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Nasty Burger Club – Delivery Box

Comincia la “fase 2” e, con essa, continua il nostro viaggio alla ricerca delle migliori tavole d’Italia. Un viaggio diverso, stavolta, coerentemente con le modalità del presente momento storico. Per orientarci, abbiamo preso la città di Milano come punto di partenza ideale, ne abbiamo adottato il sistema – in particolare quello del nostro spin-off Passione Milano, dove “le visite” sono già incominciate – e abbiamo rivolto il nostro interesse culinario e, con esso, il nostro occhio critico e analitico,  verso quelle coraggiose realtà che hanno deciso di trasformarsi e offrirsi in questa nuova, inedita veste. 

Gourmet burger sucks

Ironico, ovviamente. Tutto molto ironico e irriverente, coerentemente con lo stile di casa Costa. All’anagrafe Lorenzo Costa, enfant prodige della imprenditoria felsinea dove si è affermato in maniera molto “social” – è artefice dell’hashtag #makebolognagreatagain – e molto empirica attraverso proposte intelligenti ed efficaci come Sentaku Ramen Bar e Oltre. Ora con Alessandro Musiani e Dario Chan da’ vita a questo Nasty Burger Club.

Un concetto che, nella fattispecie, ripudia gli hamburger gourmet, con cui si pone in aperta polemica, professando “il cheddar come stile di vita” e dichiarandosi “cattivo”, da leggersi nel senso di crudele, diabolico, brutale o, meglio, truce. Eppure,  quello che abbiamo davanti è un hamburger orgogliosamente americano e, pertanto, molto politicamente corretto dove l’unica forzatura è solo quella veicolata, e piuttosto strumentalmente, peraltro, dal brand.

Nei fatti, corretta benché molto cotta la svizzera, realizzata su una ricetta creata assieme alla Macelleria Agnoletti e Bignani. Ordinario – e non può né vuole essere altrimenti, del resto – il cheddar; delicatissimo, invece, e pertanto affatto “nasty” risulta “the fuc**n bacon” così come la debole, evanescente “nasty sauce“. Medesimo basso profilo è quello sposato dal panino, che svapora appiattendosi già al secondo morso. Buone le patatine, molto buone quelle di patate dolci.

Il packaging di Nasty Burger Club è nella media, benché inidoneo a contenere gli umori delle patatine, così come l’accessibilità all’esperienza.

Il Lower East Side è il luogo in cui è ubicato uno dei santuari della New York gastronomica: Katz’s. Ovvero il “delicatessen”aperto tutto il giorno, esistente da 128 anni, reso ancor più celebre dal leggendario orgasmo simulato da una giovane ed affascinate Mag Ryan in “Harry ti presento Sally”.
kattz's, pastrami, New York
Kat'z, pastrami on rye, New York
Ci vuole tanta pazienza se si vuole assaggiare il famoso “pastrami on rye”, diventato il simbolo della cultura gastronomica degli ebrei di New York, importato dalla Romania durante l’immigrazione degli ebrei. Era il 1887 quando Sussman Volk, un macellaio kosher, ricevette la ricetta da un amico rumeno. Un anno dopo, i fratelli Iceland aprirono un piccolo deli, tra Ludlow Street e E.Houston, chiamato “Iceland Brothers”. Nel 1903 i fratelli entrarono in partnership con Willy Katz. Poi nel 1917 il deli Iceland & Katz si spostò dall’altro lato della strada, dove è tutt’oggi ubicato. Il resto è storia.
Una volta entrati, vi forniranno un biglietto all’ingresso che verrà letteralmente obliterato al momento degli ordini. Occhio a non perderlo, perché, nel dubbio, la svista vi costerà 50 dollari.
katz's, New York
Sono circa 7000 i chili di pastrami venduti ogni settimana. Alcuni passaggi della ricetta sono ancora un segreto, principalmente si tratta di carne di manzo stagionata, aromatizzata, affumicata, bollita, cotta al vapore e affettata al coltello.
Pastrami, Katz's, New York
Ed eccolo lì, il nostro caro sandwich ad attenderci al pass.
pastrami sandwich, New York, katz's
Non possiamo poi menzionare il prodotto che forse maggiormente appartiene ai newyorkers: la cheesecake. E se si vuole evitare il dibattito su quale debba essere la base (se crema di formaggio, abbastanza pesante, o ricotta, più leggera), allora basterà provare le monoporzioni di Eileen’s Special Cheesecake in Kenmare Street, a Soho dal 1976.
Eileen's, New York, cheesecake
Consistenza densa e soffice, gusto dolce ma con sferzate aspre e una sottile base fatta con i Graham Crackers, versione originale dei meglio conosciuti digestive che, come si abusa spesso nel linguaggio della critica gastronomica, donano croccantezza.
Eileen's, New York, cheesecake
Sono disponibili tre formati. Noi abbiamo optato per il più piccolo, assaggiando la versione con marmellata di fragola
Eileen's, New York, cheesecake
e la classica cheesecake base. Senza dubbio un dolce molto goloso con un sapore familiare.
Eileen's, New York, cheesecake
Ovviamente non si può menzionare la Grande Mela senza parlare di hamburger. Le alternative qui sono due: provare un hamburger di catene gourmet come Shake Shak, Burger Joint o Bare Burger, oppure buttarsi a capofitto su un hamburger “stellato”. Nel primo caso entrate nel Parker Meridien Gallia e chiedete della tenda rossa…
Burger Joint, Hamburger, New York
..dietro la quale si nasconde un piccolo angolo undeground, il Burger Joint.
Burger Joint, Hamburger, New York
Un luogo studiato nei minimi dettagli in cui servono un hamburger assolutamente autentico nel gusto e nell’aspetto.
Burger Joint, Hamburger, New York
Con una combo bibita e patatine fritte, si spendono circa 15 dollari. Non si può prenotare ed è praticamente impossibile evitare la coda per entrare.
Burger Joint, Hamburger, New York
Ma restando in tema hamburger, uno dei migliori viene preparato e servito in uno degli storici locali di Manhattan, rimasto intatto nel tempo dal 1937. La quintessenza delle taverne newyorkesi.
Minetta, Hamburger, New York
Siamo nel Greenwich Village, in quella che era una steakhouse frequentata da scrittori come Hemingway o Dylan Thomas. Una delle specialità della casa? Appunto, il Black Label Burger (a 32 dollari) che nel menù viene spiegata come segue “selection of prime dry-aged beef cuts with caramelized onions and pommes frites”. Senza alcun dubbio, uno straordinario hamburger.
hamburger, New York
Ma abbiamo già detto che questa città non ha confini gastronomici. A maggior ragione se si parla di cucina italiana.
Nel distretto finanziario di Manhattan, lì dove sorge l’imponente ed emozionante Memoriale dell’11 Settembre, gli italiani di New York potrebbero trovare la loro seconda casa.
New York
Per chi è alla ricerca del comfort food perduto, ha da poco aperto, all’interno dell’imponente Eataly Downtown, l’eccellente Osteria della Pace, guidata dal giovane e bravissimo Riccardo Orfino, scuola Aimo e Nadia. La sua è una cucina autentica che ripercorre la tradizione delle regioni italiche, integrando ai sapori nostrani i migliori prodotti made in USA come le carni, i prodotti ittici del mercato di New York e le ottime verdure locali.
Osteria della Pace,New York, Riccardo Orfino
Un gran bel posto e una importante vetrina per il Bel Paese cui auguriamo un grande successo.
Osteria della Pace,New York, Riccardo Orfino
Ecco alcuni dei piatti degustati. Sarde alla griglia e genovese di cipolle, melanzana marinata al miele e cipolla di Tropea in saor.
sarde, Osteria della Pace,New York, Riccardo Orfino
Burrata, peperoni gialli, olive infornate di Matera e peperone crusco di Senise.
burrata, Osteria della Pace,New York, Riccardo Orfino
Linguine ai ricci di mare. Superclassici con un prodotto di alta qualità.
linguine, Osteria della Pace,New York, Riccardo Orfino
Copertina di black angus, carciofi, pecorino Brigantaccio e marmellata di bergamotto (by Caffè Sicilia).
Black angus, Osteria della Pace,New York, Riccardo Orfino
E dopo un pranzo all’Osteria della Pace potrete fare due passi verso la vicina Brooklyn e godervi scorci come quello di Dumbo del Manhattan Bridge, reso celebre da Sergio Leone in C’era una volta in America…
Osteria della Pace,New York, Riccardo Orfino
…oppure potrete godervi il tramonto su Manhattan dalla spiaggetta a ridosso del Brooklyn Bridge.
manhattan,New York, Riccardo Orfino

New York.
Chi non vorrebbe, una volta nella vita, svegliarsi nella città delle mille luci e sentirsi al centro del mondo?
Quanta energia, quanta autostima ti pervade in quei momenti, forse anche troppa.
Difficile restare indifferenti al cospetto di tanta esagerazione, di tanta offerta, di tanta frenesia.
Ci abbiamo anche vissuto per qualche tempo, ma ogni volta che ci rimettiamo piede, ci sentiamo piacevolmente prigionieri di un’aurea ricca di strati e substrati, una cipolla di situazioni, etnie, opportunità.
Ecco, New York per noi rappresenta questo, e la scena gastronomica ha la stessa potenza, trasmette la stessa energia, un sacco pieno che contiene e mescola strade, luci, gente, cibo. Tanto cibo. Senza restrizioni, filtri, problemi di sorta. Perché quando ci si trova di passaggio in questo ombelico urbano, nessuno si farà mai problemi di cosa il proprio organismo possa ingerire. Se sia giusto o sbagliato, morale o meno.
Qui si prova tutto, per un viaggio andata e ritorno dal pianeta del “junk food”, ovvero del cibo spazzatura nella più ampia accezione, fino ad approdare in lussuose tavole coccolati dalle mani di cuochi sopraffini.
Perché se è vero che a New York il meglio lo riservano hamburger, hotdog, bagel, pastrami, cheesecake o pancakes (sebbene questi siano imprescindibili), è altrettanto vero che in queste strade, che sia un attico o uno scantinato, possiamo trovare tra i migliori sushi al mondo, una grandissima pizza, un magnifico piatto di spaghetti.
Perché New York è un vero e proprio crocevia di mondi che coinvolge anche e soprattutto il cibo, un luogo senza confini tra culture gastronomiche.
Quella che segue è una piccola lista stilata dopo aver filtrato e ripassato al setaccio consigli di amici, gente e guide locali, guide internazionali, esperienze pregresse e istinto.
Un piccolo assaggio di quello che vi aspetta se deciderete di addentrarvi nella variegata e poliedrica offerta gastronomica -rigorosamente di qualità- di questa città.

new york

Cominciamo con un buon consiglio per una mattinata alternativa. Avete voglia di una colazione dei campioni? Mai provato un nutriente bagel? Il migliore dell’Upper East Side, secondo i newyorkesi è quello di Tal Bagels.

Tal Bagels, New York

In verità una piccola catena (ma di qualità) che serve un ciambellone caldo e croccante con un companatico per tutti i gusti. Aperto dalle 5:30 alle 20.30, ne trovate ben quattro dislocati tra nord e sud in Manhattan.
Tal Bagels, New York

