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Romano

Il nuovo corso di Romano, a Viareggio

Siamo a Viareggio, in viale Mazzini, da Romano, locale storico, aperto nel ‘66 da Romano Franceschini insieme alla futura moglie Franca Checchi, che quest’anno festeggerà ben 55 anni di onorato servizio. Si tratta di uno di quei ristoranti che rappresenta al meglio la migliore tradizione culinaria italiana e che, negli anni, ha mietuto ambiti riconoscimenti tra cui la stella Michelin, le Tre Forchette del Gambero Rosso e il Cappello d’Oro della guida de L’Espresso.

In sala, insieme a Romano, c’è il figlio Roberto, una combo che si dimostra capace di creare sintonia col commensale, proiettandolo in un’atmosfera magica. In cucina, da meno di un anno, officia Nicola Gronchi, fresco della stella Michelin conquistata dopo solo un anno al Villa Grey di Forte dei Marmi, a lavorare la straordinaria materia prima che, ogni mattina, dopo aver fatto il giro delle barche Romano porta al ristorante. Qui, le proposte del giorno convivono con quelle, senza tempo, della signora Franca, come i mitici calamaretti ripieni di verdure e crostacei.

Nelle proposte più attuali, Nicola porta in tavola un po’ della sua personalità, che emerge in piatti dove la qualità della materia prima è esaltata da una mano capace di grande equilibrio, come la seppia alla brace, cime di rapa e ricci di mare, le trippe di baccalà, funghi cardoncelli e zenzero, lo spaghetto aglio, olio e peperoncino con gamberi biondi, polvere di olive e bottarga di Cabras, il risotto con ricci di mare, rafano e sgombro, o il rombo chiodato alla griglia, rape marinate e cremoso ai pinoli.

Noi che li conosciamo da anni crediamo che Nicola rappresenti davvero la scelta più azzeccata che i Franceschini potessero fare per continuare la tradizione e il lustro di mamma Franca, ora in pensione, ma tutelata da questo giovane ragazzo che decisamente sa il fatto suo. E va elogiato innanzi tutto per non averne stravolto i piatti, splendidi quelli che hanno fatto la storia di Romano, aggiungendo qua e là solo qualche piccolo accorgimento tecnico, una variazione di cottura, un alleggerimento, che hanno reso immortali piatti già magici. Oltre a ciò, Nicola non disdegna di mettersi al servizio del cliente e delle sue richieste, proponendo anche piatti fuori carta, apparentemente semplici, ma realizzati con amore e dedizione. Con mano felice e la rara dote di dosare e combinare ingredienti spesso ostici, Nicola dimostra di avere il dono dell’equilibrio: come nel persistente brodo di funghi con le trippette, un sorta di dashi di riviera, così come nella cottura millimetrica di uno straordinario piccione e dell’animella, impreziosita dalla salsa champagne. E qui, ultimo punto ma non per importanza, un plauso a tutte le salse, i brodi e i fondi. La valutazione, arrotondata per difetto, prelude a una crescita che noi diamo, in tutta franchezza, per certa.

Una menzione speciale, infine, alla carta dei vini, profonda e con ricarichi molto corretti, da dove emergono la passione e la competenza di chi l’ha creata, in gran parte Roberto. Non abbiate remore, a questo proposito, a farvi consigliare da lui anche per l’abbinamento perfetto.

La Galleria Fotografica:

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La potenza di un luogo, la forza degli ingredienti: è straripante la sensazione che può lasciare una visita alla Capanna di Eraclio.
Come un viaggio senza tempo, lontani dall’oppressione della routine quotidiana.
La Capanna accumula storia, giorno dopo giorno, e poi si fa guardare con ammirazione da quelli che hanno ancora gli occhi per vedere.
Pesce o selvaggina: non sapremmo dire cosa è meglio, perché percorrere questa strada in un nebbioso novembre e poi tuffarsi nel risotto alla folaga ha il suo perché.
Ma godere dei primi caldi, sfogliando la carta comodamente seduti in giardino prima di accomodarsi a tavola, riappacifica con il mondo.
Soprattutto se ne esce il migliore pasto da quando frequentiamo questo indirizzo.
Parlavamo di ingredienti e qui c’è n’è motivo come in pochi altri posti: ai canestrelli che potete vedere poco più sotto mancava solo la parola. Parliamo noi per loro: “unici”.
Ma la mano del cuoco, pardon, della cuoca, c’è ed è una grande mano. Sono piatti indiscutibilmente della tradizione, ma non quella statica di cui poco ci interessa, ma quella viva e piena di energia, quotidianamente in movimento verso un posto al sole. La tradizione che sa continuamente rinnovarsi.
Ecco il piatto di capellini con i giotoli, pieni certamente di materia ma anche di tanta finezza ed eleganza di preparazione.
O l’anguilla, prima scottata sulla griglia al calore di pioppi, sarmenti di vite e carbone, poi passata in forno a cuocere nel suo grasso: il risultato è meglio di un compendio di storia delle Valli. Questo significa guardare al passato con i piedi ben piantati nel presente.
O ancora una maionese che merita il viaggio: che qui venga fatta con il mestolo di legno forse è solo una nota di romanticismo, però è tanto, tanto buona proprio così.
La sala non è da meno: della grande atmosfera abbiamo già scritto, ma anche quando si tratta di servire il cliente tutto si incasella al posto giusto. Cordialità, sorrisi, disponibilità: tutte cose che non si vendono a peso.
Che dobbiamo dire di più?

Una bollicina nel giardino prima di accomodarsi al tavolo…
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Attrezzi del mestiere
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Il benvenuto: giotoli fritti con polenta
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Ostriche e canestrelli: il lusso della semplicità
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Dategli la parola…
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Con i crudi, alla Capanna non si scherza: scampi di Goro, tonno, ombrina. Da urlo.
Geniale la leggera incisione sulle chele degli scampi in modo da poterli succhiare con grande godimento.
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La seppia con la crema di patate: un cappucino Alajmo al contrario.
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Questa vi consigliamo di ordinarla: pulire una grancevola in questo modo richiede un lavoro immane. Un gusto unico, per di più in abbinamento a una maionese home made che merita il viaggio da lontano e di cui è impossibile non chiedere il bis.
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Un grande piatto: capellini con i giotoli. Ancora migliorato rispetto alla precedente visita.
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Le Moeche fritte: altro must.
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Ci sono tre cose a Ferrara su cui non si scherza: la Salamina, la Spal e l’Anguilla.
Questa viene dalla Sacca di Gorino, dove l’acqua del Po si mescola al mare, quindi è corrente e pulita; i pesci si muovono molto e hanno una livrea grigio azzurra, per mimetizzarsi sul fondale. Molto diversa dall’anguilla del canale che ha un gusto palustre e una colorazione più scura.
L’anguilla subisce una doppia cottura: prima sulla griglia per indurire la pelle e per raccogliere i succhi all’interno; poi in forno, dove il pesce cuoce nel suo stesso grasso.
Sporzionata al tavolo e servita nature.
Imperdibile. Punto.
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Chiusura con dolci semplici ma ben fatti.
Il gelato al pistacchio
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La Tenerina al cioccolato
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Oppure i più temerari possono ricominciare da capo: cameriere, ancora canestrelli.
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Le bottiglie da casa sono accettate con un sorriso: ma lasciate un assaggio al proprietario!
Qui si è consumata una degna tripletta…
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Recensione Ristorante

Il prossimo 15 Aprile Romano festeggerà i 45 anni di attività. Più degli anni di Roberto, il figlio, ormai pronto per guidare il timone di questo ristorante-simbolo della riviera versiliese. No, non vogliamo mandare in pensione anticipata Romano, sia mai! D’altra parte vederlo all’opera tutte le sere ancor oggi con immutata carica, vitalità, passione è veramente un piacere. (altro…)

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Recensione ristorante.

Cauzzi (testo) & gdf (foto)

Joël Robuchon, uno dei più grandi cuochi che il mondo abbia mai potuto apprezzare. Sicuramente uno dei grandi capostipiti dell’era post nouvelle cuisine. Riconosciuto per il suo maniacale perfezionismo, ha riportato la cucina francese alla sua autenticità, alla sua forte impronta borghese. Ha reso attuale ed immutabile nel tempo le estremizzazioni e le riduzioni eccessive del movimento della Nouvelle Cuisine. Ha insomma applicato il suo genio teso alla ponderazione, alla riconsiderazione del gusto, dell’armonia oltre che dell’estetica.
Il Nostro Joel Robuchon vive e dispensa a Montescano.

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