Primo consiglio: non andateci senza prenotare.
Alla faccia della crisi qui è impossibile cenare senza la prenotazione. E ci sarà pure un motivo.
Siamo in una zona tutto sommato ancora florida. Certo. Ma siamo anche al cospetto di uno dei tanti nuovi concept che fanno molto tendenza in questo periodo. Aperto 6 giorni su 7, con orari da colazione a cena. In cui è possibile spaziare da un cornetto ben fatto ed un caffè, di Gianni Frasi ovviamente, sino ad una cena completa con un pizzico di eleganza e ricercatezza.
Un bengodi gastronomico ricco di proposte variegate, di materia prima di estrema qualità e di un servizio informale ma efficente e veloce.
Ma qui c’è qualcosa in più, molto di più.
C’è Alessandro Lanzani, il Patron, che ha passione, competenza, idee chiare e tanto savoir faire. E’ un vulcano di idee Alessandro, non sta fermo cinque minuti, continua a pensare a nuove idee per coinvolgere e non stancare la sua clientela. Tende alla qualità assoluta Alessandro, è un imprenditore intelligente che riesce a coniugare qualità con profitto. E che ha trasformato la vecchia macelleria di famiglia in una sosta da non perdere.
Cucina dicevamo ricca di qualità, la materia prima è sempre eccellente, ma anche di spunti intriganti, con un occhio attento al pubblico giovane.
Una cantina offerta a prezzi da Enoteca e il gioco è fatto.
Alessandro ci confessa, ma non stentiamo a credergli, che nel suo locale spesso si vedono gruppi di amici, giovanissimi, che per sbicchierare un Krug si ritrovano ai suoi tavoli, accompagnando con qualche salume e qualche piatto l’evento atteso, qui reso possibile con intelligenza, buon senso e proverbiale visione. Alessandro è il nostro mito, perchè così facendo ha sempre il locale pieno ma non si stanca di fare ricerca. Un nuovo prodotto da scovare, una nuova iniziativa da presentare, un nuovo piatto per attrarre i più diffidenti.
Il suo capolavoro? I Nachos di trippa: cuocere la trippa e poi friggerla, facendola letteralmente “soffiare” e accompagnarla con salsa piccante. Risultato? Avvicinare i più giovani e fargli assaggiare un ingrediente della tradizione in veste nuova e moderna, che mai probabilmente avrebbero scelto.
Ma non fatevi abbagliare da questo racconto, qui da Lanzani troverete anche tanta sostanza voi Gourmet abituati a questi sapori. Carne di qualità eccelsa, Joselito a fiumi (e Champagne), ottime preparazioni semplici, non troppo articolate ma maledettamente golose. E qualche piatto in carta che fa intravedere ambizione ed un pizzico di, forse, identità gourmet più alta.
Stiamo a vedere che evoluzioni avrà, già oggi noi ci sentiamo molto soddisfatti dei risultati. Da non perdere assolutamente, anche per una sosta di passaggio sulla serenissima, trovandosi a poca distanza dal casello di Brescia Ovest.
Qualche scatto del locale e del contenuto…
Tartare di Bat con cetrioli, capperi, acciughe del mar Cantabrico e cipolline e Tartare ai carciofi, con carciofini e parmigiano reggiano. Con carne di ottima qualità e frollatura.
Trippa nachos con la sua salsa piccante, colpito e affondato.
Lingua salmistrata con barbabietola.
Pasta e fagioli neri con pop big (chips soffiate di cotenna di maiale) con fagioli neri messicani e pasta integrale Tumminìa. Piatto grandioso.
La cassoeula nel 2014. Cotta sottovouoto, disossata e poi glassata al miele e soia. Ottima.
Un tris di dolci dove spicca la millefoglie di apertura, con frutta secca candita.
L’accompagnamento alla cena…
La cucina della tradizione italiana è un bellissimo mosaico tutto da comporre: da nord a sud sono tanti i piatti da scoprire e di cui innamorarsi perdutamente.
Certamente, in un ipotetico viaggio dei sapori, l’Emilia Romagna occuperebbe un ruolo di primissimo piano. Mortadella, tagliatelle al ragù, tortellini, lasagne, parmigiano reggiano: un giacimento incredibile di storia e ricchezza che tutto il mondo ci invidia.
Eppure non è così facile trovare una osteria moderna, che sappia coniugare buon cibo e giusta atmosfera, che sappia recuperare con intelligenza i piatti della tradizione locale senza fossilizzarsi su quello che è stato, che sappia davvero ristorare pancia e mente. Un luogo che sappia essere classico senza risultare vecchio.
Sembra non andare di moda la proposta della semplicità, della qualità, in un ambiente che faccia stare a suo agio il ventenne quanto il sessantenne.
Franco Cimini è proprio uno di quei panda da salvaguardare: una osteria, la sua, che è una vera propria oasi del gusto per noi viandanti dalla forchetta in mano.
Dove chi si presenta con un bottiglia in mano viene accolto con un sorriso.
Dove ogni cosa sarà orientata al vostro star bene a tavola.
Che siano un paio di fette della straordinaria Mortadella Favola di Palmieri, i magnifici primi piatti della tradizione di queste terre o della carne cotta su brace di legna.
La tagliatella al ragù di cortile meriterebbe un intero trattato: riproposizione filologica di una vecchissima ricetta, è piatto tanto buono quanto ricco di storia e cultura. Ragù di maiale e frattaglie varie di animali da cortile; a completare l’opera, un uovo embrionale, quasi una rarità al giorno d’oggi. La tradizione portata al livello più alto raggiugibile, impossibile rimanerne delusi.
Ci si muove con grande sicurezza tra preparazioni più semplici, che lasciano i riflettori ai grandi ingredienti come parmigiano e carciofi, e portate più complesse, come un piccione allo spiedo da manuale.
Ma è tutto l’insieme a ben predisporre e ad assicurare una grande serata.
Quindi, anche se la fiorentina potrebbe avere una frollatura migliore, il camino in sala in cui viene cotta e quel meraviglioso aroma di brace di legna saprà asciugare ogni “se” e ogni “ma”.
Anche perché invece il vitello risulterà di incredibile qualità: tutta la carne (e il parmigiano e la crema di latte) proviene dalla Azienda Agricola di “famiglia”, F.lli Caretti di San Giovanni in Persiceto.
Per noi l’Osteria del Mirasole è un vero riferimento quando parliamo di trattoria: è vero, i prezzi sono un tantino più alti della classica trattoria di provincia, ma è il concetto ad andare oltre quei dieci, quindici euro di spesa extra.
Qualità, ricerca, cultura, disponibilità: la formula magica per un indirizzo di successo.
Insalata di carciofi violetti e petali di parmigiano
Frittata di cipollotto con balsamico tradizionale
Tortellini alla crema di latte (panna da affioramento): imperdibili. Libidine allo stato puro.
Lasagne verdi alla bolognese: mmhhh, quella crosticina…
Tagliatelle all’antico ragù di cortile
Grigliata mista di carne per due persone:
(fiorentina, fracosta di maiale, salsiccia e vitella da latte)
Piccione allo spiedo
Animelle
Patate fritte nello strutto
Gelato di crema con balsamico 9 anni
Latte ristretto al caramello
Torta di riso degli addobbi
Biscotti con lo zabaione caldo
La Closerie Les Béguines – J. Prevost
Marzabotto è un paesotto di circa seimila anime ad una ventina di chilometri da Bologna, teatro dei tragici eventi della seconda guerra mondiale che culminarono nella strage perpetuata dai nazisti nel 1944. Oggi è un ottimo punto di partenza per visitare luoghi di interesse storico come Il Museo Nazionale Etrusco e il Parco di Monte Sole, passeggiando per i boschi lussureggianti del circondario.
Qui, nel centro del paese, dal 2010, i due fratelli Lorenzo e Francesco Barsotti, originari di Prato, hanno aperto l’omonima Trattoria Enoteca.
Francesco, sommelier e grande appassionato di vini, sovraintende la sala e naturalmente la cantina, ricca di etichette provenienti da tutto il globo; interessantissima, in particolare, la selezione proveniente dallo Jura o dalla Valle della Loira.
Lorenzo è invece lo chef, giovane e motivato, con esperienze importanti alla Locanda dell’Angelo di Ameglia e soprattutto al Celler de Can Roca, il luogo che ha cambiato per sempre il suo modo di intendere la cucina.
Il locale è molto semplice, spartano, all’apparenza la classica trattoria di paese: pochi tavoli apparecchiati con tovaglie a quadri e, ovunque, casse e bottiglie di vino in bella vista da consumarsi in loco, ma anche acquistabili per l’asporto a prezzo inferiore.
La cucina di Lorenzo è una giusta commistione tra i sapori della sua terra e quelli della terra di adozione, una cucina semplice, ma non banale, realizzata con prodotti di ottima qualità ed un pizzico di fantasia che non guasta mai.
Il menù è quasi equamente diviso fra piatti di terra e di mare.
Nella nostra esperienza abbiamo trovato piatti golosi e ben realizzati, come i tortellini ripieni di capocollo di cinta senese in brodo di maiale, coriandolo e mortadella tostata: ideale trait d’union fra Toscana ed Emilia. O ancora gli eliconi cacio e pepe e rigaglie d’anatra. Altri, invece, meno interessanti, come l’uovo, il succo e la pollastra: un tributo al re del cortile, uovo cotto a bassa temperatura, brodo, polpa e pelle croccante, che ci è sembrato poco centrato nell’idea e poco incisivo nel sapore.
Anche la quaglia, camomilla, broccoli e yogurt è stata motivo di discussione con lo chef per la cottura quasi cruda del petto, ancora sanguinolento, e per la consistenza poco invitante della coscia, anch’essa, secondo noi, eccessivamente indietro di cottura.
Ottimo il dolce “millefiori”, un inno alla primavera e al lavoro delle api, fresco e delicato, adatto alla conclusione di un pasto dai sapori decisi.
Una tappa interessante per chi si trovasse in zona, in primis per una carta dei vini davvero coinvolgente, con bottiglie difficili da reperire e dal giusto prezzo, proposte e spiegate da un giovane sommelier motivato e preparato, ma anche per la cucina, forse ancora in parte da registrare, interpretata però da uno chef giovane, dal carattere forte e dalle idee chiare, consapevole dei suoi mezzi e delle sue potenzialità e con ancora ampi margini di miglioramento.
Il cestino del pane.
Benvenuto della cucina: finocchiona.
L’ovo, la pollastra ed il suo succo.
Tortellini con capocollo di Cinta senese, coriandolo e mortadella.
Eliconi cacio e pepe con rigaglie di anatra stufate all’alloro.
Pezzonia al profumo di brace, ricci di mare, asparagi e liquirizia.
Quaglia, camomilla, broccoli e yogurt.
Millefiori.
L’ottimo vino della serata.
Una passeggiata tra le vie che ruotano intorno a Rue Sainte Anne è una piacevole immersione nel mondo del Sol Levante: nel cuore di Parigi, una piccola enclave giapponese fatta di ristoranti, sushi-bar e market. In questa ampia offerta si distinguono due locali in Rue Villedo a pochi metri di distanza: Kunitoraya 1 e Kunitoraya 2.
Il primo è in ristrutturazione, il secondo è il regno di Nomoto Masafumi.
Come spesso accade a Parigi, la formula è molto diversa tra pranzo e cena.
Alla sera c’è un solo menu fisso a partire da 70 euro.
A pranzo ci sono menu più convenienti, ma soprattutto c’è la possibilità di scegliere dalla carta degli Udon un solo piatto per un pasto veloce.
Noi abbiamo provato la seconda opzione e la soddisfazione è stata assoluta.
Gli Udon sono di altissimo livello, così come i brodi: livello assolutamente comparabile a quello delle grandi insegne di Tokyo. Udon elastici al punto giusto, brodi saporiti, ricchi di umami. Le porzioni sono generose, un piatto può assolutamente fungere da pasto completo.
Certo, il prezzo è nettamente diverso da quello riscontrabile a Tokyo. In Giappone l’Udon è considerato il pasto economico per eccellenza e difficilmente riuscirete a spendere a Tokyo più di 10 euro per un piatto.
Qui ci attestiamo mediamente sul doppio della spesa: non ci saranno rimpianti, ma la differenza salta agli occhi. Il centro di Parigi ha il suo prezzo da pagare e tutto sommato, a questi livelli, è un prezzo che si paga con il sorriso sulle labbra.
Lavagne del giorno
Apparecchiatura classica giapponese
In abbinamento: tè verde
Udon giorno: alle vongole
Udon caldi al manzo
Il caffè però è italiano!
Chef al lavoro
Accanto a tanti improbabili e anonimi locali che, in un frenetico susseguirsi di aperture, animano la movida gastronomica romana, compaiono interessanti realtà ben più degne di attenzione, come questo piccolo bistrot, anch’esso di recente inaugurazione.
Lo stile adottato incarna i dettami parigini dell’offerta gastronomica più in auge nella ville lumière: menù vivaci, dal frequente avvicendamento, sensibili alla disponibilità del mercato (situato proprio di fronte al ristorante), all’utilizzo di materie prime diversamente nobili, legati all’estro e al buon senso degli chef e caratterizzati da prezzi contenuti in un ambiente informale e vibrante di giovanile passione.
Il termine piccolo, riferito agli spazi, è un eufemismo: all’entrata, uno spazio winebar davvero minimo offre, su qualche sgabello al bancone posto a fianco della cucina, l’occasione di scegliere oltre i piatti e i menù del ristorante anche golosi assaggi di street food con vini al bicchiere, mentre sul retro, con passaggio esterno attraverso un giardinetto ahimè aperto solo nei mesi più caldi, la vera e propria sala ristorante, minuscola e oblunga, con soli quattro-cinque tavoli.
La cucina è semplice, gustosa, comprensibile ed eseguita in modo impeccabile, riferendoci con questo non solo a cotture adeguate ma anche ad abbinamenti fatti con buon senso e attenzione.
Alcune preparazioni sono certamente perfettibili come la concentrazione del fondo vegetale e l’anodina presenza della patata allo zafferano nella triglia, ma altre, come lo squisito tataki di palamita o il calamaro con guanciale, rappresentano già piatti rodati e registrati.
Da non sottovalutare la possibilità di provare bottiglie non banali, nazionali e non, scelte con competenza pari alla validità espressa dalla cucina.
E’ un locale dove si sta bene, si spende il giusto e dove, soprattutto, ci si augura che la qualità della cucina cresca proporzionalmente al successo di pubblico che senz’altro merita.
Amuse-bouche: ricotta infornata, crema di sedano rapa e calamari.
Gamberi gobbi, rapa rossa e aceto tradizionale di Modena.
Tataki di palamita, crema di piselli e patate.
Baccalà, pil pil, crema di patate, rape, cipolle ed erbe spontanee.
Triglia, fondo vegetale, patata allo zafferano.
Spaghettone ostriche, bergamotto e ricci di mare.
Buon risotto con indivia, canocchie e pecorino (fuori menù).
Calamaro, guanciale, carciofi e crema di patate.
Lingotto di cioccolato bianco con ripieno di nocciola, pralinato alle mandorle con riso latte alla vaniglia e cialda agli agrumi con sale maldon.
Croque en bouche al pistacchio.
Uno champagne dosage zero degno di nota.
Un particolare e molto interessante chardonnay dello Jura.
Una coda di volpe super fermentato e macerato di Antonio di Gruttola.
Per chiudere in bellezza…