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Luppolo e Farina

La pizza-studio di Cristiano Taurasano a Latiano

Nella geografia della pizza, gourmet o semplicemente buona che sia, la Puglia fino a qualche anno fa risultava non pervenuta. Qualcosa nel frattempo è cambiato, e assieme al capostipite Andrea Godi di 400 gradi, a Lecce, un altro giovane pizzaiolo sta destando crescente interesse per il grande lavoro sugli impasti e la territorialità.

Siamo a Latiano, in provincia di Brindisi, paese di 15 mila anime, e la sua risponde al nome di  Cristiano Taurisano. Giovane e intraprendente, Cristiano inizia quasi per gioco (e per gola?) a lavorare sulla pizza: prova diverse farine, lievitazioni più o meno lunghe, idratazioni, maturazioni: la sua pizza è il frutto di evoluzioni interiori e studi solitari condotti presso i grandi maestri, come Salvatore Santucci di Ammaccam, a Pozzuoli, a cui Cristiano ha dedicato la sua pizza signature: una pizza “atipicamente” napoletana, figlia di una biga lasciata a maturare diverse ore e dotata di grande digeribilità anche grazie all’elevata idratazione. L’impasto è bilanciato, il profumo richiama la tradizione, il cornicione ha la giusta consistenza con una convincente alveolatura interna. La Puglia entra prepotentemente nel piatto con materia prima di grande qualità, dal pomodoro fiaschetto di Torre Guaceto alla mozzarella vaccina delle comunità casearie dell’Alto Salento, all’olio extravergine di oliva fino al capocollo di Martina Franca e qualche “neonato” salume d’eccezione dei Fratelli Varvara. Mozzarella di Bufala, Alici e Pomodoro San Marzano parlano campano, ma sta nell’ordine delle cose… l’eccellenza non può permettersi compromessi in nome di inutili campanilismi!

Una pizza contemporanea fortemente caratterizzata dal territorio.

Cristiano propone una degustazione di diverse pizze, da condividere, che comincia con la classica Regina con filetti di pomodoro San Marzano e mozzarella di Bufala casertana e arriva in Campania con la pizza successiva, una marinara con cozze nere tarantine. I profumi sono notevoli: il basilico, l’aglio e le cozze regalano grandi sensazioni e lasciano pregustare il primo boccone. L’Aquasale è il piccolo capolavoro della serata: viene da un piatto povero e nutriente della tradizione, pasto frugale di contadini e pescatori nelle dure giornate lavorative. Qui la frisa sbriciolata, il pomodoro, la cipolla cruda, il friggitello e il cocomero barattiere con una grattata di cacioricotta rendono questa pizza fresca, saporita, corroborante.
Una sorpresa, come la successiva A lu pignato, ulteriore omaggio alla tradizione che si richiama alle nonne intente a cuocere davanti al camino nella pignatta di terracotta e che abbina il polpo con la cipolla, cucinato a lenta cottura nella terracotta con il pomodoro bruciato e la mozzarella.

Insomma, Luppolo & Farina è senza dubbio un indirizzo da segnare!

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Buone nuove, in quel di Brera

Dalla fine di novembre la “famiglia” delle pizzerie a marchio Da Zero ha aggiunto questo nuovo locale milanese, con lo stesso successo di pubblico riscontrato nelle altre sedi.

Siamo nell’affascinante zona di Brera e anche Da Zero si è adeguato all’eleganza del contesto con un locale molto curato, moderno ma caldo, in cui proporre la stessa linea della sede di Via Luini, cioè quella della pizzeria di matrice cilentana con ingredienti selezionati con attenzione al territorio e tra le chiocciole di Slow Food.

Ottimi i fritti iniziali, realizzati con sapienza e per nulla unti, tra cui si conferma particolarmente riuscito il crocché cilentano con soppressata, caciocavallo e provola. Buone anche le pizze, dal cornicione pronunciato come oggi è sempre più frequente, e presenti in una grande varietà di combinazioni.  

Nella nostra esperienza abbiamo preferito l’Orto d’inverno, con mozzarella nella mortella, friarielli, patate e salsiccia piccante alla Cilentana sbagliata, con fior di latte, sugo cilentano, cacioricotta di capra e basilico dove il centro, molto sottile, della pizza regge con difficoltà l’abbondante condimento rendendo il morso un po’ troppo morbido.

Il servizio è premuroso e cortese come non sempre accade a Milano; la carta propone poi una discreta selezione enoica oltre a un’offerta di birre non amplissima ma ben selezionata.
I prezzi delle pizze viaggiano ormai tutti sopra i dieci euro, in linea con l’elevata ma ormai tollerata media cittadina.

In sintesi, un’altra sicurezza nel panorama delle pizze meneghino, oramai tra i più ricchi in Italia.

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La pizza gourmet – e non solo! – a Vicenza

Aperto a febbraio 2019, a pochi metri da Palazzo Chiericati, Fattore F  si pone come nuova realtà nel panorama vicentino per gli amanti della pizza gourmet e non.

Strutturato in due zone, nella prima si richiamano i bacari veneziani e a pranzo si possono gustare cicchetti, pizza in teglia alla romana e pizza in pala; più all’interni, però, ci si imbatte nella sala vera e propria, dove prende vita il servizio serale con, al centro, la splendida cucina a vista.

L’offerta per la cena si sostanzia in due soluzioni: la spontanea, ovvero la pizza bassa in stile napoletano con impasto a fermentazione spontanea (appunto), senza lieviti aggiunti; o sensazione, ovvero la pizza alta, simile alla focaccia, quella comunemente chiamata “pizza gourmet”, con farine di semi integrali e lievito madre.

Sensazioni complesse e ricercate

Optiamo per la seconda e dobbiamo dire che hanno particolarmente brillato due sensazioni: elementi di stagione 2 in cui l’equilibrio di consistenze tra la morbidezza degli ingredienti e la croccantezza della pasta dall’ottima alveolatura ci è sembrato davvero squisito e il nostro cervo, dove la burrata di Andria e la julien di patate e cipolla rossa accoglieva un controfiletto di cervo insaporito da una marinatura delicata di spezie, cotto a bassa temperatura con riduzione di pino mugo.

Ottimi i dolci, con Illusione di cioccolato e Le Tre Venezie a risaltare per l’intensa dolcezza, scevra però da ogni stucchevolezza. Un plauso dunque ai due giovani proprietari, Massimiliano Fraccarolo e Riccardo Furlani, cui diciamo, senza esitazione: continuate così!

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Biancofarina: una enclave di napoletanità appena fuori dal centro di Bologna

La pizzeria Biancofarina sorge alle spalle della nuova stazione ferroviaria di Bologna, nel popolare quartiere della Bolognina, da qualche tempo oggetto di un ampio progetto di riqualificazione urbana, e di alcune interessanti aperture gastronomiche.

Pasquale Penne, partenopeo del Vomero, da dicembre 2017 gestisce questa pizzeria a spiccato peso specifico di napoletanità sia nel formato delle pizze proposte –  quello tradizionale col cornicione alto e soffice, senza concessione alcuna in carta ai moderni “spicchi” gourmet – che nell’attenta cottura al forno a legna, in cui vengono posizionate non più di due pizze alla volta per garantire la massima cura e attenzione al processo. Parla partenopeo pure buona parte delle materie prime utilizzate, Bufala dop di Aversano, Provola affumicata e Fiordilatte di Agerola, friarielli, pomodoro San Marzano dop, maiale nero casertano, e addirittura le birre in bottiglia.

Lunga lievitazione, idratazione e ottima proporzione tra base e farcitura

Particolare attenzione viene data alla lievitazione, di ben 36 ore (di cui 24 a temperatura ambiente e a temperatura controllata per le successive 12) e all’idratazione (dichiarata nel menù in quantità superiore al 70%), mentre l’impasto è ottenuto lavorando un blend di farine medio – deboli. In effetti le pizze assaggiate erano caratterizzate da notevole scioglievolezza e particolare sofficità; alto come da tradizione il cornicione, con un’alveolatura media in quanto a ampiezza.

Interessante la Cacio e Pepe rivisitata, in cui la nota di limone donava freschezza, ben eseguita la Napul’è: su base bianca di fiordilatte con abbondante farcitura di prosciutto crudo stagionato, parmigiano e rucola. Entrambe le basi ci sono parse lievemente insipide, probabilmente per bilanciare il tasso salino delle farciture e, difatti, la leggerezza delle stesse ci ha invogliato a provare la classica Margherita in una delle quattro versioni, con Piennolo del Vesuvio.

A chiudere, una cassatina di provenienza napoletana anch’essa, sebbene non ci sia stato possibile di soddisfare la nostra curiosità in merito alla pasticceria produttrice. 

Sicuramente Biancofarina rappresenta una comfort zone per chi fosse in cerca, anche a Bologna, dei sapori dal capoluogo campano!

Una valida doppia identità, in via di definizione

Da quasi un decennio seguiamo con piacere il percorso professionale di Luca Dell’Orto. Partito dalle cucine di famiglia all’Hotel San Gerolamo di Vercurago, lo chef lecchese ha trovato col tempo la propria collocazione gastronomica. Dopo aver ampliato l’attività dei genitori con l’apertura, dirimpetto all’albergo, del Bistrot-pizzeria Du Pass, nel 2017 ha inaugurato, nel cuore dell’area pedonale di Lecco, la propria vetrina cittadina: L’Ek.

Il locale aveva puntato, all’apertura, su una doppia identità: bistrot di qualità con un occhio al turismo e alla clientela di passaggio da un lato, pizzeria gastronomica dall’altro, potendo contare, per quest’ultimo aspetto, dell’apporto di Marco Locatelli, giocoliere degli impasti di stanza al Rise di Vimercate.

Con la successiva uscita di scena di Locatelli e grazie soprattutto alla buona risposta da parte della clientela, la proposta di L’Ek ha gradualmente guadagnato in ambizione. L’asticella è stata così innalzata sia in termini di proposta che di attenzione ai dettagli. La lievitazione non è, però, completamente sparita dai radar: è sufficiente, infatti, scorrere la carta per constatare come le pizze – tuttora pregevoli – siano ancora presenti, seppur non più fra gli elementi centrali del progetto. 

In sala: femminilità ed attenzione

L’insegna gioca con l’originario toponimo celtico di questo luogo manzoniano ma la cucina ammicca, più che alla retorica localistica, a una classica contemporaneità (e da questo punto di vista non sorprende l’omaggio, alla voce dessert, a un evergreen di Enrico Bartolini) e a scelte un po’ à la page, come i tagli di carne e i pesci interi, che vengono lasciati al tavolo in condivisione fra i commensali. Lasciandosi indietro l’idea originaria di un bistrot a basso tasso d’impegno, Dell’Orto ha poi portato fra queste mura anche alcuni fra i suoi cavalli di battaglia come il risotto con crescione di ruscello, latticello e lumache di vigna (non gustato in questo occasione ma provato svariate volte e sempre notevolissimo) o il pollo arrostito intero con salsa Royale. 

La sala, tutta al femminile, regge adeguatamente il ritmo della cucina, con sorrisi e senza alcun’affettazione. Un applauso va poi alla cantina, contenuta nei numeri ma attenta a non sprecare spazio, con proposte mirate a diversi target di clientela.

Ciò detto resta l’idea, suffragata da un cospicuo numero di visite, di un locale che non ha ancora trovato un’identità definitiva: la conferma del trend attuale, senza passi indietro in direzione di una più conservativa linea commerciale, lascerebbe a Lecco, non esattamente il paradiso dei gourmet, una buona tavola sulla quale poter contare. 

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