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Abocar Due Cucine

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Le due cucine (quella argentina e quella Italiana) sussistono come entità separate solo nel nome, perché nel bel locale di Mariano e Camilla il filo continuativo di un’esperienza gastronomica compiuta e coerente è ben rintracciabile in ogni piatto, in ogni sorso e in qualsiasi momento dell’esperienza. A partire dall’interessante e fresca lista di cocktail della casa e procedendo per i bocconi iniziali ricchi di umami e sentori grigliati fino ad arrivare alla piccola pasticceria, tutto concorre nella creazione di un pasto di grande calore, un comfort food ma al di fuori della propria comfort zone.

Una personalità dirompente

Quando ci si avvicina (Abocar vuol dire appunto questo) alla tavola di Guardianelli si viene sorpresi da una presentazione rapida e gustosissima di amuse bouche i quali, identificativi già nel primo momento del benvenuto della cucina di Mariano, risultano decisi e identitari di una personalità culinaria al di fuori dalle strade più comunemente battute, spalancando il palato a sapori al contempo riconoscibili nella loro esoticità e futuri momenti di grande elaborazione, come il caffé nella Tartare di cavolfiore. Il gusto dei piatti è avvolgente e non ha timore di presentare amarezze e acidità che vengono poi perfettamente bilanciate con carni grasse e salse, dove spicca l’uso di balsamicità e note erbacee, come nel brodo che accompagna la gallinella di mare, completata da una salsa al pomodoro verde che con tutta probabilità rappresenta il culmine di piacere della serata. Il Dolce al tè nero, servito come una delle due opzioni finali del menù degustazione, è piacevole e quasi impalpabile costituendo un episodio di divertimento e leggerezza molto gradito al termine della cena.

Ottima la carta dei signature cocktail e molto cordiale il servizio, affidato a Camilla, che si accompagna in sala ad un team di giovanissimi ed entusiasti camerieri che favoriscono la sensazione di giovialità ed energia già emanate dalla cucina. Nota di merito alla piccola pasticceria: sfiziosa, curata e non esattamente piccola né nelle porzioni né tanto meno nella varietà dell’offerta proposta.

IL PIATTO MIGLIORE: Primo passaggio di mare.

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La vista appaga anche il gusto

Montescudo è un luogo magico e affascinante. Un castello medievale, appartenuto ai Malatesta, che svolgeva una funzione di controllo del territorio e quindi gode di una vista unica sul mare e sulla campagne del riminese è il luogo dove officiano, da aprile 2019, lo Chef Simone Ricci e il maître sommelier Rocco Costanzo, gestori del ristorante Castello di Albereto: una bella sfida, che rinasce oggi dopo un periodo difficile.

La cucina ha una impronta molto identitaria e si focalizza su piatti e sapori della tradizione romagnola del Montefeltro con incursioni asiatiche, frutto della precedente esperienza dello Chef: Hong Kong, Tokyo, Pechino, Taipei sono i luoghi, e i relativi sapori, che fanno da impronta distintiva a una cucina davvero fusion ma per nulla “confusion“. Una cucina che ha ancora bisogno di registrare i punti sulla reiterazione di alcuni passaggi, troppo elementari, e sulla precisione di alcune finiture. Ma possiamo già sin d’ora affermare che qui la stoffa non manca e che potremo avere delle belle sorprese, tali da legittimare il nostro punteggio, già ora arrotondato per eccesso.

Venendo alle note critiche, Scorfano mantecato, pomodoro, olive candite e rosmarino bruciato ha l’originalità del lavoro dello scorfano, trattato come un baccalà mantecato, che però risulta penalizzato dall’eccessiva dolcezza della preparazione, in cui l’oliva e il pomodoro non forniscono il contrappunto necessario: una bella idea, ancora da sviluppare. Buono lo Yakitori, interessante l’ostrica, anche se la panatura era in proporzione eccessiva rispetto all’ostrica che risulta, non a caso, coperta, e ottimi, infine, gli intriganti Passatelli-ramen: un bel connubio e un’ottima tessitura.

Interessantissimi i dolci, dedicati a uomini d’arte (pittori, scultori e scrittori) in cui la rivisitazione della Key lime pie alla maniera di Hemingway, quindi alcolica, ci ha davvero convinti e allietato nel finale del nostro pranzo. Attenzione a questi due ragazzi, ne potremo sentire parlare molto.

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La Romagna ancora in fiore

Raccontarne nuovamente, in così breve tempo dalla nostra ultima visita, significa sicuramente una cosa: ovvero che la trattoria Da Lucio, nel cuore pulsante della cittadina romagnola di Rimini, incalza nella voglia di poter esprimere la sua vis gastronomica. Della tecnica della frollatura della materia ittica è già stato scritto, ma ciò che in questa nostra nuova visita ci ha colpito maggiormente è la valorizzazione del concetto di diversità operata da Jacopo Ticchi e del suo team. Un concetto unico, ma declinato a nostro parere in tre accezioni.

Diversità come territorio…

Anni addietro lo stereotipo turistico aveva relegato la Romagna e suoi territori circostanti ad un conformismo gastronomico secondo cui il diktat gustativo si esauriva in pochi elementi, spesso banalizzati. Oggi la Riviera romagnola e il suo entroterra vivono fulgide primavere, celebrate con prodotti e preparazioni che valicano colline e si gettano a capofitto tra le onde del litorale. Ecco un garusolo abbinato alla polenta con lo squacquerone, a sfatare il mito come già in molte tradizioni regionali italiane, secondo cui formaggi e pesce non quagliano. La carnosità del mollusco, raccoglie il sontuoso intingolo per sposarsi con la cremosa dolcezza dello squacquerone, il tutto ravvivato dalla balsamica nota del finocchietto selvatico che dalle colline e dai lidi romagnoli sembra già proiettarsi verso le adiacenti Marche, dove quest’erba è protagonista.

…diversità tecnica…

La frollatura del pesce rompe gli schemi di quello che poteva sembrare un paradigma meramente terrestre, ma la diversità di Picchi passa anche per un piatto che, in sé, racchiude un bouquet tecnico di vero spessore. Parliamo del riso alla brace con triglia, il suo fegatino ed erbe di campo. Un riso sgranato sì alla vista che ma che in bocca rivela l’uniforme nota croccante data dal passaggio sulla brace rovente. Un blocco di partenza vincente su cui adagiare la triglia appena scottata dal lato della pelle per preservarne la delicatezza delle carni fino a prendere il volo grazie alla salsa di fegato di triglie con le erbe di campo (un ricordo dei golosi ripieni dei cassoni) donando un contrappunto perfettamente centrato al piatto.

…diversità ritmica

L’idea di porre il carboidrato sul versante finale permette di agevolare quel processo di valorizzazione della materia ittica degustata nella sua vera essenza senza arrivare “affaticati” dal carico di pasta e di riso. Ecco dunque la spoja lorda, antica preparazione romagnola che, nella sua irriverenza storica, fa il verso all’opulenza delle paste ripiene emiliane. Romagna vs Emilia, magnifica tenzone. La spoja viene spalmata di un sottile velo di pasta di pomodoro arrosto e poi tagliata nella sua tradizionale forma a losanga. La preparazione è impreziosita da gamberi rosa, fave e piselli. Peccato per l’eccesso di bisque in mantecatura della spoja che tende a sovrastare la delicatezza dell’elemento vegetale.

Unica criticità che tende ancora a manifestarsi, una certa lentezza e insicurezza del servizio, in questo caso sul versante del dolce che ha esatto tempi eccessivamente lunghi, ma che nel computo finale di questa esperienza si rivela minimale.

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Inarrestabile ascesa verso nuovi traguardi

Mariano Guardianelli e Camilla Corbelli, alias Abocar due cucine, continuano la loro lenta e inarrestabile crescita. I periodi di interruzione più o meno lunghi hanno portato tanta energia e intensità ad una cucina che si fa sempre più personale, viva e consistente.

Abbandonati da tempo gli eccessi sapidi e incanalato il gusto delle preparazioni verso toni più acido-amari, troviamo che la completezza di un pasto qui sia davvero totale oltre che appagante. Frutto, anche, di una sala davvero divertente, attenta e giovane, oltre che molto preparata, spiritosa e simpatica. E di una cantina in cui potrete divertirvi attingendo tra grandi nomi e tra tanti, invece, sconosciuti, con il filo conduttore, comunque non esclusivo, dei produttori cosiddetti naturali.

Manca davvero poco a far sì che Abocar due cucine assurga al gradino superiore: siamo sul filo, e siccome lo riteniamo ineluttabile abbiamo preferito anticipare i tempi e arrotondare per eccesso la nostra valutazione nonostante auspichiamo ancora qualche piccola rifinitura alla partita dei secondi, in particolare, che nel menù a mano libera immaginiamo meno rassicuranti di adesso seppur entrambe (sia la portata di carne che quella di pesce) siano già ora degne di nota.

Il tripudio degli antipasti ci ha letteralmente fatto sobbalzare sulla sedia, con le note amaro-feniche e balsamiche dell’asparago, le altrettanto interessanti setosità del cocco e piselli, in cui tannico-dolce aromatico e balsamico si rincorrono ed elevano a vicenda, traghettando il piatto verso vette importanti. Decisamente meno banale di ciò che può apparire lo spaghetto con le vongole, in cui il lieve tocco caseario del burro in mantecatura e della spezia spingono la percezione a livelli molto incisivi; veramente buono, infine, il riso con stridoli e arancia amara, un capolavoro di vegetal-tannico con note dolci-acide donate dall’agrume.

Buon i dolci, anche qui forse un filo migliorabili seppur notevoli, a degno il compendio di un luogo, e di un’esperienza, che ci piace e ci convince sempre di più e che, crediamo, continuerà a darci sempre più emozioni e piacere.

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Il cocktail bar e vineria, in quel di Rimini

Il locale nasce nel 2016 come bottega e bistrot e, in questi anni, si è imposto come un punto di riferimento per la qualità sul genere, a Rimini. La bottega vi permetterà di acquistare da asporto alcuni prodotti enogastronomici, il cocktail bar, la vineria e il bistrot, invece, di consumare sul posto. Una di quelle formule non ben definite che, però, soddisfa un ampio raggio di pubblico e ben si presta a interpretare l’ambiguità del presente momento storico coi suoi innumerevoli DPCM.

Ma c’è un plus, perché qui tutto è curato e fatto al meglio. La selezione di vini naturali, non eccessiva ma molto curata, vi farà divertire sicuramente.

La cucina, anch’essa semplice seppur rifinita, si presta a un pranzo veloce, uno stuzzichino da aperitivo, una cena informale con gli amici.

Ci ha divertito tanto, in particolare, il girotondo di taco, buoni e ben pensati, il club sandwich, le polpette di baccalà e lo strepitoso ciambellone della tradizione. Meno persuasivi il fish & chips e la polenta, forse perché la parte più cucinata è anche quella più difficile da eseguire in questo contesto.

La proprietà, la stessa della trattoria Da Lucio di Rimini, ha curato e congegnato la macchina per essere un ottimo punto di riferimento se la necessità è quella del nécessaire, appunto: ovvero uscire di casa con un gruppetto di amici e ritrovarsi in un ambiente informale, disinvolto e piacevolissimo.

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