Siete a Montecarlo per gustarvi una parata di Vip? Volete stupire la vostra compagna con un ristorante da sogno a prezzi da discount? Volete provare la cucina del cuoco del secolo (scorso) senza uscire dissanguati? Volete sentirvi principi per un giorno tra Aston Martin, Ferrari, Lamborghini e Maserati?
Il menù déjeuner al ristorante dell’Hotel Metropole di Montecarlo è quello che fa per voi.
Una grande cucina a prezzi modici, con due chicche su tutto: un fantastico carrello dei pani ed un paradisiaco carrello dei dolci, da cui attingere a piene mani senza ritegno, dove potrete toccare veramente il cielo con un dito, e anche oltre.
A questi prezzi veramente difficile fare meglio. Non fatevi ingannare dal voto, come spesso accade è una sintesi troppo estrema. Leggete tra le righe e sulle righe, guardate le foto. Solo i due carrelli valgono il viaggio, la deviazione o quel che pare a voi. Basterebbero solo loro due, allo stesso prezzo del menù intero.
Se volete sbizzarrirvi, invece, potrete come noi degustare una guancia brasata da manuale, una triglia alla provenzale da urlo e il mitico purée di Joel a volontà. Con rabbocco, se gradito, garantito. Acqua compresa nel prezzo e, udite udite, pure amuse bouche e petit fours alla fine.
Accorrete copiosi alla corte del maestro Robuchon… a pranzo, mi raccomando!
Pane di altissimo livello.
Schiuma e mousse di parmigiano e porto
Granciporro, indivia, avocado, valeriana, granny smith e sedano
Zuppa di crescione, parmigiano e saint Jacques …
La triglia con mirepoix di verdure, capperi e limone di mentone
Il mitico purée
Guancia di vitello brasata
Il carrello dei dolci …
Tarte au citron e Tarte tatin
Galette des rois, savarin e tarte ganache chocolat
Bisogna risalire alla fine del secolo scorso, anno 1889 per la precisione, per indicare la prima data di inaugurazione di questa perla dell’hotellerie mondiale, costruito dalla “Monte-Carlo Hotel Company Ltd” su un terreno che era appartenuto al Papa Leone XIII.
Nel pieno cuore del Principato, a due passi dalla piazza del Casino, questa costruzione in stile Belle Epoque non fatica a diventare un punto di riferimento assoluto della clientela internazionale.
Nel 1980, Nabil Boustany, imprenditore libanese innamorato del Principato, decide di acquistare la proprietà per riportarla a nuovo splendore. Nel settembre 2003 il Metropole Palace, questo il nome di allora, chiude le sue porte per una importante ristrutturazione.
I lavori sono affidati a Jacques Garcia, grande architetto e interior designer (sua, tra le altre, la ristrutturazione del celebre Hotel Costes di Parigi), affiancato da Jacques Messin (paesaggista) e dall’architetto di interni Didier Gomez.
L’Hotel viene rivisto in molti aspetti.
Il Bar, situato tra la lobby e il ristorante, diventa, secondo il pensiero di Garcia, un vero e proprio spazio di vita, il fulcro vitale di tutto l’albergo, dove bere qualcosa, leggere o semplicemente conversare con degli amici. Un luogo davvero di grande fascino.
L’intervento di ristrutturazione è rispettoso del carattere storico dell’hotel, ma sa dare nuova linfa vitale al Metropole. Due piani vengono completamente rifatti, creando ex novo un settore di camere di lusso.
Viene ovviamente mantenuto lo splendido ingresso, vera immagine distintiva di questo hotel: un lungo corridoio aperto bordato di cipressi.
150 camere,10 suite e 45 junior suite: nel luglio 2004 il nuovo Metropole Montecarlo apre le sue porte.
Albergo che non cessa però di rinnovarsi: è datata aprile 2006 l’apertura della Métrolole ESPA Monte-Carlo; nel 2013, poi, viene rivista da Karl Lagerfeld la zona della piscina (di acqua di mare riscaldata), creando il nuovo spazio Odissey.
Ma è la gastronomia la vera punta di diamante dell’Hotel: per ridisegnare la propria offerta, la proprietà si è affidata a Joël Robuchon, personaggio che non ha bisogno di presentazioni.
E Robuchon si è affidato a Christophe Cussac, executive chef di eccezionale bravura.
