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Gasthaus Lamm Mitterwirt

Il gusto storico passa per la Val Passiria

1777. Giusto qualche secolo addietro, ritornando nelle terre di quello che per antonomasia rappresenta l’eroe altoatesino per eccellenza, Andreas Hofer, figura cardine nelle guerre di indipendenza attraversate dall’Alto Adige. Di preciso, siamo nel mezzo della Val Passiria, a San Martino, piccolo gioiello territoriale ad est della più mondana Merano, dove trova dimora, da quella data sopracitata, la Gasthaus Lamm Mitterwirt gestita dalla famiglia Fontana. Un’ospitalità che si è evoluta nei secoli, da cascina, poi locanda dell’eroe Hofer, fino all’invasione francese giungendo ai giorni nostri come realtà dove godere della solida tradizione gastronomica che Arnold e Hildegarde Fontana con i loro figli esprimono in questo locale.

Una cucina materica

Una cucina di sostanza, materica nei sapori, vigorosa nelle sue tecniche come le montagne intorno cingono la magnificenza del panorama. La pralina fritta di Graukäse con carpaccio di barbabietola e mela verde marinata, è un ricco preludio alternato da sana dose di freschezza tra la barbabietola e la mela marinata. Enciclopedici, ovviamente, lo speck di produzione propria così come i fondenti canederli. Unica reiterazione, la riproposizione della barbabietola, la cui carica terrosa è smorzata dal formaggio blu della Val Passiria, una chicca studiata insieme al grande affinatore Hansi Baumgartner che cura la pregevole carta dei formaggi del Lamm Mittewirt. Tuttavia è con la testina fritta di vitello, già sdoganata da Herbert Hintner dello Zur Rose, servita con il gelato alla senape e l’immancabile kartoffelsalat, che si può incontrare il piatto-esperienza qui alla corte dei Fontana. La suntuosa parte collaginosa della testina, abbraccia la vibrante pungenza del gelato alla senape.

Chiude il cerchio, la selezione enoica, curata personalmente da Arnold Fontana, su micro produzioni autoctone. Se, dal 1777, il Lamm Mitterwirt esiste, il motivo è dunque più che chiaro.

La Galleria Fotografica:

Tavoli larghi e ben distanziati, poltroncine comodissime, l’atmosfera delle tavole borghesi di qualche tempo fa. L’accoglienza al San Martino è nel segno dell’eleganza, della classicità e della professionalità; molto del merito è di Michela Berto, ultima esponente della famiglia che da ben cinque generazioni gestisce questa tavola in Rio San Martino, frazione di Scorzè, a circa 20 km da Venezia.

Non solo il “ristorante elegante” della zona, ma il San Martino qui è ormai un vero e proprio luogo della memoria. E non sorprende notare come la gran parte della clientela sia abituale, e si intrattenga amichevolmente con il personale di sala. Clienti che arrivano, tornano, che si sentono come a casa, che vengono per mangiare il loro piatto preferito.
In un momento in cui l’alta ristorazione -in questo, peraltro, specchio della società in cui viviamo- vive di chef che saltellano da un posto all’altro in un turbinio di aperture, chiusure, cambiamenti di nome e di location, quella del San Martino è una storia antica, di una ristorazione diversa, forse di un’Italia diversa.

Esperta sommelier e perfetta padrona di casa, Michela dirige la sala con grande professionalità. In cucina il marito Raffaele Ros, cuoco autodidatta alquanto eclettico, si dimostra in grado di coniugare con equilibrio tradizione e ricerca e di utilizzare al meglio i prodotti del territorio, spostandosi qua e là a cavallo tra le province venete. D’altra parte, Scorzè è situata all’incrocio, in pochi chilometri, di ben tre province, Venezia, Padova e Treviso e la carta del San Martino è un vero e proprio omaggio ai prodotti del territorio veneto.
Anche se in carta non manca mai qualche piatto di impostazione un pizzico più creativa, la cucina affonda le proprie radici nella tradizione per una clientela in larga parte in cerca di certezze. Semplicità e valorizzazione dei prodotti tipici del territorio, da quelli più noti ad altri che sono vere e proprie chicche sconosciute a chi viene da fuori.
E così i murici (chiamati in zona Beccamorti), molluschi di grossa taglia, sono serviti caldi nella loro conchiglia con burro alle erbe, quasi a echeggiare un classico come le escargot à la bourguignonne. Il radicchio di Treviso e il broccolo fiolaro di Creazzo accompagnano il palombo affumicato, le cipolle rosse di Cavasso e Val di Cosa (presidio Slow Food) arricchiscono la componente aromatica del risotto.

Non tutti i piatti ci hanno convinto pienamente, e in particolare qualche accostamento non ci è parso troppo centrato, ma nel complesso la cucina di Ros si conferma in grado di dispensare certezze e di non deludere chi varca la soglia del San Martino.
E poi si beve bene: Michela, grande appassionata di vini autoctoni, saprà guidarvi all’interno di una carta davvero degna di nota, che riserva molto spazio in particolare a Champagne e vini da dessert ed in cui non mancano le “grandi firme”, ma che permette di divertirsi anche scovando piccole chicche.

Contro il logorio della vita moderna…” recitava lo spot di un amaro (più di) qualche anno fa. Ebbene, contro il turbinare della modernità, una sosta in questa oasi di buon gusto, buone maniere e buona cucina non può che fare bene.

Chips di pasta senza glutine e di riso venere e buccia essiccata di topinambur.
chips, San Martino, Chef Raffaele Ros, Verona
Tacos ripieno di ratatouille e salsa di nduja: croccante, tiepido, molto gradevole.
Tacos, San Martino, Chef Raffaele Ros, Verona
Il pane, il burro.
pane, San Martino, Chef Raffaele Ros, Verona
L’uovo che non c’è: spuma di patata e zucca, polvere di funghi e uva.
uovo, San Martino, Chef Raffaele Ros, Verona
Carpaccio di crostacei e caviale di aringa: scampo, astice, mazzancolla, gambero rosso, caviale di aringa (leggermente affumicato), salsa di mandarino.
carpaccio, San Martino, Chef Raffaele Ros, Verona
Mazzancolle e calamaretti cacciaroli di Caorle.
mazzancolle, San Martino, Chef Raffaele Ros, Verona
Beccamorti alle erbe: burro alle erbe, basilico, erba luigia, menta, lattuga, timo.
beccamorti, San Martino, Chef Raffaele Ros, Verona
Risotto con cipolla di Cavasso e Val di Cosa, astice: l’astice è tostato nel burro di cacao, a completare il tutto una salsa di agrumi forse troppo invadente.
risotto, San Martino, Chef Raffaele Ros, Verona
Praline di cagliata di caprino: fondo al tartufo nero, meringa di acqua di Grana Padano e polvere di cipolla bruciata. Il piatto meno convincente, tanto idrocarburo e poco altro.
praline, San Martino, Chef Raffaele Ros, VeronaTrancio di pesce di giornata al fil di fumo e zabaione di sedano rapa e zafferano: piatto nel complesso non elegantissimo, con lo zabaione aromaticamente strabordante che tende ad appiattire il gusto della preparazione sulle note aromatiche del sedano rapa.
pesce, San Martino, Chef Raffaele Ros, Verona
Spuma di frutta, lampone, frutti rossi marinati, gel di more, meringa di latte, sorbetto di sedano e mela, sedano candito.
spuma di frutta, San Martino, Chef Raffaele Ros, Verona
Petit four.
petit four, San Martino, Chef Raffaele Ros, Verona

(In foto di apertura: Zazà Ramen – Milano)

Diciassettesimo appuntamento con il Friday Five! Continuate a mandarci le vostre segnalazioni: brevi, incisive, precise, nel puro stile Friday Five!
Scrivete all’indirizzo fridayfive@passionegourmet.it, vi invieremo le specifiche per la compilazione e il vostro pezzo sarà pubblicato nel Friday Five!

Zazà Ramen

L’atmosfera è piacevole, il personale garbato. Il menù, stagionale, permette di scegliere tra diversi tipi di ramen a base di carne, tofu o pesce, la pasta da “allegare”, fatta a mano dallo chef con farina “00” o integrale con farina macinata a pietra e il brodo di accompagnamento: ambrato e saporito (shoyu), chiaro e delicato (shio), o dolce e aromatico (miso). Per avere un’idea del piatto finale sono d’aiuto le riproduzioni dei ramen in plastica lucida appese in vetrina come nei locali giapponesi doc. Oltre alla zuppa di tagliatelle, si possono gustare altri piatti tipici: gli onighiri con le umeboshi, il tonno o il salmone, l’insalata di polpo, il gelato al kinako (soia tostata), ecc. Un bicchierino di umeshu (liquore di prugne) prima di alzarsi dona quel pizzico di gaudio finale in più.
(Miryam De Rubeis)

Via Solferino, 48, Milano
Tel: +39.02.36799000
www.zazaramen.it

Osteria dell’orologio

L’Osteria dell’Orologio è ubicata a Fiumicino, nel famoso edificio progettato dall’architetto Valadier: circa 30 coperti abbastanza ravvicinati (il locale e’ “raccolto” e i tavoli fuori non sono operativi, piove). “Benvenuti” e’ la prima parola che udiamo all’arrivo: l’inizio e’ incoraggiante. Menù degustazione crudi e cotti la nostra scelta, 10 portate (6 o 7 “assaggini sfiziosi” come antipasto, un primo, un secondo ed il dolce) una dopo l’altra si susseguono e, proporzionalmente, la nostra soddisfazione cresce. I piatti, ben presentati, si basano sul pescato locale di ottima qualità ma valorizzato dalla evidente creatività dello chef Marco Claroni, che, possiamo dirlo, ci conquista: ci eravamo stati un paio di mesi fa, il livello è sempre stato buono, ma la pulizia dei sapori piacevolmente combinati del nuovo Menu denota un deciso cambio di marcia. Due suggerimenti (sottovoce) ed un must. Primo suggerimento: lasciate l’”Orologio” a casa, andate rilassati; il servizio e’ cordiale e professionale ma sui tempi ci sono margini di miglioramento. Secondo suggerimento: salvo curiosità particolari, date “carta bianca” allo chef. La formula e’ ben studiata, il percorso divertente (45/50€ in degustazione, circa 60€ à la carte). La carta dei vini permette di scegliere a prezzi ragionevoli (noi abbiamo abbinato un pas dose’ pugliese con un interessante rapporto qualità/prezzo). Il must: è indispensabile la prenotazione.
(Marcello Stasi)

Via Torre Clementina, 114 Fiumicino (Roma)
Tel: +39.06.6505251

www.osteriadellorologio.net

Ristorante San Martino

Al confine tra le provincie di Venezia e Treviso, lungo la strada dell’omonimo radicchio, Michela e Raffaele Ros ricevono gli ospiti nel ristorante di proprietà da 4 generazioni, trasformato in uno spazio moderno. L’ispirazione dal territorio dello Chef Ros, articolata in base alla stagionalità, rivede il melange di tradizioni locali senza alterarne il carattere ruvido. Contestualmente con un labor limae sapiente addomestica il lato ribelle della cusina veneta e con mano fine costruisce un percorso pertinente attraverso due menù creativi, uno di pesce, l’altro della tradizione. La carta mai banale permette anche agli intolleranti al glutine di non dover sacrificare gusto o varietà di piatti. Una nota particolare merita la carta dei vini costruita sapientemente da Michela. Miglior carta dei vini 2013 in Veneto per A.I.S.. Ampia, profonda e diversificata premia con vini italiani e stranieri di riguardo, una selezione di vecchie annate, e una scelta di vini naturali.
(Emma De Danieli)

Piazza Cappelletto, 1 – Rio San Martino – Scorzè (Ve)
Tel. +39.041.5840648
www.ristorantesanmartino.info

Il Buonumore

Amelio Fantoni, vecchia volpe della ristorazione viareggina, conduce da qualche anno questa baracchina nella pineta di ponente a Viareggio, dopo aver chiuso il suo raffinato ristorante Il Rungantino. L’operazione é vincente, ed anticipa di qualche anno il modello della bistronomie francese in stile viareggino.
La mano rimane quella del grande chef, che però, grazie anche all’aiuto della figlia Simona, si é evoluta verso una cucina più semplice, sana e leggera.
Il menu é basato sul pescato locale, con predilezione verso pesci poveri che vengono sempre nobilitati da una attenta sfilettatura. Da segnalare l’ottimo crudo, le zuppe, la frittura (leggerissima) e i dolci.
Da fuori il posto non invita, ma dentro é accogliente e il menù fisso consente di mantenere il prezzo competitivo.
(Giampaolo Cimino)

Viale Capponi 1 (angolo Via Marcopolo) Viareggio (LU)
Tel.: +39.339.6920936
www.ilbuonumore.it

Alice

Hanno fatto un bel balzo in avanti, Viviana Varese e il suo Alice: dal claustrofobico buchetto di via Adige alle panoramiche vetrate in cima al nuovo quartier generale milanese di Eataly.
Praticamente la miglior location, oggi, dove aprire un ristorante in Italia.
Infatti è sempre pieno e per trovar posto bisogna prenotare con svariati giorni di anticipo.
Il servizio, pur se molto rafforzato rispetto al vecchio locale, sembra arrancare di fronte a tanto successo: i tempi di attesa, così, si prolungano oltre il dovuto.
Ma il vero problema è la cucina, anch’essa apparentemente traumatizzata dal cambio d’indirizzo. Non che prima il tasso di finezza toccasse vette elevate, ma almeno era compensato da una certa qual verve golosa che, specie negli ultimi tempi, sembrava aver trovato il suo equilibrio.
Ora svanito, a giudicare dalla nostra cena. Scialbi i maccheroncini al ferro con gamberi rossi, ostrica (non pervenuta), clorofilla di spinaci e olio al lime: scivolano via nel più totale anonimato e si terminano a fatica. Pesantissimo il risotto ai peperoni arrostiti, burrata (troppa), sgombro, olive e capperi, un piatto così disarmonico e mal assemblato da risultare francamente imbarazzante. Elegante alla vista, ma sbiadito all’assaggio il merluzzo al verde con crescione, patate confit e olio al prezzemolo. Tanto ambizioso quanto poco incisivo il babà alle fragole, gelato di mandorla, granita di basilico e limone di Amalfi, che si segnala soprattutto per una certa confusione dei sapori, assai poco definiti. Alla fine, all’altezza si sono dimostrati solo il misto di pesce crudo – forse, non a caso, l’unico piatto non cucinato fra quelli provati – e in parte pane, amuse-bouche e piccola pasticceria. Un po’ poco.
(Emanuele Barbaresi)

piazza XXV Aprile 10 – Milano
Tel: +39.02.49497340
www.aliceristorante.it

alice ristorante, Friday Five
(Carpaccio di crostacei, caviale, granatina di mela e pomodoro verde – San Martino – Scorzè – Venezia)

Marco e Vittorio in cucina, Paolo in sala, senza dimenticare i genitori oramai dietro le quinte, ma non per questo meno importanti: ecco a voi la famiglia Colleoni ed il San Martino ristorante, che per gli amanti di frutti di mare e crostacei rappresenta una vera e propria istituzione (e non solo a Bergamo e dintorni …). D’altra parte è davvero difficile resistere alle ostriche, alle capesante, ai granchi, agli scamponi, a tutte quelle meraviglie che compongono il monumentale Plateau royal, indiscusso cavallo di battaglia del locale. Per non parlare poi dei marinati di pesce, grandi classici che da anni attirano una clientela ormai in larga parte fidelizzata.
Tanta Francia quindi, qui si respira una certa aria di grandeur: dei Plateau di chiara impronta Bretone si è detto, ma potremmo continuare con il ruolo centrale del burro (francese ça va sans dire), assai presente in cucina e anche in sala dove troneggia in un apposito carrellino nel suo giallo smagliante o del carrello dei formaggi con autentici capolavori della casearia d’oltralpe. Immancabile la Boullaibasse, da sempre tra i classici della cucina del ristorante.
Insomma, grande affiatamento tra il personale, materie prime ittiche di qualità, qualche preparazione scenografica: questi gli ingredienti principali del San Martino, il tutto servito in una cornice elegante che non guasta mai.
Arrivando alla cucina “cucinata” senza dubbio è d’impronta piuttosto semplice e “rassicurante”, ma alterna piatti di buon livello ad altri che non ci hanno convinto appieno, nel senso che il risultato di questi ci è apparso slegato, come se gli elementi delle preparazioni parlassero poco tra di loro.
Da rimarcare una certa grandeur anche nelle porzioni, quanto meno alla Carta: scegliere tre portate più il dolce può diventare impresa assai impegnativa.
La cantina è ricca e consente di spaziare anche oltre i confini nazionali. Il servizio è uno dei punti di forza del locale, assolutamente professionale e perfetto nei tempi.

Ad Majora

Canapè di acciuga e crema di zucca con amaretti.

Plat

Monsieur la beurre.


Tartare di gamberi, crema bernese, cavolo nero e pelle di salmone. i crudi non si smentiscono qui abbiamo dei gamberi molto molto interessanti.

La sfogliatina di funghi porcini.

Gli spaghetti di pasta Felicetti con i cuori di mare. Un filo troppo sapidi.

Il coniglio ripieno con le consistenze d’autunno. Buono, ma davvero troppo impegnativo per essere un antipasto.

Il consommè al tartufo nero con agnolotti fatti a mano ripieni di ganascino brasato. Il tartufo nero adagiato crudo nel brodo proprio non si sente, piatto privo di mordente.

Il risotto con pomodori confit e punta di vitello: praticamente un piatto unico, anzi due piatti in uno; i cubi di carne ci sono sembrati poco integrati al risotto.

La bouillabaisse.

L’orata reale con carciofi: buona, corretta la cottura.

Il brownie con ganache al cioccolato guanaja e sorbetto al lampone.

390

Recensione Ristorante

Raffaele e Michela ROS rappresentano il tessuto connettivo della buona ristorazione nazionale. Il loro San Martino raramente compare alla ribalta delle gastrocronache molecolari o futuriste, tuttavia la loro è una tavola sicura, dove si trovano certezze e qualche sorpresa. Delusioni mai.

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