Siamo a pochi passi da una delle zone più affollate di Roma, Fontana di Trevi. Cerchiamo riparo dal bailamme e dalla calca, un’oasi dove riprenderci dalle fatiche e, perché no, assaporare qualche specialità. Ecco, come un miraggio ci appare Baccano; il nome non fa rima con la tranquillità di un’oasi, ma ci troviamo in un circo ordinato ed estremamente confortevole. I camerieri acrobati spaziano da un tavolo all’altro, con velocità e maestria, è un caos ordinato, una macchina perfetta che ci consente di rilassarci, sebbene in presenza di un locale di notevoli dimensioni. Come in un circo c’è un po’ tutto, dal cocktail alla caffetteria, dal crudo di mare ai dessert. A dirigere la truppa ecco Nabil Hassen, pregevole domatore, che assicura un’inaspettata qualità ad ogni portata.
La cosa che più ci ha colpito è, infatti, la capacità di Nabil Hassen di mantenere alto il livello anche in presenza di numeri così grandi e con un’offerta così ampia. Il Risotto con burro e acciughe, croccante alla nocciola e limone di mare è inappuntabile. Sorprende la freschezza del limone di mare che garantisce al piatto la giusta sapidità marina. Veramente speciale la Carbonara, diversa da quella di Luciano Monosilio per la tipologia di pasta utilizzata (rigatoni vs spaghetti) e per la gestione della sapidità (più decisa in questo caso), ma definire un vincitore sarebbe arduo. In mezzo a tutta questa sorpresa peccano i Taglieri che abbiamo provato; restano buoni, ma ci saremmo aspettati qualcosa di più particolare. Importante la cantina, con tantissime etichette italiane ed estere, anche il comparto mixology non tradisce completando un’offerta adatta a soddisfare ogni desiderio.
IL PIATTO MIGLIORE: la Carbonara.
In mezzo a così tanti stimoli, il rischio maggiore potrebbe proprio essere quello di perdersi, di non riuscire a costruire una propria personalità. E invece è proprio in casi come questi che i fuoriclasse di sala e cucina fanno la differenza e, nella complessità, sono in grado di costruire un grande locale. Sono tanti gli elementi di interesse di questo bistrot a pochi passi dalla Fontana di Trevi. In primis, proprio la zona: l’idea di un locale di questa qualità in una delle zone più turistiche del mondo ha un che di folle e allo stesso tempo entusiasmante. Secondo: è un pezzo di Francia, radicato a New York, ambientato a Roma. Una babele di influenze per un locale che si ispira in maniera molto chiara al Balthazar di New York, famoso bistrot in stile parigino aperto a SoHo dal 1997, ma intriso di romanità nel suo menù (e, in generale, molto legato alla cucina tricolore). Terzo: la coppia d’oro tra cucina e sala, Nabil Hassen e Valerio Capriotti, i fuoriclasse a cui sopra si faceva riferimento. I due si ritrovano di nuovo insieme in questo progetto dopo l’esperienza di Roscioli.
La cucina di Nabil è da parecchio tempo una delle più interessanti di Roma, non solo per sua famosissima carbonara (per inciso, ancora una bomba a mano), ma anche per la sua capacità di leggere in chiave moderna ma sempre molto gourmand i grandi classici della cucina italiana e mediterranea. Il menù è un inno alla golosità: ci prendereste la residenza qui dentro, col desiderio di assaggiare praticamente ogni voce del menù. Questo è un locale pensato per chi ama il cibo. Ingredienti unici, gusti precisi, tanta voglia di divertire il cliente. Valerio Capriotti è invece ormai una sicurezza assoluta come direttore di sale e di ristoranti: quello che è per noi uno dei migliori uomini di sala italiana, ha ormai preso consapevolezza nella gestione a 360° della proposta ristorativa. La sua carta vini è un inno al viaggio, ricca di proposte mai banali, ma è tutto il locale ad essere costruito con intelligenza: è bar à huitres ma contemporaneamente trattoria o gastronomia, puoi cenare al bancone oppure con più calma al tavolo, puoi bere una grande bottiglia di vino o un cocktail fatto come si deve. Tutto, ora e qui. Che tu sia in famiglia con bambini al seguito o con gli amici a goderti una bella bottiglia con del pesce crudo al bancone. Abbiamo assaggiato alcuni dei classici romani come la Carbonara o il Cacio e pepe, preparati divinamente, ma ci ha stupito anche la precisione di cottura della Bouillabaisse. Il tutto in un ambiente rilassato, divertente, che lascia la possibilità di mangiare anche all’aperto nella bella stagione. Probabilmente una delle nostre tappe fisse nei prossimi soggiorni romani…
Un piatto bellico, perché la sua genesi coincide con la Seconda Guerra Mondiale. Un periodo storico di penuria in cui, come si sa, “la fame è la miglior salsa del mondo”, e risveglia la fantasia. Oggi un piatto che è anche memoria storica, quella che sbatte il formaggio con le uova – purché dei carbonari appenninici – condito col guanciale, come reminiscenza del bacon degli ammerigani.
“Da Roscioli a copiosa pioggia pecorina vitale pungente saporosa assai, al giusto su quantità sì vasta e bbuona (…già scodellata ai fisici: è questa, di fatto, una Teoria del Tutto!) capace di mandar ko mica soltanto i jap, e l’ho veduto, ma capace parimenti quasi stendere un utilizzatore italico aduso al primo piatto nazionale. Spaghettone con guanciale artigianale, pepe nero malesiano, uova di Paolo Parisi e Pecorino romano dop.” Gianni Revello.
“Perfetta cremosità ovosa, pressoché nulla deriva liquida, aspetto gagliardo esente da pallore, miglior bilanciamento tra quantità di pasta e quantità di guanciale (…) più coniugata presenza d’uova (…) e di formaggio. Pecorino e anche parmigiano prima grattugiati e poi messi a sbattere con l’ova, indi a scagliette giù dalla vetta pasta.” Gianni Revello
“Di Ciccio Sultano sbalordisce la capacità di coniugare ingredienti apparentemente inconciliabili, salvo poi trovare sempre e comunque la quadra. Come nel caso dello gnocco di patate al ragusano con polpettine di seppia e maiale, sugo di vongole e cozze in salsa alla carbonara: la lunghezza che regala la cozza è stupefacente, così come l’equilibrio, in una preparazione in cui si contano almeno sette ingredienti principali. Un piatto che parte da una tipicità (la salsiccia di seppia e maiale della città natale di Sultano, Gela) per evolversi in un viaggio onirico tra la Sicilia, Roma per poi assumere una nuova dimensione.” Roberto Bentivegna
“La carbonara di mazzancolle e tartufo nero di Michael Silhavi, promessa dei fornelli, con alle spalle esperienze rilevanti in alcuni tra i ristoranti stellati della regione e qualche puntata in giro per il mondo, è il perfetto compendio di un pranzo studiato per non scontentare nessuno.” Andrea Grignaffini
“Entusiasmante nella sua capacità di coniugare classicità e nuovi orizzonti prospettici, la carbonara di ostriche, cui la sferzata iodata data dal mollusco riesce a conferire un linguaggio familiare e insieme spiazzante, ulteriormente valorizzato da un azzeccato abbinamento con un particolarissimo gin piemontese, preparato con infusione di capperi di Pantelleria ed essenze mediterranee.” Andrea Solari.
“Tra i grandi piatti vi è sicuramente la Carbonara au Koque. Per un attimo dimenticatevi della versione tradizionale, qui il guanciale è sostituito dal prosciutto affumicato vigezzino, i tajarin all’uovo subentrano al posto dei bucatini, e una salsa al gin è posta all’interno del guscio dell’uovo e versata sui tagliolini.” Elena Maffioli
“Una carbonara di “maccaroni” molecolari dalla consistenza tutt’altro che scontata che, in stagione, viene impreziosita da un profumatissimo tartufo d’Alba.” Leonardo Casaleno
“Una paradigmatica carbonara tirolese dove – con buona pace dei puristi – la crema di porro manteca generosamente il fusillo al farro con pancetta, ricotta dura di malga e tuorlo d’uovo.” Giacomo Bullo
“La sorprendente Capasanta alla carbonara, piatto icastico dello chef, coi suoi molteplici livelli di lettura tra il guascone e il gourmand, che ai palati più allenati svelerà una tecnica di alta scuola.” Filippo Boccioletti
“Spaghetti freddi alla carbonara con uova di salmone e caviale o di come semplificare la complessità con una profondità di pensiero impressionante. Dissimulazione e reinvenzione; nello specifico: la sapidità delle uova di pesce, in sostituzione del guanciale, e la base all’uovo a garantire quella rotondità capace di legare gli ingredienti, senza nostalgia, in un servizio a bassa temperatura. Una scelta straniante che permette tuttavia alla componente ittica di sprigionare tutta la propria potenza, facendo spiccare un salto vertiginoso, tanto immediato quanto ragionato.” Giampiero Miolato
“Ora, a detta dello chef, ci si è voluti spostare dalla ricerca dell’effetto sorpresa nell’estetica concettuale del piatto verso una focalizzazione più sul gusto e sull’umami: una rivisitazione della carbonara con un uovo cotto a 65°, servito con una spuma di pecorino, guanciale, pasta fritta e cotenna soffiata, dall’Italia più vernacolare fino al Sud America.” Fiorello Bianchi