L’Executive Chef, Christophe Cussac
Un ristorante giapponese, Yoshi, una carta più informale per lo spazio Odissey, la Lobby Bar e poi il ristorante principale, sullo stile degli Atelier Robuchon sparsi per il mondo.
La table du chef al ristorante Joël Robuchon
Dettagli sostanziali, che hanno portato questo albergo, sotto la guida del suo Direttore Jean-Claude Messant, vero fuoriclasse, a diventare un riferimento dell’hotellerie mondiale.
Il marchio di fabbrica di Messant? Luxe décontracté.
Quindi ricerca assoluta della perfezione, ma in un clima rilassato, di grande convivialità.
L’obiettivo era quello di dare una anima e una immagine riconosciuta a quello che era solo un bellissimo palazzo del centro del Principato: una scommessa vinta.
Miglior albergo del mondo 2010 per Leading Hotels of the World, Migliore decorazione floreale d’hotel in Europa nel 2013 dal Prix Villégiature….i riconoscimenti di pubblico e critica sono arrivati in abbondanza.
Il recente passaggio di Messant al Royal Mansour di Marrakech e l’arrivo a Monaco di Pierre Ferchaud (17 anni alla guida del Bristol di Parigi) apre un nuovo capitolo per il palazzo Monegasco: vedremo quali novità porterà il nuovo direttore generale e se saprà confermare il livello di questa perla dell’ospitalità mondiale.
La nostra esperienza
La sensazione di trovarsi in un grande albergo si ha dal primo momento in cui se ne varca la soglia: tutto molto scenografico ma, allo stesso tempo, molto a misura d’uomo, quasi un servizio sartoriale.
Percorrere il viale d’accesso con l’auto ha un indiscutibile fascino.
Il Valet Parking è assolutamente solerte, anche se il parcheggio in garage sarà pagato a caro prezzo (39 euro al giorno, ma siamo pur sempre nel centro del Principato).
La lobby bar è davvero il cuore del piano terra dell’Hotel: molto frequentata anche da ospiti esterni, risulta il luogo più piacevole dove rilassarsi, magari con un bel cocktail davanti agli occhi.
La camera del nostro soggiorno è stata la Deluxe: camera di dimensioni in linea con lo standard della sua categoria (circa 25 m2), vista infelice sul palazzo adiacente al Metropole, non esattamente in ottime condizioni.
Comodissimo il letto, materasso di grande qualità. Ampio lo spazio negli armadi per i vestiti.
Bagno in marmo dotato sia di vasca che di doccia idromassaggio. Kit da bagno Hermes.
Velocissimo il wi-fi, anche nel resto della struttura. Nel complesso una ottima sistemazione, non di particolare fascino ma estremamente confortevole.
Lo spazio Odissey si trova al primo piano: molto bella la piscina di acqua di mare riscaldata, servizio di gran livello (almeno 4 persone sempre presenti), ottimo anche il bar. La zona sconta la vista sul lato dell’hotel non felicissima (vedi palazzo di cui sopra).
L’ingresso allo spazio Odissey
La piscina riscaldata… con la vista infelice
La colazione è di altissimo livello, forse la cosa che più ci ha convinto dell’intera proposta.
La mise en place della colazione al piano terra
Il Buffet
Si può optare tra il buffet collocato nel ristorante Robuchon al piano terra, e la scelta alla carta nello spazio Odissey. Noi abbiamo preferito la prima proposta.
Il buffet è molto ampio, sia per il salato che per il dolce. Fantastico, ad esempio, il salmone. Ma anche tutta la pasticceria.
Superlative le uova alla Benedict scelte alla carta, da grande cuoco. (peccato per il sovrapprezzo esagerato di 26 euro).
Vi facciamo sognare con le foto della suite presidenziale situata all’ultimo piano dell’albergo, con una terrazza di 100 m2 che offre un panorama sul mare, sul Casinò di Monte Carlo, la sua piazza e i giardini del Carré d’Or. L’arredo è firmato Jacques Garcia. Il salone comprende una biblioteca con oltre cento opere letterarie. Sogno dorato, da 10 mila euro a notte.
Cosa vedere
Montecarlo è città strana, dai mille contrasti. Più interessante di quanto possa sembrare a prima occhiata.
Forse la cosa migliore è informarsi sulla mostra d’arte del momento o camminare senza una meta, tra le vetrine del lusso più sfrenato e la costa del bel Mediterraneo. Per poi rifugiarsi in albergo, poltrendo a bordo piscina.
La piazza del Casinò.
Il Louis XV, altra meta gastronomica del Principato.
Vi segnaliamo però una curiosità: una fedele ricostruzione di un giardino giapponese, a pochi metri da concessionarie d’auto di lusso e dai grattacieli di Montecarlo. Stridente quanto affascinante.
Una volta pronunciato il nome di Joël Robuchon, non si ha bisogno di aggiungere molto altro.
Alla soglia dei 70 anni, quest’uomo è una vera e propria istituzione della cucina francese, tra i massimi rappresentanti di uno degli aspetti che più invidiamo ai cugini d’oltralpe: la capacità di esportare nel mondo la loro cucina, le sue regole, le sue idee, creando un circolo virtuoso di cui beneficia tutto il sistema agro-alimentare e turistico francese.
Cucina da esportazione, che non ha fatto la fortuna solo di queste figure a metà tra il ristoratore e l’imprenditore, ma ha creato vantaggio e benessere per tutta la Francia.
Non è un caso che grandi chef, come Ducasse o Robuchon stesso, siano assidui frequentatori dei palazzi ministeriali parigini: il turismo francese non può prescindere dall’alta cucina e ai piani alti in Francia questa regola l’hanno bene a mente.
E’ datata 2003 la nuova vita di Joël, l’anno della sua ricomparsa sulla scena ristorativa parigina dopo il ritiro dalle scene all’età di 50 anni. E’ il 2003 l’anno del primo Atelier in Saint Germain.
Fu vera rivoluzione quel locale, che abbatteva i muri tra la grande cucina e la gente, che, in puro stile giapponese, poneva il cuoco al centro del locale, circondato dai suoi clienti, e rendeva il gesto, lo spettacolo dato dalla preparazione del piatto, non meno importante del risultato finale. Non si faceva l’esperienza culinaria della vita, si spendeva parecchio, eppure erano pochi i clienti ad uscire scontenti.
Un prodotto facile da esportare in tutto il mondo, e infatti così è stato. Non si contano più i locali targati Robuchon sparsi per il globo.
Non è facile capire il motivo del successo di questi locali, raramente a buon mercato a meno di non ricorrere a vantaggiosi lunch menù.
Probabilmente è lo stesso motivo che ha fatto la fortuna di catene come McDonald’s o Burger King, con le dovute proporzioni: la certezza, in qualunque città ci si trovi, di non avere sorprese, di avere sempre un livello qualitativo congruo alle proprie attese. Una quaglia con il purè targato Robuchon sarà sempre ottima, a Parigi come a Londra, a New York come a Tokyo.
E’ allora la globalizzazione dell’offerta a vincere sempre e comunque?
E’ proprio indifferente in quale Atelier si decide di entrare?
La risposta è no. E questo no è legato all’imprescindibile fattore umano che rende ancora l’alta cucina difficilmente replicabile in stampo. L’executive chef fa ancora la differenza.
Ecco che possiamo finalmente introdurre la figura di Christophe Cussac, certamente meno famoso del suo datore di lavoro, ma elemento fondamentale per il successo di questo locale del Principato, probabilmente uno dei migliori della galassia Robuchon.
Cussac, già a fianco di Robuchon nelle esperienze parigine di Jamin, Nikko, Concorde Lafayette, è ritornato da alcuni anni al fianco del suo mentore dopo la lunga esperienza a La Reserve a Beaulieu.
Il perfezionismo è costume della casa e Cussac non sfigurerebbe in qualche talent show, sentite le urla con cui richiama all’ordine i suoi giovani collaboratori durante il servizio senza minimamente curarsi del fatto di avere una cucina aperta sulla sala.
C’è la sua firma in questo menù, c’è la sua attenzione maniacale per il rispetto dell’ingrediente, per le cotture, c’è l’amore per il Mediterraneo, per le spezie, per le tapas spagnole.
Il locale di Montecarlo è un ibrido tra il ristorante tradizionale e l’Atelier: ci sono i tavoli, ma è al bancone che bisogna prendere posto per godere dell’essenza di questo luogo, lo spettacolo è davanti agli chef al lavoro. C’è il carrello del pane, quello dei dessert, il burro salato, tutti gli aspetti del classico ristorante di lusso francese.
Ma alla “table du chef” si respira ancora l’aria frizzante degli esordi di Saint Germain. E’ un locale dove non ha senso fare la media aritmetica dei piatti per arrivare alla valutazione, perché qui il divertimento ha la meglio su tutto. Pazienza se alcuni piatti di pesce sono sembrati un po’ confusi, con i secondi di carne si sono toccate vette di puro piacere. E’ comunque un pranzo che ha ritmo e un suo senso.
La formula dei piatti in piccola porzione agevola questa modalità e permette di provare più cose stando anche sotto gli ottanta euro: è assolutamente questa la formula da preferire per entrare in pieno nel concetto del locale, un tapas bar di lusso a tutti gli effetti.
Sarà quasi scontato partire con l’idea di un paio di piatti veloci e poi ritrovarsi a fare tardi allungando l’ordine con un paio di assaggi. Proprio come al bar. Occhio al portafoglio quindi.
Pane e burro salato di altissimo livello.
Primo amuse bouche: foie gras e lampone.
Secondo amuse bouche in stile spagnolo: bruschetta al pomodoro e prosciutto crudo dalla Corsica.
Il lusso della semplicità.
Sardine con asparago verde e limoni confit di Mentone.
Il filetto viene presentato intero e appena marinato, il resto della sardina in mousse.
Un po’ confuso, soprattutto in termini di consistenze.
Caviale di melanzana con vegetali croccanti.
Grandissimo piatto, per gusto e presentazione.
Calamari à la plancha, salsa Romesco (salsa tipica catalana).
Fondamentale l’uso del cucchiaio per godere a pieno di questo piatto, forse esageratamente caratterizzato dalla salsa.
Carciofi viola con calamari, timo, chorizo, cotto in un piatto tajine: scivola via senza incidere troppo.
Burger con foie gras e peperoni al verjuice.
Grande burger, tutto molto buono, dal pane al foie gras. Rivedibili invece le patatine, troppo unte.
Quaglia caramellizzata ripiena di foie gras, purè di patate al tartufo.
Eccoli Robuchon-Cussac: semplicemente perfetta.
Il purè al tartufo.
Animella con aromi di alloro fresco e foglia di bieta farcita.
Capolavoro assoluto: una delle migliori animelle mai mangiate.
Carrello dei dolci.
Classici ben fatti. E la visione del carrello scalda sempre il cuore.
Si può bere anche al calice, con ricarichi decisamente importanti, soprattutto sugli champagne.
Buono questo Saint Joseph 2011 Jaboulet Aîné– selezione Robuchon.
Lo Chef.
La sala.
La vista dalla table du chef.
Recensione ristorante.
Cauzzi (testo) & gdf (foto)
Joël Robuchon, uno dei più grandi cuochi che il mondo abbia mai potuto apprezzare. Sicuramente uno dei grandi capostipiti dell’era post nouvelle cuisine. Riconosciuto per il suo maniacale perfezionismo, ha riportato la cucina francese alla sua autenticità, alla sua forte impronta borghese. Ha reso attuale ed immutabile nel tempo le estremizzazioni e le riduzioni eccessive del movimento della Nouvelle Cuisine. Ha insomma applicato il suo genio teso alla ponderazione, alla riconsiderazione del gusto, dell’armonia oltre che dell’estetica.
Il Nostro Joel Robuchon vive e dispensa a Montescano.
Recensione ristorante.
Non c’è luogo al mondo come Las Vegas. Non c’è luogo al mondo dove si possono spendere così facilmente, quasi senza accorgersene, i propri soldi. Un enorme luna park, incentrato sui casinò (oltre 2000) e sulla vita sregolata, senza freni. Negli ultimi anni, però, c’è stata una inversione di tendenza, specie in campo gastronomico: oramai i buffet all-you-can-eat a 9,99 dollari costituiscono solo una minima parte della offerta di ristorazione. Sono molti i grandi chef, affermatisi altrove, che hanno aperto le “filiali” dei loro ristoranti nei lussuosissimi e pacchiani hotel della città del gioco.
Guy Savoy, Joel Robuchon, Nobu..per citarne solo alcuni.