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San Marco

Dall’osteria alle stelle (Michelin)

Quanto tempo ci vuole per comprendere una cucina? Quante volte bisogna tornare in un ristorante, prima di inserirlo tra i “favoriti”? Beh, quando i piatti racchiudono la storia e i gusti delle migliori materie prime, selezionate da amici, prima ancora che da fornitori, si entra dentro una stanza annebbiata da un incenso che crea due effetti: riportarti indietro nel tempo – accade a chi i gusti tipici, quelli veri, li conosce – o inebriarti, sino a spingerti a viverne il “momento zero”, quello della scoperta. In entrambi i casi si deve aspettare una pacca sulla spalla di Piercarlo Ferrero, patron del ristorante San Marco e noto trifulau piemontese, prima di esser riportati al mondo, ovvero in sala.

Il San Marco di Canelli, culla del vino Moscato, nel 1969 è osteria, diventerà ristorante dopo l’incontro tra Piercarlo, appena ventiduenne, e la diciottenne Mariuccia Roggero. Che si appassiona alla cucina, la studierà, sviluppando i gusti delle materie prime piemontesi che scoprirà giorno dopo giorno. Così facendo inventa nuove ricette e gusti che ammalieranno anche Gualtiero Marchesi di cui ne ricorda ancora oggi insegnamenti e consigli. 

Nel 1989 arriva l’ottenimento della prima Stella Michelin, un riconoscimento che accende i riflettori sulla coppia che diventa così una tappa indiscussa per i turisti stranieri, e non, che da lontano sognano la battuta, i cardi di Nizza, la fonduta, i plin, il bollito, la bagna cauda. Piatti, tutti, che nella stagione autunno – inverno sono innevati da una tempesta di tartufo.

Divisionismo (storico) gustativo

Per intenderci: trent’anni fa il cannellone ripieno di baccalà o il cardo proposto come tartare assieme all’uovo poché erano “innovazione”.

Michelin assegnava l’ambito riconoscimento valutando parametri che, nel tempo, sono mutati. Forse. Fatto sta che, arrivati a quella cucina poi definita  “contemporanea” è subentrata (anche) la ricerca, sia in termini di cotture che di materie prime. Il San Marco non si è mai allontanato dalle sue origini – è rimasto un ristorante classico – continuando a proporre i piatti che lo hanno reso celebre per trent’anni, quelli consecutivi di stella Michelin, affiancando a poco a poco nuove proposte che comunque non lo hanno mai reso catalogabile come “ristorante con cucina moderna”. La spaccatura in termini di percezione è piuttosto netta ma, alla base, ci deve comunque essere la qualità, in termini di sapori e cotture, al netto della creatività. 

Ordunque il San Marco è un ristorante che è riuscito a creare una propria e solida identità, e che non lascia dubbi circa la qualità. È rovente la passione che coinvolge tutti, dagli addetti in sala alla cucina, quando si presentano i piatti simbolici che definiamo come “per sempre in carta” ossia gli agnolotti “plin” al tovagliolo, cremosi e gustosi in cui la sottile velina di pasta raccoglie la carne magnificamente accompagnata dal brodo; ma anche i mitici tajarin ai 40 tuorli che si palesano come fili lunghissimi, disomogenei tra loro e per questo ancora più divertenti, da scoprire in un gusto che appare come una nuvola, il cui sapore rimane come sospeso. Indimenticabile: ecco il valore della ricetta.

La stessa sensazione arriva con il bollito misto di bue grasso accompagnato da verdure e bagnetti della tradizione in cui la carne non solo è come un mantello di sapori, ma è anche un esempio per chi consuma con una sola mano: la carne si sfalda, come il burro. E cosa dire dell’assaggio fatto di finanziera nobile astigiana? Delicata, pura, e fin leggera grazie a quella goccia di Marsala aggiunta, che regala una sorta di accelerazione acetica.  La conferma della luce tradizionale arriva con la bagna cauda piemontese, saporita e un poco troppo oleosa, ma certo emozionante e ossequiosa nei confronti della tradizione.

Ciò detto, lo scorso anno il ristorante ha perso la stella. Dal canto nostro, ci limitiamo a qualche piccola esortazione: puntare più sui piatti tipici, impreziosire la carta dei vini e inserire, pacatamente e senza troppe misture, nuovi piatti, così che, dopo il gelo causato dalla pandemia, sul ristorante possa tornare a splendere il sole e, chissà, anche la luce di una nuova stella.

La Galleria Fotografica:

Un tour tra i Bacari veneziani può essere una ottima opportunità per mischiare cibo, vino e cultura. Anche il solo perdersi tra le calli del centro può rappresentare una esperienza totalizzante: è sufficiente avere occhio curioso per godere di ogni più piccolo angolo di questa meravigliosa città.
Ma per chi volesse intervallare “cicheti e vin” alla visita di qualche palazzo o mostra, c’è ovviamente solo l’imbarazzo della scelta.
Proprio in Piazza San Marco ha sede lo splendido museo Correr dove concedersi una immersione nella storia della pittura veneziana.
Superato il Ponte dei Sospiri, ci si può dirigere verso la Chiesa di San Zaccaria dove ammirare le opere di Bellini e Tintoretto.
Ritornando indietro e attraversando il Canal Grande, possiamo trovare lo splendido Palazzo Venier dei Leoni, dove Peggy Guggenheim abitò fino alla morte: qui è ospitata la sua collezione privata di arte europea ed americana del Novecento, da Picasso a Pollock, da Mondrian a Kandinsky.
Ma le possibilità sono davvero infinite a Venezia.
E ritornando a discorrere di ombre e cicheti…

Ai Promessi Sposi
Ai Promessi Sposi, Bacari, Venezia

Deve bastare una parola per convincervi a fermarvi qui: polpette. Come se piovessero, tra le più buone che si possano trovare in qualsiasi tour intra o extra-veneziano. Ma in generale è buona tutta la proposta di cicheti, dal polpo con le patate alle cozze gratinate. La proposta di vini è quella che è, ma signori, che polpette… #polpetta top

Il bancone dei cicheti
cicchetti, Ai Promessi Sposi, Bacari, Venezia
Le protagoniste
Ai Promessi Sposi, Bacari, Venezia

Enoiteca Mascareta
Enoiteca Mascareta, Bacari, Venezia

Non abbiamo potuto sperimentarlo in prima persona perché, parole dell’Oste Mauro Lorenzon, “xe tutto overbuking!!”. Ma due parole le spendiamo volentieri lo stesso e certamente torneremo per sederci a questi tavoli. In primis per la grande proposta di vini al calice. Ma anche per verificare di persona la contagiante simpatia dell’Oste raccontataci da palati fidati. #Sarà per la prossima
Enoiteca Mascareta, Bacari, Venezia

Scorci della Venezia notturna
 Bacari, Venezia

Aciugheta
Aciugheta, Ai Promessi Sposi, Bacari, Venezia

Sorella del più famoso ristorante “Ridotto”, è una sosta valida per sedersi a uno dei tanti tavolini e riposar le stanche membra gustando una pizzetta, ovviamente con l’acciuga. Buona selezione di vini (anche se la conservazione a temperatura di sala non è di certo l’ideale) e cicheti. Scambiate almeno due parole col proprietario, una persona che trasuda passione vera per il suo lavoro. Un grosso vantaggio: è aperto fino a tardi quindi può essere l’ultima tappa del vostro tour. #pizzetta di mezzanotte

La pizzetta con l’acciuga
Aciugheta, pizzetta con l'acciuga, Bacari, Venezia

Non contenti della serata appena trascorsa, al risveglio ci siamo rimessi in moto per provare un paio di cose che la sera prima ci erano sfuggite…
Non prima di una sosta al mercato di Rialto: lasciamo parlare le foto…
venezia
venezia
mercato, venezia, Ai Promessi Sposi, Bacari, Venezia
mercato, Ai Promessi Sposi, Bacari, Venezia
mercato del pesce, Ai Promessi Sposi, Bacari, Venezia
Rombi vivi, Ai Promessi Sposi, Bacari, Venezia
mercato del pesce venezia, Ai Promessi Sposi, Bacari, Venezia
Mercato, Venezia
mercato, Venezia
Schie, Venezia

All’Arco
all'arco, Bacari, Venezia

Dopo una visita al mercato, è d’obbligo la visita a uno dei migliori bacari di Venezia. E’ aperto solo fino alle 17, quindi programmate un aperitivo pre-pranzo. Altissima qualità dei cicheti, fatti con grande cura e con prodotti di alto livello. Un buon baccalà fritto o un crostino burro e alici da far resuscitare i morti: il lusso della semplicità. Ma i più arditi non si lasceranno scappare un panino col musetto…
Vino? Niente di blasonato, ma un prosecchino e passa la paura. #100% veneziano
All'Arco, Bacari, Venezia
All'Arco, bancari, Venezia
All'Arco, bancari, Venezia
All'Arco, bancari, Venezia

Harry’s Bar
harry's, venezia

Non si può parlare di Venezia senza parlare di Harry’s Bar. Luogo decadente, ma pieno di storia e ancora amatissimo dai tanti turisti stranieri. Dichiarato Patrimonio Nazionale nel 2001, l’Harry’s Bar ha visto passare tra i suoi tavoli una quantità innumerevole di grandi personaggi: da Charlie Chaplin a Orson Welles, da Truman Capote a Ernest Hemingway. Nel regno dei Cipriani sono nati Bellini, Carpaccio e Martini Cocktail, solo per citare le creazioni più famose.
I prezzi fanno tremare le ginocchia (17 euro per un cocktail martini) ma la qualità sui miscelati c’è: discutibile la scelta del bicchiere, ma sia il Bellini che il Martini Cocktail sono ben fatti. Il rapporto qualità prezzo è ovviamente improponibile, ma questi sono posti che non ha senso valutare con gli standard classici.
Qualche oliva verde, un paio di polpette così così… e l’istantanea di un mondo che non c’è più è scattata. #storico
Harry's, All'Arco, bancari, Venezia
Harry's Bar, bacari, Venezia
Acqua alta a San Marco
acqua alta, Venezia
Venezia

Continua…?

Venezia

E’ difficile trovare le parole per descrivere Venezia.
In quelle ore in cui il centro si svuota dei mille e più turisti, girando a casaccio tra calli e campi che sembrano usciti da un dipinto del ‘600, questa città sa regalare una esperienza unica, da concedersi almeno una volta nella vita.
Trovate una comoda sistemazione, lasciate le valige e poi uscite dimenticando le automobili e i canoni a cui la vostra routine vi ha abituato: semplicemente perdetevi nello stupore.
Non c’è modo migliore per scoprire Venezia che un bel giro di Bacari: basta scegliere una zona della città ed individuare le tappe più raccomandabili, oppure lasciarsi guidare dal “fiuto”. Pazienza se la strada per raggiungerli non è sempre la più breve, i giri a vuoto fanno assolutamente parte del programma (soprattutto all’aumentare del livello alcolico).
Ogni tappa, un’ombra di vino e qualche cicheto. E via verso il prossimo bacaro.
Che la parola derivi dal dio “Bacco” o dal “far bacara” veneziano poco cambia, i Bacari erano in sostanza dei vinai che all’epoca della Serenissima arrivavano in piazza San Marco per vendere il loro nettare assieme a semplici spuntini, i cicheti appunto.
Questi venditori seguivano l’ombra del campanile per proteggere il vino dal sole, da qui il termine “ombra” che fa parte della cultura e storia di tutto il Veneto.
Il tempo ha certamente portato all’evoluzione del concetto, ma ancora oggi i Bacari sono una ottima soluzione per mangiare e bere a Venezia ad un prezzo ragionevole.
Si incontreranno vini più o (molto più spesso) meno buoni, così come cicheti da dimenticare e altri invece indimenticabili, ma non sarà mai questo il punto nodale: il giro di Bacari è una attitudine mentale. Va goduto nella sua interezza: nello scambio di battute con un Oste, nello scorcio rubato da una finestra aperta che fa intravedere un soffitto dipinto da perderci il fiato, nel gusto e nella morbidezza di una semplice polpetta fritta di cui avevi perso il ricordo.
Fa tutto parte dello spettacolo e del biglietto, anche il doppio prezzo riservato a locali e turisti in una città che non fa assolutamente mistero di questo doppio trattamento: è Venezia, prendere o lasciare.
Ma, chissà com’ è, si prende sempre tanto volentieri. Con l’acqua alta, i suoi paradossi, la sua sfuggevolezza. Ma anche la magia, la classe, l’eleganza.
Anche questa è Italia, ricordiamoci della nostra fortuna.
Una città che ti scava nell’anima, soprattutto nelle ore notturne.
Una città dove “il lento procedere del vaporetto attraverso la notte è come il passaggio di un pensiero coerente attraverso il subconscio”. (Iosif Brodskij, “Fondamenta degli incurabili”)

Noi ci siamo concentrati sulla zona Rialto-San Marco, ma torneremo per esplorare anche le altre magnifiche zone di questa città-gioiello.

Osteria alla Ciurma Wine Bar
Osteria alla ciurma wine Bar, bacari, Venezia
Cominciamo dalla tappa che ci ha convinto meno, sia per la qualità del vino che per quella dei cicheti. Scelta limitata già alle 18.30 per un locale che sicuramente non indicheremmo tra le soste imperdibili. #anche no

La lavagna
lavagna, Osteria alla ciurma wine Bar, bacari, Venezia
L’esposizione di cicheti non proprio invogliante
cicheti, Osteria alla ciurma wine Bar, bacari, Venezia
L’ingresso
Ingresso, Osteria alla ciurma wine Bar, bacari, Venezia

Al Mercà
Al Mercà, bacari, Venezia
Un bacaro veramente minuscolo, letteralmente aperto sul campo antistante. Molto frequentato dal popolo studentesco, un locale certamente di buon successo. Il motivo è legato senza dubbio all’ottima proposta di vini al calice, superiore alla media: non sarà difficile trovare qualche etichetta meno convenzionale. Non male anche i cicheti, su tutti la polpetta di carne e quella di tonno. #modaiolo intelligente

La lavagna
Al Mercà, bacari, Venezia

Osteria Bancogiro
Osteria Bancogiro, bacari, Venezia
Prima di tutto un bel locale, dove potersi anche sedere e scambiare quattro chiacchiere con calma. Poi una proposta di cicheti interessante e non banale. Si gioca con delle basi di polenta al posto del solito pane, farcite nelle maniere più varie: la nostra scelta è caduta su polenta al rosmarino con melanzane, piovra e lardo e polenta al prezzemolo con baccalà al forno e ricotta al cren. Ma non scherza anche un semplice panino alla mortadella (e con la quantità di affettato non si lesina affatto).
Proposta di vino senza infamia e senza lode ma è un locale in cui si sta indiscutibilmente bene.
In estate ci si può anche sedere all’aperto con vista su Canal Grande, che non è poco.
#confortevole

Il banco dei cicheti
cicheti, Osteria Bancogiro, bacari, Venezia
cicheti, Osteria Bancogiro, bacari, Venezia
La lavagna dei vini al calice
lavagna, Osteria Bancogiro, bacari, Venezia
Interni
interni, Osteria Bancogiro, bacari, Venezia
La nostra scelta
cicheti, Osteria Bancogiro, bacari, Venezia
cicheti, Osteria Bancogiro, bacari, Venezia

Ai Rusteghi
Ai Rusteghi, bacari, Venezia
Ecco un bacaro davvero fuori dal coro. Come lo è il proprietario, Giovanni, personaggio che da solo vale il prezzo del biglietto. Entrate con tanta voglia di divertirvi e vi divertirete di sicuro, anche stuzzicandovi a vicenda con l’Oste che regge volentieri il gioco. Grandi bottiglie alla pareti (con prezzi altrettanto “grandi”), ottimi panini anche con abbinamenti non scontati (buono quello scelto da noi, al salmone affumicato). E poi tre prosciutti al taglio: Cormons (D’Osvaldo), Parma 36 mesi, Cinta senese 24 mesi. Ma qui è davvero l’Oste a fare la differenza. Consigliatissimo, ma occhio al conto.
#rustego vero

Le bottiglie alle pareti: c’è da divertirsi
Ai Rusteghi, bacari, Venezia
Ai Rusteghi, bacari, Venezia
Uno scorcio del bancone: il locale è piccolo, ma ci sono anche alcuni sgabelli e tavolini alti per una sosta confortevole
Bancone, Ai Rusteghi, bacari, Venezia
Il taglio al coltello del prosciutto
prosciutto taglio al coltello, Ai Rusteghi, bacari, Venezia
Prosciutto, Ai Rusteghi, bacari, Venezia
Chiedete uno spritz all’Oste Giovanni e poi fateci sapere cosa vi ha risposto.
Spritz, Ai Rusteghi, bacari, Venezia

Continua…

Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia

Come in tutti i centri storici delle città a forte vocazione turistica, non è facile trovare un ristorante che sappia coniugare qualità e giusti prezzi. Anche a Venezia l’impresa risulta molto ardua: negli ultimi anni l’attenzione per il mondo food è decisamente aumentata anche qui in laguna, ma i buoni indirizzi rimangono tuttora in numero limitato, soprattutto nelle zone più centrali.
A due passi da piazza San Marco, il Ridotto continua ad essere un’oasi ristorativa per l’appassionato in visita alla Serenissima. La passione del patron Gianni Bonaccorsi è tangibile: nei suoi racconti, nelle sue parole, c’è tanto amore per il proprio lavoro. Questo si riflette anche nel locale, curato e accogliente pur in spazi molto limitati.
Dalla scorsa primavera è stato chiamato a rinforzare il “reparto offensivo” un bomber di razza: quell’Ivano Mestriner che tanta attenzione aveva attirato agli inizi della sua carriera quando officiava a Badoere di Morgano.
Un fuoriclasse che col tempo aveva perso un po’ la bussola, ma dalle indiscutibili qualità tecniche.
In verità radio casseruola parla già di presunti contrasti tra patron e neo-chef e di un imminente divorzio: nel corso della nostra visita i due erano regolarmente ai posti di comando ma vedremo nei prossimi mesi come evolverà l’ipotetica tenzone.
Una cucina che comunque, oggi, ha ben poco del Mestriner che avevamo conosciuto: la creatività è molto misurata e i piatti ricercano più la morbidezza che le spigolosità.
Una scelta probabilmente corretta in una sede come questa, per una clientela più propensa al comfort food. Piatti quindi di impostazione classica ma non per questo poco interessanti, anzi: è chiara una ricerca filologica, alla riscoperta di ricette antiche da interpretare con mano e pensiero moderni.
E’ il caso, ad esempio, dell’anitra, servita in brodo di alici e cipollotto per dare la giusta grassezza: un recupero, appunto, di una vecchia ricetta scovata da Gianni Bonaccorsi e reinterpretata assieme alla brigata di cucina. Altro esempio è lo spaghettoro con emulsione di cipollotto e vongole: semplice e ben fatto, perfettamente centrato per cotture e gusto.
Alle volte, nel lodevole tentativo di lasciare parlare con maggior forza gli ingredienti, si rischia di cadere sul banale, ed è forse questo il limite di una cucina che dovrebbe riversare nei piatti in maniera più convinta e convincente idee e pensieri di cuoco e proprietario, idee che sembrerebbero proprio non mancare.
Oggi il Ridotto è un ristorante di sicuro appagamento: i piatti sono eseguiti in modo corretto utilizzando sempre ingredienti di primo ordine. Magari non si sobbalzerà dalla sedia, ma si passeranno senza dubbio un paio di ore piacevoli in un locale molto accogliente.
Spendendo il giusto: lodevole la proposta del lunch menu, tre piatti a 28 euro. Ma anche il menu più costoso è prezzato a 70, che nella zona di San Marco è un prezzo da competizione, con questa qualità.
Carta dei vini notevole, sia per referenze sia per prezzi, nettamente al ribasso rispetto alla media lagunare: ci rimane qualche perplessità relativamente alla conservazione delle bottiglie (su scaffali a muro della adiacente Aciugheta) ma per nostra fortuna la nostra scelta è risultata in condizioni perfette.
Un plauso anche agli uomini di sala, spigliati, ironici e preparati: certamente importanti contributori della piacevolezza di tutto l’insieme.
Il voto, forse leggermente penalizzante, rimane prudente in attesa di una definizione più chiara della linea di cucina che si intenderà seguire.

Appetizer: crema di zucca e formaggio
appetizer, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Insalata calda di verdure autunnali con gelato di carciofo, granita al sedano e colatura di alici
insalata calda, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Tartare-pomodoro e tartare con tartufo, maionese di soia
tartare pomodoro, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Scampi, mandorle e crema di cavolfiore
scampi, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Spaghettoro con emulsione di Cipollotto e Vongole
primo piatto, spaghetto con vongole, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Orecchiette Cacio e Pepe su Passata di Melanzane
orecchiette cacio e pepe, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Zuppa come un Caciucco con pasta mista al profumo di Lime
zuppa come caciucco, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
La caccia di laguna: Anitra in brodo di alici e cipollotto. Il piatto più interessante, per profondità e complessità.
secondo piatto, anatra, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Cachi, castagne, rum e zucca con gelato alla birra. Una riuscita interpretazione dell’inflazionato binomio cachi-castagne. La birra regala quella punta di amaro che sostiene tutto il dessert. Davvero ottimo.
cachi, castagne e rum, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Il Tiramisù (Vegano – senza Zucchero, senza Latticini né Uova): emulsione di latte mandorla, tortino di carote, caffè.
tiramisù, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Corton Charlemagne J. Prieur 2005
corton charlemagne, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia

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Chissà se Giorgio Quadri immaginò mai quale incredibile luogo aveva creato: certo, avrà fantasticato sul suo nuovo bellissimo locale, ma forse nemmeno nei suoi sogni più arditi avrebbe potuto ipotizzare che il suo Caffè sarebbe diventato, nei secoli, uno dei più famosi al mondo. In una delle piazze più belle del mondo, San Marco.
Siamo intorno alla metà del 1700 quando Quadri decide di rilevare “Il Rimedio”, un locale già famoso in città, sotto le Procuratie Vecchie, in cui si vendeva Malvasia, ritenuta all’epoca “un rimedio” perché si credeva “rinvigorisse le membra e risvegliasse lo spirito”.
In realtà è la moglie Naxina a intuire il business: investire in un locale che vendesse “l’acqua negra bollente”, ossia il caffè alla turca. Dobbiamo immaginare la Venezia dell’epoca, estremamente cosmopolita, una città molto alla moda: in quel periodo era quindi molto cool bere il caffè, bevanda ricavata da una semente che i turchi chiamavano “khavè”. Successo assicurato.
Dobbiamo aspettare il 1830 per veder incorciarsi, per la prima volta, i destini del Quadri con quelli di una coppia di fratelli: i Vaerini rilevano il Caffè e aprono al piano superiore il ristorante, ancora oggi l’unico presente a Piazza San Marco.
Arrivando ai giorni nostri, ecco un’altra coppia di fratelli e una scelta imprenditoriale di grande coraggio: Alajmo e Venezia, qualità in una delle piazze a maggior densità turistica del globo.
Ristorante, bistrot, caffè: un locale che vive tutta la giornata, dalla colazione al drink dopo cena.
Un grande salotto, ecco quello che è il Quadri oggi.
Inutile soffermarci sul fascino di questa sala: pranzare in un luogo così carico di storia con vista su Piazza San Marco è un regalo da concedersi almeno una volta nella vita. Attraverso le grandi vetrate, il contatto tra sala e piazza è assoluto: è come stare seduti al bar del paese ed osservare la varia umanità che passa davanti agli occhi; più reale della realtà.
Il servizio è fresco, giovane, preciso: l’impostazione Alajmo che a Rubano ha messo radici trova terreno fertile anche in terra veneziana. In una sala di tale “presenza” fa un effetto ancora più piacevole e spiazzante.
Carta dei vini consultabile su IPad: interessante la possibilità di selezionare i vini anche per fascia di prezzo.
Ma veniamo al punto cruciale, la cucina.
A mettere nei piatti le idee di Massimiliano ci pensa il friulano Silvio Giavedoni, già sous chef in quel di Rubano.
Ma non immaginatevi un Calandre bis: qui l’impostazione di cucina è volutamente molto più basica, diretta. Una ricerca della semplicità del gusto quasi maniacale: si viene travolti dalla potenza espressiva degli ingredienti usati. Cucina indiscutibilmente italiana, quasi uno spot dei nostri prodotti per la numerosa clientela internazionale che frequenta queste sale (locale full e probabilmente noi eravamo gli unici italiani).
Le preparazioni giocano molto su equilibri sottili, non facili tecnicamente da realizzare. Ne sono un esempio i mezzi paccheri con crudo di pesce e succo di datterini: il pomodoro ha una forza gustativa travolgente e finisce col coprire ogni altra cosa presente nel piatto; il gusto che rimane in bocca è piacevolissimo, ma tutto quel pesce viene sacrificato come semplice texture. Evidentemente è necessaria una dosatura millimetrica di ogni componente.
Quando questa riesce, ci si trova davanti piccoli capolavori, come il piccione in padella: d’altra parte un piccione in casa Alajmo non si sbaglia mai.
Diciamocelo: non è un posto da gourmet in cerca di emozioni forti, ma c’è da essere orgogliosi di avere finalmente a Venezia una tale vetrina del Made in Italy. Un turista a Venezia che vuole un esempio di alta cucina italiana, di stampo tradizionale ma con quell’eleganza data dal cuoco di spessore, non ha altri indirizzi.
Quando si parla delle imprese dei due fratelloni, il lato costo è sempre un argomento scottante: lo sappiamo che stare in Piazza San Marco è un dazio da pagare, ma qui i prezzi sono allineati al tristellato padovano (per altro notoriamente già molto pesanti). Tenuto conto che tutti gli accessori non vengono regalati (caffè, acqua e affini), non sarà difficile sfiorare i 500 euro in due.
Noi abbiamo approfittato dell’ottima offerta di casa Alajmo, il Carpe Diem: prenotando e pagando in anticipo direttamente dal sito, c’è la possibilità di ottenere sconti sostanziosi, nel nostro caso del 50%. Questa ci sembra per un appassionato la modalità più intelligente per provare il Quadri senza grossi patemi d’animo. A prezzo intero, ahinoi, il tom tom di gola crediamo ci porterebbe lontano dal fiero Leone di San Marco.

Mise en place
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Pane
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Appetizer
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Gazpacho e frutta
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Battuta di manzo arrotolata con crudo d’ortaggi e maionese leggera al tartufo nero.
Semplicità, linearità, gusto. L’essenza dell’ingrediente al centro di tutto.
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Mezzi paccheri con crudo di pesce, gelatina di acqua di pomodoro, succo di pomodori datterini, capperi e basilico.
Si intuisce che questo possa essere un grande piatto: una pasta fredda haute couture. Il fine equilibrio è però spezzato da un pomodoro strabordante, in dose eccessiva e capace di relegare a comparsa ogni altro ingrediente nel piatto. Comunque buono, ma le potenzialità sono nettamente superiori.
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Uovo in camicia con zabaione di asparagi e insalata di carletti all’aceto balsamico.
Piatto interlocutorio, tecnicamente perfetto ma poco interessante.
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“Scartosso de pesse“ alla venexiana con salsa Quadri.
Ottima frittura: pastella molto spessa, croccantezza ideale. Molto buona anche la salsa, una maionese con una piccola aggiunta di senape.
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Piccione in padella con il suo succo, radicchi amari, crostini di frattaglie, peperoncino e marasche.
Il top della giornata, una marcia in più rispetto agli altri. Letteralmente spettacolare, un piatto trois étoiles.
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Mela – mela – mela
(gioco di consistenze attorno la mela)
3 varietà di mela, 3 diverse preparazioni: succo, meringa e sorbetto, acetosella e peta zeta (il fizz che riporta la mente all’infanzia: il gioco è sempre parte integrante della cucina Alajmo)
Grande acidità a ripulire la bocca.
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Cassata veneziana: una rivisitazione migliore dell’originale, quindi chapeau! Marzapane, ricotta di bufala ai pepi, gianduia, albicocca e rum. Un dessert spettacolare.
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I cioccolatini: lampone e cioccolato bianco, caramello e caffè, cioccolato e rum.
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La carta dei vini su Ipad.
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Un calice di vino bianco scelto dalla carta: la Vitovska 2010 di Skerlj, macerazione sulle bucce, fermentazione spontanea. Una lama di acidità, ottima beva.
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La cucina in lontananza.
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Una delle due sale con vista sulla Piazza.
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