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Antica Corona Reale

Una certezza in Langa, tradizione, sì, ma anche classicità francese

Gian Piero Vivalda rappresenta la quinta generazione che porta avanti, con lustro e onore, un logo di culto per l’enogastronomia langarola e italica in generale. Fosse in Francia avrebbe già visto riconosciuto il merito di tramandare e far conoscere, da 200 anni ormai, con continuità e un passo in costante miglioramento, la qualità e la tradizione del suo territorio. Perché non solo l’attuale generazione continua a tessere rapporti con quella rete di fantastici artigiani e agricoltori che rendono unici i prodotti del territorio – tartufo, il mitico porro, il cardo gobbo, le carni, la selvaggina, le mirabolanti lumache, per cui l’antica Corona Reale è famosa da sempre – ma ha anche avuto il merito di saper evolvere, migliorare, accrescere la propria proposta mai interrompendo il filo che lo collega al passato ma guardando avanti, con piglio deciso e determinato.

Ecco quindi trovare nel piatto tanta tecnica, tante grandi preparazioni classico-francesi, attualizzate e in parte ponderate al nostro gusto e declinate mediante straordinari prodotti locali. In particolare ci è capitato, in questa ultima visita, di poter degustare la migliore Lièvre à la Royale dell’anno, nostro piatto feticcio che assaggiamo in molte declinazioni, qui veramente realizzato a regola d’arte. Equilibrio perfetto tra farcia e carne, salsa da manuale tirata col sangue, come vuole la tradizione, morbidezza e tenerezza filologicamente rispettate ma con una turgidità che non fa trascendere il piatto in una “pappetta per sdentati”, anche se la tradizione lo vorrebbe. Un piatto decisamente ad alti livelli come sono state anche le lumache e la finanziera, Renzo style – padre di Gian Piero – per cui flotte di indigeni e non si sono affannati, negli anni, a occupare tutti i coperti disponibili di questo affascinante e inossidabile desco di provincia. Una popolarità che con Gian Piero si è, se possibile, ulteriormente enfatizzata, rendendo assai faticosa e difficile la prenotazione.

Cosa dire, poi, del meraviglioso il piccione, di scuola classica francese ma con un tocco personale, e gli ottimi i primi, come i ravioli ripieni di filoni e gamberi, a stagliare su tutto.

Unico minimale appunto è sul tortello di anatra all’arancia per via dell’eccessiva dolcezza. A questo proposito, la rotondità di gusto è qui una tentazione che finisce per riguardare anche altre preparazioni, che beneficerebbero invero di maggior spinta di contrasto e di freschezza. Ma si tratta appunto di un dettaglio. Altro significativo merito, oltre al “gran capo” Vivalda, va dato infine al suo sous-chef Christian Conidi e a Davide Ostorero, due figure chiave, una in cucina e l’altra in sala, che stanno piano piano traghettando l’Antica Corona Reale verso ulteriori e ormai vicinissimi traguardi.

La Galleria Fotografica:

Lungo il Porto Canale leonardesco, a Cesenatico, Christian Fava ha aperto il suo ristorante nel 2019. E, dopo esperienze importanti in ristoranti di livello, con un significativo culmine come sous chef di Alberto Faccani al ristorante Magnolia di Cesenatico, ha deciso di aprire le porte alla sua casa e alla sua idea di cucina.

Veneto di origine ma ormai romagnolo di adozione, anticipando una tendenza già in atto, Fava ha messo il suo grande bagaglio tecnico e la sua grande conoscenza degli ingredienti al servizio del suo ristorante, creando un luogo in cui l’ingrediente, appunto, è al centro. La tecnica, mai esibita e ostentata, è tanto intensa e pervasiva quanto invisibile. Ecco perché abbiamo eletto il Tracina uno dei nostri punti di riferimento in Riviera.

