Passione Gourmet Prima della Prima. Alessandra Meldolesi Archivi - Passione Gourmet

Prima della Prima: Moreno Cedroni

MAKI DI PELLE DI MELANZANA

Dovrebbe intitolarsi “Susci più che mai” il prossimo libro di Moreno Cedroni, in uscita per la casa editrice Giunti. A fare il punto su un filone creativo lungo e generoso: quello del susci (scritto rigorosamente /sc/) all’italiana, contaminazione intrapresa per primo da Gualtiero Marchesi, che detiene il brevetto del “sushi mediterraneo”, e poi lungamente praticata all’ombra di un’altra Madonnina, quella del Pescatore a Senigallia.

Oggi che il crudo detta legge, dal Brasile alla Scandinavia, Cedroni ha deciso di offrirne interpretazioni ancor più libere e provocatorie, infilando la sua chiave di lettura dentro serrature disparate: per cominciare venti ricette che traducono in sushi (o meglio in reverse crudisti) altrettante specialità regionali, compresa la cassoeula, da mangiare rigorosamente con le mani; poi una panoramica internazionale. Nel capitolo Giappone c’è posto anche per lui: il maki di pelle di melanzana. Che stringe in una crasi l’icona del Sol Levante e quella mediterranea della melanzana ripiena.

I cilindretti sono 3, tutti avvolti nella stessa sericità nera, che dell’ortaggio sembra tesaurizzare la soavità. Al loro interno un tentacolo di polpo con maionese di totano (emulsione ottenuta grazie alle proteine del mollusco, montate con l’olio a filo), una canocchia cruda marinata con soia e zenzero, semplicemente la polpa della melanzana stessa. Per condimento una salsa al nero di seppia e un’altra al prezzemolo, caviale e uova di lompo. Un po’ trompe-l’oeil, visto che di alga nori o riso glutinoso non c’è traccia; un po’ trash cuisine, considerato il ripescaggio dalla pattumiera di quel che spesso è uno scarto. Con lo stesso spirito con cui i nouveaux réalistes, Pistoletto, César o Rotella ravanavano attorno agli atelier; oppure Andy Warhol commentava: “Mi è sempre piaciuto lavorare con gli scarti… ho sempre pensato che hanno un grande potenziale di divertimento. Il mio è un lavoro di riciclaggio”. Forse perché lo scarto è quel quid che ci consente di recuperare la spiritualità dell’oggetto (o dell’ingrediente) oltre l’utilitarismo, secondo l’Estetica del rottame della studiosa d’arte Ave Appiano.

Maki di pelle di melanzana, Chef Moreno Cedroni

FUSILLI CON PECORA E EUCALIPTO

“Siamo diventati poveri”, scriveva Walter Benjamin nel 1933. Poveri di un’esperienza smentita ieri dalla guerra, nel XXI secolo dalla recessione. “A cosa mai è indotto il barbaro dalla povertà di esperienza? È indotto a ricominciare da capo; a iniziare dal nuovo; a farcela con il poco; a costruire dal poco e inoltre a non guardare né a destra né a sinistra”. Si parla molto di semplicità, nella cucina contemporanea, e questa parsimonia di mezzi e di effetti, questo primitivismo che talvolta assume lineamenti esotici, di indigeni maori o di indios amazzonici, ha pochi lasciti da spendere in tasca. Siamo tornati poveri, ancora una volta: e chi povero lo è sempre stato, potrebbe partire in vantaggio.

Per esempio la Romagna, terra di una ristorazione naturalmente in sintonia con la contemporaneità. Il cui ristorante più avanzato, in quel di Torriana, dalla povertà ha tratto una rivendicazione da appendere fin sopra il portone. Quella con bacche ed erbe spontanee, da incarnierare in un foraging ante litteram, è una consuetudine diffusa persino nelle trattorie, dove non sono mai appassiti fiori di sambuco, rosole, stridoli ed erbe dialettali, da abbinare magari a una saraghina. In cerca di una cucina “in cui le persone possano far risaltare la propria povertà, quella esteriore e in definitiva anche quella interiore, in modo così netto e chiaro che ne venga fuori qualcosa di decente”.

Nessuno come Piergiorgio Parini, nato a San Mauro Pascoli, figlio di contadini, sa elevare questa povertà al rango di estetica contemporanea. Dove la brevitas, come uso accorto dei mezzi espressivi da parte dei classici, sfuma nell’espressività graffiante dell’inopia. Gli ingredienti sono generalmente tre o quattro, e poco solenni. In questo caso fusilli, pecora, eucalipto e alloro, a comporre un ragù a crudo dall’integrità esemplare, che riscatta la vituperata insalata di pasta. Dove la carne di spalla è battuta al coltello, le foglie di eucalipto sono ridotte a julienne e l’alloro per una volta non è centrifugato alla Greenstar, che ne estrarrebbe un altro profilo, ma pestato e liquefatto, con un esito di maggiore soavità. Praticamente un latte di alloro che rinuncia alle lusinghe tecnologiche.

Intensa, fondente al palato e quasi cremosa, la carne è dinamizzata non per via di acidità ma attraverso la freschezza degli aromi balsamici, che a loro volta dialogano con la nota leggermente selvatica dell’ovino e quella silvestre dell’alloro, evocativa di una cottura in absentia, quasi un sapore della memoria in chiave subliminale. “Questo piatto è nato una sera dei primi caldi di stagione, per un cliente che non mangiava la pecora, su cui grava un certo pregiudizio. Invece io sono attratto dalla sua dolcezza, che mi ha ispirato un secondo in stile tataki, con il carré e il cosciotto appena scottati. Restavano le parti meno nobili, che ho elaborato in una pasta fredda, senza dirgli cosa fosse. Ho scelto i fusilli del Pastificio dei Campi perché si prestano alla preparazione in ‘insalata’, a causa dello spessore, e la carne può infilarsi fra le spire; sono conditi da tiepidi, in modo da creare un’emulsione con la battuta e un goccio d’olio, favorita anch’essa dalla spirale. Mentre l’eucalipto è quello che ho piantato in giardino tre anni fa, in cerca della nota verde perfetta”.

Fusilli con pecora e eucalipto, Chef Piergiorgio Parini,