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Romano

Grande cucina di mare

Era il 15 aprile 1966 quando due giovani – un po’ folli e un po’ spensierati, come tutti i giovani – aprono il ‘loro’ ristorante. Sono Romano Franceschini e sua moglie Franca. Una manciata di tavoli, una pergola, una piccola stufa. Ma con un ambizioso sogno: proporre una grande cucina. Romano arriva dalle colline della Lucchesia. Ha solo ventitré anni, sì, ma sa distinguere ciò che è di qualità da ciò che non lo è. Un ortaggio ricco di gusto da uno cattivo. Un olio ben fatto bene da uno mediocre. E un pesce profumato e ricco di umori da uno no. Sono anni arrembanti, e i due ragazzi, nel 1969, sostenuti da una clientela già numerosa, prendono parte, quasi per gioco, a un concorso gastronomico, il Piatto d’Oro, vincendolo con loro stessa sorpresa. Tre anni più tardi, nel 1972, partecipano, imponendosi su tutti, all’Oscar della Cucina Marinara, con il piatto «Burlamacco»: una grigliata di molluschi e crostacei presentata su un piccolo braciere che veniva posto direttamente in tavola.

Fu l’inizio di una scalata che avrebbe portato Romano ai vertici della ristorazione italiana, riconosciuto come uno dei migliori locali di pesce di tutta la Penisola. Ma quale fu il segreto di questo successo? Invero un segreto ben poco segreto: nessuna deroga sulla qualità, tanta passione e anche – inevitabilmente – qualche sacrificio. La cucina di Franca, negli anni raffinatasi («molto importante per noi è stato il confronto con i colleghi di Linea Italia in Cucina», confida Romano «quando vi abbiamo aderito, l’unica insegna a Sud del Po eravamo noi»), si è via via distinta per la sua essenzialità e la sua pulizia, in piatti dai profumi delicati e dai sapori netti. Così sono rimasti nel mito i Calamaretti ripieni di verdure e crostacei (una pietanza che in tanti hanno provato a imitare, senza riuscirci), gli Sparnocchi al miele; gli Spaghettoni con cicale di mare e verdure di stagione

Romano, oggi…

Oggi, dopo quasi sessant’anni, Franca si è congedata dai fornelli. E Romano ha lasciato ampio spazio a suo figlio Roberto in sala. In cucina è ora il giovane e valente Nicola Gronchi a guidare le danze. Con stile personale e definito orchestra una proposta d’impronta ‘contemporanea’, che non tradisce né violenta quella materia prima che da sempre è stata il biglietto da visita privilegiato di Romano. Attorno a questa ordisce piatti capaci da un lato di ‘spingere’ sulle espressioni più pure e ‘marittime’, come – per esempio – nel caso dei Moscardini novelli, appena sbollentati (trenta secondi) in acqua di mare, e accompagnati da una soffice salsa bernese, da fresche e croccanti taccole, e da profumati capperi e basilico. E dall’altro di puntare su ‘espressioni complesse’ di molteplici sensazioni (lo iodato, l’amaro, l’affumicato, le temperature…) che la arricchiscono, come nel caso delle Scarpette (seppioline) alla greca con fegato di seppia, ricci, radicchio e velo di seppia marinata o del Risotto Carnaroli (ottimamente!) mantecato con crema di riso, ginepro affumicato, mazzancolla al timo e granita al limone. Sia nell’uno caso sia nell’altro la percezione dei piatti appare lineare, e conquista per equilibrio, finezza e soddisfazione. Ma dietro questa ‘apparente facilità’ si nasconde un approccio tecnico di alto livello: ben lo dimostra – per esempio – la straordinaria Zuppa di cerfoglio (dal prorompente profilo aromatico e dalla bella sensazione di clorofilla) con giardiniera di verdure e sgombro (cotti insieme), uvetta, pinoli e nervetti. Fra i secondi, dopo un assaggio del sontuoso e buonissimo Rombo glassato con ‘maruzzelle’ (lumachine di mare) e ceci al curry verde, salsa al curry e lische rombo, non si deve mancare un assaggio di carne. La Guancia di vitello con salsa di carote, indivia e sugo di brasato è fondente comme il faut e vivificata dalla freschezza e dal tocco ‘amaro’ dei vegetali. E pure la pasticceria si conferma di alto livello: fresca, profumata e non stucchevole è la Sfoglia cotta con cremoso al fiordilatte, gelato al fiordilatte, albicocche, verbena e salsa albicocca.

A contorno di tutto c’è una delle più belle carte dei vini della ristorazione nazionale, gestita con sapienza e trascinante simpatia, da Roberto, figlio di Franca e Romano. Pagina dopo pagina si incontrano, come snocciolate in un rosario, tutte le più importanti referenze italiane e straniere, con un’attenzione particolare alla Francia, e nello specifico a Champagne e Borgogna.

IL PIATTO MIGLIORE: Zuppa di cerfoglio con giardiniera di verdure e sgombro, uvetta, pinoli e nervetti.

La Galleria Fotografica:


(Tris di tartare: tonno, ombrina e ricciola – Un piatto di Fabio Tammaro all’officina dei Sapori – Verona))

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Officina dei Sapori

Classe 1985 e già un curriculum internazionale di tutto rispetto. In una città dove forse sarebbe più facile rivolgere il tiro verso turisti mordi e fuggi, proporre una selezione di pesce di altissima qualità non è una scelta facile, ma Fabio Tammaro e il suo staff si dimostrano determinati e competenti, sicuramente all’altezza dell’obiettivo che si propongono.
La ricerca della materia prima si spinge dalla vicina Chioggia fino ai mercati più grandi d’Italia o alla Bretagna per i coquillages. Niente pesce allevato o di incerta provenienza, completa tracciabilità di ogni ingrediente utilizzato.
Molto coreografico il tris di tartare servito su una pietra scura e lucidissima: tonno rosso, ombrina, ricciola, impeccabile il fritto, interessante la seppia confit cotta a bassa temperatura su ceci e olio del Garda, insospettabilmente equilibrata.
Aldilà del coraggio che accompagna sempre imprese di questo tipo, me ne vado con l’idea di una gestione professionale e di una cucina supportata da mani sicure, esperienza, scelta di ottime materie prime e qualche guizzo di fantasia.
(Cristiano “Gillo” Giliberti)

Via G.B. Moschini, 26 Verona
Tel: +39.045.913877
www.officinasapori.com

The Test Kitchen

Una delle migliori tavole dell’emisfero australe! Una cucina fusion di ottimo livello, con sprazzi di eccellenza, in una città che più caleidoscopica e multietnica non si può. Certo, siamo ancora entro il paradigma della golosità e di una cucina intesa come “servizio” che deve risultare gradito al cliente che paga (e non, avanguardisticamente, come espressione di uno chef che si emancipa dalla logica di mercato “offendendo” giocoforza gran parte del proprio stesso pubblico), ma qui c’è senz’altro equilibrio, capacità compositiva, gusto.
L’Africa sarà il continente a cui guarderà la cucina del futuro.
(Giovanni Lagnese e Valentina Nappi)

375 Albert Road, Woodstock, Città del Capo, Sudafrica
Tel:+27(0).21.4472337
www.thetestkitchen.co.za

Bleu Salento

Chiusa tempo fa l’avventura al Villino di Lecce, ritroviamo Francesco Tornese alla guida del suo nuovo locale all’interno del porto turistico di Gallipoli. Lo chef conosce bene la materia prima che il mare del Salento è in grado di fornire, ed è molto bravo a selezionarla. La cucina non si mostra però eccessivamente attenta a valorizzare gli ingredienti per cui, quando si esce dal seminato di crudi di alto livello e pesci al carrello in cotture semplici, i nobili prodotti finiscono per essere qualche volta coperti dagli altri elementi.
Il servizio si mostra inoltre eccessivamente distratto, svagato, poco attento anche a fondamentali come la presentazione dei pesci e la loro deliscatura, praticata lontano dallo sguardo dei clienti e in modo davvero deficitario. Peccato, perché i risultati potrebbero essere ben diversi.
(Carlo Cappelletti)

Lungomare Marconi 34, Gallipoli (LE)
Tel. +39.338.4425208
www.bleusalento.it

Romano

Come si fa a non andare da Romano quando si è a Viareggio? Chi ci viene per la prima volta non può che divertirsi passando da un frittino aereo e saporoso, gamberesse incluse, a un orologio di crudi di mare da far perdere la nozione del tempo, semplicemente conditi con un extravergine così che la freschezza del pescato con tutte le sue sfumature iodate sia assoluta protagonista. Chi lo conosce già , non può che rallegrarsi nel constatare che la passione e la competenza con cui Romano ricerca le materie prime sono ancora intatte, che la mano in cucina della moglie Franca non perde un colpo sia che si tratti di cavalli di battaglia come gli sparnocchi con i fagioli schiaccioni o i calamaretti farciti sia che “improvvisi” un gomitolo di tagliolini alle arselle, cremosi grazie a una mantecatura “a polso” impeccabile. Carta dei vini infinita, servizio sorridente e preciso capitanato dal figlio Roberto sono altri dettagli che fanno la differenza.
(Errica Tamani)

Via Mazzini, 120 – 55049 Viareggio
Tel. +39.0584.31382
www.romanoristorante.it

Ristorante Righi
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A pochi metri dall’ingresso del centro storico, sulla panoramica Piazza della Libertà, il ristorante Righi rappresenta il fiore all’occhiello della ristorazione sammarinese. Tra le proposte dello chef Luigi Sartini che spaziano dalla degustazione di carne a quella vegetariana passando per pesce e “territorio”, l’attenzione cade sul menù “Scoprendo la mia cucina”. Materie prime di assoluta qualità che purtroppo non sempre trovano il giusto equilibrio nei piatti. Nel carpaccio di ricciola con burrata la delicatezza del piatto è sovrastata dalla nota vegetale dei fin troppo abbondanti germogli di barbabietola. Al risotto con porri e triglia, eccessivo nella porzione, non bastano le gocce di aceto tradizionale per lasciare il segno sul palato. Decisamente meglio la dadolata di foie gras con porcini su salsa di ceci ed il piccione grigliato su salsa alla curcuma al quale, per la verità, poco aggiunge il cavolfiore di accompagnamento. Gradevole infine l’ananas alla vaniglia con gelato alle lenticchie e coulis di lamponi ma non basta per alzarsi da tavola soddisfatti.
(Giuseppe Malvetani)

Piazza della Libertà, 10, Repubblica di San Marino
Tel: 0549.991196
www.ristoranterighi.com


(Officina dei Sapori – Verona)