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Miyoshi

L’autodidatta impeccabile e fuori dall’ordinario

Non è facile incasellare il ristorante di Tsutomu Ito, chef 43enne di Kyoto, proprietario di questa insegna nel cuore dell’affascinante Gion, Miyoshi.
Sarebbe assolutamente riduttivo classificarlo come “steakhouse” così come non sarebbe corretto indicare la sua come una classica cucina kaiseki (pur richiamandola in molti aspetti).
La cucina di Ito San è semplicemente fuori dall’ordinario, una esperienza da fare una volta nella vita per capire a quale punto ci si può spingere nella ricerca dell’ingrediente assoluto, in particolare se hai una clientela disposta a spendere il giusto per assaggiarla.

La vita di questo chef autodidatta è letteralmente dedicata alla ricerca dei migliori fornitori. La Kobe-gyu è fornita dalla Kawagishi Wagyu Farm, che alleva solo 180 capi di bestiame Tajima-gyu tra le montagne e le correnti del fiume Kakogawa, nella prefettura di Hyogo. L’Omi-gyu proviene dalla fattoria Nakagawa nella prefettura di Shiga, che ha più di 160 anni di storia nell’allevamento del bestiame. Gli ortaggi vengono acquistati nel mercato centrale di Kyoto.

La carne regina del menu di Tsutomu Ito

In questo piccolo locale (dove è caldamente consigliato prenotare al bancone) ogni piatto servito vede protagonista la carne, ma l’abbinamento con ingredienti stagionali di altissima qualità ne trasformano ed evolvono il gusto. Dunque, parliamo di un ristorante decisamente al di fuori della classicità, che sa innovare e stupire, pur utilizzando sempre un canovaccio comune. Si passa da preparazioni (solo) apparentemente molto semplici e dirette, come appunto il Filetto grigliato, ad altre molto più complesse e costruite. Tutto viene portato al massimo livello possibile.

E allora potrà capitare di rimanere a bocca aperta anche per un Sorbetto di acqua di pomodoro servito assieme a del pomodoro fresco: la semplicità assoluta, eppure da tempo non sentivamo un gusto di pomodoro così intenso.

La cena è una continua epifania del gusto che solo questa carne può raggiungere. Semplicemente incredibile il signature dish di Ito San, la Lingua di manzo con cui si apre il pasto: per questa preparazione viene utilizzata una tecnica chiamata kobujimé, normalmente utilizzata per il pesce e che consiste nel porre le fette di carne per 3-4 ore tra 2 fogli di alga kombu. Il taglio la rende poi di una consistenza sublime. Davvero un piatto da imperatori. Non meno entusiasmante la terrina che viene servita ancora in bollore, sormontata da una generosa dose di japanese green pepper (prodotto tipico di aprile e dal sapore incredibile): il fondo di carne è qualcosa che ricorderemo a lungo.
Così come lo Shabu Shabu: la manualità dello chef è uno spettacolo nello spettacolo. Un solo passo falso, proprio nel piatto in cui vengono utilizzati a profusione ingredienti di lusso non giapponesi, come tartufo nero e caviale: il risultato è solo sufficiente, per una preparazione che sembra rivolgere il suo interesse più all’utilizzo di questi ingredienti che non al finale gustativo.

Ci si riprende alla grande con il protagonista assoluto: il Filetto di Kobe A5 grado 9, cucinato su carbone e servito semplicemente con sale e pepe. Cottura e gusto in grado di spostare i riferimenti sul tema.
C’è anche la possibilità di bere grandi bottiglie di vino (Ito San è in particolare innamorato di grandi rossi di Borgogna) e, cosa non banale in Sol Levante, lo chef parla un buon inglese ed è molto amichevole, rendendo la serata ancora più gradevole e lontana dai rigidi standard di altri locali giapponesi di questo tipo.
Prezzo, come ovvio, estremamente importante, ma credeteci, non ve ne pentirete.

 

Il Kaiseki è qualcosa di più di un grande pasto

A parte le regole di cui si compone e di cui più volte abbiamo parlato su Passione Gourmet, non è sufficiente mangiare una serie di portate favolose per valutare in maniera positiva un pranzo Kaiseki.
Il Kaiseki è sostanza, è forma, è colore, è bellezza, è uno stato di assoluta serenità.
Non sarebbe pensabile fare un grande pasto Kaiseki in mezzo alla confusione o in un luogo qualunque: l’ospite deve essere catapultato in una dimensione di pace assoluta, in modo da poter mangiare prima con gli occhi, poi con il palato e la pancia e infine con la mente.
Ogni dettaglio allora assume un valore fondamentale.Le stoviglie, preziosissime, imprescindibile vettore di piacere alla vista e al tatto. La natura, rappresentata in tavola e tutta intorno: la vista su un giardino ordinato, l’illuminazione perfetta, gli ingredienti stagionali.
La bellezza si deve fissare nella mente dell’avventore: solo allora si potrà dire di avere fatto un grande pasto Kaiseki.

La Grande Bellezza Nipponica

Così si può spiegare la diffidenza verso i nuovi clienti in tanti ristoranti giapponesi, spesso non prenotabili se non su presentazione di qualcuno che è già loro cliente.
Da Yakumo Saryo hanno deciso di aprire le prenotazioni del lunch a tutti i clienti, mantenendo la cena invece appannaggio esclusivo di chi ha già avuto una esperienza nel loro locale.
Noi quindi abbiamo potuto sperimentare il pranzo, pur consapevoli che di sera l’esperienza sia molto diversa e più complessa.

I più oltranzisti potrebbero far notare come, per molti dettagli, Yakumo Saryo sembri un locale pensato per i “Gaijin”, cioè gli stranieri. Noi rispondiamo che, invece, questo locale, nato dalla felice intuizione del designer Shinichiro Ogata, ha certamente deciso di proporre un Kaiseki moderno, fuori da alcuni paletti della tradizione, ma in modo intelligente e convincente. Inoltre, aspetto non secondario, il fluente inglese del direttore di sala trasforma un pranzo da Yakumo Saryo in un vero momento didattico: ogni aspetto del piatto e dei dettagli che gli ruotano intorno saranno spiegati e valorizzati, rendendo il tutto ancora più interessante per un appassionato di cucina.
La bellezza e la caducità della stessa sono due punti ricorrenti della cultura giapponese: questo pasto è riuscito a meraviglia nel suo intento, facendoci passare due ore di grande piacere, emozionandoci per portate di grande valore e nello stesso tempo mettendoci nella condizione di rilassarci e godere a pieno del momento.
La consistenza e il gusto della Zuppa di gambero tigre, la perfezione estetica e aromatica della composizione di piccoli piatti serviti in omaggio alla stagione, il piacere del rito del The matcha: piccoli passi verso il piacere e la calma.
Locale consigliatissimo, nella speranza di poter presto provare anche la cena.

La galleria fotografica: