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Cuochi alla Brace: Giuseppe Iannotti

Una rubrica su BBQ & Cocktail, in collaborazione con Bonaventura Maschio

Seconda puntata di “Cuochi alla brace”, la nostra serie di monografie in cui vi raccontiamo di alcuni dei grandi Chef italiani che utilizzano le braci nella loro cucina, e di un loro piatto (presente attualmente in carta) preparato con l’ausilio del carbone.
E’ il turno di uno dei giovani più promettenti del Sud Italia, già attualmente una solida certezza: Giuseppe Iannotti, Chef e proprietario del Kresios a Telese Terme, un piccolo luogo raffinato ed elegante, un vecchio casolare trasformato in ristorante, con annessi un piccolo bistrot, uno shop e quattro camere per pernottare.
Giuseppe, completati gli studi di ingegneria informatica, scopre che la passione per la cucina è più forte di quella dei numeri e vi si dedica, da completo autodidatta, totalmente. Da un lato la bruciante passione, dall’altro lato il rigore e la disciplina della formazione tecnica, la risultante è un mix virtuoso e preciso, di grandissima personalità, tanto sorprendente quanto solido.

Giuseppe Iannotti,Kresios,Benevento

Iannotti utilizza un grill per Yakitori, e lo usa addirittura per tre dei piatti inseriti nei suoi due menù degustazione attuali: “Agnello e funghi”, “Ricciola ed insalata ghiacciata” e “Pescatrice e prugna fermentata”.
In dettaglio, “Agnello e funghi” è il piatto che lo Chef tiene a raccontarci. Anche per Iannotti, come per Mammoliti, il BBQ è innanzitutto un rimando all’infanzia: “Tutti gli inverni il camino di casa diventava -e diventa ancora- un perfetto BBQ: crescendo ho rubato il posto a papà che di solito era il “responsabile” del camino quando si trasformava in uno strumento di cottura. Al Kresios però attualmente in cucina utilizzo un grill giapponese per Yakitori, che utilizzo con i carboni Binchōtan.

Parlando più in dettaglio del piatto, “nel caso di Agnello e funghi utilizziamo ampiamente il BBQ: innanzitutto per la cottura del filetto d’agnello, per creare una crosta importante tanto per la texture quanto per mantenere l’umidità all’interno della carne. Inoltre, grazie ai carboni Binchōtan, l’aroma di fumo è presente ma estremamente delicato. Infine, anche il fungo Shiitake viene grigliato e acquisisce la stessa texture dell’agnello, croccante all’esterno e succoso internamente.

Agnello e funghi, Giuseppe Iannotti,Kresios, Benevento

Per quanto riguarda invece il cocktail in abbinamento, il Sommelier Alfredo Buonanno, Maître di Krèsios, racconta che “con Agnello e funghi serviamo un Mizuwari, una ricetta originaria del Giappone. Il termine deriva da “mizu” cioè acqua, e “wari”, che significa spezzare, tagliare: generalmente in Giappone questo cocktail si ottiene spezzando con 4 parti di acqua il sochu, un distillato di patate dolci, orzo o riso. Noi abbiamo preparato invece 1 cl di Whiskey Kinahan’s Small Batch con un lieve ricordo erbaceo e 3 cl di Tau, un’acqua che nasce dai Monti Cambrici in Galles. Completiamo il tutto con un pezzo di ghiaccio, generalmente una sfera che produciamo noi.
La gradazione alcolica bassa del miscelato ci permette di non avere alti e bassi con la gradazione alcolica degli altri vini presenti in abbinamento al menù degustazione, e le note calde e tendenzialmente dolci di questo Whiskey bilanciano la sapidità e l’aromaticità del piatto, oltre ad “allungare” la persistenza della sensazione che il BBQ rilascia all’agnello.

Giuseppe Iannotti, Kresios, Benevento

Agnello e Funghi
Ingredienti per 2 persone

200g di Controfiletto d’agnello
4 funghi Shiitake
40g di fondo di cipolla
Miscela di zucchero e sale
Olio
Salsa di soia

Procedimento:
Salare il controfiletto d’agnello con la miscela di zucchero e sale ed incidere lo stesso dalla parte del grasso. Adagiarlo sul grill, dalla parte del grasso, e cuocere fino ad ottenere una crosticina dorata.
Ultimare la cottura del controfiletto sui carboni Binchōtan.
Saltare i funghi shiitake con la salsa di soia, e ultimarne la cottura sui carboni Binchōtan.
Comporre il piatto con metà controfiletto d’agnello, due funghi shiitake e aggiungere il fondo di cipolla caldo, precedentemente realizzato con una macchina a controcorrente di vapore.

Cocktail in abbinamento powered by Bonaventura Maschio: Mizuwari
1cl di Whiskey Kinahan’s Small Batch
3cl di acqua Tau
Una sfera di ghiaccio, realizzata con acqua Tau

Versare in un tumbler basso il Whiskey, quindi allungare con l’acqua. Mescolare rapidamente, inserire delicatamente la sfera di ghiaccio e servire.

Iyo è l’abbreviazione del termine “UKIYO”, traducibile in italiano con “mondo che fluttua”, espressione con la quale veniva metaforicamente invocata qualsiasi forma d’arte della seconda metà del diciassettesimo secolo a Edo, ovvero Tokyo, in cui imperavano gli archetipi di mondo evanescente e bellezza fugace.
Praticamente a metà strada tra Corso Sempione e Chinatown, è il ristorante di punta della famiglia Liu, bravi e concreti ristoratori cinesi a Milano da molti anni che gestiscono con garbo, cura e professionalità questo ristorante che propone una “seria” cucina di stampo prevalentemente nipponico, con alcuni sprazzi di mediterraneità, per una proposta fusion sorprendentemente integrata con le tradizioni nostrane.
Sebbene i Liu si siano fregiati del Ba Asian Mood, un altro fiore all’occhiello nel panorama etnico cittadino -dove si può trovare una cucina cantonese contemporanea molto distante dai tanti ristoranti cinesi vecchi e stantii della città- Iyo resta decisamente il ristorante più importante della famiglia. Un posto sul quale si è investito tanto e che sta avendo un considerevole tornaconto economico, riscuotendo consensi non soltanto da parte del pubblico.
Sempre al completo a cena, quasi sempre anche a pranzo. Un successo da individuare, in primis, nella costante voglia di migliorarsi per raggiungere livelli che, in questo ambito di proposta, sono, anche in una città cosmopolita come Milano, ancora una rarità.
La prima volta che ci mettemmo piede, circa quattro anni fa, il locale era strapieno, ma la cucina ci era apparsa come una fotocopia (con)fusion del ristorante modaiolo giapponese con proposte di sushi e roll abbastanza occidentalizzate, come se ne trovavano a centinaia.
L’evidente evoluzione riscontrata nel corso degli anni è partita da una significativa ristrutturazione dei locali tecnici che hanno visto l’ampliamento della cucina e l’installazione di un angolo dedicato al robatayaki, con braciere a vista, per preparazioni da tradizionale barbecue giapponese. Ma la peculiarità di questo locale sta proprio nella diversa offerta “fusion” che fonde la tradizione asiatica con quella del Bel Paese, risultato dell’azzeccata collaborazione tra Lorenzo Lavezzari (cuoco ai fornelli) e l’esperto Haruo Ichikawa (che officia il banco crudi e coordina i sushi men), tra i quali è avvenuto un prezioso scambio di idee gastro-culturali che hanno dato un impulso qualitativo e distintivo alla cucina.
Un’idea della stessa è riassunta nel piatto “To.Ca.Mi”, concepito a quattro mani e vincitore del premio della critica al “Girotonno 2013”, importante manifestazione che si tiene in tarda primavera a Carloforte. Una preparazione evocativa incentrata sulla preparazione del tonno rosso in tre luoghi: si parte con la purezza del nigiri con wasabi e del tonno scottato in omaggio a Tokyo, città natale di Ichikawa, si passa a Carloforte, uno dei luoghi simbolo della mattanza, con la tartare con agrumi e si chiude con una interpretazione fusion – in omaggio ai gusti cittadini della metropoli lombarda – con la ventresca scottata, anguilla grigliata, salsa teriaki e pasta kataifi croccante. Un breve ma didattico viaggio intorno al pesce più inflazionato del Mondo, in una interpretazione che non ci ha comunque lasciati indifferenti.
I “kobachi”, ossia gli antipastini dello chef, restano le preparazioni che meritano più attenzione rispetto a sushi e sashimi che denotano, comunque, una buona qualità del pescato. Buoni anche i ramen, fatti in casa, e ben eseguiti gli yakitori.
Lascia sorpresi in positivo anche il reparto dolciario, fino a poco tempo fa commissionato in toto al mediatico Ernst Knam ed ora in fase di ulteriore sviluppo, con il pasticcere tedesco che si limita ad una consulenza che supervisiona e migliora le idee degli chef.
Ci piace Iyo, ci piace per la costanza, la professionalità, ma anche perché è uno dei migliori ristoranti giapponesi che ci sono in Milano.

Banco sushi all’opera.
sushi, Iyo, chef Haruo Ichikawa, Milano
Il primo kobachi: capasanta tar tar. Carpaccio di capasanta marinata alla soya con pomodoro e yuzu.
kobachi, Iyo, chef Haruo Ichikawa, Milano
Il To.Ca.Mi.
tocami, Iyo, chef Haruo Ichikawa, Milano
Freschissimo scampo marinato al frutto della passione.
scampo, Iyo, chef Haruo Ichikawa, Milano
Una selezione di gunkan (i sushi bignè):
Iyo style, con salmone all’esterno, uova di quaglia, ikura, erba cipollina, tobiko; zucchina scottata all’esterno, tartare di gambero, tobiko, maionese.
gunkan,Iyo, chef Haruo Ichikawa, Milano
Qualche nigiri per testare temperature del riso e materia prima. Esame superato.
nigiri, Iyo, chef Haruo Ichikawa, Milano
Interessante la preparazione degli udon. “Yaki soba”: spaghetti di grano saraceno con gamberi e verdure nel quale l’intrigante tocco affumicato del katsuobushi conferisce una bella vivacità.
udon, Iyo, chef Haruo Ichikawa, Milano
Uramaki con tempura di fiore di zucca, tonno e salsa al wasabi, meno interessante del resto.
uramaki, Iyo, chef Haruo Ichikawa, Milano
Correttamente eseguito lo Yakitori, spiedino di pollo alla piastra con salsa teriyaki.
yakitori, Iyo, chef Haruo Ichikawa, Milano
Interessante e fresco il dessert, molto occidentale: gelatina al mango, panna cotta al frutto della passione e persistente cannolo allo yuzu.
dessert, Iyo, chef Haruo Ichikawa, Milano
Una statua all’interno.
statua, Iyo, chef Haruo Ichikawa, Milano
Dettagli.
dettagli, Iyo, chef Haruo Ichikawa, Milano
Ingresso.
ingresso, Iyo, chef Haruo Ichikawa, Milano

Un gourmet in viaggio di piacere in Giappone può recarsi in questo anfratto della stazione della metropolitana di Ginza per un solo motivo: il mitico Sukiyabashi Jiro è proprio qui, sul fondo nella foto d’apertura.
Noi, però, indefessi, siamo riusciti a trovarne un altro.
Il dirimpettaio del Gran Maestro del sushi è Bird Land, uno dei mille e più yakitori di Tokyo, con una peculiarità: la Michelin lo premia con una stella.
Ristorante specializzato in spiedini di pollo.
Solo pollo in tutte le varianti possibili.
La curiosità è tanta, non solo di sushi e manzo Kobe si vive.
Seduti all’amato bancone (è uno degli aspetti più belli di un viaggio nel Sol Levante godersi a tutto tondo l’ars coquinaria), ammiriamo una splendida brace dove lo chef con un paio di aiutanti adagia e volta con precisione decine di spiedini.
Gli animali utilizzati, di razza okukuji, provengono da una fattoria biologica di Ibaraki.
La materia prima utilizzata è di buon livello, ma il nostro percorso è un susseguirsi altalenante di sapori, non un crescendo.
Si parte forte con il petto al wasabi che, in gran quantità, sovrasta la carne, pur succulenta.Il palato viene annichilito. Peccato.
Poi fegato, pelle del collo (croccante e saporita), ventriglio, salsicce, sovraccoscia teriyaki al coriandolo, coscia con porri.
Il tutto intervallato, senza un apparente filo logico gustativo, da ginkgo nuts, funghi shiitake e uova con riso.
Di parti nobili, quindi, ne avrete ben poche, le interiora la faranno da padrone, ma, a questo prezzo, è lecito pretendere di più.

Avrete la sensazione di gustare cibo di strada, come ne potrete trovare in millanta luoghi della capitale, senza una particolare spinta gustativa od emozionale, ad un costo decisamente superiore.

Non è un’esperienza esaltante, onestamente, anche se può essere un piacevole diversivo del vostro tour gastronomico; l’importante è non approcciarsi con grandi aspettative, bensì con animo disincantato, per un piacevole gioco culinario nell’universo del frequentemente bistrattato pollo.

Chef all’opera.
chef, Yakitori Bird Land, Tokyo, Giappone
Appetizer: ventriglio in gelatina, peperoncini verdi, pelle laccata, funghi.
appetizer, Yakitori Bird Land, Tokyo, Giappone
Secondo appetizer: patè di fegatini.
patetico di fegatini, appetizer, Yakitori Bird Land, Tokyo, Giappone
Petto con wasabi (decisamente coprente).
petto con wasabi, Yakitori Bird Land, Tokyo, Giappone
Fegatini.
fegatini, Yakitori Bird Land, Tokyo, Giappone
Pelle del collo.
pelle del collo, Yakitori Bird Land, Tokyo, Giappone
Ventrigli.
ventrigli, Yakitori Bird Land, Tokyo, Giappone
Gingko (consistenza simile ai nostri fagioli, leggermente amarognolo).
gingko, Yakitori Bird Land, Tokyo, Giappone
Polpette.
polpette, Yakitori Bird Land, Tokyo, Giappone
Pollo teriyaki con coriandolo, perfettamente cotto.
pollo teriayaki, Yakitori Bird Land, Tokyo, Giappone
Funghi shiitake.
funghi shiitake, Yakitori Bird Land, Tokyo, Giappone
Coscia e porri.
coscia e porri, Yakitori Bird Land, Tokyo, Giappone
Uovo a mo’ di frittata con riso.
uova, frittata, Yakitori Bird Land, Tokyo, Giappone
Meloni.
meloni, Yakitori Bird Land, Tokyo, Giappone
Mise en place.
mise en place, Yakitori Bird Land, Tokyo, Giappone

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La bellezza del viaggio è legata alle sue infinite sfaccettature: non è rinchiudibile in uno spazio temporale ben preciso. Il viaggio si ramifica dentro di te.
Prima della partenza: quando leggi tutto quello che ti capita sotto gli occhi legato anche solo marginalmente alla tua meta, con una avidità di conoscenza che ha pochi uguali; quando programmi itinerari, spostamenti, tavole e locali da non perdere; quando conti i giorni che ti dividono da quell’aereo.
Alla partenza, nel momento in cui guardi negli occhi i tuoi compagni di viaggio e vedi in loro il tuo stesso entusiasmo.
Certamente prende forma nel momento della scoperta, dell’incontro di nuove culture e nuove realtà.
Ma il viaggio continua anche nel ritorno a quella che definiamo casa, qualsiasi cosa essa sia: si perpetua nei ricordi, nelle emozioni, in quei flash che si stampano nella tua mente senza nessuna intenzione di abbandonarla. Rivedere le foto è qualcosa di unico, un misto di bellezza e malinconia che ti stringe lo stomaco e ti fa rivivere sapori ed esperienze.
Quando poi la meta del viaggio è quella terra che da sempre sogni di visitare, tutto assume un carattere estremo. Questo è stato per noi il Giappone.
Per un gourmet, un viaggio in Giappone è la chiusura di un percorso iniziato, è quella pausa dopo un discorso importante, nell’attesa di riprendere a parlare. Da qui si riparte con una consapevolezza maggiore.
Abbiamo sentito più volte sussurrare timidamente che, al netto delle mode, passato e futuro della cucina siano legate alle tre sorelle Francia – Italia – Giappone.
Lasciamo al tempo delineare la storia: certo è che quanto provato nel Sol Levante ha ricalibrato i nostri parametri di valutazione.
Non esiste un modo giusto per viaggiare, ognuno troverà piacere in quello che è il “suo” modo.
Certamente un gruppo come il nostro non può che ritenere una immersione nel cibo locale una delle modalità migliore per conoscere un popolo.
Questo è ancora più vero in una città come Tokyo, che non ha niente di particolarmente bello da visitare (il paragone con le grandi capitale europee non può reggere) eppure ti entra dentro come poche altre. Una città gigantesca che, tuttavia, regala sempre la sensazione di essere a disposizione, di lasciarsi scoprire a poco a poco come in un lento corteggiamento.
Così come lo sono i suoi abitanti, apparentemente schivi eppure sempre capaci di sorprenderti con un gesto di calore, un sorriso o semplicemente una cortesia.
Tokyo è da scoprire perdendosi tra le sue mille strade, scovando i suoi angoli più nascosti e i tanti diversissimi quartieri.
Con una carrellata di foto vogliamo cercare di fare vivere anche a voi alcuni dei “nostri flash” e condividere anche solo parzialmente le nostre emozioni.
La malinconia ve la risparmiamo, quella attanaglia noi dal giorno del nostro ritorno…

Le “attrazioni gastronomiche” non si contano.
Parlando di pasticcerie possiamo aprire un capitolo immenso: in Giappone c’è una vera e propria venerazione per i dessert e sono quindi tantissime le insegne dove trovare dei dolci di grande fattura.

Tra i pasticceri giapponesi di scuola francese il numero 1 è probabilmente Hidemi Sugino: nel suo punto vendita a Kyobashi si possono provare le sue specialità in monoporzione, in particolare mousse di cui è un vero maestro. All’apertura potreste anche trovare della coda per accaparrarsi le creazioni migliori: le porzioni vengono infatti prodotte in numero limitato e quando finiscono…finiscono. Superlativo in tutto e per tutto.

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Altro pasticcere legato al modello francese è Sadaharu Aoki (ci sono più punti vendita sparsi per la città) ma anche nel campo della pasticceria tradizionale giapponese si possono trovare delle cose incredibili. Lasciarsi sfuggire l’assaggio di un baumkucken (fantastici quelli di Nenrinya) o di un dolce alla castagna sarebbe un vero peccato.

La vetrina del punto vendita di Aoki a Marounochi

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Negozi di pasticceria giapponese

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Sampuru: riproduzioni in cera di ogni genere di cibo, una tradizione secolare.

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Cosa avrà voluto dire…?

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Un minuscolo ma fornitissimo bar nel quartiere di Ginza.

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Altra modalità sempre consigliabile per approcciarsi a un nuovo paese è quella di visitare i suoi mercati. Parlando di Tokyo non si può non pensare al Tsukiji Market: il più grande mercato ittico del mondo, vi lavorano circa 65 mila persone giornalmente. Famosissima la sua asta dei tonni, anche se noi non ve la consigliamo in maniera particolare (non vale la pena recarsi al mercato alle 4 di mattina e attendere molto tempo per una asta di cui coglierete solo alcuni gesti). Meglio svegliarsi con calma e farsi un bel giro nella parte aperta al pubblico dalle 9 in poi.

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Il temibile mezzo di locomozione degli addetti del mercato: sfrecciano alla velocità della luce, occhio!

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Molto interessanti anche i negozietti posti nelle vicinanze del mercato, sia di cibo che di coltelli. L’offerta culinaria anche solo in questo settore è smisurata e si può mangiare molto bene con poco impegno economico.

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Anche i ristoratori giapponesi odiano i fotografi…

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Non solo pesce.

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I costosissimi funghi Matsutake al mercato Ameyoko.

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Tanto street food girando per Tokyo
Yakitori: spiedini di pollo

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Takoyaki: delle palline fritte dalla temperatura interna infernale. Occhio alla lingua!

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L’efficientissima metropolitana di Tokyo: puntuale e ramificata in ogni angolo della città.

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Alle volte approcciarsi a una mappa può essere complicato. Il nostro consiglio per evitare di perdervi è di procurarvi una scheda sim dati giapponese per il vostro smartphone e poi utilizzare google maps: noi abbiamo ordinato dall’Italia questa http://www.bmobile.ne.jp/english/ e ci è stata consegnata direttamente in albergo. Non si trova in Giappone, quindi prenotatela prima di partire.

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Interessante una passeggiata serale al Golden Gai, vicino alla zona di Shinjuku, un dedalo di stradine piene zeppe di minuscoli locali dove fare conversazione e bere qualcosa. In pratica pagate il diritto di occupare una sedia e poi potete fermarvi anche tutta la sera.

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Il famoso incrocio di Shibuya: l’attraversamento pedonale più frequentato del mondo.

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Il Quartiere Roppongi.

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Una insegna “amica”.

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La stravaganza è all’ordine del giorno: una ragazza-Lolita.

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Il mitico Bento Box!

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Carrellata finale…

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