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Paolo Lopriore … una prospettiva

Quando Anton Ego si siede per la prima volta al tavolo di Gusteau con, in cucina, l’improbabile duo Remy/Linguini, al cameriere consegna subito una domanda semplice e diretta: “vorrei un po’ di prospettiva”. Ecco, forse questa è l’unica grande e legittima richiesta che ognuno di noi dovrebbe porre al cospetto del grande chef: farsi aprire, con la sua arte (o presunta tale), nuove prospettive, nuovi orizzonti, mondi paralleli della conoscenza culinaria fino ad allora ignoti alla nostra percezione. Stupire, affascinare, irritare, tranquillizzare, ammaliare, confortare, ammiccare, semplicemente nutrire: sono tutte azioni nelle corde di molti, moltissimi chef. Ma aprire nella mente dei propri clienti nuove “prospettive”, beh no, signori, questa è una dote che appartiene solamente a pochi (e grandi) cuochi.

L’improvvisa chiusura dell’esperienza al Canto di Paolo Lopriore ha scatenato molte reazioni. Per fortuna forse Paolo è solo inciampato in un gradino malmesso della sua brillante carriera, come spesso capita agli chef della parte alta della classifica. Ricomincerà presto da un’altra parte, ne siamo certi. Di sicuro tutte quelle repliche convulse hanno ingenerato discussioni a non finire, fazioni pro e contro, e, in generale, non hanno aiutato a dissipare qualche personale perplessità che ancora mi attanaglia.

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