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Massimiliano Poggi Cucina

Una cucina rural-chic nelle campagne bolognesi

Massimiliano Poggi è parte integrante della storia moderna della cucina bolognese. Da qualche anno ha deciso di spostare con immutato successo il suo domicilio principale dalla città alla provincia, scelta “tranchant” come quella di inserire il proprio nome e cognome nell’insegna del nuovo indirizzo, manifesto della volontà di dar vita a una cucina autoriale e identitaria. Non troppo mediatico ma tanto empatico, Massimiliano Poggi entra subito in sintonia con il commensale grazie alla sua idea di cucina rurale e ruspante, che non disdegna sprazzi innovativi e ludici, a tratti sorprendenti.

Massimiliano Poggi, atleta del gusto

Sia centometrista che maratoneta, i suoi piatti giungono immediati al palato e al tempo stesso sono dotati di grande profondità e persistenza di gusto. Ciò è il risultato di un approccio agli ingredienti rispettoso della loro essenza e attento alle loro interazioni, valorizzato da preparazioni che rendono i sapori nitidi e perfettamente distinguibili. Il menù “Divertiti di +” è un perfetto mix tra tradizione, territorio e innovazione che si fondono tra loro trovando nuova espressione: nelle dolci acidità dell’insalata russa; nell’intrigante collosità della trippa di baccalà con pomodoro datterino alla brace; nella goduriosa base del battuto di alici e pesto di pistacchio e basilico che aggiunge sapidità e dolcezza allo spaghetto AOP; nei fusilli mantecati con un’avvolgente salsa agrodolce al burro e cipolla di Medicina dall’esaltante persistenza; nel ricordo infantile del lecca-lecca, però di anguilla alla brace con salsa di levistico; nella succulenza delle carni del germano guarnito con le bacche di sambuco posizionate nel piatto in modo da riprodurre il divertente effetto dei pallini di fucile appena sparati e, infine, nell’enigmatica grigliata di pesce.

È proprio quest’ultimo il piatto che maggiormente denota la ricerca in cucina di Massimiliano Poggi e che si presenta, rispetto allo scorso anno, in una versione più evoluta. Il cuoco, infatti, rende ancora più evidente il contrasto visivo/gustativo eliminando qualsiasi riferimento al pesce con lo spiedino sostituito da una foglia di lattuga salanova grigliata per creare consistenza al palato nonché mantenere inalterato il sentore di affumicato e aggiungendo il nero di seppia alla salsa di pesce per esaltarne il sapore e rendere ancor più fitto l’alone di mistero su ciò che il commensale andrà ad assaporare.

Da Massimiliano Poggi si gode di una cucina in evoluzione con solide basi, strutturata e ben congegnata, capace di regalare un’esperienza di sano piacere conviviale, servita da una brigata di sala giovane, coadiuvata da una carta di vini sufficientemente fornita e gestita da un’appassionata Elisa Paganelli.

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Oltre: atmosfera metropolitana nel centro di Bologna

Vicino alla  gastro – movida del Mercato delle Erbe, in una parte non memorabile del centro di Bologna di recente valorizzata e restituita alla città, da un paio d’anni Lorenzo Costa in sala e Daniele Bendanti in cucina hanno dato vita a Oltre.

Entrambi con importanti esperienze alle spalle – la famiglia di Lorenzo è proprietaria dello storico “Battibecco” e chef Bendanti ha diretto per anni le cucine dell’Osteria Bottega – hanno dato oggi vita a un locale stiloso che si caratterizza per la piacevole atmosfera metropolitana d’insieme, grazie all’accurata scelta degli arredi, dei colori, delle luci di design, alle graziose e griffate divise del personale di sala e, ultimo ma non ultimo, all’accattivante menù, impaginato come un fumetto. La scelta del nome, denota sicuramente lo sforzo, riuscito, di andare “oltre” l’offerta canonica, purtroppo sovente stantia e stereotipata, che si trova in città.

Tradizione bolognese, che ammicca alla modernità 

Appena conquistato l’ingresso, tempestato di adesivi quasi a celare il locale nello stile degli speakeasy, l’ambiente ha l’arredamento trendy e frizzante di un locale di una capitale europea e difatti, al momento della nostra visita, gli avventori erano quasi tutti stranieri. Peccato solo, a questo proposito, che manchi una selezione di aperitivi…

L’offerta si caratterizza prevalentemente  per la presenza di piatti della tradizione bolognese alleggeriti e modernizzati secondo le tendenze della neo-tradizionale cucina italiana (vedi Trippa o Santo Palato, tra i più noti). La scelta del pane e delle carni denotano cura nella scelta delle materie prime.

Alla sfoglia tirata al mattarello è dedicata una parte del menù, quella che ci ha convinto di più: eleganti i tortellini al brodo chiaro di cappone, tra migliori in città, in cui svettano la noce moscata e il parmigiano del ripieno; ottima la fattura dei ghiotti Balanzoni burro e oro, dalla farcia di mortadella e ricotta; golosi i rigatoni al torchio con la salsiccia, che grazie alla tiratura trattengono tenacemente la salsa al burro; ben eseguite le tagliatelle accompagnate da un ragù tagliato grossolano al coltello, piacevolmente nodoso.

Sempre a tema tradizione i due antipasti: uno sformatino di pancotto al ragù, recupero del pane vecchio rappreso col latte, lardo e aromi,  e un roll di polpettone fatto col ripieno dei tortellini, servito con cavolo nero, friggione e maionese all’erba cipollina.

Solo delicata la guancia di manzo brasata al Sangiovese, in cui l’acidità del melograno dona sì croccatezza ma si perde, a scapito della salsa. Nel solco della tradizione anche la piacevole zuppa inglese, arricchita da un croccante crumble di biscotti. Ci ha colpito invece, per eleganza, la panna cotta al pane raffermo.

Menzione speciale per la carta dei vini, studiata e con un occhio alle etichette naturali, e il servizio agile, attento e premuroso.

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Un’interessante novità nel centro storico di Bologna

Nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino” cantava Lucio Dalla.

Proprio in uno strettissimo e caratteristico vicolo dei tanti che compongono il cuore medievale del capoluogo felsineo, da pochi mesi ha aperto il suo ristorante Riccardo Facchini, noto in città per i trascorsi come executive chef allo storico Pappagallo, e ai più per le apparizioni in un noto programma tv. Dentro le mura di Bologna si mangia mediamente piuttosto male, tra taglieri di salumi serviti en plein air a tutte le ore e piatti sbiaditi della tradizione cittadina, a uso e consumo del turista low cost.
All’Opificio Facchini, invece i piatti dell’ortodossia bolognese sono ben eseguiti, nel solco della tradizione e con il ricorso a materie prime di qualità. Oltre a questo, abbiamo apprezzato lo sforzo di proporre pietanze che denotano ricerca e volontà di andare oltre l’offerta canonica che ci si aspetterebbe in locali di questo tipo. Seppur con qualche piatto da calibrare (ad esempio il mandarino candito nel prosciutto d’anatra, che sovrastava la proteina) o da perfezionare, e con il servizio ancora in rodaggio, ci pare un indirizzo interessante nel cuore di Bologna.

I piatti assaggiati: tradizione bolognese e qualche novità

Evocative le uova sode ancora tiepide presenti sul tavolo, un omaggio alle vecchie osterie, che ci hanno fatto compagnia insieme ai pani e alla crescente fatta in casa, prima del servizio degli antipasti del nostro menu degustazione di cinque portate. Gustosa la Crocchetta di coda di manzo al lemongrass e pepe di Sichuan. Le Tagliatelle al ragù sono sul podio tra quelle assaggiate in centro: lunghezza e spessore hanno le dimensioni della perfezione, al morso la consistenza è suadente. Ci viene spiegato che la sfoglia viene tirata al matterello prima di ogni servizio e subito servita agli ospiti per garantirne la freschezza e la giusta ruvidezza della pasta la quale accoglie il ragù tagliato al coltello, di solo maiale, cucinato con poco pomodoro nel rispetto della tradizione bolognese. Il talento nel tirare la pasta fresca al matterello si conferma nei Tortelloni di ricotta al burro salato e salvia, mentre l’opulenta Cotoletta alla bolognese è di fattura pregevole: prosciutto e parmigiano di buona qualità, e la carne di maiale viene cotta con il burro e terminata con brodo e sugo di carne.

Buona, infine, la mano sui dolci, come dimostrato dall’elegante il Parfait con kiwi al gin.

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A Cervia il pesce fresco direttamente nel piatto

Mettete insieme una coppia gallipolina di origini, Mario Buja e Virginia Stefani, che ha il pesce nel sangue, e un giovane cuoco, Santi Ruud, con trascorsi importanti nelle cucine di Vincenzo Camerucci, e il gioco è fatto. Il Ristorante Cruderia Al Porto, un delizioso ristorantino affacciato sul porto di Cervia, vi saprà deliziare con preparazioni semplici e una materia prima di sicura qualità. Chioggia e Gallipoli, appunto, i riferimenti del pescato, ma senza disdegnare i grandi prodotti di importazione, su tutti acciughe del Cantabrico e tonno Balfego.

Materia prima sensazionale, straordinari i crudi

L’incipit della coppia, e anche del cuoco, è portare in tavola l’ottima materia prima di cui dispongono senza lavorarla troppo. Ecco, quindi, un tripudio di crudi, tra grandi ostriche, mandorle di mare, cozze pelose, tartufi ma anche crostacei, indigeni e forestieri. Il tonno, sia siciliano che cantabrico, e qualche preparazione, come i gamberi con burrata, che strizza l’occhio a una cucina lievemente più ricercata.

A seguire i gratinati e il vapore, anche qui mai meno che stupendi e sempre rispettati. Le uniche imprecisioni da noi riscontrate sono state qualche lieve eccesso di sapidità aggiunta e un primo piatto lievemente sottotono rispetto al resto delle preparazioni. Dolci semplici, elementari, forse la parte che potrebbe subire maggiore inventiva e creatività da parte del cuoco, che magari gradiremmo vedere alla prova anche con qualche preparazione più ardita, anche se comprendiamo le esigenze della clientela locale. Ci piacerebbe, inoltre, che alcuni dettagli come il pane, i dolcetti di fine pasto e qualche altra piccolezza fossero più ricercati e meno scontati, al pari della materia prima ittica, qui sensazionale.

Servizio solerte e attento che accompagna una carta dei vini, con particolare attenzione sulle bollicine e sui vini bianchi, davvero interessante per prezzi e varietà. Se siete a Cervia è sicuramente un punto di riferimento da tenere ben presente, per una serata piacevole all’insegna del pesce e non solo.

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Ferrara e la famiglia Migliari

Quella dei Migliari è una storia legata a doppio filo al mondo della ristorazione ferrarese e non c’è ferrarese che non associ il nome di Ido ai grandi piatti a base di lumache e rane.
Dagli esordi in quel di Marrara – nella campagna che più campagna non si può – nel locale che sarebbe stato poi rilevato da Di Diego e Merighi per aprire il “primo” Don Giovanni, fino alla decisione nel 1998 di spostarsi in un edificio più grande, quello in cui oggi ha sede La Chiocciola.
Nel locale si respira un’atmosfera d’altri tempi e, come spesso capita in questi territori, arrivarci con la nebbia aggiunge poesia alla sostanza. Per chi dopo una cena a briglie sciolte, decidesse di lasciare parcheggiata l’auto ed accomodarsi anche per la notte, ci sono anche delle camere per dormire, nello spazio locanda.
In cucina officia il figlio di Ido, Adalberto “Athos” Migliari, e la proposta rimane coerente. Nei piatti non mancano mai sostanza e rotondità del gusto che, associati a una giusta dose di eleganza e leggerezza, rappresentano gli elementi necessari a traghettare con coerenza un’insegna storica negli anni duemila.

Non solo rane e lumache

Il menu non parla solo di terra – anche se rimane la proposta più convincente – ma dedica spazio anche ad alcune proposte di pesce. Noi non ci siamo fatti mancare i grandi classici: molto buono il Risotto con le rane così come le Lumache alla Borgogna. Straordinarie le Lumache ai porcini, finferli con zucca e parmigiano, una vera immersione nella pianura padana. Non male i tranci di branzino alla griglia, mentre risulta rivedibile il dessert, che vorrebbe reinterpretare nella forma il tiramisù senza però uguagliare l’originale. Decisamente convincente, invece, la crema caramellata al parmigiano reggiano: un classico eseguito a dovere.
Si sta bene alla Chiocciola, anche grazie a una proposta di cantina notevole, con tante chicche a prezzi correttissimi. Ma soprattutto per quella bella atmosfera familiare, accogliente e calorosa. Una sosta assolutamente consigliata, per una vera immersione nell’atmosfera e nei sapori della pianura ferrarese.