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Su Carduleu

La conferma di una fra le migliori tappe isolane

Nel Sud Italia, dove lo zoccolo della ristorazione rimane quello legato alla tradizione, le tappe in cui si propone una cucina innovativa si contano sulle dita di una mano e, spesso, vale la pena fare quei chilometri in più per raggiungerle e goderne dell’esperienza.
Una di queste è indubbiamente Su Carduleu in cui lo chef Roberto Serra, anche patron del ristorante, si qualifica ancora come uno dei pochi, pochissimi alfieri della ristorazione regionale.

Nel 2012 prende in mano il locale di famiglia ad Abbasanta e, nel Novembre scorso, decide di rinnovarlo restituendo nuova linfa alla sua casa, grazie ai colori più luminosi e a un design minimale, ottenuto liberando le pareti degli orpelli che le appesantivano.
Del restauro ne hanno giovato anche la mise en place, ora più curata, il servizio di sala, con l’aumento del personale, e la carta dei vini, aggiornata in occasione del rinnovo.

Cura e attenzione nella selezione delle materie prime

In questa piccola sala, alla periferia dell’universo Sardegna, si gode appieno del territorio e di un modo di intenderlo e trattarlo, che sono veri e propri punti di riferimento. La materia prima viene selezionata con passione, le cotture sottovuoto sono bandite, gli accostamenti, semplici e genuini, sono di una golosità didattica e appagante. Al ristorante, ubicato nell’area centro-occidentale dell’isola, si viene per gustare un menu incentrato sulle proposte di terra, anche se lo chef, che vanta esperienze da Vissani a Baschi e da Barbieri a Villa del Quar, dedica anche un menu alla materia ittica, che riveste un ruolo da comprimaria nella tradizione locale.

Nei piatti, tutti studiati e ben realizzati, emerge un’unione di intenti volta a valorizzare gli elementi tipici locali – vedi il tartufo di Laconi, le carni di maialino e capra, i mostaccioli di Oristano – in accostamento a ingredienti in prevalenza isolani, rappresentati primariamente dal sopracitato pesce.
Al Su Carduleu si servono anche le tradizionali paste sarde, come i maccarones de busa e i culurgiones, e un’interessante selezione di formaggi sardi, nella quale abbiamo particolarmente apprezzato il casizolu.

Una grande tavola che è un benchmark assoluto e rigoroso a livello regionale. Ad avercene, e non solo in Sardegna.

La galleria fotografica:

Un giovane chef ritorna nella sua terra per proporre una cucina coraggiosa e creativa

Si innamora della cucina in casa – il padre poliziotto era un cuoco provetto – e dopo aver frequentato controvoglia l’alberghiero ed aver collezionato numerose esperienze, negli alberghi di lusso e nei ristoranti di alta cucina (fra i quali l’Aqua Crua di Giuliano Baldessari), nel dicembre 2016 Salvatore Camedda apre la sua casa: Somu (dal sardo “sa domu”). Inizialmente a San Vero Milis, piccolo paese di 2500 abitanti a 30 minuti da Cabras, sua città natale. Dopo appena un anno e mezzo il ristorante si trasferisce nel pieno centro storico di Oristano, nei locali dell’Hotel Duomo, di fronte alla Cattedrale di Santa Maria Assunta.

La proposta è quella di una cucina creativa e leggera che utilizza sia ingredienti del territorio, come il pesce di Cabras e le farine del Sinis, sia materie prime provenienti da territori lontani, poiché lo chef sostiene che la qualità dell’ingrediente sia prioritaria rispetto alla vicinanza geografica. La carta dei vini è principalmente composta da prodotti regionali, dove fra vitigni più blasonati come Vernaccia e Vermentino ne spiccano altri da scoprire come Alvarega e Arvisionadu. Il servizio è nelle mani di Ilaria Musu, mentre i dolci sono firmati dallo stesso chef.

I classici del ristorante fra terra e mare

Roberto Petza ha aperto la strada ad una cucina creativa in Sardegna, ed è proprio a lui e allo chef Roberto Serra che Salvatore Camedda deve l’ispirazione, con l’idea di proporre una cucina più contaminata rispetto a quella dei colleghi, in un ristorante la cui proposta è fruibile anche nello spazio bistrò.

La carta propone una notevole varietà di piatti, presenti anche nei 3 menu: uno dedicato ai classici, uno ai sapori di mare e l’altro ai sapori di terra, tutti ottimamente prezzati considerato il livello della proposta. Nei piatti traspare la volontà di emergere all’interno di una ristorazione ancorata alla propria tradizione, un’indiscutibile conoscenza tecnica e l’esigenza di distinguersi con l’utilizzo, insolito a queste latitudini, di ingredienti esotici.

Se tutti i piatti presentano degli elementi interessanti, alcuni di questi non sono esuli da difetti: l’eccessiva crema di pistacchio a coprire il sapore della bottarga negli spaghetti (interessanti nell’insolita rivisitazione e nell’accostamento con i pistacchi) e la secchezza della faraona, seppur buona nella sua semplicità. Sul fronte dolce abbiamo notato una certa embrionalità, che si traduce in creazioni semplici e poco identitarie.

Con un paio di assestamenti, non abbiamo dubbi sul fatto che Somu diventerà una meta gastronomica isolana, che la clientela -locale e turistica- saprà apprezzare sempre di più.