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Materia

Untitled?!

Ci eravamo lasciati, con l’ultima recensione sul percorso degustazione di Davide Caranchini, dicendo che “Il livello al quale lo Chef è ora arrivato è decisamente alto; il prossimo step potrebbe essere quello di sviluppare, citando il nostro amico Gianni Revello, oltre al palato sensoriale e mentale, in lui decisamente presenti, il palato concettuale. Questo, al fine di avere un percorso pensato, concettualmente, dall’inizio alla fine, il che è prerogativa, al momento, di pochissimi in Italia, e forse al mondo. Questa potrebbe essere la nuova frontiera per lui.” Bene, siamo stati da Materia e abbiamo provato “Untitled” che è il ‘non titolo’ del menù stagionale autunno-inverno di Davide Caranchini, ed è anche il ‘non-titolo’ di una delle opere più famose di Jean-Michel Basquiat.

Citando lo Chef, si tratta “dell’esplorazione di un mondo di domande, senza la ricerca di risposte definitive“. Così come per le opere di Basquiat, l’interpretazione di Caranchini è assolutamente libera ma, oltre a quello, i due sono accomunati dalla potenza espressiva, dalla energia intrinseca e dalla chiara e fortissima identità. Negli anni un menù partito per celebrare la caccia si è evoluto e, dalla esplorazione degli abbinamenti acidi e amari degli agrumi, fino a un percorso di grande intensità di gusto, con uno studio approfondito su salse, estrazioni e grassi vegetali. Ed è, alla fine, un percorso dove abbiamo trovato anche l’auspicata dimensione concettuale del palato. Un menù senza soluzione di continuità, con tantissimi trait d’union e rimandi fra un piatto e l’altro che fanno di questa ‘opera’ quella indubbiamente più studiata e compiuta a oggi.

Il lato selvatico del Lago di Como

Untitled” è un percorso di 13 piatti dedicati al lato selvatico del Lago di Como, con la selvaggina indubbiamente presente, così come il bosco e il sottobosco locale, spaziando però fino al mare, per giocare con note iodate. Si inizia con uno strepitoso Brodo caldo e si viene disorientati poi, positivamente, con i Gamberi rosa dell’Adriatico crudi con una salsa di lepre in carpione, lasciata appositamente fredda per esaltare la parte fresca e acida rispetto a quella selvatica. Strepitoso per profondità, complessità e gestione dei vari registri è il Colombaccio arrosto, purea di mandorle, composta di radicchio e olive nere, radicchio marinato, pompelmo crudo e salsa al pepe selvatico del Madagascar (voatsiperifery). L’amaro è protagonista nella estrazione di verza ridotta e olio alla salvia che dovrebbe accompagnare delle gustose polpette di selvaggina, ma in realtà riduce a comprimaria la proteina animale.

Intensità e golosità estrema nel Risotto mantecato con burro affumicato, sciroppo di ninfa di betulla, salsa di olivello spinoso e shoyu di tartufo (preparazione fatta per recuperare gli scarti del tartufo dell’anno precedente, fermentando tartufo, koji e ceci tostati) dove lo shoyu spinge, e tanto, sia in questo piatto, sia nel dolce finale, dove viene utilizzato per la salsa al caramello della Creme Caramel. L’umami è super protagonista nella Zuppetta di funghi (trombette, finferli, porcini), cotti con una salsa fatta con gli scarti degli stessi funghi, conditi con olio all’erba cipollina e aceto di ciliegie; geniale l’accostamento con la purea di prugne fermentate, le ciliegie sott’aceto e le rondelle di scalogna fritto.

Il gioco dei contrasti agrumati raggiunge l’apice nella Piuma all’arancia / Arancia alla piuma dove, ancora una volta, si ribalta il paradigma della componente primaria (la proteina) rispetto alla secondaria (in questo caso l’agrume). Si parte quindi con un’aletta di fagiano fritta laccata con una glassa dolce-salata all’arancia e terminata con un mix di spezie all’arancia e timo; il piatto principale risulta però essere l’Arancia all’anatra, con l’agrume protagonista. L’arancia viene marinata con un mix in cui è presente un garum di germano, che rende profondità e gusto, cambiando anche la consistenza della buccia. Alla base del piatto una riduzione di germano e, sopra, le fette di arancia marinata, un fondo di selvaggina, qualche goccia di garum di germano, maggiorana e origano fresco e, per finire, qualche goccia di olio alla cannella. Un piatto che possiamo definire perfetto nel gioco di equilibri e di consistenze, colpendo per la sua grande potenza.

Untitled” è un percorso e una bellissima promenade palatale tra umami, acidità, balsamicità, aromaticità, amaro e dolcezza, e il bello è che lo si affronta tranquillamente, grazie a una leggerezza di fondo, grazie all’utilizzo di estratti, salse e grassi vegetali che riescono a rafforzare il gusto, non appesantendo il commensale. C’è sempre polifonia nei piatti di Caranchini, con l’unione di più elementi, ciascuno dei quali svolge un proprio, preciso, disegno melodico in totale armonia finale e, come abbiamo detto all’inizio, siamo davvero in presenza di un’opera magistrale, anche da un punto di vista concettuale, motivo per il quale ci sentiamo fiduciosi nell’affermare che, a breve, potremmo spingerci verso una votazione ancora più alta di quella attuale.

IL PIATTO MIGLIORE: Piuma all’arancia / Arancia alla piuma

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Gioventù, freschezza e tanto verde: benvenuti al Kitchen di Andrea Casali

Immerso nel parco dello Sheraton Lake, di cui è il ristorante gourmet, il Kitchen si conferma una sosta molto interessante e vivamente consigliata per chi voglia evitare di cadere nelle grinfie della ristorazione, in massima parte turistica, che affolla i dintorni del Lago di Como. Qui siamo proprio a Como – per la verità praticamente a Cernobbio – e, sebbene manchi la vista lago, in compenso si mangia circondati dal verde e si riesce a stare freschi anche nelle giornate più afose.

Come si accennava, pur facendo parte del complesso dell’hotel Sheraton, il Kitchen mantiene una propria autonomia di ristorante gourmet e, per lo più, lavora con clientela esterna (il ristorante riservato ai clienti dell’hotel si chiama Gusto ed ha un’impostazione assai più tradizionale). In cucina c’è Andrea Casali, Chef nato sotto la stella di Franco Caffara a I Tigli in Theoria, non molto distante da qui. Casali si destreggia con energia e passione ai fornelli: la sua è, in primis, cucina di ortaggi, frutta e radici che lo Chef è in grado di trasformare con fantasia, ingegno e rispetto. Non a caso ha fortemente voluto e realizzato un bellissimo orto biodinamico – adiacente al ristorante – chiamato “Le Luci del Kitchen”, da cui provengono le erbe aromatiche e le verdure che sono servite al ristorante.

E c’è un percorso degustazione denominato “Green” completamente vegetariano.

Insomma, lo Chef ha il pollice verde e con gli ingredienti di origine vegetale sa colpire nel segno, provare per credere il Sedano rapa, caprino, consommé di finocchio, levistico, uva: un piatto “green” molto fresco e pulito, l’ideale per preparare le papille gustative alle portate che seguiranno. La linea di cucina non ha particolari legami con il territorio del Lago ma spazia da Nord a Sud e da Est a Ovest con grande disinvoltura.

Niente tecnica fine a se stessa ma sapori intensi, cotture ed esecuzioni precise

I piatti sono cromaticamente molto vivi e sempre esteticamente molto curati, emblematiche i le Capesante scottate, patate e zafferano, fiori di zucchina, fondo di pollo, un gioco di colori, consistenze e sapori che si rileva vivacissimo al palato. La cucina ha naturalmente la necessità di essere molto pulita, concreta e profondamente italiana, per accontentare quella clientela internazionale che, soprattutto d’estate, frequenta da turista le rive del Lago di Como, ma qui c’è la giusta tecnica che permette di attirare anche palati più spiccatamente gourmet. Il tutto senza mai perdere di vista il piacere, la godibilità e la riconoscibilità dei piatti. Come testimonia lo Spaghettone “Monograno Felicetti” allo zafferano, capesante in crudo, burro acido, alloro, semplicemente perfetto, golosissimo, con un’importante spalla acida, di grande persistenza gustativa, eseguito in maniera tecnicamente impeccabile. Un grande piatto di pasta! Unico passaggio a vuoto il coniglio che, a dispetto della presentazione, come sempre curatissima, ci è parso sotto tono e per nulla centrato gustativamente – anche per lo scarso apporto di una salsa all’Amarone poco incisiva – con gli asparagi, unici protagonisti al palato. Accattivante il dessert, fresco e leggero ma capace di risvegliare i sensi al termine del percorso di degustazione.

Un’ultima notazione, per il servizio di sala giovane, spigliato e molto attento, con la chef de rang Silvia Premoli su tutti. 

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C.C.K. (Cosy Comfort Kitchen)

Siamo a Cernobbio, poco lontano dal Lago, in una villa con un bel parco annesso, dove d’estate si può pranzare all’aperto. Una location decisamente confortevole e accogliente, come la cucina del giovane chef Andrea Casali, fresco di stella Michelin, al Kitchen.

Andrea è, da pochi anni, alla guida di una giovane brigata e giovane è anche il personale di sala che si muove con disinvoltura e professionalità fra i tavoli. Una cucina di impostazione decisamente classica, con influenze francesi, trattata però con uno stile moderno. Piatti eleganti e gustosi, molto comfort e decisamente piacevoli con l’interessante proposta di un menù degustazione completamente vegetale, oltre a quello “l’Italia secondo noi” e, ovviamente, alla carta.

Tra i piatti assaggiati spiccano i rapanelli in umeboshi, fragola, yogurt, prezzemolo e sesamo caramellato: piatto che ci ha conquistato per la grazia estetica, la freschezza e l’equilibrio nel controllo delle acidità.

Un signature dish, che è paradigmatico della filosofia culinaria di Andrea, sono i bottoni al Parmigiano Reggiano, pera nashi, foie gras e  aceto balsamico: una concentrazione di gusto e umami con un bel gioco di rimandi fra il ripieno di Parmigiano e il foie gras. Un piatto decisamente gustoso e godurioso, anche se non ci sarebbe dispiaciuto una maggiore presenza della pera nashi che poteva fare da interessante contraltare  alla forte componente di sapidità.

Il petto del piccione è eseguito perfettamente e, con il filetto crudo, si sposa egregiamente con una salsa di mais e la croccantezza delle pannocchie baby. A parte, le cosce tritate sono il ripieno gustoso di una deliziosa e calda sfoglia al burro.

Le polpette di gambero crudo con fumetto di spigola, sfere di bisque di gamberi e salsa ponzu gioverebbero dall’essere servite in porzioni più piccole per apprezzare di più il gioco di contrasto con la sapidità della sfera di bisque e la freschezza a chiudere della salsa ponzu.

Il dessert è divertente nella presentazione, con una sottile lastra di cioccolato bianco da spaccare con un martelletto, che svela diverse consistenze di cioccolato: gelato, bavarese, namelaka e sablè. Un dolce che gioca con la classicità dei vari elementi e con il gelato al cioccolato bianco, poco dolce, che va a rinfrescare adeguatamente la portata.

Verso l’engagement

Potenziale area di miglioramento gli amuse bouche, inclusa una spuma di patate affumicata e la piccola pasticceria, che risultano essere decisamente sotto tono e poco incisive. In ogni caso da Kitchen è difficile uscire scontenti e non appagati dall’esperienza, sicuramente piacevole e di facile presa a livello trasversale su tutta la potenziale clientela. Da gourmet appassionati, sempre alla ricerca di esperienze nuove ed accattivanti, ci sentiamo di chiedere allo chef di osare di più per non essere solo “cosy and confort” ma anche “engaging and intriguing“.

Restiamo comunque curiosi di provare  il menù completamente vegetale in estate, quando davvero potrebbe riservare delle sorprese.

La galleria fotografica:

 

Il modo migliore per scoprire se ti piace una persona? Viaggiarci insieme!

Già lo diceva Mark Twain. Quale momento migliore di San Valentino, allora, per una fuga romantica? E a corollario: quale momento migliore della fuga romantica di San Valentino per una cena che sia, finalmente, all’altezza delle aspettative?

Eccovi tre possibili mete, tutte raggiungibili da Milano, e tre ristoranti dove il romanticismo è di casa, declinato sia nell’atmosfera che nel piatto.

Cernobbio e il Materia

La passeggiata lungo lago mano nella mano; le paperelle che starnazzano; il sole che sparisce dietro i monti di Alessandro Manzoni ma, soprattutto, le gioie della carne. E quella avanguardista, con più di un tocco di contaminazione asiatica proposta da Davide Caranchini al Materia vi accenderà più di un cucchiaino di wasabi.

Cavolo rosso con midollo affumicato, latte di mandorle amare e caviale

 

Verona e il 12 apostoli

Dopo aver fatto sette volte il giro dell’arena e aver improvvisato una serenata sotto al balcone di Giulietta, tappa obbligata ai 12 apostoli. La cucina dai tratti rinascimentali e le pareti istoriate e le pietre a vista trascineranno gli animi più sensibili – e più romantici – indietro nel tempo.

Ovetto alla Royal con salmone e radicchio rosso di Treviso

 

Lucca e il Giglio

“La città delle 100 chiese” è una meta gentile, che ammalia il visitatore con i suoi colori caldi e ospita una delle tavole più intriganti del momento: Giglio è interprete di una cucina che, pur affondando le sue radici nella storia, parla del fermento in atto a Lucca  da qualche tempo. Un compromesso? Nient’affatto! Una sfida, semmai, e delle più eccitanti.

Ostrica poché, animella di vitello e bernese

 

E per chi, poi, non potesse allontanarsi dalla città, eccovi un aiuto con la classifica Milanocentrica approntata dai nostri colleghi di Eatranks.

La cucina degli habitat, a due passi dal Lago di Como

È indubbiamente un buon momento per la cucina d’autore nelle località che punteggiano il Lago di Como e i suoi immediati dintorni. Tra le novità più interessanti va inserito certamente questo piccolo ristorante aperto meno di un anno fa nel piccolo comune di San Fermo della Battaglia a due passi da Como. All’interno gli ambienti sono molto semplici, quasi a far capire che qui è la cucina a farla da padrona. Quella di Mirko Gatti.

La sua cucina complessa, ricca di stratificazioni, contaminazioni e contrasti, racconta molti dei suoi passaggi lavorativi in quasi 20 anni di esperienze all’estero – in particolare tra Londra e Copenaghen – con maestri come Nuno Mendes e Renè Redzepi. Poi la decisione di tornare a casa – Gatti è nato a pochi chilometri da qui – per mettere a frutto le esperienze maturate e aprire finalmente un ristorante con la propria firma. Dove lo chef dimostra di avere idee molto chiare e una grande passione, non troppo nascosta, per la natura. La sua è una cucina assolutamente concettuale declinata con stile originale e grande chiarezza di intenti. Al centro del suo lavoro c’è il concetto di biodiversità a cui sono ispirati i diversi percorsi di degustazione che intendono riproporre precisi habitat naturali: bosco, mare, campagna.

Cucina minimal, a tratti wild, dai diversi habitat

Cucina a compromessi zero, come confermato dal nostro percorso (avevamo lasciato carta bianca alla cucina) quasi interamente dedicato all’habitat boschivo: tuberi, vegetali, radici, pomodoro del tutto assente, ça va sans dire. Lo chef dimostra di essere perfettamente a suo agio nelle tonalità amare e acide e di utilizzare con grande padronanza fermentazioni e affumicature, frutti inequivocabili delle esperienze maturate in Nord Europa. Il risultato è sorprendente, il palato non si annoia mai, le sollecitazioni sono continue.

Diversi piatti meritano una menzione, ad iniziare dal Cervo nel bosco in cui la spalla del cervo viene avvolta nel fieno e letteralmente “incendiata”, per poi essere “impanata” nella cenere aromatica del fieno stesso. Il tutto è accompagnato da aromi tipici del bosco durante il periodo autunnale (castagne, noci, licheni, frutti di bosco, erbette). Una pasta di funghi fermentati regala la parte umami, mentre spicca la nota balsamica dall’olio di pino. Ottimo piatto anche gli gnocchi di barbabietola, di grande intensità gustativa. Notevole la sferzata acidula dell’oxalis rossa a cui fa da contrappunto deciso e ruvido la Terra di birra alle castagne. Barlumi di classicità, invece, nella sella di capriolo dove salsa e intingolo sono il vero cuore del piatto.

Una cucina giovane, interessante e con buoni margini di crescita quella di Mirko Gatti che, riteniamo, non tarderà ad essere riconosciuta come merita dalla critica più attenta.

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