“Nel piatto più opulento, il calamaro alla carbonara con tartufo nero, che simula, nel taglio, lo spaghetto e tanto ricorda, nel concetto, la tagliatella di seppia di Corrado Fasolato ai tempi de La Siriola.” Andrea Grignaffini
“Grazioso locale, aperto ormai cinque anni fa, nel cuore di Roma, deliziosamente informale e piacevolmente luminoso di giorno ed elegantemente discreto di sera, è possibile assaggiare sia il menù degustazione che i piatti alla carta, o la riduzione degli stessi in porzioni – e prezzi – ridotti, già definiti dallo chef, ingegnosamente, “tappi” (questi ultimi anche in attualissimo home delivery). Un livello ormai consolidato da uno stile che fa dell’efficace essenzialità il proprio mantra (…) come nell’assai golosa e riuscita carbonara di mare.” Claudio Persichella
“Il ristorante fusion perfetto, uno dei ristoranti di maggiore successo in città, da ormai tanti anni, è un giapponese, anzi, forse l’appellativo più appropriato è fusion, di stampo giapponese, ma con un accento italiano. E la cucina? Molto buona, per sensibilità di lavorazione del prodotto, rotondità del gusto ed opulenza di ingredienti, come negli Spaghetti di grano saraceno, crema di tuorlo d’uova, fagiolini, tartare di gamberi e zenzero in tempura.” Leonardo Casaleno
“La rivisitazione della carbonara, “Almost a carbonara Xo style??”, consta di una salsa civet di cinghiale e cocco, udon saltati nel wok, bacon affumicato, uova fritte e olive nere. Complesso ma intrigante. In una forchettata si va dall’Asia all’Europa con disinvoltura.” Leonardo Casaleno
“I supplì sono proprio come li ricordavamo: fantastici. Se non sono i migliori in città, poco ci manca. Sono preparati in numerose versioni, da quelle più classiche a quelle più creative. Noi in questa occasione abbiamo assaggiato quello alla carbonara, il cacio e pepe e quello con radicchio, speck e caprino. Fritti benissimo, leggeri, una vera goduria per il palato.” Giovanni Gagliardi
“La carta delle pizze è concepita come un viaggio attraverso le regioni e i prodotti tipici italiani, alla scoperta dei sapori della tradizione. Oltre alle classiche Margherita e Marinara, si può scegliere tra altre 14 pizze, ognuna dedicata ad una diversa regione italiana. Il Lazio? Una sorta di Carbonara con fior di latte, guanciale, pecorino romano, uovo e pepe nero, assolutamente equilibrata e goduriosa.” Giovanni Gagliardi
“Una “colpevole” ma buonissima carbonara, molto poco tipica, omaggio non esattamente territoriale a uno dei must della gastronomia nazionale, di riuscita e avvolgente piacevolezza.” Claudio Persichella
Non si parlerà mai abbastanza dei Fratelli Roscioli.
Del loro successo imprenditoriale, delle loro scelte illuminate, anticipando ogni tendenza nel campo della ristorazione, della qualità che riescono a raggiungere e mantenere giorno dopo giorno.
Un panificio che è semplicemente uno dei migliori d’Italia.
E poi la salumeria Roscioli, locale modernissimo, davvero cosmopolita, eppure italiano fino al midollo.
Una formula che non ha lasciato spazio a superficialità, che ha curato ogni dettaglio per mettere d’accordo tutti, tanto il gourmet quanto il cliente comune, per fare grandi numeri e grandi incassi pur mantenendo un livello qualitativo altissimo.
Parliamo di sala, ad esempio. Quanti ristoranti in Italia si possono permettere di tenere due professionisti del livello di Valerio Capriotti e Maurizio Paparello? Rispondiamo noi: pochissimi.
In quanti altri locali si possono fare più di 100 coperti a sera con questi standard?
Dove avere il non plus ultra in tema di formaggi e salumi e poi ritrovare in carta una pasta burro e parmigiano da commozione? Che coraggio, che convinzione nei propri mezzi ci vuole per mettere in menù una pasta in bianco così?
Questo per sottolineare che Roscioli non è solo selezione di ingredienti, il “manico” in cucina non manca e si dimostra soprattutto nei primi piatti (non è un mistero che la carbonara Roscioli sia considerata una delle migliori). Merito di Nabil Hadj Hassen, il cuoco della corazzata di via dei Giubbonari.
Amore per la semplicità, sempre e comunque.
Si potrebbe obiettare che tutto questo ha un costo, molto (a volte troppo) elevato: ma è il mercato che fa il prezzo, e qui, lo abbiamo già sottolineato, non si bada a spese per rifinire i dettagli.
Ecco, se proprio dovessimo dare un segnale, ci piacerebbe che la stupenda carta dei vini mostrasse dei ricarichi più bassi, anche nella logica del tipo di locale in cui ci si trova: che meraviglia sarebbe poter cenare accompagnando queste stupende portate con una delle grandi bottiglie presenti nella sterminata cantina? Ci piacerebbe una carta vini che invogliasse a stappare anche cose importanti, una di quelle in cui l’appassionato si getterebbe a capofitto.
Dettagli che renderebbero il quadro perfetto.
Intanto qui si procede a passo velocissimo: Roscioli continua ad essere il locale da non mancare mai, per nessun motivo, in caso di vacanza romana.
Divertimento assicurato.
Prosciutto di manzo asturiano “Cecina de Leon”condito con olio extra vergine, limone e pepe di Sarawak.
Joselito Gran Riserva.
Culatello Spigaroli, Pancetta di Grigio del Casentino, salame di cinta senese, lonza di Noire de Bigorre, lombetto di Sauris.
Di più non sapremmo…
Mortadella, riccioli di Parmigiano vacche rosse 36 mesi e cialda di pane croccante.
La burrata pugliese con le alici del mar Cantabrico R. Peña.
La mozzarella di bufala con pomodorini semisecchi di Pachino.
Salmone: norvegese affumicato con frassino, leggermente marinato con aneto.
Burro e Parmigiano: rigatone con burro echirè “demi-sel”, Parmigiano di vacche rosse 36 mesi e Parmigiano di bruna alpina 30 mesi.
La carbonara: spaghettone con guanciale artigianale, pepe nero malesiano, uova di Paolo Parisi e Pecorino romano dop.
Le polpette della tradizione romana: polpette di carne con pomodoro, riccioli di ricotta fresca affumicata e polentina di castagne (50% farina di semola e 50% farina di castagne)
Formaggio Testun. Paradiso.
Tarte Tatin e gelato alla vaniglia
Il fantastico panettone cioccolato e pere del forno Roscioli.
Chiusura.
I vini proposti da Valerio Capriotti:
Un locale da coccolare e proteggere come un bene prezioso.
Senza farne un totem intoccabile, ma vivendolo tutte le volte che ce n’è la possibilità, tutte le volte che si avverte l’esigenza di immergersi nella romanità più vera.
Armando al Pantheon è un’oasi di civiltà in un deserto sempre più arido: un locale di grande successo che bada bene però dall’atteggiarsi a divo, una trattoria “chic”, curata nei dettagli, che comunque non perde la sua anima, la sua essenza più vera, che è appunto quella di una trattoria romana.
La famiglia Gargioli ha il grande merito di non avere ceduto al fascino del denaro facile, dell’approssimazione comunque redditizia dei tanti locali che circondano il Pantheon: ha creduto e continua a credere che la qualità non sia merce in svendita, che la ristorazione sia una cosa seria e che il cliente vada rispettato, in cucina e in sala.
Allora, quando vedi che il pane servito è quello del forno Roscioli, cominci a capire come tiri il vento qui.
Tradizione romana, ricerca e riscoperta delle antiche ricette Apiciane, grande solidità e sostanza: c’è questo nei piatti di Claudio Gargioli, c’è la voglia di grande concretezza senza rinunciare ad alzare gli occhi verso il cielo.
I grandi classici ci sono tutti: carbonara, matriciana, cacio e pepe, abbacchio…
Non sappiamo se i migliori di Roma, di certo tra i migliori, ad un prezzo incredibile per questa zona (11 euro per un abbondante primo piatto).
Senza dimenticare il quinto quarto, colonna della cucina romana qui rappresentata in degna maniera: le fettuccine con le rigaglie di pollo sono un regalo da concedersi.
Fabiana Gargioli in sala sa proporre nel migliore dei modi la cucina del padre, proponendo vini interessanti e mai banali, ma soprattutto non lesinando nell’ingrediente principale di ogni trattoria che si rispetti: il sorriso, l’ingrediente assoluto, che non ritroverete nemmeno nel leggero conto finale.
Spaghetti alla Matriciana.
Spaghetti alla Griscia.
Gnocchi al pomodoro.
Fettuccine con le rigaglie di pollo.
Abbacchio a scottadito.
Puntarelle.
Carciofo con mozzarella di bufala.
Torta antica Roma (con ricotta e marmellata di fragole).
Tiramisù.
Silene 2013 Damiano Ciolli.