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Da Vittorio

Il canone classico italiano

Fare ed essere “classico”, oggi e, soprattutto, in Italia, rappresenta una scelta molto più coraggiosa di quanto possa non essere, invece, l’avanguardia. Non solo perché il classico implica il continuo e indefesso rapporto – e raffronto – coi giganti, ma anche perché le maglie entro le quali si muovono la mano, la mente e la materia del cuoco sono così strette da rendere impossibile, almeno apparentemente, qualunque movimento, qualunque novità. Eppure, non c’è mai stato tanto movimento e, di conseguenza, tanto respiro nella cucina classica italiana come in questo momento storico e il pranzo che stiamo per raccontarvi ne rappresenta, come vedremo, la perfetta epitome.

Da Vittorio risiede sulla sommità di una collina circondato da quello che potremmo definire, piuttosto semplicemente, invero, un giardino all’italiana contemporaneo. La sontuosa villa e il suo altrettanto sontuoso dehors che, vista la stagione, sarà anche la nostra sala, ci accolgono in una dimensione alta e altra del mondo, una dimensione in cui perfino il tempo acquisisce un andamento suo proprio, scandito dalla danza di una sala che è tuttora una delle più rigorose ma, al contempo, più distese e disinvolte del panorama contemporaneo.

L’Olimpo in terra

Una sala cui sono ancora affidati gli impiattamenti e le rifiniture, eseguite al tavolo, la cui cultura del servizio e disinvoltura nell’eloquio fanno apparire tutto fuorché retriva e la cui innata urbanità enfatizza anzi la sensazione di trovarsi in una sorta di Olimpo della ristorazione italiana; e, qui, arriviamo al punto: perché a onta del momento storico dianzi trascorso dai fratelli Cerea albergano ancora e forse ora più che mai una grazia e una felicità sopraffine, una estaticità che si ritrova in ciascuna delle portate, concepite con una precisione e una pulizia nuove e, in una parola, felici. Dal cherubico tourbillon delle entrée, in cui spiccano l’uovo all’uovo, evoluzione di una ricetta di cinquant’anni fa, la meravigliosa oliva bergamasca e l’insalata di tonno e ovoli, passando per il cacciarolo ripieno di polenta e fino al serafico risotto, impeccabile per cottura e mantecatura.

Ma non solo. Perché questo è anche uno dei pochi ristoranti italiani dove ancora saggiare – e godere – della più grande e più nobile materia prima: una materia tra le più selezionate, le più ricercate e, di conseguenza, tra le più onerose dello Stivale. È precisamente questo elemento, crediamo, a identificare il canone del ristorante classico così come noi lo intendiamo da sempre ed è esattamente questo il senso, e il gusto, unico, dello straordinario e raffinatissimo moro antartico con crème brulée di wasabi e avocado.

Medesima, beata ispirazione si ritrova anche nella sezione dei dolci, da sempre una delle più felici e caratterizzate dell’universo olimpico, esclusivo ed elitario che alberga Da Vittorio.

La Galleria Fotografica:

Una rubrica su BBQ & Cocktail, in collaborazione con Bonaventura Maschio

Eccoci giunti al sesto episodio di “Cuochi alla Brace”. Dopo una serie di giovani e talentuosissimi Chef, è il momento di una consolidata certezza: ci spostiamo di poco dal centro di Bergamo, verso le campagne circostanti, per recarci verso una delle poche maison del lusso italiane, una vera e propria grande azienda della ristorazione tricolore.
Stiamo chiaramente parlando di Chicco e Bobo Cerea, gli Chef del ristorante di famiglia, il tristellato Da Vittorio a Brusaporto.

Una vera e propria dinastia quella dei Cerea, che da oltre cinquant’anni coccola gli avventori di questa tavola che, partita come un buon indirizzo per il pesce, è giunta negli ultimi anni ai vertici della ristorazione europea.
Numeri impressionanti quelli di “Da Vittorio” che, al pari delle grandi maison francesi, fanno della poliedricità dell’offerta il cavallo di battaglia. Ristorazione gourmet, camere per pernottare, catering, eventi, consulenze, feste ma anche un’offerta completa di pasticceria, di vino e di golose proposte gastronomiche: l’universo dei Cerea va ben oltre quello del semplice ristorante, ed il tutto con risultati sempre di altissimo profilo.

Chicco ci racconta che “utilizziamo il barbecue nella nostra cucina perché adoro le consistenze ottenute grazie a questo tipo di cottura, ma soprattutto perché i profumi leggermente affumicati rendono i sapori ancor più intriganti. Inoltre ha un che di atavico, una sorta di ricordo e di connessione con le cucine antiche.”
“Nella nostra cucina utilizziamo un forno charcoal X-Oven, che abbiamo installato in un’area esterna alla cucina. Utilizziamo diverse tipologie di legna per l’affumicatura, a seconda di quel che dobbiamo affumicare: pino d’Aleppo, ulivo, stralci di vite, o comunque sempre legni molto profumati e aromatici.”

Entrando più in dettaglio nel piatto, “adoro il pomodoro scottato, che grazie al calore sprigionato dal carbone fa caramellare i succhi dolci del frutto, così da renderlo concentrato e affumicato al tempo stesso. Grazie all’estrazione ottengo il succo, con il quale poi preparo i miei adorati risotti. Ho trovato interessante trasportare il sapore del bbq nella preparazione classica del risotto, tramite il pomodoro.

Risotto con conserva di pomodoro alla brace, Robiola ai tre latti e origano.
Dosi per 4 persone:

220 g di riso carnaroli
1,5 lt di brodo vegetale
100 ml di vino bianco secco
1/2 cipolla bianca
1 kg di pomodori pixel
200 g di Robiola ai tre latti
100 ml di panna fresca
50 g di zucchero moscovado
2 spicchi di aglio rosa
1 mazzetto di timo fresco
q.b olio EVO
q.b sale Maldon
q.b pepe nero
40 g di burro
50 g di Parmigiano grattugiato
20 g di origano secco
50 g di olive taggiasche
50 g di capperi
q.b foglie di pimpinella

Preparazione della polvere di aromi:
Mettere a seccare a temperatura controllata (max 50°C) le olive e i capperi, quindi frullarli con l’origano secco ed ottenere una polvere fine.

Preparazione della fonduta di robiola:
In un bagnomaria far fondere la robiola con la panna, ottenendo una crema liscia ed omogenea. Aggiustare di sapore.

Preparazione della conserva:
Marinare i pomodori con sale, pepe, olio, aglio in camicia, timo e lo zucchero moscovado. Arrostire su brace viva i pomodori, sino ad ottenere una colorazione caramellata. Successivamente con l’aiuto di un estrattore ricavarne il succo.

Preparazione del risotto:
In una casseruola rosolare poca cipolla tritata finemente con un cucchiaio di olio EVO. Aggiungere il riso e portare a tostatura, sfumare con il vino bianco e far evaporare. Versare il brodo caldo e cominciare la cottura, portarlo a 3/4 aggiungendo la conserva di pomodoro.
Ultimare la cottura, quindi mantecare il risotto con il burro e il Parmigiano. Concludere il piatto disponendo il risotto al centro del piatto, decorare con la fonduta di Robiola e la
polvere di origano. Guarnire con qualche foglia di pimpinella e servire.

Cocktail in abbinamento powered by Bonaventura Maschio: Red Snapper

2 shot di Gin Puro
4 shot di Succo di pomodoro
½ shot di Succo di limone fresco
¼ shot di Sciroppo di zucchero
4 dash di Salsa Worcestershire
7 gocce di Tabasco
2 macinate di Pepe nero
2 pizzichi di Sale di sedano
1 spruzzo di Gin Puro+ Spring is in the air

Versare in un mixing glass la salsa Worcestershire, il succo di pomodoro e il limone, completare con sale e pepe, 6 cubetti di ghiaccio, il Gin, il Tabasco e lo sciroppo di zucchero. Mescolate delicatamente, quindi versate in un bicchiere Collins, filtrando con lo strainer. Finire con uno spruzzo di Gin Puro+ in superficie e servire.

Cosa vi risponderemmo se ci doveste chiedere un consiglio per un grande ristorante, inteso come luogo per vivere un’esperienza gastronomica a 360 gradi?
Sarebbe difficile non indirizzarvi verso Brusaporto.

Da Vittorio rappresenta per noi, allo stato attuale, la miglior trasposizione italica del concetto di grande Relais, che trova nella zona transalpina i suoi più autorevoli esponenti. Un pranzo o una cena a questa tavola, prima ancora che un’esperienza gastronomica, è un’esperienza per tutti i sensi.
Abbandonato il frastuono e il grigiore dell’autostrada Milano-Venezia, in pochi minuti uno stretto viottolo ci catapulta in un’oasi che sembra fuori dal tempo e dallo spazio che la circondano. Un laghetto, alcuni palmipedi incuranti dell’andirivieni degli ospiti, piacevoli percorsi pedonali che si snodano tra ponticelli, prati dal taglio perfetto e alberi altrettanto curati: tutto è magicamente orchestrato per il piacere dei sensi, ancor prima di sedersi a tavola.
In posizione rialzata, ci accoglie la sontuosa villa e il suo altrettanto sontuoso dehors, che vista la stagione sarà anche la nostra sala.

Dicevamo, spettacolo non solo per il palato. Vedere questa numerosissima squadra all’opera, con un ristorante al completo (72 coperti nella serata di un anonimo mercoledì non è da tutti, specie in Italia), è altrettanto gratificante, agli occhi di un appassionato gourmet, di quanto potrebbe essere un balletto al Bolshoi di Mosca per un appassionato di danza.
Un’accoglienza e una cura del cliente calibratissima sotto ogni aspetto, a partire dal momento in cui si oltrepassa l’ingresso fino alla partenza. Una gestione dei tempi praticamente inappuntabile, senza nemmeno l’ombra di un cedimento nell’arco di un’intera serata, e non solamente al nostro tavolo, bensì -per quanto abbiamo avuto modo di vedere- ovunque. Ci auguriamo che ciò avvenga, e non vi è modo di dubitarlo, per tutti i servizi e per tutte le stagioni.

Il nostro percorso di 12 portate, arricchito da qualche sorpresa, ha richiesto poco più di 2 ore, semplicemente il tempo giusto: né oppressivo né sfiancante. Una prestazione ancor più sbalorditiva vista l’importanza data al concetto di preparazioni in sala, secondo un concetto già caro a papà Vittorio, ulteriormente valorizzato dai figli e verso il quale stiamo assistendo, in linea generale, a un piacevole ritorno.
Molti secondi, e anche qualche primo, prevedono l’impiattamento o addirittura la preparazione al tavolo, nell’ottica di un contatto più diretto con il cliente, in qualche caso chiamato ad una partecipazione attiva.

I fratelli Cerea potrebbero cadere nella facile tentazione di abbandonarsi a una vita di rendita o di semplice gestione, d’altronde con la macchina che gestiscono chi potrebbe biasimarli? E invece eccoli lì, sorridenti, prodigarsi tra un tavolo e l’altro, tra un pacchero, un’orecchia di elefante o un semplice scambio di parole con i clienti, infaticabili e mossi da una genuina passione che non sembra mai sopirsi ma che anzi, sembra infondere loro ancora più energia… chapeau!
Ovviamente un simile perfetto meccanismo implica un’altra faccia della medaglia, che appare abbastanza scontata: il prezzo. Quanto meno per quanto riguarda il menu degustazione più importante, il “Carta bianca”, dal punto di vista economico ci troviamo di fronte al ristorante inequivocabilmente più impegnativo d’Italia.
È indubbio che se dovessimo valutare con il solo metro gastronomico, tralasciando ogni altro aspetto, non potremmo esulare dal consigliare altre destinazioni.
Ma la cucina, di fronte a tanta esplicita opulenza, è in grado di dire qualcosa, o rimane da essa soffocata? Ebbene, è in grado di dire ben più di qualcosa.
Elegante, equilibrata, piacevole e variegata in consistenze e temperature, gustativamente giocata certamente più sulla consonanza che sulla dissonanza, che anche dove c’è risulta notevolmente stemperata, certamente non esplicita e volta alla provocazione bensì all’appagamento, all’insegna del sostegno e della valorizzazione di una materia prima con ben pochi pari, se ne ha, in tutta Italia.

Astenersi gourmet alla perenne ricerca dell’avanguardia, che potrebbero non trovare spunti particolarmente interessanti o stimolanti. Ma chi invece ama la Cucina, con la C maiuscola, e sa apprezzare le diverse sfaccettature e sfumature che può comportare la stessa, allora non esiti un solo secondo e approdi alla corte dei fratelli Cerea.

Il nostro percorso è stato totalmente incentrato sul pesce, e non poteva che essere così. È da sempre la materia ittica l’incontrastata colonna portante di Vittorio, lo è sempre stata sin dagli inizi di papà Vittorio. E riteniamo che a fronte di 50 anni di successi incontrastati, non ci sia altro da dire.

L’entrata.
Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Il dehors.
dehors, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Con l’aperitivo ecco alcune sfiziosità, molto golose, forse solo leggermente slegate in relazione all’apertura del menu.
aperitivo, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Marshmallow al parmigiano, crema di pere e gin.
Piacevole finger food di apertura, per la verità di fruizione un pelo difficoltosa, forse favorita dal caldo torrido della serata.
Marshmallow, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Ciliegia di foie gras.
Un abbinamento tipico, perfetto per un servizio estivo del foie gras.
ciliegia foie gras, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Salviettina per pulire le mani, griffata.
salvietta, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Il pane, rigorosamente a base di lievito madre…
pane, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
…e il meraviglioso vassoio dei pani: attenzione a non esagerare, è una calamita.
pane, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
I vini scelti per la serata.
Dom Pérignon, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
vino, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Bollinger, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Carpaccio di branzino con gelatina di bouillabaisse.
Grande esempio di equilibrio finalizzato alla valorizzazione di una materia prima che si dimostra subito all’altezza. Di estrema discrezione la gelatina di bouillabaisse, evidente la volontà di non prevaricare sul protagonista del piatto. Non avremmo tuttavia disdegnato, in questa calda serata, una punta di acidità in più ad apportare maggior freschezza e contrasto alla grassezza del pesce crudo.
Carpaccio di branzino, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Ricciola candita, insalatina di ceci, limoni e olive taggiasche.
Una breve cottura a bassa temperatura conferisce al pesce una consistenza quasi carnosa molto piacevole al palato, a contrasto con il crudo precedente. Il dosaggio delle parti acide rimane dicreto ed elegante, e risulta ulteriormente arrotondato dalla base (un omaggio al grande Fulvio Pierangelini?). La millimetrica spruzzata di paprika apporta al piatto aromi orientaleggianti, sviluppando una piacevole orizzontalità.
Ricciola Candita, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Scampo alla griglia con spuma di ravanello, verdurine verdi.
A costo di ripeterci, non possiamo astenerci dal sottolineare ancora una volta la qualità di una materia prima che qui raggiunge un apice quasi commovente. Segretamente, avremmo sperato che un altro di questi crostacei facesse la sua comparsa nei piatti successivi.
La presentazione in forma di spuma arrotonda sensibilmente i sentori pungenti e leggermente piccanti tipici del ravanello, costituendo ancora una volta elemento di elegante sostegno e non di rottura. La parte vegetale ad apportare croccantezza, mineralità e leggere note amarognole.
Scampo, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Moscardini fritti con spuma di prezzemolo e polenta bianca al nero di seppia.
Piacevole incontro tra cucina di terra e di mare, con un sapiente gioco di consistenze e un ottimo equilibrio tra le varie componenti gustative del piatto, in particolare quella iodata della componente ittica e quella cereale della polenta.
moscardini, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Spaghetti “Ajo-Ojo”, calamaretti e piselli.
Di nuovo una sintesi molto ben riuscita di terra e di mare, con lo iodio dei calamaretti e la mineralità dei piselli ben amalgamati dalla mantecatura della pasta, e l’attesa coda “ajolica”.
ajo-ojo, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Transita in sala, in direzione del tavolo di fianco al nostro, tavolo un’invitante padella, dal profumo riconoscibilissimo: gli iconici paccheri alla Vittorio! Ne approfittiamo comunque per uno scatto.
pacchetti alla vittorio, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Bianco di branzino “alla clessidra”.
Un esempio di ricetta interattiva, in cui il cliente è chiamato a una partecipazione attiva al tavolo. Di sicuro impatto scenografico, ancor prima che gustativo.
Una padella in ghisa contiene pietre laviche portate oltre i 600 gradi. Un’aggiunta di aromi, il posizionamento della griglia con il pesce crudo, dell’acqua di mare e tutto è pronto per la cottura. Al tavolo viene consegnata una clessidra, che viene affidata al cliente: dopo tre giri di clessidra, il pesce è cotto.
bianco di branzino alla clessidra, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
branzino, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
bianco di branzino alla clessidra, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Bianco di branzino alla clessidra, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
bianco di branzino, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Durante la cottura del branzino, tra un giro di clessidra e l’altro, veniamo omaggiati di una piccola sorpresa. Devono averci letto nel pensiero… o, cosa più probabile, ci hanno sentiti.
paccheri alla vittorio, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Il branzino acquista una morbidezza quasi eterea, e delicati sentori aromatici e iodati. La parte vegetale del piatto porzionato apporta la necessaria sapidità e leggere note amarognole. La parte croccante costituisce indubbiamente un elemento benvenuto, tuttavia a causa della forma con cui viene proposta non è scevra da qualche problema di fruizione: in parole più povere bella a vedersi ma assai poco comoda a mangiarsi.
branzino, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
branzino, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Prima della prosecuzione, viene servito un piccolo cannoncino, rigorosamente riempito al momento per preservare la freschezza della sfoglia.
cannoncino, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Pomodoro al cardamomo, pesca alla terza.
Piatto solare sia nell’estetica che nei sentori gustativi. Bell’equilibrio tra acido, dolce-fruttato e aromatico, con leggero sviluppo orizzontale di quest’ultimo.
pomodoro al cardamomo, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Un ulteriore intermezzo goloso, questa volta all’insegna della massima golosità: mobidissimo assaggio di veneziana, ricetta firmata da mamma Bruna!
veneziana, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
veneziana, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
veneziana, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Sottobosco.
Dolce di stampo prettamente classico. Il gelato allo yogurt apporta l’acidità necessaria ad evitare una deriva troppo stucchevole (che tende a presentarsi infatti ad ogni assaggio privo della cucchiaiata centrale).
sottobosco, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Kermesse di dolcezze.
La piccola pasticceria, servita su una nuvola di zucchero filato. Inaspettata e sorprendente (in negativo) la scelta di non permettere a tutti i componenti del tavolo l’assaggio di tutte le tipologie. Lo zucchero filato, per contro, basta e avanza per tutti.
piccola pasticceria, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
A conclusione, una visita agli spazi interni, semplicemente da mille e una notte.
La reception.
reception, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
L’angolo dei distillati.
angolo dei distillati, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Parte della profondissima cantina.
cantina, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
cantina, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
cantina, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
La sala.
sala, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Un ultimo scorcio notturno sul gradevole dehors che ci ha ospitati per tutta la serata.
Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo

Una fila di anelli da un capo all’altro dell’ampio parcheggio, interrotti da un cavallino che pare lì quasi per caso, ci fa venire il dubbio che Brusaporto, complice il tourbillon delle province che da qualche anno continua a rimescolare le carte in tavola, sia finito in provincia di Ingolstadt.
Ci avviciniamo titubanti all’ingresso, cercando disperatamente l’App traduttore Italiano-Tedesco-Italiano sull’iPhone, quando la calorosa (e soprattutto a noi comprensibile, senza alcun dizionario) accoglienza del ristorante ci fa capire che Brusaporto è rimasto, per nostra fortuna, in provincia di Bergamo.
Da Vittorio è uno tra i ristoranti d’eccellenza assoluta nella scena italiana, uno dei sette trois-étoilée italiani, che possiamo ridurre a quattro se consideriamo tra tutti solamente quelli di impostazione squisitamente classica, di scuola transalpina.
Eccellenza riservata a pochi ristoratori, e che in questo caso viene mostrata senza discrezione, non sussurrata anzi, gridata a pieni polmoni: nei maestosi piatti, nell’efficiente servizio, nell’elegante ambiente, il fil rouge che fa da collante ed unisce il tutto è l’opulenza, la ricchezza, una sorta di grandeur tricolore. La macchina creata dalla famiglia Cerea è sicuramente tra le ammiraglie nella ristorazione italiana, con dotazioni di prim’ordine ed un motore ad alte prestazioni, potente ed efficiente. Ecco quindi che i piatti, neanche a dirlo, sono perfettamente concepiti ed altrettanto magnificamente eseguiti, senza funambolismi particolari, “solamente” golosi, piacevoli e lussuriosi, forse anche fin troppo.

Ma eccellente non significa scevro di difetti, tutt’altro. E’ questo un indirizzo che senza alcun dubbio mira ad appagare l’ego prima che il palato, dove il mostrare a tutti la propria presenza è ancora più importante della stessa. E’ la versione gastronomica del terrificante, nonché tremendamente lombardo “lavoro-guadagno spendo-pretendo”, o se preferite, per i non autoctoni, una sorta di “rogito ergo sum”.
Poco meno di quattrocento euro in due per due piatti alla carta, un dessert ed un calice (!) di Champagne è fuori da ogni umana ragione; eppure durante la nostra visita, in un comune e piovoso martedì sera come tanti, la non certo piccola sala era trionfalmente piena, senza nemmeno una sedia che fosse una rimasta vuota.
Un fatto vale più di cento parole, un plauso ai Cerea ed alla loro superlativa macchina, in grado di procedere a gonfie vele anche con strada in salita e assenza di vento.

E’ innegabile che vi siano alternative sulla carta razionalmente migliori, più economiche o più efficienti, altrettanto e anche maggiormente performanti, più misurate nei consumi o sensibilmente più emozionanti… ma non si vive di sola razionalità, ed infatti di anelli sono pieni i parcheggi, soprattutto quelli di Brusaporto.

Un calice di Champagne.

L’altro calice di Champagne.

Entrée

Grissini, di diverse tipologie.

Il vassoio dei pani (!)

Insalata tiepida di pesce al vapore.

Risotto cappesante, bisque di zucca, crema di dragoncello.

Capretto da latte, infuso di salsa al curry, piccole verdure al grasso d’anatra.

Scamponi alla brace, hummus, chutney mango, mousse allo zenzero.

Predessert.

Mela, curry, cioccolato e banane
Spugna di mela, gelatina liquida di salsa al martinica, banana caramellata aromatizzata al curry.

Pastiera à la coque
Leggero di pastiera in finto guscio di latte di capra aromatizzato all’arancia.

Piccola pasticceria.

Bon Bon di gelato.

390

Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione Ristorante

Se dovessi immaginarmi l’ideale standard Italiano (e sottolineo Italiano) di un Relais & Chateaux penserei certamente a Brusaporto. Un luogo incantevole, una villa elegante, una sala raffinata, un servizio attento e silenziosamente presente. E devo dire in tutta onestà, a dispetto di quello che alcuni possono immaginare, anche una buona cucina. Che mostra invitante la sua anima golosa e goduriosa. Che, se proprio dobbiamo trovarle un difetto, è alle volte eccessiva. Un pizzico di neve di wasabi in meno, qualche perla di frutto della passione in meno, un paio di secondi di riposo della sontuosa cotoletta in meno, qualche pomodorino adornante e fatalmente troppo umido in meno. Dettagli ? Forse … anzi no, in un Relais & Chateaux anche Tre Stelle Michelin certamente no.
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