Tal Bagels, New York

Le cream cheese sono fatte rigorosamente in casa.
Tal Bagels, New York
Così come le affumicature del salmone e dello storione.
storione, Tal Bagels, New York
Ecco la nostra scelta: salmone e cream cheese all’erba cipollina. Abbastanza classico. Buonissimo.
Tal Bagels, New York
L’insegna di uno degli shop, nel nostro caso al civico 977 della 1st Avenue, a due passi da Gramercy Park.
Tal Bagels, New York
Scendendo un po’ più a sud, in pieno East Village trovate Crift Dogs.
crif dogs, New York
In questo scantinato fanno dei rinomati hot dogs che sono ormai un must della città.
crif dogs, New York
Non temete di impregnarvi in questo piccolo e affollatissimo “junky spot”,
crif dogs, New York
perché i sistemi di areazione funzionano abbastanza bene. Vi bastano pochi dollari per assaporare questa bomba di gusto: “tsunami”: wurstel fatto in casa, avvolto nel bacon con salsa teryaki, ananas e cipollotto.
crif dogs, New York
Se invece volete restare sul classico, agitate le bottigliette del ketchup perché il New Yorker va condito come si deve.
crif dogs, New York, hot dog
Un prodotto notevole.
crif dogs, New York, hot dog
Sempre nel cuore dell’East Village, nel riqualificato quartiere di Alphabet City, direttamente da Bangkok, c’è la splendida cucina Thai di Somtum Der.
somtum der, thai, New York
somtum der, thai, New York
Con una trentina di dollari si può provare un grandissimo il Moo Ping Kati Sod: costine di maiale marinate e grigliate nel latte di cocco.
Moo Ping, somtum der, thai, New York
O un meraviglioso Pad Thai, come lo Chef’s Signature Wok-fried Seafood Suki, con vermicelli di riso saltati con frutti di mare, verdure e la salsa segreta della casa “suki”. Un paio di assaggi e vi ritrovate in Thailandia.
pad thai, somtum der, thai, New York
Restando in tema, un’altra grandissima cucina asiatica fortemente radicata a New York è quella giapponese. In un piccolo ristorante del Lower East Side Ivan Orkin, che presto vedremo nella quarta serie di Chef’s Table in onda su Netflix, ha pensato di rivisitare uno dei piatti simboli del Sol Levante (in verità importato dalla Cina): il ramen.
ivan Ramen, New york
Interessantissima la storia di questo dinamico ristoratore americano. Dopo essersi recato in Giappone negli anni ottanta per insegnare inglese, si è innamorato profondamente della cultura locale ed in particolare della gastronomia nipponica, tanto da far ritorno a New York dieci anni dopo per studiare le basi della cucina al Culinary Institute of America. Dopo alcune esperienze in città fece nuovamente ritorno a Tokyo per approfondire maggiormente le radici della cultura gastronomica e, proprio a Tokyo, nel quartiere di Setagaya, ha osato aprire il suo primo ramen shop nel 2007, riscuotendo un grandissimo successo grazie ad un imperdibile ed originale prodotto della tradizione rivisitato da un “gaijin”, ossia uno straniero. Nel 2012 ritornò a New York e un anno dopo aprì le succursali casalinghe del suo apprezzato e fortunato progetto.
ivan Ramen, New york
C’è grande attenzione per il prodotto, ancor prima della trasformazione. Il crudo del giorno viene servito con salsa ponzu aromatizzata allo scalogno, shiso fermentato e wakame.
crudo, ivan Ramen, New york
Ma lasciate spazio per le ciotole con il ramen in brodo. Il “Vegetarian Ramen” presenta un brodo fatto con salsa di soia, brodo vegetale, funghi enoki, pomodoro arrosto, koji tofu e noodles di farina di segale.
Vegetarian Ramen, ivan Ramen, New york
Il ramen imperdibile è il Tokyo Shio, con corroborante brodo di pollo e dashi, pancia di maiale, uovo morbido, enoki e noodles di farina di segale, al prezzo di 16 dollari.
Ramen, ivan Ramen, New york

Continua.

Cividale del Friuli è un affascinante borgo, a due passi dal confine sloveno, che custodisce straordinari reperti della cultura longobarda, inseriti nel 2011 nella lista dei beni considerati patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Forse basta un giorno per visitare ed ammirare le bellezze della città, dai musei alle rilassanti camminate a ridosso del fiume Natisone, per terminare la visita contemplando dal belvedere quel Ponte del Diavolo la cui storia è in bilico tra realtà e leggenda; una visita a Cividale è sicuramente uno dei più caldi consigli che ci sentiamo di dispensare per un fine settimana alla scoperta del nord-est.

Nella frazione di Gagliano Lidia e Joe Bastianich, da qualche anno, hanno coronato il loro Italian Dream aprendo Orsone e portandosi dall’America tutto il loro (enorme) know-how di ristoratori di qualità e successo.
Prima ancora di essere un raffinato ristorante, una taverna con una concreta proposta gastronomica italo-americana e un bed & breakfast con poche camere, Orsone è una casa in mezzo ai vigneti.
Una locanda di campagna immersa nel verde, ideale scenario per staccare la spina e godersi momenti di quiete.
Se la sala da pranzo ha un’eleganza quasi retró ma di grande fascino, la taverna, anticamera del ristorante, ha pochissimi tavoli e un affascinante bancone New York style, con le vetrate che scrutano i vigneti. Un ambiente caldo, finto semplice, ma con dettagli curatissimi.

Non abbiamo ancora provato la cucina di Edoardo Valle Lobo, lo chef di casa, ma ci siamo soffermati sulla proposta più semplice e meno impegnativa della Taverna. Una proposta che ci è apparsa, comunque, concreta, omaggio ai clichè italo-americani, con poche proposte ma decisamente autentica nel suo stile.
Alla carta, che conta qualche piatto cult della cultura fast food a stelle e strisce, si affiancano i “today’s specials” che variano a seconda dell’ispirazione dello chef. Durante la nostra visita era proposto il “padellino alla bolognese”, appunto una padella con paccheri e ragù alla bolognese, consigliato per due o più persone.
I classici del locale sono la caesar salad, lo steak sandwich e i cheese fries. Ma, considerata l’origine dei proprietari, il pezzo forte sono gli hamburger, presentati in un paio di varianti, entrambi rigorosamente con formaggio (curiosamente vengono usati due formaggi spagnoli, il queso Valdeon e il queso El Esprimijo).
Il nostro appetito, ça va sans dire, da un lato, ci ha condotti direttamente su uno di questi, il Calabrone Burger: carne di fassona con formaggio Valdeon e cipolle caramellate, dall’altro si è lasciato incuriosire (o forse intenerire ricordando qualche frame di Lilli e il Vagabondo) dagli spaghetti pomodoro, basilico e grana “with meatballs”, una delle icone gastronomiche dell’emigrato italiano in America.
L’hamburger è notevole, con la polpetta servita leggermente al sangue ed un bun, fatto in casa, che è una goduria… merita assolutamente l’assaggio. Gli spaghetti, serviti in una porzione abbondantissima, sono ordinari, con una buona salsa e (ancora una volta) delle ottime polpette. Peccato per la pasta, di qualità leggermente inferiore al resto, nonostante fosse correttamente cotta al dente.
Anche sui dolci proposti la scelta è limitata; abbiamo scelto entrambe le torte in carta: la fudge cake, discreta, e la golosissima key lime pie, decisamente migliore della prima.
Tutti i vini di casa Bastianich sono disponibili, anche in mescita. C’è poi qualche Champagne importante e, se si considera la carta dei vini del ristorante, molto altro in più.
In sala c’è un clima giovanile ma professionale, che si sposa perfettamente con il concetto del locale e la cornice circostante. Durante il nostro pranzo abbiamo registrato soltanto qualche attesa di troppo, nonostante né il ristorante né la taverna fossero piene.
Anche considerata l’affascinante location, torneremo sicuramente per testare la tavola gourmet.

Orsone - La Taverna, Lidia e Joe Bastianich, Cividale del Friuli
Il bellissimo bancone del bar.
Orsone - La Taverna, Lidia e Joe Bastianich, Cividale del Friuli
Aperitivo.
aperitivo, Orsone - La Taverna, Lidia e Joe Bastianich, Cividale del Friuli
Il notevole Calabrone Burger.
calabrone burger, Orsone - La Taverna, Lidia e Joe Bastianich, Cividale del Friuli
Davvero meritevole, il bun in primis.
calabrone burger, Orsone - La Taverna, Lidia e Joe Bastianich, Cividale del Friuli
Così come le ottime patatine.
patatine, Orsone - La Taverna, Lidia e Joe Bastianich, Cividale del Friuli
Lo spaghetto al pomodoro, basilico e grana con le ottime polpette. Carne a parte, nel complesso di discreta fattura, la pasta è di qualità a nostro avviso inferiore.
spaghetto, Orsone - La Taverna, Lidia e Joe Bastianich, Cividale del Friuli
La fudge cake.
fudge cake, Orsone - La Taverna, Lidia e Joe Bastianich, Cividale del Friuli
E la buonissima key lime pie.
key lime pie, Orsone - La Taverna, Lidia e Joe Bastianich, Cividale del Friuli
Orsone - La Taverna, Lidia e Joe Bastianich, Cividale del Friuli
Orsone - La Taverna, Lidia e Joe Bastianich, Cividale del Friuli
Orsone - La Taverna, Lidia e Joe Bastianich, Cividale del Friuli

L’America è la patria dell’Hamburger, e a New York non può che esserci ampio spazio per il meglio del meglio di questo street food d’eccellenza a stelle e strisce.
Nonostante sia presente addirittura come piatto simbolo in due ristoranti stellati Michelin, noi abbiamo deciso di fare una scelta diversa dalle solite. Non ci siamo orientati verso i super atelier alla Superiority Burger, o le super tavole stellate di Minetta Tavern o The Spotted Pig.

Abbiamo cercato, nel rispetto della qualità, di rivolgerci più verso il lato pop, provando un paio di punti vendita di micro-catene che hanno fatto fortuna nell’ambito cibo da strada.

E ne abbiamo scelte due: Burger Joint, con filiali in mezzo mondo, e Shake Shack, più distribuito a macchia sul territorio statunitense. La nostra scelta, dettata anche dallo scarso tempo a disposizione (abbiamo dato più spazio ai ristoranti in questa nostra breve -ma intensa- ultima visita) ha riservato non poche sorprese.

La qualità media è eccelsa per quanto riguarda la carne, ovvero l’ingrediente principale. Scarse performance invece per il pane e gli altri condimenti. Insomma abbiamo compreso che probabilmente qui in Italia tendiamo a dare una visione più nobile di un cibo che, per l’America intera, è considerato a tutti gli effetti un cibo da strada, nel vero senso del termine… e nella maggior parte dei casi rispetta un rigore filologico che lo vuole un cibo semplice ed elementare, mai troppo complesso o ricercato.

Due esperienze comunque diverse e interessanti, a tratti divertenti, sicuramente da non perdere.

Burger Joint ha due avamposti a New York: lo storico al Greenwich, dove tutto partì, e quest’altro, ubicato nella Hall del Le Parker Meridien, uno degli alberghi più chic della Grande Mela. Qui troverete a pranzo una coda più o meno chilometrica che si inabissa in un vicolo cieco, di fianco ad un tendone, dove alla fine apparirà, quasi per magia, l’ingresso di un gastro-burger-pub con perlinato alle pareti ed immagini davvero trash. Un grande contrasto per un posto che vale la pena di essere sicuramente visitato.

La coda dietro la tenda della Hall del Meridien…
Hamburger, Meridien, New York
… preludio all’ingresso di Burger Joint.
Burger Joint, Hamburger, New York
Il Double Burger.
Double burger, Burger Joint, New York

Shake Shack nasce da un chiosco di street food in Madison Square Park -vicinissimo al pluristellato Eleven Madison Park e sua diramazione- che nel 2001 proponeva cibo da strada (burgers, hot dogs, frozen custard, shakes) di elevata qualità, con ingredienti selezionati da produttori locali in prevalenza biologici. Da lì l’esplosione,  con una catena che oggi conta circa 10 regioni degli Stati Uniti coperte da circa una 30ina di punti vendita. Ottima qualità per una catena di fast food.

Il locale.
Shake Shack, Hamburger, New York
Shake Shack, Hamburger, New York
Quando la vostra ordinazione è pronta l’aggeggio si illumina di rosso, e potrete alzarvi per ritirare il vostro fantastico burger.
Shake Shack, Hamburger, New York
Shake Shack, Hamburger, New York
Dettagli.
Shake Shack, Hamburger, New York
Shake Shack, Hamburger, New York
Shake Shack, Hamburger, New York