Passione Gourmet Hyle - Passione Gourmet

Hyle

Ristorante
Località Torre Garga, strada Statale 107 Silana Crotonese, 87055, San Giovanni in Fiore (CS)
Chef Antonio Biafora
Recensito da Leonardo Casaleno

Valutazione

17/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Il miglior ristorante della Calabria.
  • Il lavoro finalizzato a scoprire e valorizzare i vini calabresi ancora poco conosciuti.

Difetti

  • L'ingresso al ristorante, dalla reception dell'hotel, è un po' sacrificato.
Visitato il 08-2022

Il laboratorio del gusto di Antonio Biafora

Il ristorante Hyle è un piccolo gioiello del panorama gastronomico del sud Italia. Ubicato all’interno del Biafora Resort, a sua volta immerso nel cuore della Sila, questo laboratorio di alta cucina, dopo diverse visite effettuate con costante cadenza di almeno due volte l’anno, possiamo dire che rappresenta, oggi, la massima espressione del fine dining in Calabria. Una regione che, gastronomicamente parlando, sta pian piano prendendo sempre maggiore terreno facendosi conoscere al grande pubblico anche grazie alla ribalta di giovani e caparbi cuochi che stanno dando tanto alla loro terra – e lustro a piccoli produttori e artigiani locali – la quale, certamente, ricambia il riconoscimento mettendo a disposizione un ventaglio di prodotti straordinari.

Antonio Biafora e i suoi ormai fidati collaboratori (tra i quali citiamo il talentuoso sous-chef Francesco Cardace) fanno parte di questa nuova schiera di cuochi calabresi. È un grande team quello di Hyle, capace di prendere la grande cucina, classica e moderna, e contestualizzarla nel territorio con armonia e personalità all’insegna di sapori persistenti e audaci dove la rotondità è ben innestata senza mai essere ruffiana e l’ingrediente, lambito da meravigliose salse a specchio, viene domato con maestria restando il protagonista del piatto. Ogni anno la distanza della filiera si accorcia sempre più con un gran numero di prodotti davvero a chilometro ridotto e alcuni (principalmente erbe e frutti) direttamente auto coltivati.

Una degustazione scandita con ritmica perfetta

Il menù che consigliamo per avere una esaustiva idea della cucina di Hyle è il “Chjübica“, come veniva chiamata un’antica via pubblica (conosciuta anche come la “vecchia due mari“) che dal mar Tirreno che bagnava Paola (in provincia di Cosenza) portava al mare Ionio, nei pressi di Cirò Marina, terra di vigne e vino – che era la principale via di collegamento per Il commercio della pece bruzia e lungo la quale si trovano ancora vecchi forni e pini incisi.

Dopo la batteria di finger food serviti nell’ameno giardino – rivisitazioni in chiave calabrese di classici della cucina internazionale – serviti con una birra artigianale autoprodotta, arrivano colpi di classe come il Chawanmushi di porcini, olivello spinoso ed erbe spontanee, in cui la territorialità (vera) ne esce prepotentemente vincente adombrando la preparazione del budino a base di latte e uova, tipico della cucina giapponese. La trota, proveniente a pochissimi chilometri di distanza dal ristorante e unico piatto “marino” del percorso, viene marinata ed esaltata dalle sue uova e da una emulsione fatta con lo stesso caviale in un piatto in cui si gioca con tre consistenze (quella croccante è conferita dalla quinoa fritta) e la voluttuosità del pesce d’acqua dolce. Il menù ha una ritmica di servizio perfetta, per tempistiche e proporzioni, e, a nostro avviso, raggiunge il culmine in tre passaggi: col Carpaccio di cuore di podolica, barbabietola e crème fraîche alla cipollina, piatto elegante dove elementi animale e vegetale si susseguono senza soluzione di continuità fino a confondersi; con il Tortello di cinghiale, morchelle e miele di pigna che racchiude in tre bocconi il sapore dei boschi della Sila strizzando l’occhio alla grande cucina transalpina; col Piccione con sardella, cannella e zucchina al fieno greco, magnifico assaggio con la parte ferrosa della carne del volatile che doma la speziata dolcezza della cannella e fa da ponte ai sentori iodati della salsa fatta con il fondo di cottura del piccione e la sardella calabrese e della zucchina cruda sulla quale è adagiata una polvere di fieno greco dal retrogusto di sedano. Piatto che, ci dicono dalla cucina, sarebbe ancora da perfezionare… o forse no. A intramezzare la degustazione vengono serviti due assaggi “di mezzo”, il Cremoso vaniglia e cipolla, anello di congiunzione tra l’ultimo primo piatto e il cervo, la prima delle portate principali, e il geniale “Sorbetto” cetriolo, anice nero (locale) e basilico dove l’ingrediente del territorio interpreta il ruolo del protagonista per resettare il palato.

La sala è molto piccola, ma il ridotto numero di coperti la rende un luogo caldo, accogliente e raffinato, ricco di dettagli e sofisticate amenities. Il servizio di sala è condotto da giovanissimi ragazzi con grande competenza, erudizione e professionalità. La carta dei vini, costruita dal bravissimo Stefano Genovese, è cresciuta a dismisura nel corso di un paio di anni ed è esaustiva come nessuna a queste latitudini. Una menzione particolare merita il piccolo tomo dedicato alle eccellenze enoiche di piccoli vignaioli calabresi, di cui abbiamo assaggiato alcune bottiglie e ne abbiamo apprezzato le qualità all’interno del bicchiere.

Ecco così completato il cadre di questa piccola bomboniera magicamente nascosta tra le verdi montagne della Sila. Peccato solo per l’accesso alla sala del ristorante, dalla reception, che rimane sacrificato rispetto a tutto il resto. Ma, si sa, la perfezione non è di questo mondo.

La Galleria Fotografica:

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