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La Locanda del Borgo

A cena in un borgo recuperato

In quel di Telese Terme, La Locanda del Borgo è un grazioso ristorante situato all’interno del relais Aquapetra, un albergo diffuso creato recuperando un antico agglomerato di case immerso nel verde. Qui officia da qualche anno lo Chef partenopeo Luciano Villani, che realizza una cucina ben fatta, legata al territorio, con qualche spunto innovativo.

La possibilità è quella di scegliere solamente tra due percorsi, uno che rielabora i sapori del Sannio e un altro che ha come protagonista il mare. Questa seconda opzione, in particolare, è quella in cui si ritrovano alcune delle proposte più estrose, pur restando sempre all’interno di una cucina pensata per piacere a tutti, con creazioni dai gusti equilibrati e talvolta un po’ troppo golosi.

Una tavola elegante con una cucina solida

Lo stile della casa lo si nota già dagli amuse bouche che risultano molto piacenti: in particolare il Finto pomodoro al cui interno ci sono gli elementi della bruschetta. Corrette nell’esecuzione le prime due portate, un Carpaccio di scampi delicatamente condito con lamponi e cetriolo e poi la Ricciola scottata abbinata a una salsa bernese al dragoncello, che arricchiva il boccone senza sovrastare il pesce.

Intensissimo il sapore del Risotto, dalla cottura perfetta, con agrumi e frutti di mare; invece più sbilanciato lo Spaghetto con gambero rosso e spuma di pecorino. In apparenza semplice il Crudo e cotto di crostacei si è rivelato una delle portate migliori sia per la varietà di sapori ben integrati che per la qualità della materia. Troppo abbondante la porzione del dessert che, complice il servizio, in simultanea, viene oscurato dalla piccola pasticceria.

Il servizio è giovane e preparato, pronto a soddisfare le richieste dei tavoli. La carta dei vini, presentata all’interno di un tomo enciclopedico, vanta una discreta selezione di proposte italiane ed estere, con ricarichi abbastanza elevati. Nel complesso una piacevole esperienza in una realtà ormai collaudata dove per scelta non si osa troppo, nonostante se ne intravedano le potenzialità.

La Galleria Fotografica:

L’Aglianico, il Re del Sud

Sannio Aglianico “Janare” DOP 2018 – La Guardiense

La Guardiense è una cooperativa agricola nata negli anni 60 dall’idea di 33 soci, nel beneventano. Ad oggi si parla di una realtà che contempla 1.000 soci agricoltori per un totale di 1.500 ettari di vigneto e una produzione pari a 200.000 quintali di uva in un anno. Il protagonismo è lasciato alle varietà autoctone campane, Falanghina e Aglianico soprattutto, suddivise in 5 differenti linee di produzione. Janare è una di queste ed è finalizzata ad esaltare i vitigni autoctoni nelle loro zone più vocate.

Naso speziato e scuro nei ricordi di cuoio, tabacco e cacao, con una nota di scorza d’agrume sullo sfondo. Il gusto di questo Aglianico del Sannio si mostra ancora nel segno delle durezze, siano esse il tannino disidratante o la freschezza netta. Manifesta una giovinezza che ha da evolvere, ma la solidità del corpo e la potenza del sorso in tutte le sue parti lasciano intendere che questo percorso accadrà nel migliore dei modi. Lo consigliamo in abbinamento a delle tagliatelle fresche al ragù di agnello.

C/o Vino.com: 6,90 €

Irpinia Aglianico “Rubrato” 2018 – Feudi di San Gregorio

Un presente legato all’arte, quello di Feudi di San Gregorio, e un passato che affonda radici nella terra della zona di Avellino. Una terra da sempre vocata alla viticoltura, l’Irpinia, nella quale una realtà come quella di Feudi di San Gregorio ha voluto scavare, fino a saperne trarre la varietà e la bellezza. Oggi Feudi San Gregorio risuona come uno dei nomi più di spicco della vitivinicoltura campana. L’Aglianico Rubrato esalta la tempra potente del vitigno in una chiave di freschezza giovanile, sottolineata ancora di più dalla maturazione in acciaio, seguita da 6 mesi di affinamento in bottiglia.

Introduce la sua buona complessità con una trama di spezie, erbe officinali, confettura di corniole e caffè. La gioventù si evince nella freschezza spiccata e nella traccia tannica ancora un po’ verde, che eppure anticipa una bella eleganza, già in atto nella morbidezza e nella movenza setosa del sorso. Eccelle in persistenza. Si rende ottimo accompagnatore di una faraona arrosto.

C/o Vino.com: 8,90 €

Il Sannio a testa alta

Alessio di Muccio è un giovane pizzaiolo che sta portando avanti, con dedizione e tanti sacrifici, il suo progetto di qualità in una terra difficile e ostile.

Perché qui, se vuoi sopravvivere con la clientela locale – e tutti devono confrontarsi con questo aspetto, a maggior ragione, oggi – non puoi permetterti troppi voli pindarici. Prezzi bassi – la marinara 4 euro – e compromessi continui. Eppure Alessio non rinuncia al suo sogno e sforna, nella country house di famiglia, ogni giorno prelibatezze che promettono decisamente bene. E la stessa nostra marinara è risultata pressoché perfetta, per gusto punto di cottura e lievitazione, così come la siciliana e la scapece, che l’hanno seguita.

Tutte digeribilissime, frutto di una lavorazione e di una cottura impeccabili. Forse l’unico appunto che possiamo muovere, ma che comprendiamo viste le latitudini, è un eccesso lieve di sapidità sui fritti iniziali. Ma il resto si assesta su un livello semplicemente ottimo e a buon mercato, a prezzi che non è possibile immaginare inferiori nonostante qualcuno abbia avuto da rimproverargli questo, nonché le velleità di fare innovazione. Ebbene, noi questo luogo lo premiamo a modo nostro: con una valutazione non piena ma molto vicina a quello che questa pizzeria potrà essere, se gli verrà data la fiducia che merita.

Così, se transitate in Campania venendo o tornando dal nord Italia (siete a meno di 30km dall’uscita autostradale di Caianello sulla A1, nei pressi di Caserta), non dimenticate di fare tappa da Alessio tenendo anche conto della disponibilità di due deliziose camere matrimoniali.

La galleria fotografica:

Al Kresios non ci arrivi per caso. A dispetto del nome della città, qui non si vedono flussi copiosi di turisti in cerca di relax termale.
Al Kresios, e a Telese Terme, ci devi andare apposta.
E questo aspetto è stato chiaro a Giuseppe Iannotti sin dall’inizio. Abbiamo avuto un tormentato esordio con lui. Tormentato perché alcuni anni or sono trovammo un cuoco giovane, quasi trentenne, scalpitante e convinto, molto convinto, di sè. Ma come può un giovane ragazzo del Sannio non essere convinto di sè per aprire un ristorante importante, con cucina gourmet, in un luogo come questo?
Giusta dose di convinzione, di tenacia, che però riteniamo fosse alquanto prematura, fintanto eccessiva. L’irruenza del giovane Iannotti va perdonata, forse anche compresa. Nel frattempo però lui e la sua cucina ne hanno fatta di strada. Forse l’ascolto, forse la volontà estenuante di emergere, e certamente un pizzico di talento l’hanno incanalato sulla strada giusta.
Una strada che, badate, è solo all’inizio e tutt’altro che terminata. Ma un percorso che fa intravedere spunti interessanti, originalità che immaginavamo persa nel tempo, idee che ci portano a credere che qui può risiedere un giovane ed interessante talento, non solo del Sud ma dell’Italia intera.