Perché come il pesce da cui prende il nome, l’aspetto, in questo caso l’apparente essenzialità delle preparazioni, confligge con l’anima e l’essenza del luogo, composta da ciò che il mare dona di più fresco e autentico che corre diritto nel piatto, ma con attenzione a cotture, abbinamenti e lavorazioni. La tracina è un pesce dall’aspetto non invitante ma, invero, molto buono. Un grande ristorante travestito da trattoria, per non spaventare, per avvicinare, per mettere al centro, soprattutto, la convivialità.

Ed ecco quindi un tripudio di crudi, splendidi e freschi (difficilmente troverete questa qualità nel raggio di molti km), ma anche dei cucinati e, in posti similari, non è sempre così, sia adeguatamente tecnici che ben fatti e ben presentati come la spigola, la ricciola o le linguine alla testa di tonno. Una cucina apparentemente elementare, ma che di elementare non ha nulla.

A cominciare dallo chef e patron Christian Fava, in sala a coordinare le comande e accudire i clienti, dal primo all’ultimo.

Chiude il cerchio una cantina sensazionale a prezzi da encomio. Un luogo da segnare sul taccuino gourmet, senza dubbio alcuno, che vale certamente la deviazione e, forse, anche il viaggio.

La galleria fotografica:

Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro

Tra un chilometro e un altro del nostro dispendioso ma piacevolissimo girovagare, ci capita spesso di riflettere in merito alla sensazione, di piacere e soddisfazione, che uno chef prova dopo aver realizzato che anche un solo cliente seduto alla sua tavola abbia programmato, magari con largo anticipo, di percorrere distanze siderali per recarsi nel suo ristorante.
Siamo certi che una tale sensazione Niko Romito la provi spesso, in quanto sicuramente consapevole del fatto che, ovunque voi siate, per arrivare al Casadonna non sarà una passeggiata.
Ma non fatevi scoraggiare, la cucina del Reale merita ben più di una semplice deviazione.
Prima ancora di essere un cuoco di talento indiscutibile, praticamente autodidatta come alcuni grandissimi, Romito è persona intelligente, erudita e sensibile alla sua terra, al contempo grande comunicatore e imprenditore ricco di idee capaci di sconfiggere sul nascere la crisi, anche in un luogo in convalescenza dalle tristi ferite del recente passato.
Romito pensa in grande. Ha uno spirito imprenditoriale con pochi eguali in Italia, sintetizzabile nelle diverse brillanti iniziative tra cui spicca la scuola di formazione “Niko” che in due anni si è guadagnata l’ammirazione di Slow Food e della prestigiosa Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo con la quale si è consolidata una importante collaborazione. Una scommessa stravinta e foriera di altri interessanti progetti come “Spazio”, attività gestita dai primi allievi della scuola, che partecipano anche agli utili, luogo gourmet polifunzionale aperto a Rivisondoli nella ex sede del Reale il cui concept sta per essere replicato a Roma e, probabilmente, in altre città italiane.
Ma non finisce qui: ben presto sentiremo parlare anche di “Unforketable”, in collaborazione con un altro colosso alimentare del made in Italy. Una sorta di enciclopedia della cucina italiana, progetto dal potenziale elevatissimo di cui non vi sveliamo nulla di più.
Tantissimi impegni che, in ogni caso, non pesano negativamente sulla dote creativa dello chef abruzzese. Egli sa molto bene che per pensare ad una cucina contemporanea ed evoluta è imprescindibile saper evocare il territorio e, giocoforza, conoscere a menadito le fondamenta della tradizione.
L’essenza degli ingredienti è la chiave di lettura di questa tavola, quello che più conta in un piatto. Quindi salse e condimenti sono ridotti all’osso e lasciano il campo alla concentrazione di tre, massimo quattro elementi messi nettamente a fuoco, la cui espressione minimalista non distoglie il commensale dal comprendere il principale significato della materia prima. Dietro ogni creazione si sviluppa un lavoro maniacale di ricerca che viene condotto su singoli prodotti dalla forte identità territoriale, e si mette a frutto con passaggi tecnici e complessi che conducono ad un risultato di apparente semplicità. Si lavora per eliminare grassi, zuccheri e tutto il superfluo. Un lavoro in cui si cimentano in molti, anche se sono ben pochi ad avere risultati così evidenti.
Siamo decisamente al cospetto di uno dei più sensibili interpreti della cucina contemporanea del nostro Paese che meriterebbe, come la sua Regione, maggiore visibilità anche all’estero.
La nuova, minimalista ed elegante sala da pranzo, è radiosa di giorno e calda la sera. E’ il regno di Cristiana, sorella dello chef, la quale coordina un gruppo di giovani affiatati professionisti della sala che, in perfetta sinergia con la cucina, offre un servizio amichevole ma di rara precisione, di livello altissimo.
Oggi il Reale è anche un bellissimo relais, esempio di perfetta integrazione architettonica tra antico e moderno, che vi dà l’opportunità di trascorrere un soggiorno a trecentosessanta gradi all’insegna del gusto e del relax pernottando in una delle bellissime camere del Casadonna. Al risveglio vi aspetta una raffinata colazione e delle amenities che ricorderete a lungo.

Gli stuzzichini sono un evergreen. Sempre quelli. Sempre fantastici. Crostino con ricotta di pecora e pomodorino candito; polpettina di capretto con patate, crocchella di cicorietta e pecorino, battuto di salsiccia con arancia candita, chips di rape rosse con patè di fegato di coniglio.
stuzzichini,Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Seguiti subito dalla semplicissima e buonissima crostatina calda con olive nere.
crostatina calda con olive nere, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Sfoglie e grissini.
sfoglie e grissini, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Guanciale affumicato.
guanciale affumicato, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Altro grande boccone di piacere: panino fritto con scampi crudi, pomodoro candito e lattuga.
panino fritto con scampi crudi, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
La prima tranche di pane.
Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
La prima portata è una delle novità di quest’anno: distillato di prosciutto, ceci e rosmarino, che sintetizza al meglio questa cucina.
ceci, distillato di prosciutto, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Il primo classico: emulsione fredda di manzo e olio con dragoncello e maionese di lamponi, al termine del quale l’eccellente servizio di sala ci sostituisce prontamente i calici di vino onde evitare sgradevoli odori di uova nel bicchiere.
emulsione fredda di manzo, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Ancora pane, diverso, eccellente.
pane, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Gel di vitello, porcini secchi, mandorle, rosmarino e tartufo nero. La premessa di Cristiana Romito è fondamentale ed educa il commensale ad approcciarsi al meglio al piatto: il tartufo non è l’elemento principale e, come tale, non prevarrà sugli altri. Qui l’importante è dare l’idea di un sottobosco umido, freddo, ricreato dall’equilibrio di tutti gli ingredienti. Tecnicamente ineccepibile, effettivamente magistrale.
gel di vitello, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Assoluto di cipolla, parmigiano e zafferano tostato. Probabilmente il simbolo della cucina del Reale. Concentrazione ed essenza di tre ingredienti diversissimi che si esaltano l’un l’altro. Ormai un grande classico dell’alta cucina italiana.
assoluto di cipolla, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Baccalà, patate, olive nere e basilico.
baccalà, patate, olive nere e basilico, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Croccante espressione di lingua. Un must per gli amanti del genere.
lingua croccante, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Si riparte con i primi, con un’altra novità: ravioli di ricotta di bufala, distillato di bufala, pepe e capperi. Un brodo denso, ricavato centrifugando l’acqua della mozzarella di bufala che assume una consistenza vellutata e intrigante. La dolcezza dei ravioli (il piatto, prima di essere perfezionato, era stato concepito per essere un dessert) viene bilanciata dal contrappunto sapido dell’essenza di cappero. Chapeau.
ravioli di ricotta di bufala, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Fettuccelle di semola, gamberi rossi e pepe rosa. Che dire… il colore rosso non è pomodoro ma una concentrazione di teste di gamberi ottenuta su una lavorazione a freddo del carapace. I risvolti freschi e acidi che allungano la percezione iodata del gambero crudo arrivano con il dragoncello e il limone. Sui primi Romito è un fenomeno.
fettuccelle di semola, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Agnello, aglio e pompelmo rosa. Evoluzione del territorio. La carne sembra cruda ma è cotta nel latte di pecora e poi affumicata. Siamo al cospetto dell’ennesimo piatto brillante.
agnello aglio e pompelmo rosa, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Da una vasta carta vini abbiamo pescato il Montepulciano di una delle aziende più lungimiranti che abbiamo. Annata 2000, ultimo in cantina. Inaspettatamente chiuso all’inizio, è bastata un’ora dall’apertura per regalare quella complessità ed eleganza che lo contraddistingue.
Montepulciano, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Essenza. Un dolce coraggioso. La rotondità del gusto, fino ad a questo punto una costante, qui lascia spazio ad una piacevolezza cerebrale.
Essenza, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Pensatissima anche la piccola pasticceria: crostatina con pesche, rosmarino e panna; bomba calda al cioccolato.
piccola pasticceria, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Croccante al caffè e cioccolato al latte.
croccante al caffè, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
A chiudere la spugna al limone.
spugna al limone, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Di giorno la sala è luminosissima.
sala luminosa, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro
Ingresso del ristorante.
ingresso, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro

Niko Romito meriterebbe di essere studiato molto attentamente. Caparbio e tenace, come luogo comune impone per un abruzzese, è stato in grado di raggiungere obiettivi incredibili muovendo appassionati ed ispettori verso terre decisamente, e immeritatamente, poco battute non solo dal punto di vista gastronomico. Ha dimostrato di essere non solo cuoco capace ma anche, in costante collaborazione con l’inseparabile sorella Cristiana, imprenditore lungimirante e, più di recente, si è rivelato anche eccellente nell’ambito della formazione grazie al progetto Spazio, che voci insistenti danno prossimo a sbarcare nella Capitale.

Sono già passati tre anni dal trasferimento dalla romita Rivisondoli alla più accessibile, per quota più che per distanze dalle rotte più battute, tenuta Casadonna: un’oasi di tranquillità e bellezza che in breve ha regalato a Castel di Sangro la fortuna di poter ammirare la Cintura di Orione in ogni stagione dell’anno, giorno e notte. Sarebbe però ingiusto e, soprattutto, completamente errato nascondere i meriti di un grande talento culinario dietro le capacità imprenditoriali e un cadre di straordinario impatto emotivo, perché in questi anni è stata soprattutto la cucina di Niko Romito ad essere protagonista di una graduale ed incessante crescita. Una crescita fatta di studio, di costante labor limae sui concetti maturati e di altrettanto continua filtrazione delle tendenze della cucina mondiale per le maglie di una sensibilità legata come poche altre ad un’ancestrale italianità. Non stupisce allora che le vette più alte, a quote da primato nazionale, vengano toccate con i primi piatti, da sempre al Reale in meraviglioso equilibrio fra golosità, originalità e finezza.

Testimone della lunga ma costante maturazione di Romito è una carta in cui ogni anno le nuove proposte fanno fatica ad esaurire le dita di una mano, ma nella quale ogni piatto finisce per risultare ad ogni visita assolutamente à la page, segno allo stesso tempo della personalità dello chef e della sua capacità di ritoccare preparazioni che in alcuni casi sfiorano già il decennio di vita. Fra i piatti della collezione 2014 segnaliamo, oltre a un formidabile spaghetto con estratto di seppia, seppie e mare, lo splendido “calamaro, pepe e lattuga”, dove l’amaro vegetale gioca un ruolo fondamentale nel dare spinta e vigore al mollusco, qui trattato con mano da clavicembalista.

Peccato solo per i dessert, a nostro modo di vedere su un livello decisamente lontano da quello delle rimanenti portate: i più creativi si rivelano assai meno incisivi rispetto alle aspettative, mentre la curiosità di provare una millefoglie viene delusa: mettere in carta un simile dolce significa, in un locale di questa importanza, accettare il confronto col meglio del meglio della pasticceria mondiale. Un confronto da cui la versione provata al Reale, pur pregevole nel gusto, non esce certo in trionfo e non solo per lo sfortunato cedimento strutturale. Per puntare alla nostra massima valutazione riteniamo manchi anche, come spesso accade quando ci troviamo in Italia, un rapporto pienamente soddisfacente fra i piatti di un menu degustazione e quelli richiesti alla carta, con questi ultimi che, lasciando da parte ogni mera questione quantitativa, si gioverebbero di una migliore articolazione formale.

Un applauso, infine, lo spendiamo per uno dei migliori servizi che si possano incontrare lungo lo Stivale: Cristiana Romito e l’ottimo sommelier Giovanni Sinesi, istantaneo nel cogliere i gusti della clientela e proporre abbinamenti al calice assai mirati, conducono in souplesse una sala cui la terza stella, che ha come di consueto portato ad un consistente ritocco dei prezzi, pare abbia infuso sicurezza più che nevrosi.

In apertura: spugna di pistacchi salati,
Spugna di pistacchi salati, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, Aquila
la storica serie di accompagnamenti all’aperitivo
Accompagnamenti aperitivo, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, Aquila
e l’eterea tartellette alle olive.
Tartellette alle olive, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, Aquila
L’entrata gentilmente offerta: un gelato di piselli perfetto per rapporto fra gusto e temperatura.
Gelato di piselli, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, Aquila
Emulsione fredda di manzo e olio con maionese ai lampone: una vera carezza al palato, quasi troppo tenue.
Manzo e olio con maionese ai lamponi, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, Aquila
Straordinario calamaro, pepe e lattuga.
Calamaro, pepe e lattuga, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, Aquila
Spaghetto con estratto di seppia, seppia e mare, ossia ricci di mare di estrema qualità nel contesto di un piatto ovviamente ad alta concentrazione di iodio.
Spaghetto seppia e mare, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, Aquila
Dal mare alla terra con i tortelli affumicati di capocollo di maiale laccati in bianco: sublimi nel combinare con estrema finezza elementi che non fanno della leggerezza il loro punto forte.
Tortelli affumicati di capocollo, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, Aquila
Tra mare e campagna con acciughe, scampo, cicorietta e patate, piatto datato 2010 che giocando con le temperature crea una fruttuosa giustapposizione di elementi sapidi, amari e dolci, senza che l’assenza di un’acidità importante tolga interesse e finezza alla preparazione.
Acciughe, scampi e cicorietta, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, Aquila
Agnello, aglio e pompelmo rosa: pochi elementi ma una grande preparazione di carne.
Agnello, aglio e pompelmo rosa, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, Aquila
Il migliore dei tre dessert provati: granita di liquirizia e aceto di vino, cioccolato bianco e aceto balsamico.
Dessert, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, Aquila
Mandorle, yogurt, nocciola, salvia e limone. Nell’imbarazzo della scelta, questo piatto ci è parso girare a vuoto, oltretutto con i singoli elementi che si rivelano assai tenui.
Dessert, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, Aquila
Millefoglie.
Millefoglie, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, Aquila
Tutto ciò che riguardi la panificazione è, qui, straordinario.
Pane, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, Aquila
Terrazza, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, Aquila
Esterno, Reale, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, Aquila

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Berlino è incredibile crocevia di culture e tradizioni che affonda le sue radici sia negli eventi storici che ancora segnano indelebilmente le sue strade, sia nella particolare posizione geografica, ultimo avamposto occidentale del vecchio continente e porta d’accesso alle lande orientali.
Nelle grandi metropoli mondiali è oramai consuetudine imbattersi in ristoranti multietnici, spesso di buon livello, specie oltre i confini italici, e la capitale tedesca non fa eccezione.
Il talentuoso Tim Raue, ben lontano dal clichè della classica cucina mittel-europea, consapevole delle sue radici ottomane, ha inteso dare vita ad uno dei più alti esempi di ristorazione contaminata da influssi orientali che possiate trovare non solo in Germania.
E la location dove prende il volo la sua creatività non è stata, probabilmente, scelta a caso.
Rudi-Dutschke-Straße infatti, ad un tiro di schioppo dall’emblematico Check Point Charlie, è la direttrice che divide, non solo simbolicamente, il quartiere Mitte, cosmopolita e centro finanziario, con Kreuzberg, fulcro della comunità turca in città.
Si narra che lo chef, da ragazzo, fosse membro di una dalla gang minorili più temute di Berlino e che, ad un certo punto della sua vita, qualche buon consigliere lo pose dinanzi al suo futuro: “di fronte a te ci sono 3 strade” gli disse “imbianchino, giardiniere o cuoco”.
Adesso sappiamo che la scelta fu quella giusta, almeno a giudicare dai risultati.
Si è fatto le ossa esclusivamente nella capitale, che non ha mai voluto abbandonare. Die Quadriga, Rosenbaum, Swissotel tra le sue esperienze; la consacrazione nel magnifico Adlon sulla Unter den Linden, con sguardo rivolto alla Brandeburger Tor. Poi, nel 2010, ha deciso di mettersi in proprio e la Rossa lo ha premiato ben due volte, facendolo divenire capofila dell’alta ristorazione cittadina.
Cina, Giappone, Thailandia. Queste le cifre stilistiche della sua proposta.
Le hashi saranno le vostre posate, ma se avete difficoltà ad impugnarle, chiedete i più tradizionali forchetta e coltello, sarete accontentati.
La pulizia dei piatti e la ricerca della perfezione sono mutuate dal Sol Levante, i dim sum, sempre presenti in carta, dalla terra di Marco Polo, le numerosissime spezie utilizzate dal Siam.
A pranzo ci sono diverse proposte a prezzi molto vantaggiosi, a cena si veleggia sui costi standard dei locali bistellati.
Rispetto alle nostre più datate visite, abbiamo notato la consueta finezza e precisione nelle cotture, l’essenzialità degli accostamenti, ma, di contro, un utilizzo in alcuni casi smodato delle acidità e delle aromaticità.
Il rombo sovrastato dallo zenzero, il salmone, pur ottimo per concezione, ha visto prevalere il pompelmo.
Buonissimi, invece, i dim sum di pollo, con spuma di topinambur, cuori di palma, crescione e tartufo nero, così come il piccione al curry, questa volta dosato mirabilmente, con insalata di chinese artichoke, che nulla hanno in comune con i carciofi nostrani.
Tim Raue regala, comunque, un’esperienza sensoriale e palatale fuori dai canoni ordinari, seppur con qualche eccesso, che riteniamo indispensabile per comprendere la vera accezione dell’abusato termine “fusion”.

Mise en place.
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Appetizer: anacardi al curry, cetrioli marinate al sale, ravanello con maionese giapponese, alghe marine.
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Salmone Ikarimi al sesamo, pompelmo, gelatina di vitello alla vaniglia, aceto e menta. Molto interessante, anche se troppo spinto su note amare e acide tanto da lasciare poco spazio, se non per la consistenza, all’ingrediente principale.
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Dim Sum di pollo con spuma di topinambur, cuori di palma, crescione e tartufo nero. Perfetti.
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Rombo, noci macadamia, dai lan, cardifole, zenzero. Lo zenzero, non giustamente dosato, è predominante.
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Maialino da latte, tangerine, pepe di Sichuan, insalata di fiori di loto. Magistrale esempio di connubio di acidità e spezie. I fiori di loto conditi con l’agrume sgrassano la laccatura del maiale. Un gran piatto.
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..Insalata di fiori di loto.
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Piccione al curry con funghi shitake e …
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… insalata di chinese artichoke (dall’aspetto un po’ inquietante), uva sultanina e noci.
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Mango, cardamomo, frutto della passione, meringhe, gelato alla vaniglia. Acido e rinfrescante.
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Stecco con sorbetto di lamponi e cioccolato.
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Sala.
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Quadro esplicito in sala… ricordo del recente passato (il ristorante era una sala di esposizioni artistiche).
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