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L’altro Coco Loco

Alle spalle di piazza dei Martiri, nel cuore pulsante del quartiere Chiaia, un piccolo vicolo porta a una piazzola dove c’è un garage, di fianco al quale una piccola e discosta salita porta all’entrata improbabile e decisamente poco appariscente di uno dei salotti gastronomici più interessanti della città.
Mai come in questo caso a Diego Nuzzo, più che patron, si addice senz’altro la definizione di padrone di casa. Questo non per retorica pomposa e priva di sostanza: sarete davvero guidati e consigliati, sia che siate affezionati clienti o che siate alla vostra prima visita, con viva partecipazione nelle migliori scelte da fare in un menù ricco di opportunità e di stimoli golosi.

La materia prima, per lo più ittica, è selezionata da affidabili fornitori che nel tempo -il primo Coco Loco, ora chiuso, risale al 1995- hanno costruito col titolare un sodalizio affidabile e durevole.
Il locale, una sala principale ampia e molto accogliente con sedute anche al bancone cui se ne aggiunge un’altra, separata, per degustazioni ed eventuali meeting, è depositario di un’atmosfera davvero rilassante, quanto mai adatta a gustare una cena in un ambiente ovattato e decisamente confortevole.
Un ristorante che fa della piacevolezza complessiva il suo punto di forza, adatta a serate conviviali, a cene tra amici,  o a intimi rendez-vous se vi ci si reca in coppia.

In tale ottica la cucina è al completo servizio di tale prerogativa con presentazioni semplici, tradizionali in cui la materia prima è presentata con cura e professionalità. Sarà possibile assaggiare così una genovese fatta davvero a regola d’arte, con tanto di muscolo e strutto, di quelle che restano impresse nella memoria, o una squisita linguina con totani e bottarga dalla cottura della pasta capace di soddisfare anche il suo più impenitente cultore.
Da non perdere anche le varie tartare, e un’insalata di ovoli e Parmigiano Vacche Rosse di notevole spessore.
Da ricordare che la domenica il ristorante è aperto solo a pranzo, e ripropone tutti i grandi classici della cucina napoletana (normalmente non presenti in carta) per un grande revival del territorio.

Interno.
interno, L'Altro Coco Loco, Napoli
Pane.
pane, L'Altro Coco Loco, Napoli
Cannolicchi…
cannolicchi, L'Altro Coco Loco, Napoli
Tartufi…
tartufi, L'Altro Coco Loco, Napoli
E vongole alla brace.
vongole, L'Altro Coco Loco, Napoli
Tartare di tonno e dentice, ventresca e calamari.
tartare di tonno, L'Altro Coco Loco, Napoli
Scampi e gamberi.
scampi, L'Altro Coco Loco, Napoli
Polpo arrosto con patate.
polpo, L'Altro Coco Loco, Napoli
Scampo fritto in crosta di tagliolini con maionese all’arancia.
fritto, L'Altro Coco Loco, Napoli
Baccalà in pastella con provola su letto di friarielli.
baccalà, L'Altro Coco Loco, Napoli
Porcini fritti.
porcini, L'Altro Coco Loco, Napoli
Insalata di ovoli e parmigiano vacche rosse.
insalata di ovoli, L'Altro Coco Loco, Napoli
Porcini alla griglia.
porcini alla griglia, L'Altro Coco Loco, Napoli
Linguine totani e bottarga.
linguine, L'Altro Coco Loco, Napoli
Un’ottima genovese rigorosamente con strutto, muscolo e cipolla.
genovese, L'Altro Coco Loco, Napoli
Cannolo scomposto e millefoglie con crema chantilly.
cannolo, L'Altro Coco Loco, Napoli
Dalla fornita cantina…
vini, L'Altro Coco Loco, Napoli

vino, L'Altro Coco Loco, Napoli
Particolare della sala.
sala, L'Altro Coco Loco, Napoli

