Passione Gourmet umami Archivi - Passione Gourmet

Perché lo Champagne sta bene con tutto?

In occasione de L’Académie du Champagne, evento organizzato annualmente dal Bureau du Champagne Italia, che quest’anno si è tenuto virtualmente l’1 dicembre, sono stati tanti i nuovi spunti e gli approfondimenti che hanno solleticato la mente dei partecipanti meglio delle bollicine sul palato. Ad esempio vi siete mai chiesti perché “ostriche e Champagne” stiano tanto bene assieme? Il motivo c’è ed è provato dalla scienza.

A fianco degli interventi di Domenico Avolio, direttore del Bureau, di Gaëlle Egoroff, direttrice della denominazione Champagne e coordinatrice dei Bureau du Champagne nel mondo, e di Marco Chiesa, Ambasciatore dello Champagne per l’Europa nel 2010; al centro dei lavori vi è stato l’approfondimento scientifico proposto dal professor Barry C. Smith del ‘Centre for the Study of the Senses‘ della University of London.

Il dato di partenza? Un assunto lapalissiano, talmente evidente da costituire un dogma dell’analisi sensoriale: ostriche e Champagne è un abbinamento perfetto. Ma vi siete mai chiesti il perché? Ecco quindi che il noto professore londinese ci ha fornito la sua spiegazione: un contributo prezioso per comprendere le meccaniche del gusto e, in ultimo, qualcosa di più di quel misterioso tema che è l’abbinamento cibo-vino. Ma procediamo per gradi.

Lo Champagne sta bene con tutto… e con niente

Se quello del connubio con l’ostrica è un binomio particolarmente felice, è ormai dimostrato come lo Champagne si abbini bene a molti alimenti, tanto da essere uno dei vini più facilmente bevibili a tutto pasto. Ma è possibile fare un passo in più. Gaëlle Egoroff ha messo in luce come il consumo di Champagne sia cambiato e, specie in tempo di pandemia, questo vino abbia preso sempre più le sembianze di un ‘comfort food’, un piccolo piacere che le persone si riservavano per sopravvivere alla quotidianità.

E in effetti è celebre la frase del secolo scorso di Madame Bollinger, a testimonianza della versatilità del nettare dorato: “Lo Champagne lo bevo quando sono contenta e quando sono triste. Talvolta lo bevo quando sono sola. Quando ho compagnia lo considero obbligatorio. Lo sorseggio quando non ho fame e lo bevo quando ne ho. Altrimenti non lo tocco, a meno che non abbia sete”. Insomma, lo Champagne sta bene con tutto, ma pure da solo è in grado di donare piacere e appagamento.

Non è solo questione di moda

Bevo solo Champagne” come i più accaniti seguaci dei reality trash sapranno, è il mantra di alcune casalinghe sfacciatamente abbienti che popolano gli schermi dei nostri giorni. Se qualche perplessità permane sulle conoscenze enologiche delle signore in questione (l’avranno mai provato, chessò, un Trentodoc?), il dato che emerge è come questo vino, oltre a simboleggiare una sorta di ‘status’, piaccia davvero un po’ a tutti nel mondo.

Le mode però, si sa, sono effimere, non durano nel tempo; mentre qui abbiamo testimonianze del favore che circonda questo vino provenienti da questo e dallo scorso secolo. Per non parlare del successo che lo Champagne ha avuto in tempi ancor più remoti, quando le referenze più altisonanti presenziavano doverosamente sulle tavole allestite per i banchetti dei potenti e di come anche in Italia lo Champagne rappresenti tutt’oggi la bottiglia delle grandi occasioni. Cos’è dunque a renderlo così unico, prezioso e infungibile, tale da raccogliere consensi trasversali, trascendendo confini geografici e cronologici?

Te lo dice il professor Barry C. Smith

La risposta è nella scienza e, più specificatamente, risiede nel concetto di umami, il gusto di recente scoperta che, a differenza degli altri, piace un po’ a tutti. Uno dei primi gusti del quale l’essere umano abbia conoscenza in effetti, dal momento che è contenuto in dosi massicce nel latte materno. Alcuni studi dimostrano che quello che viene oggi definito come “il quinto gusto” e che normalmente identifichiamo in un cibo quando lo descriviamo come “saporito”, sarebbe presente, in quantità modeste, anche nello Champagne. Questo grazie all’affinamento prolungato sui lieviti, poiché sarebbe il contatto con le fecce a produrre l’acido glutammico, responsabile del gusto umami. Cercando di semplificare si può dire che quello di cui si parla è definito umami essenziale ed è dovuto appunto alla presenza di acido glutammico o di ribonucleotidi (“5’-ribonucleotidi”).

Se i livelli di acido glutammico trovati nello Champagne erano piuttosto bassi, solo leggermente percepibili in termini di umami, i ricercatori hanno scoperto che la loro percezione, e quindi la percezione dell’umami, poteva essere aumentata esponenzialmente qualora si fosse abbinato allo Champagne un altro alimento contenente ribonucleotidi. Un esempio su tutti? L’ostrica. Ed ecco, signore e signori, l’umami sinergico.

Pensavo fosse amore, invece era umami sinergico

Parafrasando il titolo del celebre classico della cinematografia italiana, l’umami sinergico sarebbe dunque alla base di tutti gli abbinamenti meglio riusciti nella storia della gastronomia: spaghetti al pomodoro e Parmigiano Reggiano, uova e bacon, ostriche e Champagne. Ricapitolando, prendi un alimento contenente acido glutammico, abbinalo con un altro alimento contenente nucleotidi e avrai una bomba organolettica pronta a mandare in visibilio i sensi. Attenzione però, perché affinché il trucco funzioni, entrambi i tipi di “umami essenziale” devono essere presenti. Se fosse entrambi dello stesso tipo, per creare un “umami sinergico” dovreste eventualmente aggiungere un terzo ingrediente all’abbinamento.

Solo in questo modo “oltre a conferire un gusto sapido desiderabile, i composti umami possono anche influenzare la percezione di altri composti gustativi, come aumentare il gusto dolce e mascherare l’amaro, rendendolo un attributo gustativo desiderabile in cibi e bevande” (“La sinergia Umami come principio scientifico dietro l’abbinamento di gusto tra champagne e ostriche” – Charlotte Vinther Schmidt ,Karsten Olsen &Ole G. Mouritsen).

Champagne con…

Ed ecco dunque che perfetti per inebriare i sensi assieme al nettare dorato saranno un sashimi di tonno, le capesante con purea di piselli, o ancora un Risotto al Parmigiano. E perché non una pizza, magari con pomodoro e acciughe per creare quella formula – chimica – magica che tanto piace ai nostri sensi.

Una volta individuati gli alimenti con le giuste caratteristiche potrete sbizzarrirvi senza temere di dare vita ad abbinamenti troppo audaci: è tutta questione di umami, lo dice la scienza.

Francesco Apreda rappresenta una delle poche e solide certezze gastronomiche del panorama attuale della capitale.
E’ uno chef mai banale, data la sua incredibile curiosità e voglia di ricerca che lo ha portato ad approfondire diverse culture culinarie, soprattutto dell’Estremo e Medio Oriente, con cui ha avuto molti contatti nel suo incessante peregrinare. Le ha approfondite queste culture fino a padroneggiarle completamente, fondendo felicemente queste esperienze con la sua anima fortemente mediterranea in un blend unico di sapori, profumi e consistenze.
Il termine fusion, che può destare facilmente perplessità per un suo ricorrente utilizzo atto a dissimulare idee approssimate e confuse, assume qui un senso compiuto.
La sicurezza dello chef traspare anche dalla messa a punto di tecniche e accorgimenti che danno vitalità e sostanza alla sua cucina originale e davvero stimolante.
Un esempio è un piatto come lo spaghettoro al pomodoro e basilico, quasi spiazzante in una tavola del genere, sintomatico della capacità di dare sfumature diverse a ciò che appare, a prima vista, decisamente scontato. Ma la scelta dello chef è quella di esaltare il concetto di rivisitazione aggiungendo valore all’originale, non sottraendone.
Ecco allora un pomodoro San Marzano, che, frullato con aglio e aceto e successivamente filtrato, fornisce l’acqua in cui viene cotta la pasta che ne assorbe tutta l’acidità. A completare il quadro varie consistenze di diversi tipi di pomodoro che conferiscono notevole vivacità al piatto nonché una concentrazione persistente e significativa.
Sulla stessa linea concettuale si pongono i diversi modi di veicolare l’umami nei tagliolini alla seppia: nelle interiora del cefalopode mantecato col suo fegato, negli spinaci frullati con alga kombu e nell’alga nori di cui è fatta la pasta. Una serie di glutammati naturali che conferiscono sapore e leggerezza al tempo stesso.
Ogni spezia è impiegata con encomiabile accortezza, vero strumento per completare ed esaltare una pietanza, come nello splendido risotto dove una carezza soavemente piccante accompagna l’astice in modo ammirevole.
Più in generale, ogni portata è espressione di una sintesi riuscita tra grande padronanza dei fondamentali e la complementare, cosmopolita passione dello chef per le scuole gastronomiche che hanno forgiato la sua esperienza professionale: in primis il Giappone, con il suo rigore e il suo equilibrio, e l’India con ingredienti e spezie delle sue millanta cucine regionali.
Il tutto in una sala dai cui tavoli vicini alle vetrate si gode una vista spettacolare sulla città eterna e in cui il servizio, adeguato al livello del ristorante e dell’albergo che lo ospita, è piacevolmente privo di quelle ingessature formali che potrebbero facilmente alterarne la scioltezza.

Uova di quaglia in tempura su crema di peperoncino agrodolce, soia e polvere di lime, cannoli di riso con baccalà, polvere di pomodori e capperi e patè di olive nere e crema di maionese, frittelle di fiori di zucca e bianchetti polvere di curry.
appetizers, Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Bruschetta di pane di Lariano, guacamole, pomodori, aglio nero, carpaccio di ricciola, olio extravergine liofilizzato, portulaca.
bruschetta di pane, guacamole,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Selezione di pani. In evidenza il croissant al finocchio, i grissini alle noci con sesamo e la burrata con paprika dolce.
pane,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Gelatina di alga Kombu, mousse di melone, crumble di taralli, peperoni allo cherry. Felice rivisitazione del prosciutto e melone.
gelato alga kombu,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Terrina di foie con pistacchi e ciliegie al maraschino, betel nut (noce gommosa indiana dalle mille virtù) e galgant (spezia acida simile allo zenzero).
terrine di foie gras,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Fluida di pomodoro con mozzarella, verdure in ceviche, patata viola peruviana, caviale. Piatto più leggero di quanto lascerebbe presagire la presenza della mozzarella. Caviale superfluo.
fluida di pomdooro,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Tris di tartare: gobbetti su pane all’olio, scampi con carote, gamberi rossi con taccole e fresella alla soia, rinfrescante cetriolo aromatizzato al lime e pepe a mò di zenzero giapponese tra una tartare e l’altra.
tris di tartare,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Tagliolini all’umami di seppia alla piastra, semi di finocchio selvatico e purea di spinaci
tagliolini all'umami,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Spaghetto Verrigni, purea di pomodoro confit di tre pomodori diversi, polvere della buccia, pomini essiccati, parmigiano fluido.
spaghetto verrigini,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Risotto all’astice cotto in infuso di verbena e blend di spezie Mombay dolcemente piccante.
risotto all'astice,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Ravioli al vapore con coniglio e olive, asparagi e ricotta al rosmarino
raviolo di coniglio,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Triglia, tartufi di mare, carbone di melanzana, spugne al prezzemolo e purea di ceci.
triglia,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Vitello in casseruola al fieno, anguria piastrata, finferli e bianchetti.
vitello casseruola al fieno,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Secreto (costato) di maiale, mango, miele di eucalipto, parmigianina di patate, pepe verde.
costato di maiale,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
“Ciliegie” con sherry e mollica di pistacchio.
ciliege con sherry,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Yogurth con cioccolato bianco, frutti di bosco, crumble e caramello.
yoghurt con cioccolato,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Luna (sfera di zucchero soffiato) con spuma di cheesecake al lemongrass, frutti di bosco, cupole di champagne e spumante.
sfera di zucchero soffiato,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Interno…
interno,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Cannoli di mango e albicocca, ghiacciato di cocco, terra chai (ispirata al tè chai fatto con tè darjelling, latte e varie spezie con cardamomo, cannella, zenzero).
cannoli di mango e albicocca,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Petit fours
petit fours,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Cristal
cristal,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Dom
Dom perignon,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Roederer rosé
roederer,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Interno
 Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Esterno lontananza
esterno,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Roma…
Roma,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler