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Racines

Era uno degli enfant prodige italiani protagonisti della scena parigina. Oggi, con il passare degli anni, è diventato  un uomo adulto, un cuoco fatto e finito, che ha modificato in maniera significativa la sua cucina e il suo modo di porsi dai tempi del Roseval.

Da Racines Simone Tondo propone una cucina molto più semplice, con meno fronzoli e orpelli, e si concentra decisamente più sul gusto. Anche perché, è bene ricordarlo, questa deliziosa bomboniera in Passage des Panoramas ha spazi, e conseguentemente accessori di cucina, estremamente ridotti.

Con il fuoco primordiale e poco di più, Simone ci delizia con una cucina profondamente italiana, a tratti anche agricola e ruvida, come il luogo giustamente impone.

Una cucina in cui non manca il guizzo, certamente, come nel Gazpacho scampi e limone, in cui la punta di pepe di Gianni Frasi dona eleganza al piatto, nel bonito, un piccolo tonnetto, servito con cocomero e sesamo, o nelle Linguine con guancia all’origano, olive, pecorino e pomodoro. Piatto tutt’altro che greve, come l’immagine farebbe presagire.

La freschezza e la leggerezza dei dolci – a dispetto di ciò che la tipologia potrebbe far pensare – insieme a un servizio alquanto preparato e accogliente, seppur fin troppo sbrigativo, coniugano un luogo davvero incantevole, che meriterebbe degli spazi meno angusti.
Nota dolente? Il conto, impegnativo per la tipologia di locale. Ma una visita a questo delizioso mignon non dovete proprio mancarla quando sarete a Parigi. Evviva Simone Tondo, evviva Racines!

La galleria fotografica:

No, non è una mera questione di campanilismo. Per quanto ci riguarda, di Simone Tondo ne avremmo scritto con gli stessi toni fosse stato anche francese, spagnolo, cinese o proveniente da qualsiasi altro angolo del mondo. E’ semplicemente bravissimo, a prescindere da quanto riportato sulla Carta d’Identità.
Che poi sia italiano, e che sia riuscito ad emergere su una piazza di altissimo livello come quella parigina, non può che farci piacere ed inorgoglirci, ma il suo valore resta il medesimo anche posto in scala assoluta.

Solamente ad un paio d’anni dalla creazione di Roseval, in società con l’inglese Michael Greenwold, è riuscito a riscuotere enorme successo, un massivo riscontro positivo da parte di critica e clientela, lodi praticamente all’unisono e tavoli costantemente pieni.
Poi il colpo di scena: dalla riapertura a settembre di quest’anno, Michael ha scelto di intraprendere altre strade, e Simone è rimasto da solo al comando del ristorante.
Delicati equilibri quindi, che rischiano di diventare instabili, a causa della rimozione di una delle due colonne portanti?
Assolutamente no, anzi. Con piacere abbiamo scoperto che in rue d’Eupatoria, attualmente, si sta ancora meglio che in passato. Si respira un’aria serena e si percepisce distintamente un sacco di voglia di fare bene, probabilmente anche grazie all’individualità di tutte le scelte e le idee.

Nonostante gli stravolgimenti ai vertici, quella che è sempre stata la caratteristica primaria, l’essenzialità, resta la chiave di Roseval. Tutto è ridotto all’indispensabile: godimento al netto degli orpelli.
L’ambiente è ristretto, spartano e con spazi ridotti all’osso. Tavoli e sedie sono piccoli, decisamente ravvicinati e apparecchiati in maniera spoglia ed essenziale. Il menù è uno solo ed uguale non per tutto il tavolo, bensì per tutto il ristorante: 50€ 6 portate, 75€ abbinandovi i vini.
Menù nuovo ogni settimana, nuovi dessert ogni quindici giorni.
Se il dizionario definisce un contrario di “grandeur” ecco, quello è il termine che meglio riesce a raccontare Roseval.

Lo stesso aspetto spartano è riportato sui piatti, apparentemente semplici, che in realtà si rivelano dei veri e propri piccoli capolavori. Essenziali nell’idea, ma complessi nell’esecuzione; spogli nella forma ma assolutamente completi, centrati ed intelligibili; scarni nella descrizione in carta, ma articolati e sfaccettati da richiedere un’attenzione oltre la media. Dalla costante e ricorrente nota vegetale, ma mai troppo in mostra, mai ridondante.
Totalmente mediterranei nel cuore, ma valorizzati da ingredienti, idee e tecniche “worldwide”, grazie all’influenza e le esperienze dell’eterogenea brigata, composta da tre persone in cucina e tre in sala, di sei nazionalità differenti, che lavorano in piena armonia.
Globalizzazione nell’aspetto più positivo del termine ed il tutto, coerentemente, nel cuore del Menilmontant, il quartiere più meticcio della città.

Funzionerebbe ugualmente Roseval, in qualsiasi altro angolo di mondo? Chi può dirlo, commistioni forti come questa sono rare e delicate. Di certo riuscire a distinguersi per essenzialità e per un inarrivabile rapporto qualità/prezzo qui, a Parigi, non è propriamente cosa da tutti i giorni, e sicuramente ha maggior valore che altrove.
Lo scotto da pagare però, sempre dovuto alla Ville Lumière, è il rischio di fare il vaso di coccio tra vasi di ferro, che il vero valore di Simone e di Roseval passi in secondo piano senza che ne venga colta l’essenza, principalmente a causa della concentrazione e del livello dei grandissimi che li circondano.

Una sorta di contemporanea trasposizione del brutto anatroccolo dove, al pari della fiaba, se riuscirete a guardare oltre le apparenze ed andare dritti alla sostanza, ecco che potrete scorgere uno splendido cigno che no, nulla ha da invidiare al resto dello stagno…

L’ingresso del locale.
ingresso del locale, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
L’essenziale mise en place.
 mise en place, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
Il pane.
pane, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
“Saint Jacques”: capasanta, lamponi, burro nocciola, aceto. Eccellente partenza, con un piatto che lavora molto bene sui contrasti, tra le morbidezze dell’eccellente capasanta e del burro, contrapposte alle acidità del lampone e dell’aceto, che spicca sul resto.
Capasanta, lamponi e burro alla nocciola, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
“Langoustine”: zuppa di patate, scampi, polvere di scampi, combava. Al contrario del piatto precedente, dove prevalgono le acidità, qui si viaggia sul velluto con la zuppa di patate molto lenta, la decisa impronta degli scampi, e la nota citrica della combava che vivacizza il tutto.
zuppa, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
“Maquereau”: sgombro tataki, ricotta di pecora affumicata al fieno, moromi. Terzo gran piatto, un gemellaggio tra la Sardegna ed il Giappone: protagonista del piatto la ricotta, dal carattere deciso anche grazie alle note legnose dell’affumicatura, con lo sgombro lavorato tataki, ridotto a texture e a lieve apporto acido, così come il moromi, la soia fermentata, che grazie alla sua profondità fa da trait d’union tra i due ingredienti principali.
sgombro, tataki, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
Il primo vino in accompagnamento. Sia in carta che per quanto riguarda gli abbinamenti al calice, si percorre la via del naturale e del bio, rivolgendosi comunque sempre al piccolo vigneron.
vino, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
“Cabillaud”: baccalà, midollo, purée di ortica, dashi. Perfetta la cottura del baccalà, anch’esso reso poco più che texture, in favore della sapida concentrazione del dashi e della profonda nota vegetale del purée di ortica.
Cabillaud, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
Secondo vino abbinato.
vino, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
“Rouget”: triglia, fiori di carote viola, cavolfiore, kale, colatura di alici. Piatto che percorre le medesime note del precedente, marcandole ulteriormente. Un uno-due marino/vegetale.
rouget, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
Terzo vino abbinato.
Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
“Agneau”: sella d’agnello, sedano rapa, mela, bietole bianche. Si vira verso il dolce nel piatto di carne: spiccano la cottura esemplare e l’intelligente utilizzo di una parte vegetale più “bianca” e terrosa, che a meraviglia si accorda all’agnello.
agneau, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
Il quarto vino in accompagnamento.
vino, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
“Chaource”: formaggio Chaource, mostarda, acetosella.
chaurce, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
…con il quinto vino abbinato.
vino, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
Predessert: Crema di latte e arancio.
predessert, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
“Poire”: cioccolato, pera confit al pepe, olio, crumble. Eccellente dessert, goloso sebbene non eccessivamente dolce, con la pera resa croccante e masticabile, ed il pepe a donare una bella aromaticità. Degna chiusura di una cena sorprendente.
Pere, Cioccolato, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
Con il sesto ed ultimo vino abbinato.
vino, abbinato, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
Mascarpone, pompelmo e vaniglia.
mascarpone, Roseval, Chef Simone Tondo, Paris
Se serve un riferimento, proprio di fronte a Roseval…
Roseval, Chef Simone Tondo, Paris

Peripherique di Parigi, 4 Luglio 2012.
L’iimmancabile bouchon che ci accoglie lungo la rampa d’uscita ospita il nostro primo contatto col mondo civilizzato dopo i 500 chilometri di autoroute da Lione. Ciak. Si affianca Suv targato F ma con sospetto toro griffato dietro. I finestrini si abbassano, tre mani come una sola ne escono sventolando ciascuna quattro impertinenti dita, e parte il coro “italianos, cuatro a cero!”. E poopopoppoppopooopooo. Neanche un coro loro, sanno creare, e son convinti di aver inventato il calcio. Il Suv allunga, non ci resta che incassare la solidarietà di un camionista francese, che dalla prima corsia mi ricorda che abbiamo giocato bene e che dobbiamo essere orgogliosi di quella che i telecronisti francesi chiamano La Squadra. A proposito: in barba a qualsiasi credenza, i commentatori di TF1 hanno tifato spudoratamente per noi almeno fino all’uscita di Motta. Da lì in poi si son comprensibilmente dedicati alla celebrazione del trionfo imminente della Roja.
Ha ragione il camionista, comunque. Dobbiamo essere orgogliosi dei ragazzi di Prandelli. E dobbiamo esserlo anche di tanti altri che all’estero ci vanno non per tirare calci ad un pallone ma per svolgere lavori meno remunerativi ma certamente più impegnativi. Gente che in tutto il mondo fa molto di più di governi, ambasciatori e popstar per abbattere l’apparentemente inossidabile immagine di italiano pizza spaghetti mandolino mamma mamma sai chi c’è è arrivato il merendero.
Simone Tondo ha ventiquattro anni, età alla quale (e di questo dovremmo invece essere tutt’altro che orgogliosi) nel nostro Paese nessuno, in banca in particolare, ti prenderebbe sul serio. Eppure con il socio inglese Michael ha aperto il proprio locale nella giovane e multietnica (quasi monoetnica, in effetti) Menilmontant, nei pressi di Belleville. Sardo, cresciuto prima a casa con Andreini e Petza e poi in Francia con Colagreco prima ma soprattutto a Parigi come sous chef di Giovanni Passerini e Petter Nillson, Tondo ha già accumulato esperienze sufficienti per esprimere le proprie idee culinarie senza paura. Idee che sono di grande pulizia, di equilibrio e leggerezza e che sono frutto di un approccio sorprendentemente maturo ai sapori.
Fantastico, per esempio, il capocollo di maiale con melanzane e pompelmo. L’acido e l’amaro che completano il cast di supporto non tolgono affatto spazio al pezzo di carne, succulento e di giusto spessore. Nonostante i soli 42 euro del menù con formaggi (35 senza) non ci sono solo materie “povere”. Ecco quindi gli scampi con nocciole, pak choi e kumquat, arricchiti dal bouillon fatto con i crostacei, piatto schietto, perfetto tanto nell’esecuzione millimetrica quanto nella concezione logicamente ammirevole. L’abilità nel costruire piatti allo stesso tempo facili ed interessanti non viene persa nel dessert, con una ganache che si accompagna a pesche, crumble di sablé e mandorle dolci ed amare in gelato (da urlo).
Il locale al momento della nostra visita era aperto da soli 3 giorni e in tanti casi, nella stessa situazione, abbiamo scelto di uscire senza valutazione. L’impressione netta che ho avuto è però che il locale, già pieno nelle prime 2 settimane, viaggi già per qualche mistero a velocità di crociera. Crescerà, naturalmente, allineandosi in poco tempo alla valutazione che per il momento è ritoccata appena verso l’alto. Ma non credo affatto sia una scommessa azzardata.

Ravioli di ricotta affumicata, aglio e prezzemolo con pane sbriciolato alle acciughe, olive, fagiolini, rucola e limone.

Scampi, pak choi, nocciole, mandarino cinese e bouillon.

Seppie, cipolle in crema e midollo.

Capocollo di maiale, crema di melanzane arrostite e pompelmo.

Formaggi.

Predessert: limone e lampone.

Cioccolato, mandorle dolci e amare, pesche e sablé.