La ricerca spasmodica del format più adatto alle proprie aspirazioni e alle proprie necessità lavorative appare sempre di più un lavoro in sé, potenzialmente frustrante e niente affatto privo di complessità.
Avere un’idea sensata, conforme alle potenzialità che si vogliono esprimere (nonchè economicamente redditizia) e perseguirla non è infatti cosa semplice né scontata.
Talvolta capita però che un lampo di brillante ingegnosità riesca in modo originale a colpire nel segno dando una svolta, facendo vedere le cose da un punto di vista differente e sorprendendo piacevolmente allo stesso modo sia l’abituale frequentatore di tavole che il saltuario avventore.
E’ questo il caso di Retrobottega, locale capitolino che rivede e reinterpreta l’idea del ristorante occidentalmente inteso.

La formula messa a punto mette sullo stesso piano, evitando qualsiasi genere di compromesso, la convivialità e la qualità espressa dalla cucina.
Non ci sono camerieri, sommelier o commis di sala che si affannano a sostituire i calici al momento giusto, né maitre impettiti pronti a illustrare i menù degustazione.
Non fosse per una sola, abilissima ed efficiente coordinatrice avente il compito di coordinare e dare spiegazioni la filosofia del fai da te la farebbe da padrona.
Come a casa propria ognuno si apparecchia da sé (con tanto di tovagliette all’americana e bicchieri di plastica) e si approvvigiona autonomamente di acqua e vino dalla sparuta cantinetta situata all’ingresso favorendo un approccio ancora più diretto col locale.
Per il resto i piatti o vengono passati direttamente dagli chef per chi è seduto al bancone o portati al tavolo con tanto di spiegazioni dai loro aiuti mutuando modalità già adottate in celeberrimi ristoranti come il Noma.
Parimenti la modalità di degustazione adottata dal ristorante è alternativa ed originale.
Chi vuole assaggiare solo qualche piatto attende pazientemente che si liberi un posto al bancone o a uno dei tavolini all’ingresso.
Per chi invece vuole provare il più articolato menù degustazione (due antipasti, un primo e un secondo a 38€) è invece contemplata la prenotazione al bancone sociale situato nella saletta in fondo al ristorante.
Questi ragionati cambiamenti sortiscono il risultato di favorire l’avvicinamento di un’ampia fascia di pubblico alla ristorazione fugando con intelligenza e sensibilità le titubanze che molti potrebbero avere di fronte ad essa.

La cucina? Come detto è buona, davvero buona, non per niente i due chef proprietari, Alessandro Miocchi e Giuseppe Lo Iudice, vantano apprendistati fatti in cucine prestigiose e blasonate e questo lo si può facilmente riscontrare dalle solide pietanze proposte, formulate senza salpare verso mete esotiche e senza infondere immotivate aspettative, ma al tempo stesso decisamente accattivanti e per nulla scontate.
Piatti come gli squisiti agnolotti del plin al fagiano con salsa al macis e zenzero, il pollo alla diaviola, piastrato a dovere, con peperoni cruschi e gel al limone o un risotto mantecato comme il faut con mirtilli e piccione sono sintomatici di abilità, mano sicura e profonda perizia.
Altri come i totani con crema di patate o la guancia di manzo vanno poco oltre una irreprensibile scolasticità rappresentando comunque dei dettagli rispetto alla tipologia del luogo in cui ci si trova.

Retrobottega, irriverentemente, vuole essere un locale che funge da diga tra la trattoria comunemente intesa e la deriva glamour cui la ristorazione sta andando incontro negli ultimi anni.
Forse una provocazione, fatta con un passo indietro in termini di sofisticatezza e uno in avanti in termini di convivialità e divertimento.
Di certo il risultato è apprezzabile e decisamente non banale.

”Mise en place”.
mise en place, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Amuse-bouche: Panino al vapore al pollo, salmone e tzatziki, tuile alle cipolle con crema di finocchi, sfoglie di riso, zafferano e carbone vegetale.
amuse-bouche, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Pane.
pane, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Totani, porcini, crema di patate.
totani, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Pollo alla diavola con peperoni cruschi e gel al limone.
pollo, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Risotto, piccione e mirtilli.
risotto, piccione, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Agnolotti del plin ripieni di fagiano con salsa al macis (mallo della noce moscata) e zenzero.
agnolotti del pin, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Guancia di manzo, purè di cicerchie, lenticchie, ceci soffiati e puntarelle.
guancia di manzo, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Gelato alla nocciola, ganache al cioccolato, polvere di liquirizia e scorzonera.
gelato, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Crema al grano saraceno, cachi sciroppati e noci macadamia.
crema, cachi, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
In accompagnamento….
champagne, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
chardonnay, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
In occasione di un’altra visita: carpaccio di vitello, salsa tonnata, capperi e paprika.
carpaccio, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Dumpling di pollo alla cacciatora con salsa all’aglione.
dumpling, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Risotto burro e parmigiano con pepe, pastinaca e tetragonia.
Risotto, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Lampuga con con crema di patate, cipolla, semi di zucca e papavero.
lampuga, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Salmone, tzatziki e rape.
Salmone, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Mascarpone, pan di Spagna, caffè e gelatina di cicorietta.
mascarpone, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Ricotta, pera marinata e anacardi.
ricotta, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Particolare del bancone sociale…
bancone, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma
Lavagna….didattica
lavagna, Retrobottega, chef Alessandro Miocchi, Giuseppe Lo Iudice, Roma

Un vecchio garage rinato a nuova vita, in un quartiere ad alta densità di ritrovi gastronomici che si susseguono praticamente senza soluzione di continuità.
Una nuova veste, davvero molto accattivante, con mattoni a vista, e mensole che simulano in modo convincente l’intimità di un appartamento, con tanto di riviste di fumetti distrattamente appoggiate sopra lampade che illuminano sapientemente angoli bui, e un bancone vecchio stile e divani con tavolini dove sorseggiare cocktails.
L’ennesimo involucro privo di contenuto?

Quando ci si entra la prima volta è lecito porsi la domanda, ma questa volta il richiamo che ha invogliato la visita al locale ha avuto una sua valida ragion d’essere. Pier Daniele Seu, il pizzaiolo, anzi pizza chef come oggi pare in auge definirli, rende infatti la meta degna di essere raggiunta.
Questo ragazzo determinato e sinceramente appassionato sembra già aver trasformato questo locale in uno degli indirizzi cittadini da non perdere.
Lievitazione a quarantotto ore complessive in due fasi, con impasto al 70% con farina 00 e 30% con farina 1, producono infatti una pizza buonissima, ben lievitata, gustosa e digeribile tanto da superare in scioltezza la prova del nove, ovvero mangiare due pizze senza colpo ferire.
E tutto questo con un forno elettrico, che non è certo la scelta d’elezione per la cottura della pizza.

Cornicione soffice e centro morbido -senz’altro più vicino allo stile napoletano o campano- e materia prima di ottimo livello rappresentano le caratteristiche principali.
La scelta è varia e spazia tra le pizze tradizionali bianche (tra cui un’ottima scarola e bottarga) o rosse, e quelle speciali “del 38” tra cui davvero buona “le origini”, in cui Seu omaggia la terra del padre con una squisita riduzione di mirto, e la “Roma vs Bari”.
Presenti anche focacce con condimenti selezionati aggiunti dopo la cottura.

Il locale ha anche una linea di ristorazione e la possibilità di scegliere tra varie tipologie di cocktail, come ogni buona risorsa polifunzionale che si rispetti deve avere.
Noi, in più riprese, abbiamo provato la pizza e, al netto di qualche lievissimo incidente di cottura, ne siamo usciti quasi sempre soddisfatti, tanto da sbilanciarci nel giudizio e da augurarci che la costanza nel tempo caratterizzi questa nuova piacevolissima scoperta.

Mise en place.
mise en place, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Pizza bufala, scarola e bottarga.
pizza, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Margherita DOP (Pomodoro,mozzarella di bufala e basilico).
margherita, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Marinara DOP (Pomodoro, alici, aglio e origano).
Marinara, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Margherita Classica (Pomodoro, fiordilatte, olio).
Margherita, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Pizza Melanzane e ‘nduja (Mozzarella di bufala, Crema di melanzane, n’duja, menta).
Melanzane e 'nduja, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Pizza fiordilatte, cicoria e guanciale di Norcia.
pizza fiordilatte, cicoria, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Pizza Le Origini (Mozzarella di bufala, porchetta d’Ariccia e riduzione di mirto).
le origini, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Pizza Roma vs Bari (Mozzarella di bufala, cime di rapa, coppa e zeste di arancia).
pizza roma vs bari, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Focaccia Tartare di tonno, burrata, granella di pistacchio e zeste di lime.
focaccia tartar di tonno, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Mousse al cioccolato.
mousse, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Tiramisù alla liquirizia.
Tiramisù, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Dalla breve carta dei vini…
vini, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Greco, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Gli interni.
interni, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
La sala.
sala, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
sala, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma

Una cena da Massimo Viglietti è sempre un momento di stimolo e di riflessione, ma a volte è anche foriera di spiazzanti perplessità.
In un mondo gastronomico progressivamente omologato a stili meccanicamente riproposti, e che sfrutta fino all’osso format che spesso mostrano la corda, varcare la soglia dell’Enoteca al Parlamento rappresenta una salutare sferzata per chiunque voglia provare qualcosa di veramente diverso.

L’entrata del ristorante di per sé rappresenta già una particolarità: sembra di essere in una di quelle piccole cattedrali esclusivamente consacrate al culto del vino, un sancta sanctorum con bottiglie disposte in ogni dove, capaci persino di creare imbarazzo per potenzialità delle scelte possibili, varietà di annate nonché per l’accessibilità dei prezzi.
Nulla di sorprendente in realtà, trovandoci in effetti in una vera e propria enoteca costruitasi nel corso dei decenni, e depositaria di una certa notorietà già prima di entrare nella cerchia dei ristoranti di valore.
In fondo ecco poi la piccola saletta, dove quattro-cinque tavoli rappresentano il palcoscenico dove avviene il vero scarto, la vera e propria virata.

Qui, da poco più di due anni, in contrasto con l’austera solennità dell’ingresso, quasi che esso ne rappresenti l’ingegnoso trompe l’oeil, un inganno dissimulatore, la cucina di Viglietti, non più profeta in patria in quel di Alassio, va in scena a due passi dal Parlamento, per la fortuna degli avventori romani.
Per goderne appieno l’atteggiamento migliore sarebbe quello di liberarsi da tutti i lacci che possono tenere legati a trascorse memorie di rassicuranti traiettorie gustative. Ci si trova di fronte a una personalissima anarchia dettata da autentica ispirazione e permeata di profonda sensibilità e cultura gastronomica, la cui unica bussola è rappresentata dal proprio sentire, senza ostacoli di sorta che siano distinzioni dolce-salato o la progressione cronologica antipasto-dessert.
Considerato tale tumulto ragionato ci appare doveroso abbandonarsi per godere dell’estro creativo dello chef senza preclusioni di sorta verso il mai banale e mai scontato luna park vigliettiano.
In quest’ottica il menù degustazione è sempre apparso come il passepartout ideale per avere un’idea, la più compiuta possibile, del suo concetto di cucina.

I vari percorsi non annoverano fra i loro pregi però quello della costanza, presentando a volte notevoli differenze anche all’interno dello stesso menù, in cui la concezione di alcuni piatti sembra difettare di senso della misura, intesa non come limite, bensì come confine oltre il quale anche una grande idea perde l’attributo dell’eccellenza per qualificarsi piuttosto come occasione non adeguatamente sfruttata. Per questa ragione siamo dovuti tornare sui nostri passi, ponendo più coerentemente l’Enoteca al Parlamento ad un livello più consono allo stato attuale del risultato altalenante espresso da molti passaggi quest’anno.
Tanto per intenderci nella nostra ultima esperienza la dolcezza caratterizza sia l’entrée del gelato alle acciughe che soccombe di fronte a pinoli e peperoni sia l’insalata di spinaci con lingua di vitello e baccalà che sarebbe un piatto di grande livello se la componente ferrosa della verdura, quella grassa della carne e la sapidità del pesce non fossero dapprima accompagnate e poi, appunto, sovrastate dalla dolcezza della composta di lamponi.
Allo stesso modo la trota confit con salsa di nocciole, spinaci e ravanello vede l’equilibrio travalicato dalla nota eccessivamente dolciastra della salsa.
Altri piatti sono invece pura testimonianza della classe cristallina di un grande chef come Massimo Viglietti: il dentice marinato nello yuzu con tapenade di cioccolato bianco, olive e polvere di pesto in altre mani avrebbe potuto essere una bomba a orologeria, e invece resta un mirabile esempio di maestria gastronomica, goloso ma elegante, rustico e raffinato al contempo.
Idem il piatto con spugnole, ingrediente molto amato dallo chef, foie ed emulsione di albicocche.

Tecnica come sempre inappuntabile al servizio di un’autorialità a volte straripante e impulsiva ma sempre fedele alla propria visione di cucina.
A quanti chef verrebbe poi in mente di portare un barattolo vuoto con uno straordinario concentrato di menta piperita da annusare per resettare il naso prima del dolce?
Un dolce in cui le diverse e più svariate note balsamiche, che contemplano perfino una sigaretta elettronica, ne rappresentano coerentemente la chiave di lettura.

Noi che apprezziamo l’istintiva costruzione dei piatti di Massimo Viglietti non possiamo non tenere conto dell’altalenante riuscita degli stessi che catalogano comunque la sua tavola come una delle più interessanti a Roma, dove appassionati, e non, di alta cucina troveranno sempre mille opportunità di riflessione e divertimento.

Mise en place.

Mise en place, Enoteca al Parlamento,Chef Massimo Biglietti, Roma
Pane.
pane, Enoteca al Parlamento,Chef Massimo Biglietti, Roma
Gelato di acciughe, pinoli e peperoni confit.
Gelato, acciughe, Enoteca al Parlamento,Chef Massimo Biglietti, Roma
Insalata di spinaci, baccalà, lingua di vitello, lamponi.
insalata, baccalà, Enoteca al Parlamento,Chef Massimo Biglietti, Roma
Dentice marinato nello yuzu, tapenade di olive e cioccolato bianco, polvere di pesto, carota e frolla.
dentice, Enoteca al Parlamento,Chef Massimo Biglietti, Roma
Cremoso di rognone su vellutata di patate al gin, gambero scottato.
cremoso, rognone, Enoteca al Parlamento,Chef Massimo Biglietti, Roma
Trota confit salmonata, polvere di patate sbriciolate, salsa alla nocciola e rapanello, spinaci.
Trota, Enoteca al Parlamento,Chef Massimo Biglietti, Roma
Spugnole, foie ed emulsione di albicocche e limone (sapientemente acida), shiso.
spugnole, Enoteca al Parlamento,Chef Massimo Biglietti, Roma
Spuma di limone e bottarga e riduzione di Campari, sbriciolata di lamponi, semi di lino, girasole e zucca. Grande classico dello chef.
spuma di limone, Enoteca al Parlamento,Chef Massimo Biglietti, Roma
Un sorbetto per il naso: essenza di menta piperita per pulire il naso.
sorbetto, Enoteca al Parlamento,Chef Massimo Biglietti, Roma
Gelato alle Fisherman’s friends, frolla acidula di frutti rossi, infusione di diversi tipi di menta e pepe ed erbe balsamiche, caramella sukai alla liquirizia, sigaretta elettronica.
erbe balsamiche, gelato, Enoteca al Parlamento,Chef Massimo Biglietti, Roma
Petit fours.
petit fours, Enoteca al Parlamento,Chef Massimo Biglietti, Roma
Posate.
posate, Enoteca al Parlamento,Chef Massimo Biglietti, Roma
Con noi al tavolo…
champagne, Enoteca al Parlamento,Chef Massimo Biglietti, Roma
Particolare della sala.
sala, Enoteca al Parlamento,Chef Massimo Biglietti, Roma

La trattoria Epiro, sin dalla sua apertura uno dei più validi esempi di nouvelle vague bistrottiera romana, ha da poco acquisito una nuova veste, decisamente più glamour.
Il piccolo spazio dedicato allo street food all’ingresso è stato ora sostituito da una sala analoga a quella già presente all’interno, col risultato finale di un locale dall’estetica più uniforme e senz’altro più accattivante.
Permane invece piacevolmente immutato il dehors, assolutamente consigliabile nella bella stagione per trascorrere un paio d’ore godendo della frescura serale.
Il locale è pieno, e di questo ci compiacciamo, si deve prendere atto però che all’indubbio lavoro di ammodernamento architettonico non è seguita un’altrettanto significativa evoluzione gastronomica.
Il format adottato, che ha previsto fin dall’apertura un’offerta agile, pienamente nell’air du temps con piatti di facilissima lettura, preparati con discernimento e professionale accuratezza, rimane senz’altro la chiave di acceso alla cucina della Trattoria Epiro.
Non sembri una romantica proiezione dei nostri desiderata, ma in passato era sembrato intravedersi, all’interno di questo percorso tracciato, l’aspirazione a rappresentare qualcosa di più di un semplice bistrot di quartiere dove passare una piacevole serata.
I piatti assaggiati invece hanno dato l’impressione di essere formulati per badare ben più alla sostanza che alla voglia di fornire il benché minimo brivido emotivo. L’infuso di karkadè con zenzero e curcuma, di valenza più cromatica che gustativa, ne rappresenta un valido esempio: il baccalà è cotto perfettamente, ma resta al palato protagonista pressoché unico del piatto.
Allo stesso modo la salsa verde e l’agretto di pomodoro che appaiono come mero corredo privo di carattere alla buona ombrina cotta al vapore o i primi davvero golosi, che demandano alla soddisfazione degli istinti primari la loro ragion d’essere.
Piacevolmente invariata resta invece la carta dei vini, selezionata con passione e competenza dal bravo Francesco Romanazzi, cultore del biodinamico ma non solo, che permette scelte di assoluto interesse, come lo Chenin della nostra cena, davvero una sorpresa che ci ha accompagnato degnamente per tutto il pasto.
Parlando di numeri, confermiamo comunque la valutazione precedentemente espressa, auspicando per il futuro un po’ di verve nello stile gastronomico del ristorante.

Mise en place.
mise en place, Trattoria Epiro, Roma
Amuse bouche: formaggio di capra, misticanza e cialda di mais.
amuse bouche, Trattoria Epiro, Roma
Sashimi di palamita con ostrica, aceto di mele, cetriolo, spugna al prezzemolo.
sashimi, Trattoria Epiro, Roma
Baccalà bruciato con germogli, infuso di karkadè (fiore di ibisco), zenzero, curcuma e shiso.
baccalà bruciato, Trattoria Epiro, Roma
Gnocchi di patate, mandorle di mare, zucchine e fiori di zucca.
gnocchi, Trattoria Epiro, Roma
Tuffoli con palamita, pomodoro arrosto, cipolla rossa e olive taggiasche.
tuffoli,Trattoria Epiro, Roma
Ombrina al vapore con seppie e totani, salsa verde, shiso e agretto di pomodoro.
ombrina, Trattoria Epiro, Roma
Pomodoro, vaniglia e shiso.
pomodoro, Trattoria Epiro, Roma
Tartelletta al limone, gelato al basilico e frutta secca.
dessert, Trattoria Epiro, Roma
Semifreddo al caffè con mandorle e liquirizia.
semifreddo, Trattoria Epiro, Roma
Cheese cake al frutto della passione.
Cheese cake, Trattoria Epiro, Roma
Pane.
pane, Trattoria Epiro, Roma
Bottoncini di pane al latte con alghe.
bottoncino, Trattoria Epiro, Roma
Un grande Chenin, ricco, dalle spalle potenti e dalla grande persistenza.
vino, Trattoria Epiro, Roma
Giardino.
Trattoria Epiro, Roma