Passione Gourmet Rubano Archivi - Passione Gourmet

Le Calandre

Nel tempio della famiglia Alajmo, tra fluidità e riconferma dell’eccellenza

Il concetto di “fluidità” ha assunto negli ultimi anni un’accezione politica spesso fautrice di scontri e fraintendimenti. Nel suo senso più completo, invece, rappresenta la capacità non certo scontata di adattarsi modellando la propria natura a seconda del contesto in cui ci si trova. E, in quest’accezione, se ne ricava un significato più ampio e universale, inclusivo in termini democratici, non settari. Perché la cucina di Massimiliano Alajmo, dal 2002 tristellata Michelin, è capace di presentarsi con una veste immediata e di raffinata golosità, scrigno di una ricerca e una precisione esecutiva di anno in anno sempre più (ri)confermata nella sua perfezione.

Il discorso non è nuovo ma va ribadito al netto di una cucina mai ferma, in continua ricerca di gusti e consistenze nuove, che non teme di cambiare tre menù a stagione e senza cadere nell’autoreferenzialità ma utilizzando le competenze tecniche che le sono proprie, per garantire a ogni portata un’impronta identitaria riconoscibile e, aggiungiamo, irresistibile. Attenzione, però: il nostro discorso da Massimiliano Alajmo abbraccia tutta l’esperienza, perché solo in questo modo può essere compresa nelle sue stratificazioni qualcosa che va al di là di un semplice ristorante d’haute cusine. Partendo dall’impiattamento, che renderebbe riconoscibili le portate anche, paradossalmente, a occhi chiusi, all’impeccabile ma non ingessato servizio condotto da Andrea Coppetta Calzavara, alla puntuale mescita di Matteo Bernardi, fino ad arrivare alla possibilità di pasteggiare a prezzi ridotti con le offerte “Carpe Diem”: tutto si muove per presentare e identificare Le Calandre nella sua natura esperienziale unica nel panorama italiano.

Il freddo

E qui si situa la cucina di Massimiliano Alajmo, cuoco volontariamente lontano da riflettori mediatici, di poche ma cordiali parole, che nei menù sperimenta senza riserve partendo dalle consistenze per arrivare alle temperature di servizio, mai banali. E quest’ultimo aspetto è risultato il più sorprendente della nostra visita, nella quale abbiamo pasteggiato col percorso “Max”: il freddo ha giocato un ruolo fondamentale non solo per la stagione estiva, ma soprattutto per creare continui shock termici al palato capaci di “cauterizzare” momentaneamente le papille gustative di modo che risultasse doppiamente esplosiva e avvolgente la lunghezza delle portate. Crudo di dentice, capasanta, gambero rosso e spremuta di pomodori verdi ha perfettamente manifestato questa dichiarazione d’intenti, poiché la temperatura di servizio del pomodoro, ai limiti del congelamento, ha fissato il palato su note acido-dolci per poi schiuderlo verso una lunghezza iodata della parte ittica non meno che irresistibile. Sulla stessa linea si è situato anche Risotto al sole: pomodoro, basilico, nigella e sorbetto di pomodoro giallo, dove abbiamo ritrovato il binomio caldo/freddo catalizzatore di precise note dolci dalle nuances acide, posate su una base rotonda e avvolgente data dalla mantecatura del riso (vero e proprio signature ingredient di questa tavola), stoppata dal gelo del sorbetto e poi rilasciata con eleganze e veemenza nella propria lunghezza. Due piatti non meno che perfetti.

In chiusura una nota meritoria va espressa nei confronti della mescita prevista per il percorso di Massimiliano, la quale si è dimostrata in grado di proporre a ogni servizio vini che, pur essendo spesso agli antipodi, hanno comunque garantito una precisa e continua freschezza al palato. Eleganza, raffinatezza, precisione, visione d’insieme, accoglienza, disponibilità, meticolosità. In due parole: Le Calandre.

IL PIATTO MIGLIORE: Risotto al sole.

La Galleria Fotografica:

La natura è perfetta

L’intervento ideale è quello di operare assecondandola, la natura, cercando di coglierne l’essenza andando in profondità, traendo il meglio da ogni ingrediente sviluppandone caratteristiche e potenzialità. Questo lavoro implica un approccio intellettuale assai ponderato in cui la riflessione, mediata da tempo ed esperienza, permette di cogliere i frutti di questa sedimentazione, sublimandoli in piatti che rappresentano le espressioni di una vera e propria presa di coscienza. Il menù messo a punto da Massimiliano Alajmo a Le Calandre (segnatamente, “il Max“, da noi provato) rende pienamente il compimento di questo processo e ci riallaccia a una considerazione che più volte, nel corso degli anni, ci è capitato di fare.

La grande cucina è, a tutti gli effetti, patrimonio culturale e, come tale, andrebbe diffuso il più possibile. Una tavola, allora, che riesce nell’intento di carpire l’interesse del gourmet incallito rappresentando anche un porto sicuro dove invitare l’amico titubante o disinteressato o, ancora, il parente stretto, sicuri che la grammatica gastronomica utilizzata sia comprensibile e latrice di gioia anche al profano, rappresenta una perla di inestimabile valore. Le Calandre appartiene a pieno titolo all’elenco di queste realtà, interpretando da tempo un ruolo trainante tra le pietre miliari della ristorazione italiana.

Siamo ormai vicini alla terza decade dall’avvento degli Alajmo brothers al comando del ristorante di famiglia; l’impeto giovanilistico appare ora saldamente temprato da quella maturità che rende l’esperienza a Le Calandre un must: una cucina i cui piatti hanno una chiave di lettura comprensibilissima anche a chi voglia goderne senza pensieri in quanto gustosi e golosi senza essere mai, in alcun modo, scontati. Ma è anche cucina dall’ordito stratificato e complesso e di tessitura elegante e raffinata, meritevole di attenzione assoluta.

Fertile complessità

Non ci si adagia sugli allori e allora un piatto come lo storico risotto ai capperi e caffè (selezione Gianni Frasi) si arricchisce col tartufo bianco dell’aromaticità del godurioso fungo che conferisce una chiusura rotonda e coerente di pura classe che non strizza l’occhio a scorciatoie di sorta. Quando si parla di fertile complessità e non di sterile complicazione quale esempio migliore dello gnocco di patate al curry e cocco (estrapolato dal menù “Raf”) in cui invece di andare verso la stucchevolezza e la monotonia si risolve tutto con grande eleganza grazie a una emulsione di frutti di mare che, con le note iodate, conferisce quei contrappunti che da par loro completano con vivacità il piatto.

Squisita la guancia di vitello cui la cottura in canevera dona nuance speziate di grande piacevolezza corredate da purea alla curcuma e incenso e una salsa verde da grande scuola. Da segnalare anche l’ormai celeberrima mozzarella di mandorle, un dolce che sfrutta la poliedricità del magnifico frutto secco tenuta sapientemente sul limine tra dolce e salato a chiudere un pasto in cui gli stimoli sono davvero tanti: un percorso in cui ogni pietanza è depositaria della sintesi di quasi trent’anni di lavoro e talento.

Il tutto, giova ricordarlo, in un ambiente essenzializzato sia nella mise en place, effetto della scelta di alleggerire degli orpelli retaggio di un modo classico di intendere la ristorazione, sia nel servizio in sala, davvero easy e giovanile, volto a mettere ancora più a proprio agio la clientela, minimizzando volutamente (e felicemente) il pluriennale blasone del ristorante.

La Galleria Fotografica:

Il giovane vecchio della cucina italiana

Sono passati 26 anni da quando Massimiliano Alajmo prese in mano le redini della cucina de Le Calandre: una vita lavorativa per tutti o quasi, non per lui, che all’età di 46 anni si può senza dubbio considerare ancora un giovincello, uno chef a cui il tempo sembra avere fatto un regalo speciale.
Tante cose sono cambiate da quel 1994: ci fa sempre sorridere vedere le foto attaccate alle parete del bagno del ristorante di via Liguria. Foto di risate, spensieratezza e autoironia, che cristallizzano anni in cui i due fratelloni, Raffaele e Massimiliano, rivoltavano la cucina mondiale partendo da Rubano: ognuno a modo suo, con la propria personalità e la propria genialità, sala e cucina, già allora, all’unisono verso l’obiettivo comune.

Oggi quella degli Alajmo è una impresa con più di duecento dipendenti e vari locali sparsi nel globo: il cognome è diventato un marchio, sinonimo di qualità e successo italiano. Raffaele gestisce, Massimiliano crea, in attesa della prossima generazione. Eppure niente è cambiato tra queste mura: si sono succeduti collaboratori, sono cambiati gli arredi, certamente, ma l’essenza, il nucleo, è rimasto intatto. Sempre un passo avanti e ci si accorge di quanto avanti fosse solo a cose fatte, a tavola sparecchiata e cucina pulita.

Il “tre stelle in blue jeans“: così è stato definito da un cliente che li conosce bene. Definizione azzeccatissima, perché negli anni l’atmosfera è rimasta sempre la stessa: al ristorante si viene per sorridere, giocare e stare bene e qui tutto va in quella direzione. Rottura di schemi, ma senza far pesare al cliente la necessità e la voglia di essere avanguardia. L’alta cucina che si trasforma all’occorrenza in comfort food, il ristorante di lusso che si spoglia dei formalismi e si fa vivere nella sua quotidianità: per questo le Calandre hanno una altissima percentuale di frequent users, perché, potendoselo permettere, questo è un locale da frequentare assiduamente, e non solo per la cucina ma per la piacevolezza del tutto.

Ci viene in mente un aneddoto di parecchi anni fa, con protagonista il meraviglioso Bob Noto. Gli Alajmo avevano da poco rivoluzionato la sala, sostituendo i tavoli con quelli attualmente presenti ed eliminando la tovaglia (che azzardo, si pensò all’epoca! Anni dopo, sappiamo tutti come è andata). Bob si presenta al locale con la giacca, ma senza la camicia sotto. Alla faccia stupita di Raffaele, lui con grande leggerezza…”niente tovaglia, niente camicia!”. E tutto si scioglie in una fragorosa risata. In questa frase, in quel momento, c’è così tanto delle Calandre che è davvero difficile scrivere oltre.

La cucina della gioia

La cucina di Massimiliano riesce ogni volta a sorprenderci, visita dopo visita. Uno dei più grandi interpreti della cucina italiana che non smette mai di mettersi in discussione, di crescere portando avanti il suo mantra, fatto di rispetto dell’ingrediente e ricerca della sua verità. Lo fa con la cucina trasversale, in grado di raggiungere e colpire al cuore tantissime tipologie di clienti. Una cucina che, come la sala, fa delle Calandre il “luogo del ritorno” per eccellenza attraverso menu che scandiscono il tempo delle stagioni e portano in tavola la freschezza di pensiero di uno chef unico al mondo.

Il menu di questi mesi è, come sempre, un inno alla stagione, ai suoi profumi e i suoi colori: in questo caso, l’autunno. Il risotto bianco con lattume di storione e briciole di pane è un capolavoro di complessità, un gioco tra sapidità e acidità, tra sensazioni lattiginose e croccanti; oppure è semplicemente un risotto buonissimo. Dipende dai punti di vista, dalle esigenze di chi ne gode.

Ma non si può non rimanere estasiati di fronte alla delicatezza di una salsa fatta con lievito di birra e sedano rapa, in abbinamento ai perfetti ravioli ripieni di brodo, con l’aroma di incenso a chiudere il cerchio: poesia autunnale.

Mentre tutti impiattano in modo minimale, Massimiliano Alajmo fa alta cucina italiana ricalibrando nuovamente i parametri, in quello che è un disordine ragionato. Proponendo ad esempio il cuore di costata affumicato con funghi ed essenza di Marsala alla salvia che è un inno al gusto e al piacere primordiale del cibo.

O lasciando liberi di scegliere alla carta tra 29 piatti diversi. Ventinove, tutti possibili alla carta. La rivoluzione, a Rubano, ha ancora la maschera del conservatorismo. Silente e generosa. E terribilmente incisiva.

La Galleria Fotografica:

Forse corriamo il rischio di ripeterci, ma diventa una esigenza quando ci si trova di fronte a messaggi di questa potenza comunicativa: andare in profondità, capire, amare la cucina di Massimiliano Alajmo richiede attenzione, curiosità, forse anche fatica.
Non fraintendeteci: si può tranquillamente venire alle Calandre e godere in completa leggerezza e serenità di una delle migliori tavole d’Italia.
Ma per coglierne davvero l’essenza, afferrarne le sfumature ed elaborare un proprio giudizio, bisogna andare oltre la superficie dei piatti e studiare la natura degli ingredienti.
Un po’ la differenza che passa tra sentire parlare una persona o ascoltarla davvero.

Massimiliano Alajmo si dimostra nuovamente in grandissimo fervore creativo: sembra incredibile che quest’uomo sia da quasi 20 anni sulla breccia dell’onda. La freschezza, la verve, l’energia ci parlano di un giovanotto che ha ancora tantissime cose da dire, di una creatività che è ancora ben lungi dall’aver scollinato nella sua parabola evolutiva.
Le novità tecniche si susseguono anno dopo anno: il lavoro sulla leggerezza, arrivato a gestire ogni salsa senza l’utilizzo di grassi animali o lattosio pur mantenendone le caratteristiche organolettiche, è qualcosa di unico, un patrimonio che da solo potrebbe consentire ad Alajmo di sedere tra i più grandi cuochi della storia.
Ma c’è anche molto altro: lo studio sull’ingrediente, la ricerca maniacale volta a far esprimere la materia alla sua massima potenzialità.
Cotture a pressione, lunghe lavorazioni, estrazioni aromatiche: questa cucina è una scuola vera e non è un caso che abbia sfornato e continui a sfornare grandi talenti.
Senza dimenticare il fatto che alla Calandre il menù creativo viene completamente cambiato ogni stagione (ovvero quattro volte l’anno!), caso non così frequente tra i grandi ristoranti del nostro Paese.

Il menù “Max – Autunno 2015” è un inno a questa stagione: godete del suono armonico che riesce a regalare ogni composizione, ma non privatevi del piacere di cogliere qualche dettaglio, qualche suono diverso, qualche timbro insolito che rendono un pasto alle Calandre così complesso e così emozionante.

Appetizer:
Pane carasau con crema alla bottarga.
Rapa ripiena di crema di mandorle, petali di dalia.
Gondola di mais, baccalà, schia, polpo.
Appetizer, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Cavolfiori all’olio con polvere di semi di lino e crema di arancia e curcuma.
Il cavolfiore viene prima bollito e poi passato in padella, la salsa è di arancia (la sensazione cremosa è data dall’utilizzo di frutta secca, nessun grasso aggiunto), semi di lino, olio di curcuma (con curcuma fresca).
Un inizio spettacolare.
Cavolfiori all'olio, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Nudo e crudo.
Pesca, ombrina, riso soffiato.
Spaghetto freddo, gambero, salsa di pistacchio e profumo mandarino: lo spaghetto freddo con pistacchio non è certo una novità, ma l’essenza di mandarino stravolge ogni cosa; il mandarino si lega al grasso del pistacchio, dando alla preparazione complessità e lunghezza. Standing ovation.
Astice, crema di mandorla, gelatina di acqua di pomodoro.
Battuta di Fassona, crostacei, salsa al curry.
Nudo e crudo, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Ravioli di acqua di mare con latte di dotto e passata di ceci neri.
Il latte di dotto è solo un gioco di parole perché in realtà non c’è traccia di lattosio in questo piatto: quella che rimane è la sensazione lattica, ottenuta lavorando a lungo il dotto.
I ravioli ripieni di acqua di mare sono una esplosione di gusto, salsa ai ricci, brodo di dotto latte e purè di ceci neri completano un assoluto capolavoro.
Ravioli di acqua di mare, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Risotto di funghi, tartufo bianco, scampi e crema di pinoli.
Uno dei piatti dell’anno.
Gioco di sensazioni termiche, tattili e gustative: liscio, ruvido, morbido, croccante, dolce, terroso, salato. Il tutto senza perdere l’obiettivo iniziale: fare da spalla al tartufo bianco.
Piatto da 20/20.
risotto, funghi, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Pasta al forno.
Ricotta, pomodoro, pesto, pasta ripiena di carne: l’Italia al potere.
Pasta di sola farina di grano duro e acqua: un procedimento molto lungo di lavorazione crea una cavità e porta la superficie ad essere estremamente croccante.
Un piatto eccellente che si discosta moltissimo dal registro del menù, una parentesi di rassicurazione e conforto per spezzare il ritmo.
Pasta al forno, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Brodo oro.
Un brodo concentratissimo di guancette, con zafferano, liquirizia e incenso.
Quasi masticabile, concentratissimo e complesso.
brodo oro, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
brodo oro, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Uovo al tonno e tartufo bianco.
Sorbetto di tonno (senza latticini), uovo sodo e bottarga.
Come migliorare un cicchetto senza tempo.
uova al tonno, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Astice tostato con puré filato di patate e zuppetta di scorfano.
Classicità in movimento.
Astice tostato, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Piccione con more selvatiche, incenso e pâté di fegatini.
Il piccione, in casa Alajmo, non si sbaglia mai. Meraviglioso.
Piccione, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Piattino a latere per scarpetta (d’obbligo).
Piattino per scarpetta, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Sorbetto cocalandre.
sorbetto, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Tartufo sgelato.
Gelato di tartufo, cioccolato bianco, riduzione di caffè, mela in tre consistenze, pan biscotto e uvetta al Pedro Ximénez.
tartufo, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Madame è sempre Madame…
vino, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
sala, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano

Perché andare al Calandrino se facendo gli stessi chilometri, perché il paese è lo stesso, Rubano, si può fare l’esperienza tristellata delle Calandre? A meno che non si arrivi in loco intorno alle 12/13 e, in virtù del fatto che le Calandre siano chiuse in quella fascia oraria, si debba ‘ripiegare’ e prendere, per così dire, ciò che passa il convento.
In molti potrebbero pensarla così.

In molti continueranno a pensarla così, se non abbandoneranno il pregiudizio o la facile associazione mentale che spesso fa collegare un diminutivo all’idea di una prestazione inferiore, e sceglieranno di non varcare la soglia di quello che dall’esterno sembra un bel bar-bistrò affacciato sula strada, con tavolini di legno, un ambiente luminoso e un’atmosfera confortevole eppur di stile, poltrone comode, un banco di pasticceria ben assortito e invitante e il personale sorridente.

Certo non vogliamo dire che cenare alle Calandre o mangiare al Calandrino sia la stessa cosa. Ma ci si consenta il paragone automobilistico: chi avrebbe pensato che una Smart avesse senso quando è stata concepita e immessa sul mercato, in un mondo pieno di utilitarie (in primis Mercedes Classe A)? Eppure, bella esteticamente, tecnologia Mercedes, facile da parcheggiare (anche verticalmente rispetto agli spazi appositi), piacevole da guidare per via dello sprint e comoda (per non dire assai spaziosa, considerando che si tratta di una biposto), la piccola auto ha mantenuto fede al nome che porta, e ha conquistato in breve tempo il pubblico più variegato per il riuscito e inossidabile connubio di design ed efficienza.
Insomma il Calandrino non è figlio di un dio minore; è, in scala, lo specchio della casa madre. Considerandone la natura di bar-bistrò, c’è tutta una cura per gli ingredienti, un pensiero d’autore nella costruzione della ricetta, del gusto e dell’impiattamento che non ci si aspetterebbe, ma che ha personalità e rimanda immediatamente una firma inconfondibile: Alajmo.

Traspare ad esempio nelle sorprendenti, quanto appetitose, patate al carbone con acciughe bottarga e crema alle erbette, nelle rassicuranti tagliatelle con asparagi, burro affumicato e salsa di tartufo nero, dove la pasta è un velo di nerbo insolito, l’affumicatura è perfetta per intensità e finezza, la mantecatura precisa e la salsa al tartufo nulla di più lontano dalla banalità o dalla pretestuosità. Il numero misurato di piatti in carta, la loro essenza consente di realizzare un percorso più o meno articolato che rivela una sintassi di fondo impeccabile, così da spaziare nel mondo dei sapori nelle geometrie, temperature e consistenze delle pietanze e degli ingredienti, con grande piacevolezza e invidiabile leggerezza con piena soddisfazione per il palato. Ciò grazie anche a uno staff, di cucina e di sala, assai preparato, concentrato nel portar al tavolo al meglio, anche in fatto di tempistiche, ogni proposta, pronto a metter a proprio agio gli ospiti con un’attenzione e una cordialità mai ‘impostate’.
Una vera sorpresa (ma, pensando che nulla dagli Alajmo è lasciato al caso… bisognava aspettarsela), provare per credere!

Pizza al vapore, con piselli e prosciutto .
pizza, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Patate al carbone con acciughe, bottarga e crema alle erbette.
Patate al carbone, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Merluzzo di fresca salatura con salsa all’origano e pomodoro fresco.
Merluzzo, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Tagliatelle con asparagi, burro affumicato e salsa di tartufo nero.
tagliatelle con asparagi, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Carré d’agnello al tartufo nero con patate saltate alla cipolla.
Carrè d'agnello, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
La tartara del Calandrino.
tartare, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Brioche con gelato di nocciole e crema (eccezionale).
brioche, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Crema bruciata all’orzo Santoleri e fava di Tonka con gelato al caffè, anice e liquirizia.
crema bruciata, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
I vini che hanno accompagnato il nostro pranzo.
vino, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano