto, un fuori programma, con Napoli incontra l’Emilia, dove la sfoglia tirata racchiude il ripieno tipico del tortellino mettendo il turbo sulla sua salsa di condimento con un ragù alla napoletana. “Cucina come uno dei protagonisti territoriali della storia?” Parafrasando un Jacques Le Goff, di sicuro questo piatto, in meno di due bocconi, collega quei 575 km che separano Bologna da Napoli.
Passaggio dubbio, invece, con la spigola, finocchio, olive e Pernod in cui la congruenza apparente degli ingredienti tra loro, unita a una cottura sfuggita, purtroppo non ha sortito l’effetto sperato.
Il recupero arriva però nel dessert con il babà a triplice lievitazione da manuale, che con solennità partenopea si impone sulla scena a chiudere la sequenza ideata da Agostino Iacobucci.
E’ questo indubbiamente il periodo delle dissonanze, dell’amaro sfacciato, dell’acido: sono queste le cucine che raccolgono con maggior facilità le attenzioni degli addetti ai lavori (non necessariamente del pubblico, ma questa è tutta un’altra storia).
Le cucine morbide, arrotondate, che poggiano tutto sulla potenza del gusto e sulla qualità assoluta degli ingredienti, certamente convincono, ma arrancano nel guadagnare la luce dei riflettori. Possono raccogliere grandi consensi, ma devono faticare il doppio per raggiungerli.
Agostino Iacobucci subisce un po’ questa situazione.
A Bologna mancava da tempo un ristorante di questo livello e di questa ambizione. Una piazza importante che, per molto tempo, si è specchiata nel suo passato, appagandosi di storia e luoghi comuni.
Non è più così, qualcosa si è mosso e si sta muovendo, e i Portici rappresentano senza dubbio la punta di diamante del rinnovamento della cittadina felsinea.
Una solidità stupefacente quella dei Portici, in tutti i suoi componenti. Niente colpi ad effetto, urla o terremoti gustativi.
Ma una concretezza tremendamente efficace, un viaggio all’interno del sapore degli ingredienti assolutamente convincente.
Si potrebbe cenare a occhi chiusi con la certezza di indovinare tutti gli ingredienti: quel fagiolino sarà un concentrato di sapore, i piselli sembreranno i più gustosi mai mangiati.
Una cucina “quotidiana”, di cui non ci stancherebbe mai, un ristorante in cui, volendo, si potrebbe ritornare settimanalmente. Proprio per l’apparente semplicità della proposta e l’assoluto piacere che regalano queste preparazioni.
La tecnica c’è, ma non si vede, completamente asservita alla riuscita gustativa.
Si può lavorare ancora sulla varietà delle consistenze e sulla ripetitività di alcuni ingredienti (ad esempio i crostacei) ma sono dettagli, anche perché è difficile stancarsi quando ci si trova davanti a ingredienti ricchi (foie gras, astice, scampi) e di tale qualità.
Iacobucci che, ricordiamo, è cuoco giovane che ancora deve raggiungere gli “anta”, può e deve spingere ancora di più nel portare a tavola la sua personalità e le sue idee, nel creare in maniera inequivocabile un suo stile, che permetta al suo pubblico di distinguerlo da tutti gli altri colleghi.
Siamo all’inizio, ma la strada è ben tracciata.
Tenete gli occhi ben puntati su questo cuoco e sul suo ristorante: siamo convinti se ne parlerà molto e bene, nel prossimo futuro.
Davvero ottimo e vario il pane…
…e un concentrato di sapore queste sfoglie al riso: nero di seppia, zafferano, alghe.
Il saluto della cucina è di gran livello:
Crocchetta di baccalà.
Pane, burro e alici, eccezionale.
Spugna di piselli e pecorino.
Macaron di pistacchio e mortadella, davvero perfetto.
Spuma di ricotta di Rosola e pomodori.
Spaghetti in acqua di mozzarella e pomodoro
Scampo imperiale, caviale, maionese al passion fruit, rapa marinata nel vermouth.
Ostrica, gelatina di Campari e mango.
Seppia e piselli versione 2015.
Ascè di seppia, gelato di piselli, olio, caviale, germogli di piselli.
Ascè di gambero rosso, erba cipollina, uovo alla colatura di alici e arance.
Spaghetto con elisir di crostacei, bergamotto e foglia d’ostrica.
Ecco un grande primo piatto: spaghetto di Gragnano molto al dente, bisque di crostacei misti (gamberi, astice, scampi, canocchie) limone ed erba ostrica. Ottimo, per gusto e consistenze.
Tortelli di piselli e astice.
Raviolo di coniglio alla genovese con salsa di provola affumicata di bufala e verdure di campo.
Altro gran colpo, sfoglia perfetta.
Tonno rosso del mediterraneo con cremoso di fagiolini, veli di pomodoro, salsa di pinoli tostati e finta maionese al limone. Ingredienti di gran livello.
Foie gras all’ amarena, mandorla, schiuma di bitter bianco.
Predessert di questo livello non se ne trovano tanti in giro. Moderna classicità.
Kiwi, asparagi, cetriolo, gin, crumble salato e gelato alla capra.
Il babà a tre lievitazioni.
Uno dei migliori babà del globo terracqueo, senza se e senza ma.
Piccola pasticceria.
E’ possibile richiedere un accompagnamento al calice.
Recensione ristorante.
Se la ristorazione in Costiera sta attraversando un momento storico, con una concentrazione di grandi tavole pari forse solo a quella di Parigi e di altre grandi metropoli, la città di Napoli non si può dire goda di uno stato di forma altrettanto splendido. Proprio mentre mi trovavo in città giungeva poi la ferale notizia del passaggio di Andrea Aprea dal Comandante al Park Hyatt di Milano, evento che privava Napoli dello chef del suo miglior ristorante. Perso chi va, fra chi resta annoveriamo con piacere la Cantinella del giovane chef Agostino Iacobucci, che con capacità, dedizione ed orgoglio sta risollevando le sorti di questo storico locale distante pochi passi da Castel dell’Ovo. E’, la sua, una cucina che più che a Napoli guarda a Sorrento, ma che non disdegna affatto la rivisitazione di qualche classicissimo della cucina partenopea. I risultati, talvolta, non sono stati all’altezza dello sforzo, soprattutto perché, in occasione della nostra visita, abbiamo avuto la sensazione che fossero tanti individui a cucinare per noi, e non una brigata con un’unità di intenti. Anche solo la gestione del sale, infatti, ha rivelato sensibili discontinuità, tanto da farci sospettare che manchi ancora un totale controllo da parte dello chef sui ragazzi in cucina. Peccato, perché alcune portate ci hanno invece ben disposto, non solo per l’ottima qualità delle materie prime utilizzate, ma anche per la scelta, magari un po’ “facile” ma sempre pertinente. dei contrappunti agli ingredienti principali. Un punto di forza del locale è la carta dei vini, in decisa crescita grazie al contributo del sommelier ex Torre del Saracino Giovanni Piezzo. Da essa peschiamo a buon prezzo il Brut Tradition di Egly Ouriet e, all’interno della pregevole scelta di calici proposto, Breg ’98. Senza preamboli di sorta la cena si apre con gli antipasti da noi ordinati.
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