Un percorso, dicevamo, che è cominciato sotto gli auspici di una buona stella. Quella conquistata due anni or sono, che oggi è meritata più che mai.
Ma il percorso è ancora arduo e tortuoso. Il giovane cuoco dovrà saper trovare e ricercare, tra la sua strabordante veemenza, una maturità ed un equilibrio quanto mai necessario. E lasciare da parte l’estrema convinzione nei suoi mezzi, mettendosi al cospetto di una crescita ed una maturità ancora da trovare.
Abbiamo goduto di una cena che ci ha trasportato su un ottovolante. Piatti concettualmente e praticamente tra l’interessante e il francamente spiazzante. Nuove idee, originali, altalenate a stimoli e déjà vu plateali (di cui forse il cuoco sannita non ha veramente bisogno). Strabordanza, esuberanza, iperproduzione. Con alcuni passaggi davvero di classe, di grande tecnica, e di centrato equilibrio gustativo.
Il gioco iniziale delle piccole tapas, o amuse bouche che dir si voglia: un terzo interessanti, quasi geniali; due terzi poco centrate e concentrate, dai sapori sbilanciati e a tratti evanescenti. Frutto di un ragionamento “sulla carta” dell’abbinamento, ma che poi non aveva un riscontro oggettivo al palato. Un esempio? Bon bon di gorgonzola, amarena e cioccolato. L’uso del cioccolato al latte al posto di un cacao più acido, puro e maschio (criollo ad esempio) è stato motivato dal fatto, giustissimo, che a questo punto del menù non avrebbe avuto senso una bomba palatale, troppo virante sull’amaro. Bene, valutazione anche condivisibile.
Risultato? Un bon bon troppo dolce, in cui l’amarena e la grasso-dolcezza del cioccolato non compensavano la dose di gorgonzola, accennato appena. La mente e il ricordo va immediatamente a Luciano Tona e al suo cioccolato bianco e gorgonzola. Un’esplosione in bocca, con note acide-grasse e piccanti che si rincorrono in un turbinio sensoriale tanto intenso quanto devastante. Servito come predessert, e non come entrata.
Per non parlare invece, nel pasto completo, di uno stratosferico sgombro marinato nell’agro di mele, con una cottura non-cottura da manuale, affiancato da zenzero in chips, pepe rosa, aneto, e la lisca e la testa fritte a puntino. Amaro, grasso-goloso del fritto che rincorre le note acetiche e accomodanti del filetto. Con le spezie a chiudere il cerchio. Chapeau! Piatto che vale il viaggio.
Così come uno straordinario uovo marinato, il cui rosso riscopre una textura mirabolante come evoluzione post cracchiana, nappato da una salsa tonnata e polvere di capperi.
E poi che dire di una lingua dalla textura fondente (fondant come direbbero i cugini d’oltralpe). In cui si riscopre un ingrediente feticcio dell’alta cucina italiana e lo si eleva ancora. Una cottura che, per tempi e metodi, rende questa lingua di una texura sensuale come Sharon Stone in Basic Instict. E gli abbinamenti, polveri e salse, centratissimi.
Si continua con un risotto ai funghi in cui la cottura, al limite per un uomo del Sud ma formidabile per noi, e una mantecatura con rilascio di amidi perfetta era esaltata da una lieve nota di funghi e rosmarino. Che elegantemente, ma mai in modo invasivo e prorompente, si insinuavano tra le pieghe di questa pietanza davvero estrema.

Originali ma ancora prototipali due piatti: il brodo di katsuobushi di vitello e la terrina di triglia, così come l’abbiamo soprannominata. Due piatti ancora grezzi, su cui lavorare a nostro avviso, ma che hanno indubbie potenzialità per diventare stupefacenti, di altissimo livello; il brodo, ancora in divenire, perché troppo etereo. I dashi provati in Giappone ci dicono tutt’altro.
E la triglia per una mancanza di contrasto vivo, necessario in quella proporzione e servizio per consentire ad un cliente, alla bisogna e a sua scelta, di trovare un punto di rinfresco e di appoggio gustativo.
Spaghetti allo scoglio troppo poco umidi invece, e poco persistenti al palato. E un fritto misto che, seppur buono e goloso (ma come fa a non esserlo un fritto?), è scivolato via con una apparente cifra stilistica di tono inferiore.
Dolci molto interessanti, davvero molto interessanti e ben studiati. Ottimi per essere al cospetto di un cuoco di origine salata.

Tutto ciò appena descritto, l’ottovolante dei piatti, è sintomatico di un sentimento, e di un percorso, che proseguirà così per tutto il pasto. Quasi fosse più a tratti il palato mentale a governare del palato naturale. Quasi fosse la cultura, l’intelligenza, l’abbinamento tecnico-elaborativo a guidare più dell’anima, della pancia, dell’istinto.
Iannotti è un ragazzo molto intelligente, decisamente colto. Vediamo spesso prevalere in lui quest’anima, assecondata dalla componente razionale. Che emerge nella dettagliata descrizione dei piatti, che sciorina una preparazione ed una conoscenza di tecniche ed ingredienti invidiabile.
Ma proprio per questo, per non rimanere imbrigliati nelle cervellotiche evoluzioni tecnico-mentali, il cuoco diventa grande cuoco quando lascia spazio all’istinto, al palato naturale. Disperdendo le tecniche, semplificando i passaggi, diminuendo gli ingredienti. E lasciando libero sfogo, con naturalezza e sicurezza, alle sue doti naturali.

Questo crediamo sia il passaggio, doveroso, che Giuseppe Iannotti debba ancora intraprendere. Che sia capace di farlo solo il tempo ce lo dirà. Abbiamo intravisto grandi potenzialità in questo senso, non sempre appunto soddisfatte, in un luna park emozionale davvero interessante. Quindi per ora gli diamo fiducia, con riserva però. Ma consigliamo a chiunque abbia la nostra passione di tuffarsi nel Sannio più profondo e di andare a trovare Giuseppe Iannotti e il suo Kresios.
Un plauso infine per la sala, governata da due giovanissimi autoctoni che, pur essendo appena (o quasi) entrati nella mondo del lavoro hanno una stoffa e un talento che di rado capita di trovare. Un’intelligenza ed una sensibilità davvero fuori dal comune. Ricordatevi in particolare di Alfredo Buonanno, ne sentiremo certamente parlare nel prossimo futuro.

Inizia la serie degli amuse bouche: carota fermentata.
amuse bouche, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Pelle di baccalà soffiata e paprika amara.
pelle di baccalà, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Zucchine, caviale di tartufo nero e menta.
benvenuto, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Pollo arrosto.
pollo arrosto, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Pizza (panino a vapore, concentrato di pomodoro e pasta d’acciuga, polvere di oliva).
pizza, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Bon Bon di gorgonzola, amarena e cioccolato.
bon bon, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Pop corn di animella.
pop corn di animella, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Raffaello di foie gras.
raffaello di foie gras, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Pancia di maialino, rose in polvere, caviale di montagna e timo.
pancia di maialino, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
A tutto sgombro, gran bel piatto.
sgombro, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Tonnato: tuorlo d’uovo marinato, maionese di tonno e cappero.
Tonnato, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Pomodoro, acciuga e origano
pomodoro acciuga e origano, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Voluttuosa la lingua di bue, salsa di papaccelle, bagnetto verde liofilizzato e sale di bambù.
lingua di bue, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Piuttosto anonimo lo spaghetto allo scoglio. Qui umido al punto giusto, ma in un’altra occasione troppo asciutto (foto sotto).
spaghetto, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
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Risotto ai funghi e rosmarino.
risotto, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Katsuobushi di vitello.
Katsuobushi, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
katsuobushi, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Bistecca di triglie.
bistecca di triglie, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Piccione.
piccione, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Fish & chips, alquanto ordinario.
fish&chips, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
‘O raù, piatto reso intenso dall’estratto di cardamomo.
'o raù, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Didascalica la ricciola hamachi, crema di piselli, insalata con sesamo e olio di nocciola.
Ricciola, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Mojito.
Mojito, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Omaggio al Kentucky di Benevento.
omaggio al kentucky, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Zucca, cardamomo caffè, malto e zafferano.
zucca cardamomo caffè, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Kiwi, meringa, gel di aceto di uva e lemon curd.
Kiwi, meringa, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento
Petit fours.
piccola pasticceria, Kresios, Chef Giuseppe Iannotti, Telese Terme, Benevento