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Massimiliano Poggi

Coraggio ed  evoluzione

“Giovani forchette alla riscossa. Crediamo nel futuro e nella condivisione produttiva, nelle varie forme di espressione culinaria, così come nell’avanzare di nuove leve: appassionate, sincere e professionali. In questo spazio di PG, raccoglieremo dunque testimonianze, racconti, itinerari e segnalazioni di giovani penne dall’attitudine ‘buongustaia’, che autonomamente hanno trovato affinità con il nostro approccio. Non sarà consentito loro, per ora, di esprimere un voto, ma solo commenti e descrizioni della loro esperienza. Il canale ‘Young Forks’: ai giovani parole e forchette, a voi la lettura”

Se ci chiedessero di definire la cucina di Massimiliano Poggi, useremmo due sostantivi: coraggio e evoluzione. Coraggio perché proporre una cucina innovativa “da dentro” (ci riferiamo ai natali di Poggi e alle sue pregresse esperienze gastronomiche) a Bologna, città in cui l’ortodossia in materia di cibo è un mantra, è una missione da eroe omerico. Evoluzione, perché a ogni visita abbiamo registrato una crescita della cucina, oggi nella versione 2.0. Poggi sa riproporre in carta piatti rinnovati e emendati da imperfezioni. Il risultato? Una cucina divertente e gourmand, con una mano unica nel trattare le verdure – si veda alla voce sapori e consistenze – e nel dosare le erbe.

Abbiamo scelto il menù degustazione di otto portate.

Insalata russa. Il boccone è un misto di acidità e freschezza, con l’affumicato che cede il passo all’agro/dolce: un viaggio nei sapori nell’Europa dell’Est; molto gustose le minuscole uova di salmone che si rompono al morso.
Romagna mia. Piatto delicato, più strutturato di un brodo di pesce, più leggero di un brodetto; nella piccola cocotte troviamo purazze (vongole di Romagna), cannolicchi e lumache, piacevole la collosità dei molluschi in bocca. Ci viene raccontato che affinché il brodo ne raccolga gli umori, vengono ivi cotti, ma poi rimossi, i passatelli.
Tanto fumo poco arrosto. Goloso, profumato, avvolgente. Le verdure sono cotte al millimetro, ti chiedi dove si nasconde la carne, mentre divori un boccone dopo l’altro. Il fumo svanisce e immergi il naso nel bosco, tra l’alloro bruciato e il dragoncello rinfrescante. Fa capolino il basilico, mentre il dolce sentore della salsa di zucca rincorre l’amaro delle erbe. Con le verdure di Massimiliano Poggi si diventa  vegetariani!
Cappelletti in brodo. Interessante il contrasto tra la dolcezza della bisque di scampi sul fondo del piatto e il ripieno di carciofi dei cappelletti. Peccato che la pasta abbia consistenza e spessore marcati, a scapito della farcia.
Spaghetti e medicina. Magistrale utilizzo della dolcezza della cipolla di Medicina nell’originale incontro con il tarassaco amaro, appoggiato fresco sugli spaghettini.
Artusi 495  Notevole il brodo di pomodori verdi, assoluto di acidità a chiudere la grassezza dell’anguilla, ma la presentazione è da rivedere.
Piccione al carbone. Piatto generoso nella quantità di carne, servita con rabarbaro e cavolo riccio croccante; la salsa di piccione al pepe nero accompagna la proteina. Percezione di bruciato.
Insalata di campagna. Inusuale predessert giocato sulla nota vegetale, protagonista il sedano, candito e servito con caviale al parmigiano, rucola, olio extravergine.
Ma – scarpone. Il dessert ci è parso di livello inferiore al resto del menu. Divertente il richiamo nome – immagine nel piatto, per il resto la destrutturazione del tiramisù (mascarpone, cioccolato, caffè, anice stellato) non convince nella sue parte “spugnosa”, nonché per l’eccessiva nota salata.

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A Bologna rinasce la vera e autentica osteria felsinea, grazie a un oste d’eccezione

Bologna è in piena rinascita gastroculturale. E in parte ciò è dovuto certamente al momento favorevole per l’intera cucina italiana, un momento fatto di grande enfasi e trasporto. Ma una buona parte del merito è da ascrivere a due persone in particolare: Piero Pompili e Massimiliano Poggi. Quest’ultimo, in particolare, che ha compiuto una scelta temeraria, mettere nelle mani di Piero il suo Al Cambio, dopo il trasferimento nella provincia bolognese.

La sfida era tutt’altro che scontata. Rendere il Cambio il miglior avamposto della tradizione bolognese assurgendolo a grande, grandissima, Osteria di città. Compito ancor più ardito se mani e tessitura erano affidate a Piero, oste ben noto per i suoi modi certamente eleganti, ironicamente istrionici, delicatamente pungenti. Ma al di là delle apparenze, sotto una coltre di uomo estremamente snob ed elegante, si cela l’anima di un oste prima di tutto e di un professionista poi di caratura davvero elevata.

Piero Pompili ha forgiato il ristorante a sua immagine e somiglianza

Nel mio girovagare per ristoranti ho conosciuto veramente pochi grandi personaggi, con sensibilità, gusto, precisione e professionalità come Piero. Non ho mai avuto la fortuna di conoscere un Peppino Cantarelli, ho avuto la fortuna di frequentare Antonio Santini. Be’, a suo modo, e con tutta la sua sana personalità, Piero è tranquillamente paragonabile a questi grandi personaggi della cultura enogastronomica italiana.

Professionista esigente, dicevamo, che non si accontenta mai. E che ha forgiato il Cambio a sua immagine e somiglianza. Qui si mangia senza ombra di dubbio una cotoletta alla bolognese “da urlo”, delle tagliatelle che ti portano dritto in paradiso, dei tortellini comme il faut. Per non parlare dei dolci, tutti fantastici. Unico appunto lieve, ce lo consenta Piero, sull’eccesso di Alkermes nella zuppa inglese.

La valutazione, se avessimo giustamente considerato le ambizioni del luogo, la cura dei dettagli, il tovagliato, sarebbe stata molto alta per una cucina di stampo classico. Ma all’oste e alla sua grande e imperiosa osteria abbiamo preferito dare la massima valutazione che qui su PG diamo alle osterie, riconoscendo il valore del luogo.

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