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Armando al Pantheon

Un locale da coccolare e proteggere come un bene prezioso.
Senza farne un totem intoccabile, ma vivendolo tutte le volte che ce n’è la possibilità, tutte le volte che si avverte l’esigenza di immergersi nella romanità più vera.
Armando al Pantheon è un’oasi di civiltà in un deserto sempre più arido: un locale di grande successo che bada bene però dall’atteggiarsi a divo, una trattoria “chic”, curata nei dettagli, che comunque non perde la sua anima, la sua essenza più vera, che è appunto quella di una trattoria romana.
La famiglia Gargioli ha il grande merito di non avere ceduto al fascino del denaro facile, dell’approssimazione comunque redditizia dei tanti locali che circondano il Pantheon: ha creduto e continua a credere che la qualità non sia merce in svendita, che la ristorazione sia una cosa seria e che il cliente vada rispettato, in cucina e in sala.

Allora, quando vedi che il pane servito è quello del forno Roscioli, cominci a capire come tiri il vento qui.
Tradizione romana, ricerca e riscoperta delle antiche ricette Apiciane, grande solidità e sostanza: c’è questo nei piatti di Claudio Gargioli, c’è la voglia di grande concretezza senza rinunciare ad alzare gli occhi verso il cielo.
I grandi classici ci sono tutti: carbonara, matriciana, cacio e pepe, abbacchio…
Non sappiamo se i migliori di Roma, di certo tra i migliori, ad un prezzo incredibile per questa zona (11 euro per un abbondante primo piatto).
Senza dimenticare il quinto quarto, colonna della cucina romana qui rappresentata in degna maniera: le fettuccine con le rigaglie di pollo sono un regalo da concedersi.
Fabiana Gargioli in sala sa proporre nel migliore dei modi la cucina del padre, proponendo vini interessanti e mai banali, ma soprattutto non lesinando nell’ingrediente principale di ogni trattoria che si rispetti: il sorriso, l’ingrediente assoluto, che non ritroverete nemmeno nel leggero conto finale.

Spaghetti alla Matriciana.
matriciana, Armando al Pantheon, Chef Claudio Gargioli, Roma
Spaghetti alla Griscia.
griscia, Armando al Pantheon, Chef Claudio Gargioli, Roma
Gnocchi al pomodoro.
gnocchi al pomodoro, Armando al Pantheon, Chef Claudio Gargioli, Roma
Fettuccine con le rigaglie di pollo.
fettuccine, Armando al Pantheon, Chef Claudio Gargioli, Roma
Abbacchio a scottadito.
abbacchio, Armando al Pantheon, Chef Claudio Gargioli, Roma
Puntarelle.
Puntarelle, Armando al Pantheon, Chef Claudio Gargioli, Roma
Carciofo con mozzarella di bufala.
carciofo, Armando al Pantheon, Chef Claudio Gargioli, Roma
Torta antica Roma (con ricotta e marmellata di fragole).
torta antica roma, Armando al Pantheon, Chef Claudio Gargioli, Roma
Tiramisù.
Tiramisù, Armando al Pantheon, Chef Claudio Gargioli, Roma
Silene 2013 Damiano Ciolli.
vino, Armando al Pantheon, Chef Claudio Gargioli, Roma

Se per la ristorazione di fascia media e l’onnipresente street food va riconosciuto a Roma un certo dinamismo, l’offerta di alta ristorazione resta abbastanza statica. I grandi ristoranti sono un pugno e sono sempre gli stessi e, tra questi, una certezza è l’Imàgo dell’Hotel Hassler.

Questo non significa che Francesco Apreda proceda col pilota automatico, tutt’altro, perché la sua cucina è sempre piena di stimoli, d’invenzioni e di riletture consapevoli e personali di cucine dei vari angoli di mondo, che ha frequentato e frequenta ancora: la Napoli delle sue origini, la Roma di oggi, l’India, il Giappone, l’America.
Di ogni posto e di ogni cucina lo chef pare aver tratto una conoscenza non superficiale, e gli va dato atto di essere capace non solo di sapercela restituire con i suoi piatti, ma di riuscire anche a mettere insieme questi elementi in una policromia davvero armoniosa.
Questo è vero sia nel menù dei suoi classici sia nel “sapori di viaggio”, che viene rinnovato spesso e contiene gli ultimi frutti di una creatività sempre vivace.

I piatti sono sempre ad alto grado di difficoltà, sia per l’uso di tecniche di cucina proprie di tradizioni distanti tra loro, sia per l’impiego di spezie che lo chef adora e seleziona con grande cura (il suo blend di pepi è una pozione magica…). La maestria si rivela nella resa, sempre capace di soddisfare anche palati meno avvezzi a queste contaminazioni.
Dell’ultima visita, ci piace ricordare (e lo abbiamo anche messo come copertina) un suo classico che ne sintetizza eloquentemente il lavoro, i vermicelli di soia al sugo di ricciola e cozze: grandissimo impatto visivo, gioco di texture seducente, matrimonio tra Napoli e Asia da antologia. Con, se si vuole essere fiscali, in nuce, anche uno dei pochi difetti di questa cucina: la tendenza, alle volte, a eccedere in sapidità.
Tutto il resto della carta o dei menu è pieno di piatti arditi, spiazzanti sin dai titoli e sempre risolti con tecnica matura in grado di renderli sensati, stimolanti, originali.
Anche la sezione dessert ha il pregio di proporre preparazioni bellissime e suggestive (il babà in sospensione al cioccolato e saké, ghiacciato alla banana, forse meno riuscito nel gusto di precedenti preparazioni di babà di Apreda, ma dall’impatto visivo davvero notevole), che rendono la chiusura del pranzo memorabile.

Servizio accogliente e molto meno paludato, per fortuna, di quello che ci si aspetterebbe in un ristorante collocato in un grand hotel storico: l’affettazione non ha posto all’ hotel Hassler, fatto a immagine e somiglianza dello straordinario Roberto. E. Wirth che lo dirige da una vita.
Una parola in chiusura per il locale: la vista sulla capitale, letteralmente dal suo centro, è impareggiabile. E se la sala è improntata a un lusso internazionale con qualche virata kitsch, il panorama vi aprirà il cuore e renderà ancor più piacevole l’esperienza.

Cappesante impanate e ripiene di mozzarella di bufala, foglie di sedano e tartufo nero.
Capesante, Imàgo, Chef Francesco Apreda, Milano

I celeberrimi e portentosi cappellotti di parmigiano in brodo freddo di tonno, doppio malto e 7 spezie.
ravioli, Imàgo, Chef Francesco Apreda, Milano

Risotto al pomo d’oro provolone e cardomomo nero.
risotto, Imàgo, Chef Francesco Apreda, Milano

Babà in sospensione al cioccolato e sake, ghiacciato alla banana.
babà, Imàgo, Chef Francesco Apreda, Milano

Una volta varcata la soglia di questo accogliente e raccolto locale al Flaminio, interessante quartiere dove sono dislocati alcuni degli indirizzi culturalmente più importanti di Roma (come l’Auditorium e il Maxxi), non potrebbe esserci equivoco maggiore che aspettarsi una cucina di matrice orientale o in qualche modo orientaleggiante.
Noda Kotaro, da tanti anni in Italia, è il classico esempio di affinità elettiva quasi totale per la civiltà enogastronomica di un paese altro dal proprio.
Non conoscendolo di persona, solo un attento lavoro di detection, e non certo una scorsa del menù, potrebbe infatti rivelarne l’origine nipponica, essendo egli profondamente calato in tradizione e territorio laziali.

Dapprima, infatti, in quel di Viterbo alla Torre, e poi, da qualche anno, nella realtà romana, l’immedesimazione, pressochè zelighiana, dello chef nell’ambiente e negli umori di cui è intrisa la realtà gastronomica che lo circonda è di fatto totale.
Vero è, d’altro canto, che a Roma bisogna fare di necessità virtù e un ristorante che non annoveri nel suo menù gricia, carbonara o amatriciana tenderà a incontrare molta difficoltà nell’intercettare i favori di una clientela che definire conservatrice sarebbe un garbato eufemismo.
Lo chef se ne è dato per inteso e nella sua carta non mancano le personali versioni di questi cavalli di battaglia della gastronomia regionale.

E’ altrettanto possibile, però, affidandosi magari al degustazione per un’ampia panoramica, conoscere e apprezzare piatti che, partendo da ricette fortemente istituzionalizzate, ne vedono una loro versione alleggerita e affinata.
Nessuna folgorante intuizione, nessuna trovata trascendentale ma buon senso e levità, applicati con profitto, sono il vademecum costante di un percorso che presenta pietanze come il delicato e leggero pesto di fagiolini e seppie o l’ottimo salmone sapientemente marinato nel koji corredato da una crema fresca, pur se troppo poco densa, a base di yogurth e olio alla menta.
La personale interpretazione del territorio da parte dello chef presenta anche alcune preparazioni certamente gustose ma alquanto scolastiche come la panzanella con pil pil di baccalà e maionese al basilico, l’onesta porchetta con coppa, crema di bieta e mela marinata al vino rosso o l’ennesima e superflua rivisitazione della caprese.

La sensazione finale, comunque, è quella di trovarsi di fronte a un profondo conoscitore della gastronomia locale nonché un bravo esecutore e ad alcuni guizzi, come l’eccellente brodo che accompagna i lombrichelli, un cioccolatino ripieno di fragola di ottima fattura nella variazione di cioccolato bianco o il già menzionato salmone, lasciano intravedere quelle potenzialità che permettono serenamente di arrotondare il voto per eccesso.

Panini di pecorino e pepe e pane carasau.
panini di pecorino, Bistrot64, Chef Noda Kotaro, Roma
Ottimo pane.
pane, Bistrot64, Chef Noda Kotaro, Roma
Caprese rivisitata: gelatina di acqua di pomodoro, salsa di basilico, spuma di mozzarella, foglia di shiso.
caprese rivisitata, Bistrot64, Chef Noda Kotaro, Roma
Gelato di ostriche, centrifuga di mela verde, sedano e zenzero con lime candito.
gelato di ostriche, Bistrot64, Chef Noda Kotaro, Roma
Panzanella con baccalà, pil pil, maionese di basilico, pomodorini alla vodka e olio di basilico.
Panzanella, Bistrot64, Chef Noda Kotaro, Roma
Uova strapazzate, polvere di gamberi, succo di rapa rossa fermentata, gamberi rosa crudi, soncino, prugne fermentate.
uova strapazzate, Bistrot64, Chef Noda Kotaro, Roma
Lombrichelli, vongole, verdure e katsuoboshi.
lombrichelli, Bistrot64, Chef Noda Kotaro, Roma
Fusillone, pesto e fagiolini con seppie marinate.
fusione, Bistrot64, Chef Noda Kotaro, Roma
Salmone marinato nel koji, giardiniera e crema di yogurth con olio alla menta.
salmone marinato, Bistrot64, Chef Noda Kotaro, Roma
Porchetta, coppa, mela marinata al vino rosso e disidratata, crema di bieta e pane.
porchetta, Bistrot64, Chef Noda Kotaro, Roma
Gelato alla vaniglia.
gelato alla vaniglia, Bistrot64, Chef Noda Kotaro, Roma
Variazioni di cioccolato bianco: in polvere, squisito cioccolatino ripieno di fragola liquida, panna cotta ai fiori di sambuco, sorbetto di pera e meringhe allo yuzu.
variazioni di cioccolato bianco, Bistrot64, Chef Noda Kotaro, Roma
Crumble di nocciole, pesca sciroppata, mousse di caramello, sorbetto alla pesca, cialda di latte e camomilla, dolce poco significativo.
crumble di nocciole, Bistrot64, Chef Noda Kotaro, Roma
Petit four.
petit four, Bistrot64, Chef Noda Kotaro, Roma
Un grande Timorasso.
timoroso, Bistrot64, Chef Noda Kotaro, Roma
La sala.
sala, Bistrot64, Chef Noda Kotaro, Roma

La ristorazione nei luoghi deputati alla balneazione, specie se tarata su grandi numeri, è spesso considerata un doveroso complemento, un orpello -dalla qualità spesso approssimativa- all’offerta generale fatta a chi viene per trascorrere una giornata in spiaggia.
Non sfugge a questo quadro il litorale di Fregene, frazione di Fiumicino, dove lidi e mangiatoie si dispongono senza soluzione di continuità su una costa gettonatissima dai romani in cerca di sollazzo e refrigerio.
Non tutti però hanno questa equivoca concezione del concetto di ristorante e qualcuno cerca di proporre qualcosa di diverso sia nella forma che nella sostanza.
Rosario Malapena, all’interno del rinomato lido Albos club, da alcuni anni ormai, ha intrapreso un percorso che lo porta a distinguersi dall’uniforme piattezza che lo circonda.
Al primo piano della costruzione anni cinquanta, a pranzo, e ancor più la sera al tramonto nel periodo estivo, è infatti possibile godere, in primis, di un bel ristorante, dominato dalla luce, tutto nei toni di un elegante bianco, dalle doghe del pavimento, alle pareti, fino alle ampie finestre che proiettando la vista sul mare regalano grande appagamento per gli occhi.
Poi, per quanto riguarda la cucina, ci si trova davanti a ottima conoscenza e capacità di approvvigionamento del materiale ittico che lo chef offre ai suoi clienti preservandone rispettosamente le caratteristiche.
Nei piatti, pienamente al servizio di ottima materia prima, sono presenti pochi fronzoli, affidati per lo più al menù scritto vezzosamente a mano.
Le pietanze elencate sono limitate essendo legate alla mutevole disponibilità del mercato e non sarà, quindi, una cattiva idea quella di affidarsi a uno dei tre menù degustazione presenti in carta.
Arriveranno antipasti crudi di livello e ben eseguite preparazioni come il padellotto di cozze o le gustose alicette fritte che sono di buon auspicio per il prosieguo della cena.
Quando però le pietanze necessitano di una più approfondita conoscenza della tecnica i risultati lasciano più a desiderare, vedi la salsa non concentratissima che accompagna la semplice insalata del pescatore, la panatura poco accurata del merluzzo, l’eccessiva semplicità, quasi naif, di alcuni contorni o la fattura della crema che guarnisce la millefoglie.
Il pasto resta comunque piacevole e soddisfacente, allietato da un servizio cordiale e attento e dalla possibilità di scegliere da una carta dei vini molto ricca su cui spicca un elenco di champagne davvero encomiabile.

Carpaccio di baccalà e cipolla caramellata.
carpaccio di baccalà, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Tartufi di mare e ostriche Gillardeau.
tartufi di mare e ostriche, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Gambero gobbetto, gambero viola e scampo.
gambero gobetto, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Insalata del pescatore con salsa alle carote.
insalata del pescatore, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Alicette fritte.
alicette, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Padellotto di cozze.
cozze, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Caprese scomposta al Samaroli e triglia fritta.
caprese scomposta, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Merluzzo su panatura aromatica all’aceto di riso e sakè su crema di melanzane.
merluzzo, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Spaghetto con cernia, olive e mandorle tostate
spaghetto con cernia, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Leone di mare alla griglia con battuto di pomodori.
leone di mare, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Millefoglie.
millefoglie, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Semifreddo al pistacchio su salsa di caffè e mandorle tostate.
semifreddo, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Ricotta e pere.
ricotta e pere, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Frutta.
frutta, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Petit fours.
petit fours, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Una grande bottiglia.
grande bottiglia, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Interno.
interno, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Ingresso.
ingresso, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma
Vessilli.
Vessilli, Rosario all'Albos Club, Chef Rosario Malapena, Fregene, Roma

L’Osteria Fernanda appare ora, dopo aver lasciato gli angusti spazi che l’hanno ospitata fino ad aprile, come un moderno e luminoso bistrot, del tutto adeguato all’offerta gastronomica che una grande città come Roma dovrebbe avere.
Quattro ampie vetrate fronte strada danno ampiamente conto della spaziosa e piacevole sala che ospita il locale, cui si aggiunge un soppalco dai cui tavoli è possibile osservare il laborioso affanno della brigata che finalmente opera in una cucina degna di questo nome.
Lo chef Davide Del Duca e soci hanno fatto le cose per bene, e quello che si respira è davvero l’atmosfera di una macchina i cui ingranaggi girano tutti nel verso giusto.
Ogni cosa sembra già abbastanza registrata, come il servizio garbato ed efficiente, anche in serata di pienone, la puntualità nella tempistica dei piatti e una lista dei vini piena di piccole chicche, che offre l’opportunità di scelte interessanti.
Le idee chiare proseguono anche in cucina: una dozzina di piatti salati più i dolci tanto per sottolineare il saggio concetto, ormai diffuso e accettato, che è deleterio disperdere inutili energie nella quantità delle scelte possibili.
Accanto a qualche piatto ultra tradizionale come l’amatriciana, giusto per non rendere la denominazione di Osteria un puro vezzo, si trovano in carta pietanze che utilizzano diversi ingredienti base interpretati ricorrendo ad accompagnamenti dalle tonalità di volta in volta acide, speziate, o persino dolci a seconda dell’estro dello chef.
L’andamento oscilla fra la riuscita di alcuni piatti e l’incompiutezza di altri, quasi che in questi ultimi si sia tentata una quadratura del cerchio non ancora pienamente raggiunta.
Ecco allora che il petto d’anatra guarnito da un’ottima salsa alle nocciole e i cappelletti ripieni di birra su rassicurante spuma di parmigiano, funghi e zenzero sono sintomatici di un’abilità non da poco, tanto nella fattura dei cappelletti quanto nella finitura della salsa, nonché nella cottura delle carni.
Allo stesso modo i dolci, pur cercando una strada originale e non eccessivamente elaborata, non riescono a elevarsi da un onesto livello medio piuttosto interlocutorio. C’è della brace che cova sotto la cenere ed è lecito sperare, dalla passione e dalle capacità manifestate, che questo locale possa evolvere e inserirsi stabilmente nel gotha del panorama gastronomico di una città non facile per chiunque voglia proporre una cucina originale e che tende ad allontanarsi dai percorsi tradizionali.

Mise en place.
Mise en place, Osteria Fernanda, Chef Davide Del Duca, Roma
I pani. Particolarmente interessanti i grissini e il pane con uvetta, noci e cumino.
Pane, Osteria Fernanda, Chef Davide Del Duca, Roma
Amuse bouche: alici marinate, burrata e cipolla, fegatini di pollo con visciole e nocciole, ostriche con nuvola di rapa rossa, mandorla e zenzero. Poco incisivi.
amuse bouche, Osteria Fernanda, Chef Davide Del Duca, Roma
Carpaccio di manzo ripieno della sua tartare (in pratica un saltimbocca), terra di foie e visciole, spugna di salvia.
Carpaccio di manzo, Osteria Fernanda, Chef Davide Del Duca, Roma
Petto d’anatra, salsa di nocciole, cipollotto e nespole fermentate.
Petto d'anatra, Osteria Fernanda, Chef Davide Del Duca, Roma
Spaghetto Cavalieri con salsa di melanzane bruciate, coriandolo, scampi e pistacchi.
spaghetto con salsa di melanzane, Osteria Fernanda, Chef Davide Del Duca, Roma
Cappelletti ripieni di birra, spuma di parmigiano, funghi, zenzero, foie marinato.
Cappelletti  ripieni di birra, Osteria Fernanda, Chef Davide Del Duca, Roma
Pluma di maiale, salsa di pastinaca, ‘nduja ghiacciata, passion fruit.
pluma di maiale, Osteria Fernanda, Chef Davide Del Duca, Roma
Piccione, petto scottato e coscia in oliocottura, topinambour, salsa al caffè, arachidi e polpetta di fegatini.
piccione, Osteria Fernanda, Chef Davide Del Duca, Roma
Predessert: Gelato di nocciola, spugna di caffè, panna e nocciole tostate.
Predessert, Osteria Fernanda, Chef Davide Del Duca, Roma
Salsa di ricotta, gelato di salvia, spugna di salvia, meringa al karkadè e frutti rossi. Dolce fresco, pur se non particolarmente significativo.
Salsa di ricotta, Osteria Fernanda, Chef Davide Del Duca, Roma
Spuma all’aglio nero, gelato di birra rossa, bucce di tubero fritto e crumble di cioccolato. Poco marcata la concentrazione del gelato e poco convincente il gioco di consistenze col tubero.
aglio nero, Osteria Fernanda, Chef Davide Del Duca, Roma
Petit fours: Tarte citron, cioccolato bianco con ripieno di pinha colada, millefoglie con ganache al caramello.
petit fours, Osteria Fernanda, Chef Davide Del Duca, Roma
Un gran bel vino da una interessante cantina.
vino, verdicchio, Osteria Fernanda, Chef Davide Del Duca, Roma