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Al Metrò

Due fratelli che combattono per promuovere la qualità in cucina, a San Salvo Marina

I fratelli Fossaceca sono piccoli eroi. Perché hanno deciso di rimanere a San salvo Marina, in un luogo peraltro isolato, anche se poco lontano dal mare, in cui non ci si capita per caso. Non hanno alle spalle una località turistica di rilievo, non hanno una location che ha un paesaggio mozzafiato, non hanno nulla di tutto quel che servirebbe a far funzionare un ristorante ‘di mare’.

Eppure loro, con caparbietà e un pizzico di talento, hanno reso San Salvo meta di pellegrinaggio gourmet. Alla nostra affermazione “Stiamo andando in Puglia e abbiamo fatto tappa da voi” il buon Nicola ci risponde “Noi saremmo morti senza la Puglia”. Eh, sì… luogo di passaggio ma che merita certamente la sosta.

Un locale ospitale con una ristrutturazione moderna che rende la sala accogliente, seppur non connotante. Forse un ‘cadre’ più caldo avrebbe rispecchiato maggiormente l’anima del luogo e di questa cucina, nonché dei due fratelli proprietari. Peccato che il locale sia ubicato in un casolare anonimo e non a ridosso del mare. Ma la cucina si mostra interessante, una linea in cui la materia ittica è al top, ben presentata e ben lavorata. C’è buona tecnica di base, una lavorazione attenta, processi moderni e la rivalsa di sapori atavici, marini, iodati.

Forse qualche finezza maggiore, nelle salse un po grossolane e nei gusti leggermente attenuati e soffusi ce la saremmo aspettata. Così come ci saremmo aspettati molto di più dal comparto dessert, veramente elementare e, osservando le nostre passate visite, fermo ormai da tempo. Rammarico per quel risotto alle pere, calamaretti e fagiolini, che doveva essere forse il piatto di punta, ma che si è rivelato stucchevole e poco armonico. Buoni i ravioli ripieni di burro e alici con bottarga, forse solo difettanti leggermente di umidità. Ma ciò nonostante consigliamo vivamente un’incursione a San Salvo Marina, anche solo per quegli splendidi ricci con gli scampi, per le ottime mazzancolle e per l’intrigante scapece di Triglia.

La galleria fotografica:

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Che il Metró fosse diventato qualcosa in più di un buon ristorante marinaro del litorale abruzzese l’avevamo capito già qualche anno fa. Nella nostra recente visita abbiamo avuto la piacevole conferma che questo piccolo luogo gourmet a conduzione familiare è ormai una grande certezza e Nicola Fossaceca ha il giusto talento per andare ancora più lontano.
Insieme al fratello Antonio, bravo regista di sala e sommelier dalle grandi doti, ha deciso di diversificare l’attività imprenditoriale di famiglia e, allargando gli spazi della pasticceria dei genitori, ha dato vita ad un ristorante accogliente, caldo e informale, con una intelligente e sincera proposta ittica tra tradizione e innovazione.
Qualità, personalità e un prezzo a dir poco commovente fanno di questo piccolo ristorante un punto di riferimento per la fedele clientela locale e, al contempo, per il passante curioso o per il gourmet che si spinge fino a questi lidi appositamente per godersi una cucina appagante, leggera e ricca di sfumature.
Fossaceca, timido e sorridente chef abruzzese, è giovanissimo ma già da qualche anno è entrato nel prestigioso circuito dei Jeunes Restaurants d’Europe. Vanta una gavetta di tutto rispetto dai due mostri sacri del fornello marinaro di Senigallia dai quali probabilmente ha appreso la manualità e la sensibilità nel trattare un pescato di primissimo ordine. Ha poi consacrato definitivamente la sua tecnica rientrando nella sua terra con Niko Romito, il cuoco che ha suonato la carica in Abruzzo, una regione che fino a qualche tempo fa era un gigante in letargo e che ora, invece, versa in una fase gastronomica scintillante.
C’è da divertirsi con la carta (appunto tutto pesce) e si può avere un’esaustiva idea sulla personalità dello chef con i due menù degustazione da 50 e 70 €. È un peccato che i dessert non riescano ancora a tenere il passo dell’ottima cucina, cosa tra l’altro paradossale, considerando che i fratelli Fossaceca sono cresciuti proprio nella storica pasticceria di famiglia. Restiamo comunque fiduciosi anche sui felici e prossimi sviluppi del reparto dolciario, visto il positivo esito dei petit fours, più pensati, complessi ed eleganti dei dessert.
Tutt’altra musica nei piatti di pesce dai quali emerge dirompente una cucina studiata e precisa nelle sue “tradizionali” cotture: provare la triglia in “scapece espressa” per credere, nella quale la delicata carne del pesce non viene mortificata dalla frittura, restando morbida e succulenta, con tutti gli umori marini, come se fosse cotta leggermente al vapore.
Al Metrò si sta benissimo, la sua è un’offerta non scontata, moderna, soprattutto onesta e giustamente premiata in primis dalla clientela locale. E di questi tempi non è poco.

Si comincia con un perfetto e goloso amuse bouche: arancino di ventricina (salume tipico della regione) e crema di pomodoro. Diversamente dall’appetizer offertoci qualche anno fa, questo ci sembra assolutamente a tema, oltreché tecnicamente eccellente.
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Il cestino del pane, accompagnato da buoni grissini.
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Cicoria e cicale di mare. Partenza col botto. Brodetto persistente e raffinato.
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Cannolicchi gratinati, aglio e prezzemolo.
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Baccalà piselli e guanciale, buonissimo. Non condividiamo solo la scelta dei piselli, verdura fuori stagione.
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Triglia in scapace espressa. Il miglior piatto. Tradizione, evoluzione, ricerca, tecnica, testa.
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Insalata di mare, pomodoro e cetriolo. Temperatura tiepida e perfetta per il pescato. Rinfrescante la granita.
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Riso, calamaretti, zenzero e sugo di canocchie.
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Ravioli di seppie arrosto e spinaci. Perfetta consistenza della pasta e farcia intensa. Il piatto originale prevede i fagiolini, più delicati degli spinaci che, nel nostro caso, conferivano tuttavia una perfetta nota di contrasto.

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Carbonaro d’Alaska laccato mele e cipolle, accompagnato da alghe fritte. Goloso ma meno raffinato del resto.
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Da una selezione enoica intelligente che parte dalla regione, per poi arrivare ad alcune chicche biodinamiche francesi ed europee. Siamo rimasti sul solco della tradizione con un’altra sicurezza, il Trebbiano di Emidio Pepe, proposto, come tutte le etichette, con un ricarico assolutamente non proibitivo.
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Pre-dessert: crema catalana.
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Mojto al piatto. Fresco ma un po’ monotono.
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Il tiramisù scomposto. Intelligente l’idea, ma il risultato è simile al precedente.
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Perfetta la piccola pasticceria.
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Interni.
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Ingresso.
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Recensione Ristorante

Sì, ci vuole passione per prendere la macchina e partire da casa al mattino della domenica per provare un giovane di cui si sa poco ma si è sentito parlar bene in giro e tornare a casa in giornata. Soprattutto quando il giovane in questione sta a tre ore di macchina da una Roma assolata, in un posto che d’inverno ricorda le atmosfere di uno Zurlini d’annata: mare grigio, nebbia, giostre spente, qualche cane che corre svogliato sulla battigia.
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