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Restò Tatà

Dal mare alla montagna, la nuova avventura di Simone Lolli

È un progetto sentito, quello della famiglia Fosson, albergatori da sempre, che dopo l’apertura di un nuovo progetto, interamente ecosostenibile, nella piccola Champoluc, ha scelto di alzare l’asticella e trasformare l’hotel in un vero e proprio resort 5 stelle, in cui non poteva mancare un’offerta gastronomica – Restò Tatà – di pari livello per i propri ospiti, e non.

In un habitat dalle soluzioni impiantistiche concepite per assicurare un vero risparmio energetico, con il solo utilizzo di energie rinnovabili per la cucina, la scelta dello Chef è ricaduta sul ventiseienne Simone Lolli, un giovanissimo di origini liguri che, dopo gli studi all’Alberghiero Marco Polo di Genova, si è formato a Voghera con Pio Davide Albanese. Poi, dopo esperienze con Luca Collami, con ambizione e tenacia è arrivato a Milano, nelle cucine del Lume, con Luigi Taglienti mentre, a Cesenatico, trova spazio nella cucina del Magnolia con Alberto Faccani. Ritornato nella propria regione per guidare la sua prima cucina all’Armatore, di Finale Ligure, continua al Fradis Minoris in Sardegna, con la consulenza dello chef stellato Claudio Melis, prima di atterrare in Valle d’Aosta.

La cucina di Lolli, così mediterranea, è fatta di contrasti e può posizionarsi come una valida e inedita alternativa nell’offerta gastronomica valdostana in cui proporre, con diverse consistenze e nuovi equilibri, i sapori forti che animano la cucina della Regione. I piatti sono ben ben eseguiti, c’è una netta trasposizione delle esperienze pregresse in piatti che certamente oggi non appaiono ancora del tutto centrati ma che, nel tempo, crediamo potranno essere dei validi rappresentanti di una nuova interpretazione, a partire dall’uso delle acidità e della buona lavorazione della selvaggina, e del pescato.

Ci si aspetta un impiego maggiore delle materie prime della regione, pescando dai laghi, di cui la vallée ne conta almeno un centinaio. Oggi si parte da una cucina diretta, audace e in via di definizione. Lolli ha dalla sua l’età e la voglia di mettersi in gioco, abbinata a quella sua posizione di essere sempre in dialogo, prima ancora che alla guida, della sua brigata, quasi tutta under 30.

Ricerca dell’equilibrio con contrasti

Due i menù proposti, “Audaciamente” e “Les Alpes”, che rendono omaggio da un lato alla sua abilità tecniche, con una proposta trasversale allo Stivale e, dall’altra, votata esclusivamente alle Alpi. La sua tecnica, però, non è priva di sbavature a partite dai “divertimenti”, in cui spicca il cannoncino al basilico con pesto alla genovese, seguito dal cono al sesamo. Qualche inceppamento sul cuscinetto al carbone vegetale ove la pasta appare un po’ asciutta. 

Puntuale, nel momento del percorso, prima che efficace, la foglia con gocce amare per ripulire il palato prima di iniziare il percorso di degustazione che dà ampio respiro, partendo dalle tradizioni liguri: lo scampo mediterraneo convince non solo per la scelta di accostare più elementi – cappero e olive – ma soprattutto per l’acqua di pomodoro, davvero intensa che accompagna e avvolge la carne. Arrivano quindi i bottoni di topinambur con gambero rosso, bisce e agrumi, senza dubbio il piatto migliore del percorso che esplicita l’idea di cucina di Lolli che ricerca sì l’equilibrio ma senza privarlo di contrasti e diverse consistenze in un gioco al rimpallo tra acidità e dolcezze; toni boccacceschi nel jus di pollo e cacao che fa da sfondo agli gnocchi di faraona con burro acido e pecorino. Di contro, nell’anguilla e cavolfiore si potrebbe apprezzare un gusto più preciso se si scegliesse di anteporlo, per renderlo più protagonista, agli agrumi e al pompelmo che formano il piatto. Sul finale, buona l’esecuzione del piccione presentato in doppia cottura con cime di rapa, beurre blanc e tartufo nero. Chiude il percorso una mela con vaniglia e caramello, simpatica nella forma e nel taste: una sorta di Tarte Tatin che può essere anche ripensata nella presentazione.

In ultimo, ci sentiamo di consigliare di lavorare sulla carta dei vini, di costruirla nel tempo, avere profondità d’annate, sebbene la stessa vanti già circa 200 referenze ricercate un po’ in tutto lo Stivale e, non ultimo, anche in Francia.

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Il ranch/resort di Roberto Conti in Lomellina

Roberto Conti è uno chef che è cresciuto nelle cucine di Maurizio Bosotti, Pietro Leemann, Andrea Berton e infine Luigi Taglienti al Trussardi alla Scala, divenendone, alla sua dipartita, lo chef. Dopo altre esperienze è ora è tornato a casa, in Lomellina, a Mortara e, con un socio, ha aperto l’RC Resort, una struttura con alcune camere, tanto spazio verde, una ampia sala per eventi e una più piccola e raccolta, per la proposta di fine dining. È una struttura che può ricordare un ranch e Roberto ha un po’ i tratti del cowboy, un po’ rude, però dall’animo schietto, sincero, diretto. Il carattere è esuberante, come la sua cucina, caratterizzata da una alta dose di creatività. Se percorriamo le proposte del menù alla carta e quelle dei due menù degustazione, uno più orientato alla tradizione e l’altro, quello più completo, alla innovazione, notiamo che non ci sono ripetizioni e quindi l’offerta è davvero molto varia. Non può mancare ovviamente l’oca, nei ravioli e à la royale che, in stagione di caccia, si trova anche nella versione classica, con la lepre, così come la classica costoletta alla milanese. Il menù “iperrealismo contemporaneo“, quello più ricco in termini di portate, è quello che abbiamo scelto ed è quello dove l’estro creativo dello Chef esce nella sua massima espressione.

Una cavalcata nelle praterie del gusto

In questo menù ci si fa guidare in una cavalcata, nelle praterie del gusto, a pelo, quindi senza sella e senza staffe. Una scorribanda sicuramente divertente, ma ad alto rischio di cadere, tant’è che qualche “caduta” verso una deriva fin troppo dolce o troppo sapida c’è effettivamente stata.

Ardito, coraggioso, quasi incosciente il piccione con crema pasticcera e zuppa inglese salata, a rischio davvero di essere disarcionati, per un problema di equilibrio. Equilibrio, invece, raggiunto in un altro azzardo, un sorbetto di mandarino con polvere di bottarga, con quest’ultima che arriva alla fine in un gioco intrigante di sapori. La cavalcata vanta momenti di grande piacere, come nel gustosissimo risotto con finocchio, finocchietto e liquirizia, o nell’animella con spuma di rafano, entrambi elegantemente equilibrati.

A rischio di caduta, sul versante dolce, la parte iniziale del percorso, con la crema di parmigiano con i lamponi e il caco mela con spuma di ostrica e insalata di mare, piatto che si presenta benissimo ma che è fondamentalmente slegato nella sue varie componenti. Qualche tentennamento anche sul versante opposto della sapidità, in primis con la tartare di salicornia, con prezzemolo e alici, idea alquanto originale, ma da tarare nel mix degli ingredienti, soprattutto sulle alici. L’anguilla, cotta perfettamente e molto piacevole, con una salsa al miso, si accompagna ad una salsa verde che potrebbe essere ridotta decisamente come quantità: ne gioverebbe sicuramente l’intero piatto in termini di equilibrio.

Il percorso, nel suo complesso, si rivela essere molto vario: tante portate, tante idee, alcune decisamente a fuoco, altre meno, per una esperienza dal carattere decisamente altalenante. Piatti da punteggio elevato e altri meno, che vanno quindi ad abbassare la media della votazione nel suo complesso; le potenzialità, però, ci sono, e resta anche la curiosità di tornare per provare un po’ di piatti alla carta, forse meno azzardati e, quindi, sicuramente meno rischiosi. In conclusione, una cavalcata divertente, stuzzicante al palato, che non lascia indifferenti.

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Uno dei resort più belli del mondo, in uno dei luoghi più belli del mondo

Basterebbe forse già questo per assicurarsi prenotazioni a raffica: il tramonto che si gode dalla terrazza del Therasia, con la vista che spazia su tutte le Eolie, potrebbe facilmente fare parte dell’elenco delle 20 cose da non mancare assolutamente in un ipotetico giro del mondo.

È quindi confortante, per noi appassionati di cibo e ristoranti, constatare quanto una struttura di questo livello stia investendo sulla ristorazione: 3 ristoranti con tre proposte molte diverse, tutte con un livello medio molto alto. Non è facile trovare una struttura di lusso come questa in cui si mangi così bene, dalla colazione alla cena. Potreste tranquillamente passare una settimana qui senza mai avvertire la necessità di uscire dal cancello per cenare o pranzare in qualche altro ristorante dell’isola. Grande merito quindi all’Executive Chef Giuseppe Biuso ma, soprattutto, alla proprietà e al Direttore dell’albergo Umberto Trani, che fa girare tutto come un orologio svizzero.

Le due proposte ristorative di punta del Therasia sono Il Cappero, il locale di fine dining, e I Tenerumi, un ristorante vegetariano estremamente innovativo nella formula ancora prima che nella cucina.

Tenerumi: il Pic Nic di lusso

Partiamo dunque da quest’ultimo che ci ha particolarmente colpito nel corso della nostra visita. Innanzitutto parlando dell’approccio che si è voluto dare alla cena: 4-5 tavoli in uno dei punti più belli della proprietà, con una vista impareggiabile su mare e cielo proprio mentre lentamente si colorano di mille sfumature di rosso. Non ci sono barriere, niente vetrate e niente muri, in quanto si cena seduti sul prato, utilizzando la versatilità di comode sedute da modellare a piacimento: un pic nic di lusso, rompendo convenzioni e legami di forma. Un biglietto da visita veramente impagabile, probabilmente uno dei luoghi più belli in Italia dove cenare vista mare. Il messaggio è: “mettiti a tuo agio, respira lentamente, rilassati e goditi il tuo momento”. Il menu poi scorre agevolmente tra acidità e freschezza: se escludiamo un errore che definiremmo di “percorso” (una chiusura nelle ultime portate eccessivamente virata sul dolce), non c’è un piatto che non ci abbia colpito favorevolmente. È proprio qui, difatti, che abbiamo mangiato la migliore portata della vacanza a Vulcano: ravioli di tenerumi, un incontro tra Sicilia e Giappone, con un gyoza che racchiude l’essenza vegetale dell’Isola. Daniele Teresi, lo chef del Tenerumi, dimostra una gran bella mano, anche perché tecnicamente tutte le preparazioni sono di ottimo livello e, aspetto fondamentale, il menu è un inno alla leggerezza: buono e sano.

Il Cappero

Il Cappero è il locale di punta del Therasia: un pizzico di formalità in più rispetto al Tenerumi, ma senza esagerare, merito di un servizio di sala di alto livello che sa scegliere bene tempi e misure. Ci ha entusiasmato la verve del sommelier, Giuseppe Fiorito, un classe ‘93 dal futuro radioso: la conferma che, per passare una bella serata, il fattore umano ha sempre una importanza assoluta.

Il 2020 è stato un anno di cambiamenti per il Cappero: via la carta, solo 2 percorsi degustazione da 10 o 13 portate. Ma la svolta ha riguardato anche i contenuti: si è passati da una cucina di rivisitazione siciliana a una più internazionale, meno legata al “terroir” e più alla vena creativa dello chef.
Lo chef Biuso è allievo, tra gli altri, di Corrado Fasolato e Nino Di Costanzo; la scuola si vede, soprattutto per due elementi: il ricorrente tema del “gioco” e l’esasperata ricerca estetica.

L’ironia si ritrova sia nel nome che nelle presentazione di alcuni piatti, così come l’attenzione spasmodica per le stoviglie e la presentazione: tutto fa parte dello spettacolo. I risultati, dal punto di vista del gusto, sono altalenanti: si passa da preparazioni notevolissime, come la triglia coriandolo e crema di olive, dove il sapore di ogni ingrediente è esplosivo, ad altre ben fatte ma più anonime, come l’ostrica al bbq, dove il risultato finale non è coerente con l’idea creativa. Il rischio è proprio quello di mettere in una scala di valori l’idea sopra ogni cosa: in ci vuole cuore è ottima l’intuizione di lavorare in abbinamento tra cuore di manzo e pomodoro cuore di bue (ortaggio), in un gioco di termini e di consistenze, ma se il sapore latita qualcosa deve essere rivisto.

Fantastico, invece, il cannolo di melanzana: perfetto per consistenza, idea e gusto. Così come il maialino con peperoni e vongola, proprio perché il sapore tiene in piedi l’idea e non viceversa.

Quella che non manca mai è l’idea, lo studio maniacale di ogni dettaglio e una identità. Con la leggerezza protagonista assoluta, in un menù che livella al minimo i carboidrati. Non è poco. Lavorando ancora sulla concentrazione dei sapori, la cucina di Giuseppe Biuso potrebbe fare una ulteriore evoluzione.

Ma già adesso, ci sono tutti gli elementi, qui, per passare una gran bella serata.

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JW Marriott, il settore lusso di Marriott International, ha scelto Venezia per aprire il suo primo Resort italiano. Non è un brand molto conosciuto al pubblico italiano: facile associarlo agli hotel business 4 stelle della costellazione Marriott.
Ma quello del JW è tutto un altro mondo: alberghi e resort di altissimo profilo, in grado di competere con i grandi marchi dell’hotellerie di lusso internazionale come Four Seasons o Park Hyatt.
La scelta della proprietà è ricaduta su un’isola a 20 minuti di barca da Piazza San Marco, Sacca Sessola, meglio conosciuta come Isola delle Rose.
Isola artificiale, costruita nel 1870 con il materiale degli scavi per il porto commerciale di Santa Marta, nei primi anni del 900 divenne sede di un sanatorio e nel 1936 (fino al 1980) dell’ospedale pneumologico Achille De Giovanni: pare che quest’isola, per la sua particolare collocazione tra laguna e mare, goda di un clima e un’aria particolarmente favorevole, fatto che permette la crescita di piante altrove difficili da trovare in laguna (ad esempio ulivi).
L’opera di recupero, affidata allo studio di Architettura di Matteo Thun, è stata maestosa, dato che l’isola versava in uno stato di completo abbandono.
Il recupero è stato molto rispettoso dell’impianto originario: il parco di 12 ettari è un piccolo gioiello nella laguna veneziana, tra ulivi, palme, tigli, pini e ippocastani. Caratteristica unica in laguna è la totale mancanza di mura di cinta intorno all’isola: c’è quindi la possibilità di vedere la laguna o Venezia da ogni punto della proprietà.
Le strutture ricettive sono diverse, sparse per la tenuta: grazie a questa caratteristica, il resort non ci è sembrato mai affollato, anche se ad occupazione quasi completa.
In quello che era il corpo centrale dell’ospedale è stato realizzato l’hotel: un palazzo figlio del razionalismo anni ’30 che accoglie 4 tipologie di camere, dalla deluxe alla premium suite.

La hall.
hall, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
Hall, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
L’albergo ospita anche una galleria d’arte.
Galleria D'arte, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
La Junior Suite è molto spaziosa, con terrazzo vista parco/laguna e bagno con vasca e doccia.
Junior Suite, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
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JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
bagno, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
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vasca da bagno, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
bagno, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
Macchina del caffè Illy e salatini Eataly.
JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
salatini eataly, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
La terrazza vista parco.
terrazza, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
Vista, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
Al 4° piano dell’hotel è presente la terrazza più bella del resort, con una piscina (in verità molto piccola) con vista a 360° sulla laguna, un ristorante e un bar.
quarto piano, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
Terrazza, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
La cucina del ristorante Sagra.
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Vista.
Vista, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
Vista, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
vista, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
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vista, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
vista, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
vista, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
vista, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
Molto interessante la tecnica di ristrutturazione usata per “La residenza”, 11 camere, alcune con piscina privata vista Venezia: “box in the box”, costruendo cioè i nuovi volumi all’interno delle antiche mura (che da sole non avrebbero potuto reggere il peso della nuova struttura). A nostro avviso, una delle camere più belle che aci sia capitato di vedere.
residenze, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
residenze, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
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Piscina privata vista Venezia.
piscina privata, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
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piscina, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
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Completano l’offerta “La maisonette”, “L’uliveto” e una grande villa privata con piscina “Le Rose”.
Una camera della struttura “La Maisonette”: su due livelli, la parete della camera al primo piano è completamente vetrata per consentire la vista sulla laguna e Venezia.
maisonette, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
maisonette, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
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maisonette, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
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La piscina privata.
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Oltre a quella sul tetto dell’hotel, è presente anche una seconda piscina nel parco (anche questa costruita di dimensioni contenute per vincoli ambientali) e una terza all’interno della GOCO Spa.
Il parco è davvero tutto da scoprire.
JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
l'oliveto, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
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JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
C’è anche la Chiesa.
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Splendidi lampadari.
lampadari, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
Una struttura davvero di alto livello, ma molto informale nell’approccio.
Tra i ristoranti figura anche la “Dispensa”, in cui vengono organizzati corsi di cucina e vengono venduti alcuni prodotti, rigorosamente made in Italy.
dispensa, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
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Il ristorante Dopolavoro, guidato da Giancarlo Perbellini.
Dopolavoro Perbellini JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
Nel ristorante al piano terra dell’Hotel vengono serviti colazione e pranzo.
Molto buona la colazione (sempre compresa nella tariffa della camera), anche se è migliorabile la distribuzione dei prodotti che risulta un po’ confusionaria.
JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
sala, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
sala, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
sala, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
colazione, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
colazione, JW Marriott Venezia, Isola delle Rose, Venezia
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Ci sono alcuni dettagli da sistemare (qualche vetro o scala non perfettamente pulita), ma, essendo una struttura aperta da soli due mesi, sono peccati veniali.
Le camere base si collocano in una fascia di prezzo molto competitiva tra i 5 stelle veneziani (si parte da 370 euro) e il fascino dell’isola è incontestabile.
Il vantaggio è quello di poter godere della tranquillità e della pace dell’isola privata rimanendo a soli 15 minuti da piazza San Marco (la navetta è gratis ed attiva per tutta la giornata).
Punti di forza: il verde, gli ampi spazi, la SPA e la ristorazione (con servizio in camera 24h/24h).
Punti di debolezza: le piscine di piccole dimensioni.
Indiscutibilmente un altro grande indirizzo nel panorama alberghiero veneziano.

Grande cucina classica italiana, arricchita dalla conoscenza delle tecniche di scuola francese; in bilico tra tradizione e modernità con in più un occhio al territorio, quello un po’ piemontese e un po’ ligure della provincia di Alessandria.
Questo è oggi l’identikit de la Fermata a Spinetta Marengo, poco fuori Alessandria.
Qui, nella suggestiva cornice della Cascina Bolla, trasformata in un elegante resort, dal 2006 si è trasferito il talentuoso Riccardo Aiachini, dopo aver lasciato il ristorante di proprietà nel centro di Alessandria.
Cuoco di talento e uomo umile e schivo, Aiachini si formò giovanissimo alla grande scuola del San Domenico di Imola. Furono anni fondamentali quelli, dove, sotto la guida di Valerio Marcattili, il giovane Riccardo imparò il rigore e la tecnica necessari per fare cucina d’eccellenza.
Da allora sono passati un po’ di anni, nei quali Aiachini ha scritto la sua storia sempre lontano dai riflettori. Una storia fatta di grande passione e duro lavoro. Cucina vera la sua, assolutamente impermeabile alle mode culinarie di volta in volta imperanti.
Cucina alta ma di sostanza. Esemplare per comprendere le capacità dello chef un piatto tutt’altro che facile come i Tagliolini con fegati e cuore di faraona che ci hanno sorpreso per eleganza e intensità di gusto. Altra grande interpretazione del quinto quarto le animelle di agnello che purtroppo non riusciamo a mostrarvi in foto ma che vi assicuriamo essere divine…
E poi il richiamo al territorio con la piemontesità quasi ostentata della gran parte dei prodotti, ad iniziare da quella cipolla di Castellazzo che Aiachini classicamente presenta cotta nel sale e ripiena di olio e parmigiano, ai funghi, ai tartufi, fino alle splendido girello di fassone al sale.
Da segnalare, inoltre, che i menu degustazione non sono mai vincolanti per l’intero tavolo e che in sala il servizio, tutto al femminile, orchestrato dalla brava Tiziana, è efficiente e garbato.
La carta dei vini, ampia e ben costruita, non presenta ricarichi eccessivi e consente a tutte le tasche di bere bene.
Insomma, si sarà capito, vi consigliamo di fare una capatina alle porte di Alessandria: la cucina di Riccardo Aiachini, ora nel pieno della maturità, non vi deluderà.
Ad Majora.

Girello di fassone al sale, salsa rossa piccante, carciofi liguri sott’olio.
Girello di fassone, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Bacio di dama con acciughe, capperi e patè di fegati di coniglio.
bacio di dama cona acciughe, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Terrina di vitello, fichi freschi, tartufo nero.
terrina di vitello e fichi freschi, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Impeccabile Tonno di coniglio con giardiniera di verdure, ottimo l’apporto in termini di componente grassa dato dalla crema di Robioletta di Roccaverano.
tonno di coniglio, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Zuppetta di ovuli e tartufo nero. Lo scorzone, utilizzato a mo’ di tartufo bianco, non entusasma.
zuppa di ovoli, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Cipolla di Castellazzo cotta al sale e ripiena.
cipolla, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Il colpo del fuoriclasse: Tagliolini con fegati e cuore di faraona su passata di cipolla di Breme.
tagliolini ai funghi, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Scorrono via senza lasciare ricordi le Lattughine ripiene di carne e borragine in brodo di coniglio e maggiorana.
520
Agnolotti alessandrini ripieni di fassone stufato.
agnolotti alessandrini, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Ricciola scottata, purè di cavolfiore, pomodori confit ed olive taggiasche per ricordare che il mare della Liguria non è poi così lontano.
Ricciola, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Piccola panna bruciata e spuma di limoni d’Amalfi.
piccola, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Composta di ciliegie di Garbagna con gelato di ricotta di pecora.
Composte di ciliegie, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria