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Anna Beatrice

Una bella realtà fra le colline reggiane

Eccoci alla quarta tappa Emiliana nel mondo degli spumanti metodo classico e rifermentati in bottiglia. Per gli amanti dal lambrusco e non solo, il fulcro storico centrale di questo vitigno sono la provincia di Modena e Reggio Emilia, unite recentemente anche dal Consorzio Tutela Emilia. Il reggiano si caratterizza per alcune grandi cantine presso cui conferiscono le uve una percentuale molto significativa di coltivatori, ma anche per alcune piccole eccellenze che da anni perseguono un criterio di qualità sulla produzione di nicchia. Cominciamo ad addentrarci dunque nella provincia cuore del Parmigiano-Reggiano partendo dalle colline, incontrando Anna Beatrice.

CI troviamo sopra il comune di Albinea, a 300 metri s.l.m., fra colline che salgono e scendono rapide, in zone non lontane dall’abitato, ma subito selvagge, ricche di boschi che favoriscono una ottima escursione termica. Il factotum dell’azienda famigliare è Luca Messori, che ha intitolato la cantina alla nonna Anna Beatrice. Dopo vari anni di esperienza presso un’altra cantina già in biodinamico, dal 2015 Luca ha pensato di sviluppare la tenuta di famiglia, come agronomo, affidandosi anche all’esperienza dell’enologo e amico Alberto Grasselli; i criteri di vinificazione sono quelli no compromise del biologico senza solfiti aggiunti, partendo dalla raccolta delle vigne storiche, piantate cinquant’anni fa sui suoi terreni calcareo-argillosi con ridotte rese per ettaro, per un totale di 6-8.000 bottiglie all’anno.

Fra le uve che Luca Messori coltiva, secondo tradizione, domina il Lambrusco Maestri e la Spergola, però da Anna Beatrice si coltiva anche Malbo Gentile, Sgavetta, Merlot, Syrah, Cabernet Sauvignon e Malvasia Aromatica di Candia che entra, in percentuale minore nell’Oro di Valle, un vino passito con 85% di Spergola decisamente autoctona, visto che le vigne risalgono al 1965. Certamente qualcosa che non ti aspetti, una piacevole sorpresa dei colli reggiani. 

La cantina di Anna Beatrice: una sorpresa

Appare più simile a un ordinato laboratorio che all’immaginario comune di un luogo dove si fa vino. Ma sono le piccole quantità e l’operato a tutto campo di Luca Messori che giustificano un luogo così contenuto, davvero su misura, uno Château Garage, come venne definito dalla rivista svizzera SonntagsZeitung nel 2002. Ed è un complimento. Rispetto all’universo che sta intorno, quello di pianura delle grandi cantine dove ogni autoclave è alta come un palazzo, qua si lavora per forza a mano e certamente si fa ricerca. Con risultati ragguardevoli. Dalla vigna, curata con dedizione famigliare, giorno dopo giorno, Luca Messori attualmente porta in cantina il Lambrusco Maestri e la Spergola, concentrando la produzione su due metodo classico: Vulpis in fabula e Le nebbie, entrambi della vendemmia 2018, entrambi contraddistinti da un’etichetta molto essenziale, fuori dalle convenzioni, come del resto il loro nome. Quando arriva la volpe… e su queste colline è molto probabile incrociarne, di notte, come del resto su questi colli è possibile rimanere fuori dalle nebbie padane, in certe mattine d’autunno inoltrato che avvolgono la pianura usualmente ben visibile verso l’orizzonte. Perdonate la poesia, ma credo sia la giusta atmosfera che si vuole respirare, da Anna Beatrice. Poi, oltre l’astrazione, c’è la concretezza di questi due vini per niente scontati.

Le nebbie

100% Spergola è certamente frutto di un periodo in cui questo vitigno è tornato di moda, però c’è il valore aggiunto dalla spumantizzazione con metodo classico. 12% Vol. con sboccatura marzo 2020, questo vino dosato fra 0 e 2 gr/l, senza aggiunta di solfiti, si presenta luminoso, di colore giallo paglierino, con sensazioni olfattive di fiori bianchi, sambuco e una lieve coda di uva sultanina. Al palato sprigiona note erbacee, senza eccedere nell’amarognolo tipico della Spergola, con una delicatissima nota affumicata e un finale correttamente sapido. Direi ottimale per un aperitivo ricco, con cubetti di mortadella, gnocco fritto e salame nostrano.

Vulpis in fabula

Non è solo una rarità, cioè un metodo classico rosso dato da uve Lambrusco Maestri in purezza, fra l’altro non così semplice da vinificare. È soprattutto un ottimo lambrusco, certamente legato al territorio, grazie anche alla prima fermentazione da soli lieviti autoctoni. Si presenta di colore rosso rubino piuttosto impenetrabile, con bollicine fini che non si staccano dal calice avvolto da una elegante e persistente spuma rosa scuro. 12,5% Vol. con sboccatura marzo 2020, Vulpis in fabula -è divertente ripetere il suo nome- sprigiona un olfatto ricco di sottobosco, mora e un eco di violetta. Al palato è delicatamente vibrante, con adeguate note tanniche che poi lasciano il campo alla ricercata sapidità finale, rafforzata nella persistenza e nelle bollicine che avvolgono pienamente il palato. Si sogna davanti un piatto con un fumante cotechino, una scodella zeppa di purè, lenticchie a piacere e se proprio volete, anche la classica salsa verde che accompagna i lessi emiliani.

Siamo in collina, in una bella giornata di sole, stiamo degustando fuori, beatamente lontani dal caos di città. Di fronte ci sono le vigne, un ettaro e mezzo che sta tutto davanti a noi, nel mezzo di una tenuta di famiglia che fra prati stabili e soprattutto bosco, arriva a 20 ettari. Prima le uve della famiglia Messori venivano conferite alle grandi cantine, poi dal 2017 Luca ha iniziato le sue creazioni; avere in provincia di Reggio Emilia questa piccola cantina è sicuramente un valore aggiunto. Merita una passeggiata in collina e certamente un brindisi. 

A Reggio Emilia, la grande cucina classica di Gianni D’Amato mette i Blue Jeans

Sembra ieri che eravamo seduti in una splendida villa settecentesca nel cuore di Reggiolo. Sembra ieri ma son passati 10 anni. Il Rigoletto, così si chiamava l’elegante ristorante gestito da Gianni D’Amato con la moglie Fulvia Salvarani, è stata una grande avventura, coronata da un grande successo di pubblico e di critica (fino all’entrata nei Relais & Chateaux e all’ottenimento delle due stelle Michelin).

Oggi il Rigoletto non c’è più. Spazzato via dal terremoto che nel 2012 mise in ginocchio l’Emilia, scompariva così una delle tavole italiane d’eccellenza. Ma i D’Amato si rialzarono, con grande forza e spirito indomito. All’inizio, con il supporto di colleghi e amici ristoratori, dettero vita ad un’attività itinerante, portando la cucina del Rigoletto in tour con una serie di appuntamenti in diversi ristoranti in giro per l’Italia. Quindi aprirono una sede stabile, il Rigolettino, osteria moderna dal taglio giovanile e informale. Nel 2013 ecco il Caffè Arti e Mestieri in un palazzo storico al centro di Reggio Emilia. Che potremmo definire la sintesi ideale tra Rigoletto e Rigolettino.

Gianni è oggi coadiuvato in cucina dal figlio Federico, che ha portato nuovi stimoli e quell’ardore tutto giovanile che non guasta mai. Fulvia è in sala, a dirigere una squadra di ragazzi molto giovani. Si respira, insomma, un’aria giovane e dinamica al Caffè. L’arredo è moderno, il servizio è informale, la mise en place essenziale, ma non priva di una certa eleganza. La carta dei vini non è molto estesa. Due i menu proposti, uno tutto territorio e tradizione, l’altro, intitolato “Evasione dal territorio”, presenta spunti di maggiore creatività. Non c’è la carta, ma è possibile comunque “mangiare alla carta”, ordinando singoli piatti da entrambi i menu.

La cucina è quella che da sempre è nelle corde di D’Amato. Molto classica, con forti legami col territorio, centrata sul gusto.

Un cuoco eccellente, capace di spaziare tra classicismo e avanguardia

Qua e là si nota qualche lavorazione più elaborata e qualche tocco di moderata creatività, senza mai però strafare e restando ancorati a un concetto di cucina che vuole essere comunque immediata e riconoscibile.

Sprazzi di eccellenza nel salmone, cavolfiore, cipollina e balsamico arricchito da un superbo caviale d’aringa, e nella faraona, garam masala e finocchio alla liquirizia, piatto da applausi. Ma la differenza D’Amato continua a farla nella classicità più pura, quella del rombo alla mugnaia, semplicemente superbo.

Qualche nota dolente nel servizio – che fà il suo sia chiaro ma che a tratti ci è parso un po’ sbrigativo – nei tempi di cucina, eccessivamente dilatati, e in un dessert un po’ stucchevole.

Ma, complessivamente, si tratta di un’esperienza molto positiva che mantiene quello che promette: il racconto della grande storia del Rigoletto in una nuova versione più easy e immediata, che non potrà non avere – come stava avvenendo, pandemia a parte – grande successo.

La Galleria Fotografica:

Uno scorcio di sole internazionale scalda il cuore di Reggio Emilia

Un cocktail bar nato nel 2015, divenuto un punto di riferimento praticamente dal giorno della sua apertura, a cui si è affiancato un ristorante con annesso jazz club. Stiamo parlando di The Craftsman, insegna, o per meglio dire insegne, frutto della fantasia e del coraggio di un imprenditore appena ventisettenne, Riccardo Soncini. In uno scenario che verrebbe naturale associare alla scena mondana di Londra, di New York, magari di Berlino, di Mosca o di Tokyo, lo stupore si accomoda sui cuscini della normalità provinciale in cui Reggio Emilia e le sue piazze fanno da cornice allo spirito internazionale del locale.

La rivincita della provincia con piacevoli “stravaganze” gustative

Lo chef, Mattia Trabetti, diplomato ALMA, è un distillato di esperienze trascorse nelle migliori cucine dello Stivale e d’Europa. Con mirabile coerenza tratta la materia senza badare ai limiti culturali che normalmente si incontrano, sfatando molti tabù e proponendo una cucina non a caso irriverente. Tamarillo, matisha, zatar e okra sono solo alcune delle “stravaganze” gustative che accompagnano il menu degustazione proposto, la cui evoluzione ruota attorno a ingredienti classici, in cui capesante, quaglie e rombi fungono da paracadute in grado di attutire l’impatto speziato che coinvolge ogni passaggio. Il risultato è gradevole seppur un po’ straniante. Trabetti dimostra di sapere dare del tu a pentole e fornelli, sfoggiando una tecnica ineccepibile e una conoscenza della materia che non trova arresti durante il percorso. Unico appunto è lo sviluppo della degustazione un po’ miope, con uno slancio creativo individualista, incapace ancora di dialogare con le idee proposte prima e avvicendate in seguito.

Notevole il Capriolo con verza in due realtà e okra in cui il gambo della pianta tropicale, grazie alla sua viscosità coinvolgente, smorza la nota ferrosa  della proteina, creando un contatto con la verza che ne esalta la consistenza. Da rivedere il Rombo, broccoli fermentati e lenticchie, dai tratti opachi, in cui la fermentazione del broccolo non è tale da spezzare la dolcezza del pesce né la persistenza delle lenticchie. Notevoli, invece, i Canederli di topinambur e riccio di mare con consommé allo zatar, che trovano la loro identità proprio nel gioco solido-liquido, in cui l’equilibrio consiste in un ballo di sapidità mai banale che si sposa alla perfezione con i colori esotici dello zatar e con la dolcezza terrosa del topinambur.

Dopo cena si conclude la serata al Jazz Club sottostante, sorseggiando un cocktail magistralmente eseguito coccolati dalla musica.

The Craftsman è una bella sorpresa, una lampo di luce limpida che taglia la nebbia padana, un valore aggiunto per la città di Reggio Emilia che sta risvegliandosi da un torpore durato troppo a lungo. Ciò che ancora manca arriverà, ne siamo assolutamente certi.

La galleria fotografica:

Il terremoto del 2012 ha letteralmente messo in ginocchio l’Emilia. Anche a Reggiolo, comune di Reggio Emilia, il paesaggio architettonico dopo quei giorni di scosse e terrore ha letteralmente cambiato volto. Tra gli altri edifici a farne le spese è stata una splendida villa settecentesca, nel pieno centro del paese, che fino ad allora era stato il regno dello Chef Gianni D’Amato e sua moglie Fulvia. Stiamo ovviamente parlando del ristorante il Rigoletto.
Ad oggi, ahinoi!, ciò che rimane del bistellato emiliano è quella che una volta era una sfarzosa villa,ora imbragata per benino, in attesa dell’agibilità richiesta per poter riacquisire il lustro di un tempo. Ma a dimostrazione che è proprio nei momenti di difficoltà che si riesce a tirar fuori il meglio di se stessi, la mente pensante dello Chef e lo spirito combattivo di Fulvia hanno dato vita ad un fratello minore del Rigoletto: il Rigolettino. Appoggiandosi all’adiacente Hotel Villa Nabila, questa “osteria moderna” si impegna ogni giorno a dar ristoro a nostalgici gourmet in cerca di notizie relative allo sviluppo dei lavori e a palati meno ricercati, intenti a sfamare più il corpo che la mente, durante la pausa pranzo.
Il locale è frizzante e giovanile, con tavoli colorati, mise en place essenziale come la moda impone in questo momento (e come del resto la tradizione dell’osteria italica ci insegna da secoli) con, sparsi qua e là, oggetti di culto tra cui una Berkel, un frigo tricolore, barattoli di caffè e contenitori in vetro ricolmi di vari formati di pasta. La carta dei vini proposta è ristretta ma in linea con il menù proposto, anche se, su richiesta è possibile attingere anche dalla carta del Rigoletto (la cantina è in comune). L’aggettivo apposto dai proprietari all’osteria, moderna, trova riscontro oltre che nell’arredo anche in un menù che spazia dalla carne al pesce, toccando la tradizione più classica del territorio ma strizzando l’occhio a lavorazioni più complesse, con tecniche di cottura contemporanee. Tradizione in evoluzione quindi quella proposta dallo spezzino Jacopo Lecci, l’allievo dello “cheffone” che troviamo a gestire il Rigolettino. In effetti Jacopo, ragazzo capace e dinamico, si occupa di tutto, ma proprio di tutto; è cuoco, cameriere, sommelier e anche maitre. Infatti è lui e lui solo che ci ha accolto, proposto un menù, consigliato il vino, rimpiazzato la mise en place, chiesto opinioni, servito e riverito.
Il servizio, anche se con una sala praticamente deserta, è stato all’altezza come del resto i piatti che, con tempistiche perfette, uscivano dalla cucina. L’influenza ligure del nostro “uomo di casa” si sente eccome nei Bottoni ripieni di pesto con fagiolini, patate batonette saltate e gazpacho di datterini. Il ripieno liquido di pesto è leggero, fresco e divertente, rinforzato però da una buona dose di parmigiano che insieme ad una sfoglia sottilissima rendono il piatto degno di un gemellaggio ligure-emiliano. La materia prima ittica degli antipasti è delle migliori, come del resto anche il filetto di maialino di Fracassi, guru sul tema chianina che sa però il fatto suo anche per quando riguarda i suini. A concludere la “torta Barozzi 2014” è quanto di meglio ci si possa aspettare da una ricetta classica leggermente rivisitata.

Il Rigolettino ha il grandissimo pregio di non tradire le aspettative, pur avendo da portare sulle spalle il peso di un’eredità piuttosto importante, e soprattutto di sapersi contestualizzare ed offrire “solo” ciò che vuole essere: un’osteria moderna.
E’ probabile che il futuro porterà ancora cambiamenti, nell’attesa è un piacere accomodarsi sulle belle sedie vestite del Rigoletto, godendo del presente ma sprofondando in nostalgici ricordi.

Mise en place
Il Rigolettino, Chef Gianni D'Amato, Jacopo Lecci, Reggiolo, Reggio Emilia
Il pane semi integrale con lievito madre e la focaccia ligure. Entrambi di altissimo livello.
pane, Il Rigolettino, Chef Gianni D'Amato, Jacopo Lecci, Reggiolo, Reggio Emilia
Crema di fagioli borlotti, calamaretto arrostito, composta di limoni di pantelleria e origano. Piatto gustoso, un’ottima apertura; la composta di limone dà un tocco pungente alla preparazione e si sposa molto bene con un calamaro di primissima scelta cotto a puntino.
crema di fagioli e borlotti,  Il Rigolettino, Chef Gianni D'Amato, Jacopo Lecci, Reggiolo, Reggio Emilia
Caprese di orata, pomodoro cuore di bue, mozzarella di bufala e pesto leggero. Piatto esteticamente non bellissimo ma, pur nella sua semplicità, di grande gusto. Anche qui orata ottima e cotta con grandissimo rispetto.
caprese di orata, Il Rigolettino, Chef Gianni D'Amato, Jacopo Lecci, Reggiolo, Reggio Emilia
Bottoni ripieni di pesto, fagiolini, patate saltate e gazpacho di datterini. Il piatto della giornata.
bottoni ripieni, Il Rigolettino, Chef Gianni D'Amato, Jacopo Lecci, Reggiolo, Reggio Emilia
Filetto di maiale brado, cicoria saltata e spuma di senape. Piatto equilibrato e ben pensato. Peccato solo per la cottura della carne un po’ eccessiva.
filetto di maiale, Il Rigolettino, Chef Gianni D'Amato, Jacopo Lecci, Reggiolo, Reggio Emilia
“Torta Barozzi 2014”, con mousse al cioccolato fondente 55%, sablè di nocciole e amaretti e salsa al mango. Un grande dessert. Bravi.
torta barozzi, Il Rigolettino, Chef Gianni D'Amato, Jacopo Lecci, Reggiolo, Reggio Emilia
Ecco il Rigoletto, quello originale, nel suo attuale stato. Il cartello indica vietato l’accesso ai non addetti ai lavori. Speriamo le cose cambino in fretta.
Il Rigolettino, Chef Gianni D'Amato, Jacopo Lecci, Reggiolo, Reggio Emilia

La storia siamo noi.
Così potrebbero dire, senza tema di smentita, all’Osteria del Viandante.
L’antica rocca, nella cui ala Sud-Est sorge l’Osteria, risale, infatti, al 1200. Dopo numerose trasformazioni, spaccata in due dalla Via Emilia, sede del Comune di Rubiera e del carcere militare per un breve periodo, è divenuta antro goloso, crocevia dei sapori della pianura attraversata dal Secchia ed ammantata di campi coltivati.
Farete un tuffo nel passato in questa deliziosa casa-ristorante. Pavimenti granigliati, mobilia d’epoca, suppellettili antiche. Camere adibite a piccole salette sono palcoscenici dove ogni giorno va in scena uno spettacolo nello spettacolo. (altro…)