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Italia di Massimo Bottura

Istanbul.
Quasi venti milioni di abitanti. Una metropoli in costante movimento ed in continuo fermento.
Un luogo in bilico tra Oriente e Occidente. Una città dove l’antico si fonde col moderno e nella quotidianità si convive al di sopra di ogni religione.
È proprio in questa terra, con i piedi in Asia e la testa in Europa, che Massimo Bottura ha deciso di esportare un pezzo della sua Emilia, o meglio, un gran pezzo della nostra Italia.
Nel Ristorante Italia non sono solo i ricordi dell’infanzia o il territorio dello chef modenese ad essere rielaborati -per quelli basterebbe andare in via Stella- ma l’intera storia della cucina italiana, quella intrisa di tradizione e familiarità, quella che tutto il mondo ci invidia.
Un viaggio che percorre tutto lo stivale, dal Piemonte alla Sicilia, senza i clichè che contraddistinguono la nostra cultura gastronomica all’estero.
Lo scopo è quello di cambiare radicalmente la considerazione che lo straniero ha della nostra cucina, sensibilizzarlo sulla materia prima (non per forza italiana), sulle sofisticate tecniche di cottura, sulla concentrazione dei sapori, lasciandogli intatte le sensazioni finali di piacevolezza e golosità.
Bottura -che quest’anno è volato ad Istanbul con una cadenza di tre/quattro volte al mese- ha accettato una sfida tutt’altro che facile e l’ha fatto mettendoci il grande entusiasmo che traspare dai suoi piatti.
Entusiasmo trasmesso a tutta la brigata di cucina, formata da undici giovani cuochi di cui tre italiani (Bernardo Paladini, Michele Castelli e Virginia Caravita) passati per via Stella e ben contenti di ricoprire il ruolo di ambasciatori del made in Italy all’estero.
Nei pochi piatti assaggiati svetta il marchio di fabbrica della Francescana, con la bellezza estetica e i sapori cesellati in maniera cristallina, con la giusta densità gustativa. Bottura è stato in grado di sdoganare piatti come la pasta e fagioli, il vitello tonnato, il pollo coi peperoni, il risotto alla milanese e tanto altro, in una interpretazione “d’autore”, totalmente inedita.
Non è la voglia di stupire o di giocare che prevale, non c’è “crostatina in caduta” che tenga, perché l’Osteria resta un unicum nel suo genere e non può essere esportata altrove. Ed è per questo che il lavoro fatto ad Istanbul è ancor più prezioso di quanto si possa pensare, perché anche qui, a 1900 km da Modena, la tradizione gastronomica viene scandagliata, scomposta, ricostruita rivivendo sotto nuove forme ma con l’onnipresente sapore del ricordo.
Viene subito voglia di tornare per soddisfare l’indomabile voglia di comfort food delle ricette regionali del Bel Paese.
Allestito all’ultimo piano di Eataly, nel nuovissimo Zorlu Center, il nuovo polo del lusso a nord della metropoli, il Ristorante Italia è un locale sobrio ed elegante che ricorda molto l’atmosfera della Francescana, con l’illuminazione fredda, moquette ed alcune opere d’arte. Si respira Italia non appena si varca l’ingresso, grazie anche alla colonna sonora di sottofondo che riproduce le canzoni di cantanti e musicisti italiani del passato.
E sui numeri non si scherza: circa una sessantina di coperti ben distanziati distribuiti in due sale molto spaziose (di cui una bellissima terrazza panoramica che, purtroppo e per ovvie necessità, è destinata agli incalliti fumatori), con un servizio già rodatissimo, dopo neanche un anno di vita, numeroso, formale e di eccellenza, formato da personale tutto locale e coordinato da un grande professionista dell’accoglienza, quel Daniele Montano che ricordavamo già al Pagliaccio di Roma e che ritroviamo con piacere tra questi tavoli a destreggiarsi con un passo felpato tra italiano, inglese e turco (!).
Non poteva mancare neanche una carta dei vini che parla prevalentemente italiano (ma occhio a non trascurare alcune sorprendenti etichette turche) e presenta tantissime etichette a prezzi tutto sommato corretti.
Difficile fare meglio come inizio.

sala, Bernardo Paladini, Michele Castell, Virginia Caravita
Come a Modena, olio toscano, selezione Villa Manodori (in vendita anche da Eataly), pane fatto in casa
Olio Toscano, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
ed eccellenti grissini.
Grissini, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Una essenziale ricciola, servita soltanto con olio e sale. L’Italia è anche questa, esempio di grande semplicità e grande qualità.
ricciola, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Il vitello tonnato. Succulenti fette di filetto cotto a bassa temperatura accompagnato da una densa salsa tonnata. Il colpo di classe sono le verdure in agro e la salsa di vitello.
vitello tonnato, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Gnocchi di seppia. L’impasto è fatto con seppia e patate. La consistenza è conferita dal pane croccante. Sulla base c’è una interessantissima zuppa di pomodoro e seppia leggermente profumata all’aglio con qualche goccia di salsa al nero di seppia.
gnocchi di seppie, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Una grandissima “pasta e fagioli” rivive sotto mentite spoglie di un raviolo farcito con parmigiano, ricotta e (altro grande colpo di classe) cicoria. Le note amare sono defatiganti e creano una sorta di dipendenza. Come le croste di parmigiano fritte sulla crema di borlotti.
pasta e fagioli, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Guancia all’aceto balsamico. Più classico non si può.. se non fosse per la purea di carote e zenzero e i broccoli piccanti…
Guancia, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Un sempre gradito intermezzo tra salato e dolce.
saltano e dolce, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Anche qui i tortellini alla crema di parmigiano sono un imperdibile cult. Inoltre hanno una peculiarità che solo al Ristorante Italia è possibile trovare: sono rispettosi della religione locale e, pertanto, non c’è traccia di maiale, sostituito dal pollo. E’ noto che per ottenere 200 grammi di quella crema, serve un kg di parmigiano in infusione con l’acqua.
Tortellini alla crema di parmigiano, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Semplice e geniale il pre-dessert, tutto da shakerare e da bere in un colpo solo. E’ un omaggio alla Turchia e alla stagionalità: succo di melagrana e yogurt.
pre-dessert, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Siamo in Italia:un quasi tradizionale tiramisù.
tiramisù, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
E, sebbene il Natale fosse appena finito, non ci siamo fatti scappare un fuori carta: soufflé al panettone con crema alla vaniglia e gelato al fiordilatte. Ed è subito, nuovamente, Natale.
Soufflé al panettone, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Minimale piccola pasticceria. Bombolini alla crema.
Bomboloni, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Sala.
salsa, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey

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Le grandi qualità imprenditoriali di Oscar Farinetti sono evidenti. E’ stato il primo ad aver compreso come sfruttare commercialmente su larga scala, e al meglio, l’enorme potenziale del patrimonio enogastronomico italiano rendendolo accessibile e, soprattutto familiare, a tante persone dentro e fuori dei confini nazionali.
Il risultato è un piccolo impero fondato con coraggioso spirito mercantile, che rappresenta, pur non essendo tutto dello stesso livello qualitativo, una solida realtà e una prestigiosa vetrina per il nostro paese.
Tra le diverse succursali, quella capitolina, aperta da poco più di un anno, è davvero di dimensioni considerevoli.
Oltre ai tipici ristorantini dall’approccio molto easy, ciascuno dedicato a una specifica branca dell’universo gastronomico, e alla miriade di articoli dislocati ai vari livelli dell’edificio, è presente al terzo e ultimo piano il fiore all’occhiello della struttura.
Si tratta del ristorante di punta, pomposamente chiamato Italia, vero e proprio sunto di tutto quanto presente ai piani inferiori.
La bella sala ampia, molto accogliente, con luminosa vetrata a giorno e ormai “regolare” cucina a vista, funge da scenario ideale per tre opere originali di Modigliani, a testimonianza del mai troppo celebrato nostrano estro artistico.
Il menù è rigorosamente suddiviso in venti pietanze, cinque per ogni portata, ciascuna campione, ciclicamente, di un piatto regionale.
Il nostro paese è così interamente rappresentato da ricette eseguite, più che interpretate, con cura professionale anche se, a dirla tutta, lo spirito del progetto necessiterebbe di una versatilità che sembra piuttosto latitante.
Il proposito, infatti, è quello di essere rappresentativi a 360°, col risultato che la cucina di alcune regioni è riprodotta più felicemente, quella di altre meno.
Nel primo caso possiamo senz’altro annoverare un cervo marinato con rapa rossa, mela e rafano assai convincente e gustoso, oltre agli agnolotti del plin al sugo d’arrosto ineccepibili per fattura ed esecuzione.
Maggiori perplessità hanno destato il risotto alla marinara, penalizzato da cottura e mantecatura perfettibili, mentre un po’ greve e dominante è apparso l’accompagnamento di peperoni arrosto e cipolla per quanto riguarda un’orata peraltro ben cotta.
Si resta confusi perché sembrano quasi esserci due mani distinte in cucina, che rendono l’offerta non uniforme e piuttosto oscillante.
I dolci non vanno oltre la diligente attuazione di elementi base della pasticceria senza particolari guizzi né errori manifesti.
La cantina è fedelmente legata al nostro territorio con escursione in Francia attraverso una discreta varietà di champagne.
E’ presente anche, e sembra doveroso segnalarlo, una lista internazionale di vini biologici che permette di scegliere bottiglie interessanti dai ricarichi abbastanza ragionevoli.

Mise en place
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Amuse-bouche: tartare di pezzogna con pesca e cipolla rossa.
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Cialde con semi di papavero.
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Pani.
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Arrosto di cervo marinato, marmellata di rapa rossa, mela e rafano.
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Goloso il “Bacalà” alla vicentina con soffice di patate.
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Crudo di seppia con scarola alla romana.
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Risotto alla marinara, abbastanza deludente.
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Onesto minestrone su pesto di guanciale croccante, patate e pan grattato.
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Agnolotti del plin al sugo d’arrosto di manzo, maiale e coniglio, forse in quantità un po’ troppo generosa.
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Convincenti scampi alla busara su polenta bianca.
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Orata con peperoni arrosto e cipolla bruciata.
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Molto buono il pollo alla birra e zafferano su salsa di asparagi.
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La grolla: cremoso al cioccolato, crumble di caffè, nocciole, gelatina di grappa e granita al Genepy.
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Fragole con cotto di fichi, gelatina di aceto di lampone e gelato alla crema.
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Soufflè al cioccolato, gelato al pampepato e marmellata di albicocche
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Petit fours
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Dall’interessante e apposita lista di produttori “triple A” ecco l’elegante Anjou blanc di Ferme de la Sansonniere.
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L’italianissimo friulano di Le Vigne di Zamò.
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Sala
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Particolare del terzo piano.
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Eataly…
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Recensione ristorante.

Quel che non ti aspetti può nascondersi dietro l’angolo.
Tra Cuneo e Torino, dove ti accomoderesti rassegnato e sbadigliante , pensando alle solite proposte territoriali, i coraggiosi Cavagnero’s Brothers si esibiscono in una performance a base di pesce di mare che sorprende piacevolmente.

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