Passione Gourmet Bistrot Archivi - Pagina 2 di 10 - Passione Gourmet

La Sala Bistrot

Il perfetto bistrot milanese

Bistrot di nome e di fatto, anzi, meglio, “bistronomia”, questo bar à vin è la precisa materializzazione di ciò che accade quando un locale informale incontra una grande cucina. Dismesse le posate d’argento, il servizio – curato da Carlo Maldotti e Noemi Sala – è quello di un grande ristorante, come si evince dalla scelta – acuta – di sostituire i calici dopo la portata a base di uova. Qui Tommaso Sorgentone, dalla cucina parzialmente a vista al piano superiore, ordisce una una proposta molto nitida, tecnicamente ed esteticamente impeccabile, vessillo degli anni trascorsi dietro al pass di Spazio Niko Romito Milano, da cui arriva anche Moldotti, benché in sala. Un’impostazione di sicura urbanità e carisma, che fa de La Sala Bistrot il luogo adatto tanto per un brindisi amicale quanto per un pranzo di lavoro, ma che si rivela vincente anche nel caso di una cena intima.

Qui i piatti, pur nella loro solo apparente semplicità, sono scrupolosamente ragionati e ottimamente bilanciati a livello organolettico: già dalla lettura del menù si evince la scelta di Sorgentone di avvitarsi attorno a un unico ingrediente protagonista attinto di preferenza dal paniere della cucina nordica, francese e longobarda – uovo, capocollo di maiale, paté, rafano, verze – concepita sia nelle porzioni che nell’estetica di ogni impiattamento con cura certosina e amorevole. Così l’uovo e la maionese, riadattamento del celebre Oeuf Mayonnaise, antipasto signature dei bistrot parigini già censito da Henri-Paul Pellaprat nel 1936, è squisito oltre che plastico nella consistenza mentre il tagliolino con alici e cime di rapa (in polvere) si smarca dall’immaginario del Sud con l’amalgama del burro acido, omaggio a Gualtiero Marchesi e, dunque, a Milano tutta. Restando, poi, in tema di accenti nobiliari, le nocciole piemontesi impreziosiscono la già vincente, ancorché ecumenica, equazione tra capocollo di maiale mangalitza! – e verza, leggermente acidulata.

La carta dei vini è acuta e occhieggia al mondo del vini naturali senza, vivaddio, alcun fanatismo.

La Galleria Fotografica:

Fruits de mer pas cher

Clamato è uno dei bistrot più in voga di Parigi. Amatissimo da “les bobos“, ossia quella clientela borghese bohémien parigina, è il fratello minore di Séptime, blasonatissimo ristorante del duo Bertrand Grébaut e Théophile Pourriat, ed è incentrato sui frutti di mare.

Un piccolo locale con sedute al bancone e pochissimi tavoli ravvicinati tra loro, dall’arredamento rustico dove si possono gustare prelibatezze ittiche (da pesca sostenibile, scrivono). Il menu si evolve con ciò che è giornalmente disponibile dalle regioni di Saint-Jean-de-Luz, Concarneau e Île d’Yeu, offrendo crostacei, ostriche, granchi, ricci di mare e tanto altro, oltre a piatti à la page – come l’ormai onnipresente ceviche (ne abbiamo mangiato uno piacevolissimo di merluzzo, leche de tigre ai frutti rossi e olio alle foglie di fico) – e preparazioni più tradizionali, cucinate con cotture ancestrali come la brace. A grandi e piccoli plateau componibili a gusto del commensale, quindi, si aggiungono piatti di pesce crudo, abbinati a prodotti (verdure, ortaggi e frutta) rigorosamente stagionali.

Ricordiamo, in particolare, dei piacevoli assaggi come la tartare di tonno rosso, pomodoro, zenzero e gelatina di zafferano, la melanzana brasata con cozze sotto aceto e salsa XO e la squisita ed equilibrata insalata di pomodori, albicocche e bottarga, da bis. In chiusura, buono anche il dessert: fichi arrosto, mirtilli e gelato alla foglia di fico.

In sintesi, un posto perfetto per condividere diversi piatti accompagnandoli a cocktail della casa o vini naturali dei più acclamati (e ricercati) vignerons d’Europa (rammentiamo, tra i nostri connazionali, etichette come Amerighi, Occhipinti e Radikon), dove ci si può divertire, senza spendere le cifre esorbitanti della capitale francese, ma ad un prezzo da pagare: il locale non accetta prenotazioni e, considerata la limitatissima capienza, è facile trovare una folta coda all’ingresso se non ci si appropinqua in orari strategici. Fortunatamente il fine settimana la cucina è aperta tutto il giorno. Altre info pratiche: il servizio è giovane, spigliato e appassionato e il conto si aggira sui 50 euro a persona, se non si esagera con i plateau, ovviamente.

La Galleria Fotografica:

Un trait union tra la bistronomia francese e la trattoria romana


Giovanni Passerini è uno degli ambasciatori più autentici della cucina italiana, d’autore e moderna, in Europa. È stato in grado di ricevere fiducia e rispetto a Parigi, dove l’offerta gastronomica gioca in un campionato prestigiosissimo, con pochi eguali.

Il suo attuale avamposto è in Rue Traversière, nei pressi della Bastiglia. È qui che si celebra il trait d’union tra la bistronomia francese e la trattoria romana. Dove una insalata di porcini ha una veste elegante e chic grazie allo zabaione salato e al carpaccio di pesche e pomodori, e la schiettezza di quella trippa, da sempre in carta, con quella mentuccia e l’immancabile pecorino che sono come due mani che ti prendono la faccia e ti dicono che il cuore in cucina batte all’ombra del Cupolone.

Da Passerini ti senti a casa in tutto e per tutto.  Già in tempi non sospetti, quando Rino – la sua prima insegna da solista – faceva drizzare le orecchie ai foodies, Passerini sfoggiava piatti complessi ma al contempo appaganti frutto di gomito e padella ma anche di cervello. Oggi poco è cambiato, se non l’aver conferito un imprinting tricolore ancora più marcato (sono formidabili i piatti di pasta, semplici ma appaganti in maniera disarmante) al quale ha accostato rituali conviviali tipici del grande ristorante francese, con “Les plats à partager” – animali cucinati interi, da condividere per tutto il tavolo – presenti in carta (durante la nostra visita venivano serviti il piccione in più servizi e l’homard, due ingredienti feticcio dei cuochi transalpini).

L’ambiente, un po’ rumoroso, ha un’atmosfera da bistrot parigino (grandi vetrate e cucina a vista), ma è con i sapori di alcuni piatti che ci si ritrova in un angolo di Roma. 

L’alleanza italico-transalpina è sapientemente celebrata con alcuni piatti di estrema eleganza tra ingredienti da urlo e temperature e tagli che fanno letteralmente divorare tutto ciò che arriva sotto gli occhi del commensale: dalla passardiana tartare di barbabietola e melanzana affumicata con lamponi e ricotta salata, alle golose linguine alla puttanesca di anguilla affumicata, passando per una (sempre presente in carta) trippa alla romana memorabile, così come la “scrocchiarella“, che crea dipendenza, non soltanto per il commensale ma anche in cucina (ci dicono); ma sono due i piatti che lasciano il segno: l’insalata di porcini, pomodori, pesche, zabaione al miso e portulaca estiva, meravigliosa, e l’eccellente coda di rospo, ostriche, panna fresca, vinaigrette di alghe , cipolla dolce e spinaci, che ti porta con la mente in Normandia.

Si chiude con quello che ci dicono essere un cult della cucina: semifreddo al pistacchio di Bronte con fichi e spuma di formaggio bianco, ricchissimo e goloso. Tutto eseguito alla perfezione anche grazie a una collaudatissima e giovanissima brigata (prevalentemente italiana), guidata dal l’altrettanto giovane e talentuoso braccio destro (e sinistro) di Passerini, Stefano De Carli.

Anche la selezione enoica è accuratissima, con immancabili vini naturali, bollicine di tutti i tipi, eccellenti etichette italiane e qualche blasonato. Da Passerini ci si diverte, in tutto e per tutto.

La galleria fotografica:

La Versilia autentica e vera nel piatto

La storia del bistrot è, come spesso accade in Italia, la storia di una grande famiglia italiana. Piero Vaiani, il capostipite, che è mancato lo scorso novembre, ha lasciato in eredità alla sua famiglia e in particolare ai suoi due figli un vero e proprio impero gastronomico dell’eccellenza, composto da ben 4 locali e una azienda agricola che produce gli elementi fondamentali, oltre al mare, altro grande alleato, per elaborare ciò che viene portato in tavola.

Un impero che spazia dal locale popolare di pesce, da oltre 1000 coperti al giorno in alta stagione, al bistrot raffinato, al sushi-corner in spiaggia per terminare con la punta di diamante, lo stellato Bistrot appunto. Ed in questo gruppo così variegato e strutturato, che sicuramente aiuterà in questi periodi difficili, il Bistrot, oggi guidato da una coppia d’oro è una vera oasi di piacere gastronomico. I due Andrea, Salvadori in sala e Mattei in cucina, sono due autentici fuoriclasse che si completano a vicenda.

Una sala giovane, dinamica, attenta e molto presente dialoga con una cucina classico-innovativa che ha una cifra stilistica davvero interessante. Uso calibrato delle sapidità, mai di troppo e sempre in sottrazione, accompagnata da discrete acidità donano ai piatti una eleganza e una raffinatezza uniche.

L’emblema sicuramente di questa stilistica è sicuramente il risotto, che invita a ordinarne un altro per quanto è goloso, bilanciato, intrigante. Ma ciò che sorprende è l’intensità della razza nei ravioli con ricci di mare, usati come spezia a condurre il gusto. E potremmo continuare così, su tutti gli altri piatti del menù. Anche i dolci, di buona tecnica e fattura, ci hanno pienamente soddisfatto.

Ottimi anche i secondi di carne, come il maialino, e ottime tutte le verdure in accompagnamento, che arrivano integralmente dalla tenuta agricola di proprietà del gruppo situata nella campagna lucchese.

Una valutazione lievemente arrotondata per difetto, quella di oggi, che invita a una visita in questo splendido luogo della Versilia più vera e più autentica.

La galleria fotografica:

Il cocktail bar e vineria, in quel di Rimini

Il locale nasce nel 2016 come bottega e bistrot e, in questi anni, si è imposto come un punto di riferimento per la qualità sul genere, a Rimini. La bottega vi permetterà di acquistare da asporto alcuni prodotti enogastronomici, il cocktail bar, la vineria e il bistrot, invece, di consumare sul posto. Una di quelle formule non ben definite che, però, soddisfa un ampio raggio di pubblico e ben si presta a interpretare l’ambiguità del presente momento storico coi suoi innumerevoli DPCM.

Ma c’è un plus, perché qui tutto è curato e fatto al meglio. La selezione di vini naturali, non eccessiva ma molto curata, vi farà divertire sicuramente.

La cucina, anch’essa semplice seppur rifinita, si presta a un pranzo veloce, uno stuzzichino da aperitivo, una cena informale con gli amici.

Ci ha divertito tanto, in particolare, il girotondo di taco, buoni e ben pensati, il club sandwich, le polpette di baccalà e lo strepitoso ciambellone della tradizione. Meno persuasivi il fish & chips e la polenta, forse perché la parte più cucinata è anche quella più difficile da eseguire in questo contesto.

La proprietà, la stessa della trattoria Da Lucio di Rimini, ha curato e congegnato la macchina per essere un ottimo punto di riferimento se la necessità è quella del nécessaire, appunto: ovvero uscire di casa con un gruppetto di amici e ritrovarsi in un ambiente informale, disinvolto e piacevolissimo.

La galleria fotografica: