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Kitchen

I colori della cucina confortevole di Andrea Casali

Siamo a Cernobbio dove, di fronte allo Sheraton, c’è Kitchen, il ristorante gourmet dell’albergo, che brilla di luce propria, posizionato in una villa con un piccolo parco adiacente. Andrea Casali, giovane Chef, cresciuto nella brigata di Franco Caffara ai Tigli in Theoria, è stato capace di raggiungere, in brevissimo tempo, l’ambita stella Michelin. Casali ha indubbie capacità tecniche e conquista il pubblico, sia internazionale della struttura sia locale, con piatti belli, curati esteticamente, cromatismi avvincenti e materie prime pregiate, cotture precise e grande attenzione alla piacevolezza a tutto tondo. Una cucina di impostazione classica, con chiari riferimenti a quella francese, che si lancia in modo creativo soprattutto nel mondo vegetale, protagonista di un menù “Green“, completamente dedicato.

In the garden

Un ambiente molto accogliente, con vista sul piccolo parco, dove, nel periodo estivo, si può pranzare e cenare, con piccolo orto annesso, da cui lo Chef attinge giornalmente. Notiamo un percorso di crescita dall’apertura, già dagli amuse bouche, decisamente più a fuoco e incisivi, e la conferma che i piatti vegetali riservano sempre delle piacevoli sorprese.

Questa volta è stato il caso della Finta tartare di carne, composta invece da fettine di peperone reidratato, caviale di uovo grattugiato e Parmigiano Reggiano, interessante per texture e sapore, anche se in realtà potrebbe essere rivista nella quantità del peperone che potrebbe risultare essere un po’ stancante. L’Animella glassata, sedano rapa, lampone e zenzero è perfetta nella cottura, forse solo con una deriva un po’ troppo dolce, ma comunque decisamente piacevole nel complesso. Il piatto apice del percorso è stato lo Spaghettone con zafferano, caviale, burro acido e erba cipollina, semplicemente perfetto nel dosaggio di sapidità e acidità, incisivo, gustoso e originale. Ma lo Chef vince facile con il Petto di piccione, foie gras, cipolla al lampone e pastinaca, così come con l’Astice scottato, beurre blanc, mela e lattughino in osmosi, sempre di mela, giocando con grande sicurezza su accostamenti da manuale, ultra rodati. Perfetto il Soufflè al cioccolato Guanaja 70% Valrhona che trova uno sparring partner perfetto nel sorbetto al lampone e un infuso caldo di frutti rossi, in una solida alternanza di temperature, dolcezza e acidità.  

Ci stiamo avvicinando a un punteggio più elevato e un suggerimento potrebbe essere proprio quello di smarcarsi dagli accostamenti classici e osare di più, per dare un’impronta più personale alla propria cucina che è, comunque, super cozy e comfort, e fa felice chiunque si sieda al tavolo.

IL PIATTO MIGLIORE: Spaghettone con zafferano, caviale, burro acido e erba cipollina.

La Galleria Fotografica:

Gioventù, freschezza e tanto verde: benvenuti al Kitchen di Andrea Casali

Immerso nel parco dello Sheraton Lake, di cui è il ristorante gourmet, il Kitchen si conferma una sosta molto interessante e vivamente consigliata per chi voglia evitare di cadere nelle grinfie della ristorazione, in massima parte turistica, che affolla i dintorni del Lago di Como. Qui siamo proprio a Como – per la verità praticamente a Cernobbio – e, sebbene manchi la vista lago, in compenso si mangia circondati dal verde e si riesce a stare freschi anche nelle giornate più afose.

Come si accennava, pur facendo parte del complesso dell’hotel Sheraton, il Kitchen mantiene una propria autonomia di ristorante gourmet e, per lo più, lavora con clientela esterna (il ristorante riservato ai clienti dell’hotel si chiama Gusto ed ha un’impostazione assai più tradizionale). In cucina c’è Andrea Casali, Chef nato sotto la stella di Franco Caffara a I Tigli in Theoria, non molto distante da qui. Casali si destreggia con energia e passione ai fornelli: la sua è, in primis, cucina di ortaggi, frutta e radici che lo Chef è in grado di trasformare con fantasia, ingegno e rispetto. Non a caso ha fortemente voluto e realizzato un bellissimo orto biodinamico – adiacente al ristorante – chiamato “Le Luci del Kitchen”, da cui provengono le erbe aromatiche e le verdure che sono servite al ristorante.

E c’è un percorso degustazione denominato “Green” completamente vegetariano.

Insomma, lo Chef ha il pollice verde e con gli ingredienti di origine vegetale sa colpire nel segno, provare per credere il Sedano rapa, caprino, consommé di finocchio, levistico, uva: un piatto “green” molto fresco e pulito, l’ideale per preparare le papille gustative alle portate che seguiranno. La linea di cucina non ha particolari legami con il territorio del Lago ma spazia da Nord a Sud e da Est a Ovest con grande disinvoltura.

Niente tecnica fine a se stessa ma sapori intensi, cotture ed esecuzioni precise

I piatti sono cromaticamente molto vivi e sempre esteticamente molto curati, emblematiche i le Capesante scottate, patate e zafferano, fiori di zucchina, fondo di pollo, un gioco di colori, consistenze e sapori che si rileva vivacissimo al palato. La cucina ha naturalmente la necessità di essere molto pulita, concreta e profondamente italiana, per accontentare quella clientela internazionale che, soprattutto d’estate, frequenta da turista le rive del Lago di Como, ma qui c’è la giusta tecnica che permette di attirare anche palati più spiccatamente gourmet. Il tutto senza mai perdere di vista il piacere, la godibilità e la riconoscibilità dei piatti. Come testimonia lo Spaghettone “Monograno Felicetti” allo zafferano, capesante in crudo, burro acido, alloro, semplicemente perfetto, golosissimo, con un’importante spalla acida, di grande persistenza gustativa, eseguito in maniera tecnicamente impeccabile. Un grande piatto di pasta! Unico passaggio a vuoto il coniglio che, a dispetto della presentazione, come sempre curatissima, ci è parso sotto tono e per nulla centrato gustativamente – anche per lo scarso apporto di una salsa all’Amarone poco incisiva – con gli asparagi, unici protagonisti al palato. Accattivante il dessert, fresco e leggero ma capace di risvegliare i sensi al termine del percorso di degustazione.

Un’ultima notazione, per il servizio di sala giovane, spigliato e molto attento, con la chef de rang Silvia Premoli su tutti. 

La Galleria Fotografica:

C.C.K. (Cosy Comfort Kitchen)

Siamo a Cernobbio, poco lontano dal Lago, in una villa con un bel parco annesso, dove d’estate si può pranzare all’aperto. Una location decisamente confortevole e accogliente, come la cucina del giovane chef Andrea Casali, fresco di stella Michelin, al Kitchen.

Andrea è, da pochi anni, alla guida di una giovane brigata e giovane è anche il personale di sala che si muove con disinvoltura e professionalità fra i tavoli. Una cucina di impostazione decisamente classica, con influenze francesi, trattata però con uno stile moderno. Piatti eleganti e gustosi, molto comfort e decisamente piacevoli con l’interessante proposta di un menù degustazione completamente vegetale, oltre a quello “l’Italia secondo noi” e, ovviamente, alla carta.

Tra i piatti assaggiati spiccano i rapanelli in umeboshi, fragola, yogurt, prezzemolo e sesamo caramellato: piatto che ci ha conquistato per la grazia estetica, la freschezza e l’equilibrio nel controllo delle acidità.

Un signature dish, che è paradigmatico della filosofia culinaria di Andrea, sono i bottoni al Parmigiano Reggiano, pera nashi, foie gras e  aceto balsamico: una concentrazione di gusto e umami con un bel gioco di rimandi fra il ripieno di Parmigiano e il foie gras. Un piatto decisamente gustoso e godurioso, anche se non ci sarebbe dispiaciuto una maggiore presenza della pera nashi che poteva fare da interessante contraltare  alla forte componente di sapidità.

Il petto del piccione è eseguito perfettamente e, con il filetto crudo, si sposa egregiamente con una salsa di mais e la croccantezza delle pannocchie baby. A parte, le cosce tritate sono il ripieno gustoso di una deliziosa e calda sfoglia al burro.

Le polpette di gambero crudo con fumetto di spigola, sfere di bisque di gamberi e salsa ponzu gioverebbero dall’essere servite in porzioni più piccole per apprezzare di più il gioco di contrasto con la sapidità della sfera di bisque e la freschezza a chiudere della salsa ponzu.

Il dessert è divertente nella presentazione, con una sottile lastra di cioccolato bianco da spaccare con un martelletto, che svela diverse consistenze di cioccolato: gelato, bavarese, namelaka e sablè. Un dolce che gioca con la classicità dei vari elementi e con il gelato al cioccolato bianco, poco dolce, che va a rinfrescare adeguatamente la portata.

Verso l’engagement

Potenziale area di miglioramento gli amuse bouche, inclusa una spuma di patate affumicata e la piccola pasticceria, che risultano essere decisamente sotto tono e poco incisive. In ogni caso da Kitchen è difficile uscire scontenti e non appagati dall’esperienza, sicuramente piacevole e di facile presa a livello trasversale su tutta la potenziale clientela. Da gourmet appassionati, sempre alla ricerca di esperienze nuove ed accattivanti, ci sentiamo di chiedere allo chef di osare di più per non essere solo “cosy and confort” ma anche “engaging and intriguing“.

Restiamo comunque curiosi di provare  il menù completamente vegetale in estate, quando davvero potrebbe riservare delle sorprese.

La galleria fotografica:

 

ZUPPA PAVESE
Si narra la Zuppa pavese nascesse in mezzo alle guerre che Franza e Spagna combattevano sul suolo di un’Italia divisa.
Uno sconfitto re di Francia, Francesco I, rifugiatosi dopo la battaglia di Pavia in una cascina, sarebbe stato rifocillato da una contadina con tutto ciò ch’ella aveva da mettergli in tavola: una fetta di pane raffermo, un uovo, del brodo magro e vegetale, in questa successione e sintesi, uniti dall’urgente necessità del momento. S’era nel 1525.
La matrice di un piatto che si fa ancora. Tanta è la forza del nostro brand: non dimenticare le radici, superare i punti di crisi, rinnovando e reinventando la tradizione senza perderla.
Chi codesto metodo in cucina non l’ha nel proprio dna può creare sul momento, sulla Moda, ma lascia poco o punto traccia, muore nell’effimero.
Lopriore, il cuoco che più di tutti scava l’essenza, rifà questa zuppa, ma concentrata …in un uovo! V’è un magnifico tuorlo, del brodo di radice di prezzemolo e midollo, un tocco in chiaroscuro di gocce di cardamomo nero, crosta di pane, parmigiano, prezzemolo, memoria in limone disidratato (a ricordar pavesi passatelli).
Si mangia d’un tratto la storia, ma viva, si assume in un flash che non si dimentica tutto un regno dei sapori, concentrati in bellezza. Obliando giochi di tapas, ossequi alle sguide.
Piatto d’attualità, com’è sempre una verticale, o il buon millesimo, mica sempre solo l’ultima annata!

Elzeviro Culinario, Chef Paolo Lopriore, Zuppa Pavese

La rentrée di Paolo Lopriore si è senza dubbio rivelata, e non poteva essere che così, uno degli eventi più rilevanti di un 2014 gastronomico che, soprattutto intorno a una Milano in preda alla febbre pre-Expo, sta regalando le maggiori sorprese in dirittura d’arrivo. Lasciatisi indietro Siena e le peripezie ivi affrontate negli ultimi anni, lo chef di Appiano Gentile è ripartito praticamente da casa, da quella Como che non ha sembrato finora portare troppa fortuna ai ristoratori che vi abbiano intrapreso progetti volti all’altissima qualità.

A sei mesi dall’apertura è ora tempo di stilare un primo, positivo bilancio dell’avventura di Lopriore in riva (o quasi, giacché l’hotel che ospita il ristorante si trova appena all’interno del lungolago) al Lario. Fondamentale, nell’inevitabile confronto fra le performance fornite alla Certosa di Maggiano e quelle cui abbiamo assistito a Como, è il considerare l’insieme a partire dall’enorme differenza che corre fra i due territori. Le spigolosità viste a Siena, con l’esclusione della parentesi “rassicurante” del 2013, vengono qui attutite, come assorbite dall’aria di lago che tutto ovatta e smussa, lasciando spazio, anche nei momenti gastronomicamente più audaci, alla discrezione lombarda più che all’estroversa schiettezza toscana.
Questo non vuol dire in alcun modo che la cena si svolga nella noia, anzi! Solo che la scelta espressiva, ci si consenta il paragone, pare andare, con uno chef per sua natura poco incline al titanismo di Beethoven o di Wagner, in direzione del rarefatto simbolismo debussiano più che del pungente sarcasmo à la Satie che era il marchio di fabbrica delle sue creazioni senesi.

L’apertura del menu degustazione, da noi richiesto in questa occasione in versione ampliata rispetto ai 5 passaggi previsti dalla carta, marca già la differenza fra le suggestioni offerte dai due territori (parliamo di sensazioni, non di km 0): distante anni luce dall’ardito gioco iodato-amaro della storica insalata di erbe, alghe e radici vista in toscana è l’insalata di melone bianco, sedano e cetrioli, che gioca sulla dolcezza, su un amaro assai moderato e, soprattutto, su note balsamiche e salmastre.

Da applausi le due incursioni sul terreno, o meglio nel bacino, della cucina lariana: tanto il cavedano, supporto ad un tripudio di mandorle, radici, albicocche ed alloro che vede il seme oleoso tanto caro a Lopriore sotto l’occhio di bue e gli altri a passare la battuta, quanto il riso in cagnoni e persico in veste nipponica, si distinguono in un percorso di livello medio comunque assai elevato.

L’idea è che ci sia ancora un notevole margine di miglioramento per questa cucina. Un’impressione corroborata, oltre che dal ricordo delle migliori cene senesi, anche dalla costante crescita riscontrata lungo le numerose visite di questi mesi.
La scelta o, meglio, l’esigenza espressiva ed autoriale di interpretare il territorio più che limitarsi a descriverlo è d’altronde una strada lunga e tremendamente in salita. Siamo già ad un ottimo punto, ma, malgrado il nostro malcelato affetto per Paolo Lopriore, per questa volta decidiamo di arrotondare il punteggio per difetto, in modo da poter in un prossimo futuro dar conto di quella che ci attendiamo come la naturale evoluzione.

Anche il servizio, tutto al femminile in occasione di un sabato sera di tutto esaurito, sta man mano prendendo forma e trovando sintonia con una cucina che richiede da parte della sala, per le poche possibilità offerte tanto dalla carta delle vivande quanto da quella dei vini, un surplus di complicità e interazione. Forte di un rapporto qualità prezzo estremamente favorevole in relazione alla bellezza del luogo e al valore della cucina, Kitchen si impone comunque già così come una delle migliori tavole rintracciabili in Lombardia.

L’aperitivo secondo Paolo Lopriore: uno sferzante drink al sambuco.
aperitivo, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
…da accompagnare con gli usuali snack, con la polvere di semi di zucca da prendere con le dita.
snack, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
La Valtellina non è distante e così fa la sua comparsa a tavola uno sciàtt, servito su un brodo di abete rosso.
sciatt, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Insalata di sedano, melone bianco e cetrioli.
insalata di sedano, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como

Un colpo di genio venato di ironia: spaghetto alla lombarda, con prezzemolo, limone e parmigiano. La pasta, di popolare marchio commerciale facilmente riconoscibile e praticamente insapore, diventa puro veicolo di una salsa multisfaccettata in cui i semi di prezzemolo, amplificati dal burro, danno un’estrema lunghezza gustativa.
spaghetto alla lombarda, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Cavedano, radici, albicocche, mandorle e alloro.
cavedano, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
L’intingolo dell’anatroccolo (gradito omaggio dalla cucina)
anatroccolo, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
L’aromatico luccio con salsa olandese (strepitosa), cannella e chiodi di garofano.
luccio, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
La ciotola in attesa di uno speziatissimo brodo
brodo speziato, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
in cui preziosi bocconi di capriolo
bocconi di capriolo, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
andranno calati come in uno shabu shabu.
shabu shabu, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
A contorno una sinfonia d’autunno: porcini e zucca
porcini e zucca, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
e in un gagnairiano quadro d’insieme, una crema di castagne di cui avremmo gradito un bis e poi un ter.
Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como

Il Lario visto dal Giappone: riso in cagnoni con persico, col non trascurabile dettaglio di un concentratissimo “wasabi” di salvia.
lario, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Predessert: uovo e frutto della passione.
predessert, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como

Millefoglie di mela, un dessert in cui la mela è un poco scarica rispetto ai contrasti di sapidità dati dalle cialde e dal mascarpone maison.
millefoglie, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Uno dei nostri compagni di viaggio, insieme a Les Murgiers di Francis Boulard.
giulio ferrari, Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como
Kitchen, Chef Paolo Lopriore, Como