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Pujol

Il nostro tour messicano non poteva che iniziare dalla capitale.
Qui la percentuale di persone sovrappeso è incredibilmente alta, ma non si fa fatica a comprenderne le motivazioni. Mangiano sempre, mangiano ovunque; lo street food, sia per la sua economicità che per la velocità, è diffusissimo. Si frigge un po’ di tutto, il chicharron (lardo di maiale fritto) è più comune delle patatine di Mc Donald’s negli States, lo junk food imperversa, non solo tra i più giovani.
Ma il Messico è anche altro, fortunatamente. Il mole (una salsa a base di cacao, peperoncino e spezie) è uno degli orgogli nazionali, lo si trova in numerose varianti, ma quello di Puebla lascia davvero il segno.
I mille peperoncini, la cucina piccante del Sud, quella di mare “Veracruz”, gli insetti dell’Oaxaca, le “chapulinas”, ovvero le cavallette fritte (buone, una volta superato lo scoglio psicologico) che potete trovare nei brulicanti mercati della regione, la guacamole e le tortillas di mais, sono solo alcune sfumature del mondo gastronomico messicano, elenco gioco forza ristretto, sintesi di una varietà culinaria regionale davvero impressionante, influenzata dalle colonizzazioni e dai popoli indigeni (Aztechi, Olmechi, Zapotechi, Maya…) che nel corso dei secoli si sono stanziati in questi territori.
Soffermandosi ad analizzare questo straordinario caleidoscopio gastronomico, comune anche ad altri Paesi del Sud America, sarà facile accorgersi di essere al cospetto di potenzialità inespresse, e ciò sia per la mancanza di capacità di comprensione che gli stranieri hanno nei confronti di queste cucine sia, a volte, per la scarsa volontà da parte dei sudamericani stessi di far conoscere la propria storia gastronomica, incastonata nella roccia inscalfibile della tradizione.

Era necessario l’avvento di spinte trainanti, di personalità importanti, per smuovere le acque e far venire a galla quest’isola felice. E così è stato, con l’affermazione di celebrity chef come Alex Atala con il D.O.M., Virgilio Martinez con il Central e non da ultimo Enrique Olvera, tra i massimi esponenti della nuova cucina messicana.

La prima impressione, appena entrati nella sala unica, lascia interdetti. I tratti dark vengono acuiti dal volume non accomodante della musica e dal mormorìo, che con il passare del tempo si tramuta in un vociare incessante. In quest’atmosfera tutt’altro che rarefatta il servizio sembra contestualizzato, mimetizzato in tutta la sua cordiale disinvoltura.
I menù degustazione (la carta non esiste), con opzioni tra cui scegliere per ogni portata, sono espressione di alcune tra le ricette più diffuse in Messico, leggermente rielaborate. Nulla di convenzionale dunque, nemmeno nella proposta, che, almeno nelle intenzioni, lascia trasparire la forte personalità dello chef, che non scende a compromessi con una cucina “internazionale”, ecumenica.

Approccio degno di nota, ma che lascia trasparire qualche tratto di indecisione al momento dell’applicazione pratica. I passaggi proposti infatti spaziano dall’utilizzo di ingredienti esotici ad altri più mainstream, a tratti veramente troppo vicini al cibo popolare reperibile in ristoranti meno blasonati.
Le tortillas di mais con agnello e maialino, ad esempio, sono buone, ma decisamente troppo poco complesse per una ristorazione di questo livello. Il pescato del giorno è scottato in padella e servito su semplici patate schiacciate e maionese. La tartare di manzo è mescolata con avocado e ravanello.
Interessante è, invece, l’idea di servire due mole con differenti “stagionature”, sebbene quello invecchiato oltre 1000 giorni abbia un gusto troppo invasivo.
Siate preparati ad assaggiare alcune delle prelibatezze messicane: formiche, le loro larve, il fungo del mais, le cavallette. Olvera, come altri celebri chef sudamericani, ha sdoganato gli insetti, parte integrante della dieta delle popolazioni indigene, così da creare un punto di contatto tra la tradizione e la sua evoluzione.

Ad avvalorare la nostra tesi è stata la visita ad un altro locale di Olvera, il Cosme , aperto da poco negli Stati Uniti.

In tale caso la tipologia della offerta, plasmata sui gusti cosmopoliti della Grande Mela, è certamente più agevolmente comprensibile ai palati occidentali, e probabilmente lo stesso chef ha tratto giovamento dal fatto di confrontarsi con una piazza più aperta in termini di accettazione delle novità, miscelate e filtrate dalle commistioni di culture che la rendono unica.

Detto questo, l’entusiasmo dimostrato dalla critica internazionale nei confronti del Pujol e i riconoscimenti di carattere internazionale, potrebbero essere giustificati dalla ventata di novità che il suo cuoco (e non solo lui) ha portato nella capitale messicana, ma riteniamo che l’attuale livello della cucina non sia paragonabile a quella delle grandi tavole mondiali.

L’evoluzione richiede tempo e perizia. La nuova gastronomia sudamericana sta arrivando e noi siamo qui ad attenderla.

Bocol Huasteco: tortilla di farina di mais e lardo con formaggio.
Boccon huasteco, Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera
Pannocchia baby affumicata con polvere di formiche “chicatanas”, caffè e maionese di peperoncino “costeno”. Molto interessante.
pannocchia, Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera
Chia tostada. Croccante tortilla con semi di chia e guacamole.
chia tostada, Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera
Chileatole (zuppa a base di mais) agli asparagi, con chicharron di peperoncino “mulato”.
chileatole, Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera
Chicharron (frittura) di pollo con larve di formica (escamole).
chicarron, Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera
Tartare di manzo con ravanello, avocado, conserva di limoni, crescione e tortilla.
tartare, Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera
Cuitlacoche, molleja (ventriglio), fegato di pollo. Il Cuitlacoche è un fungo di colore scuro che infetta le piantagioni di mais.
Cuitlacoche, Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera
Taco di maialino da latte, tortilla affumicata, purea di ceci, coriandolo, jalapeño rosso.
Taco, Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera
Taco di agnellino da latte, fiori di zucca, purea di avocado.
Taco, Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera
Pesce del giorno con burro nocciola, patate, maionese al limone, sedano.
pesce, Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera
Pollo, peperoncino marinato, nopal (cactus messicano), romeritos (simile al rosmarino, ma solo nell’aspetto), black radish, fagioli, polvere di cipolla.
pollo, Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera
Mole madre, mole nuevo 1025 giorni. Il piatto simbolo del Pujol, espressione della più famosa salsa messicana. Il mole “giovane”, dal colore più chiaro, vene servito con un mole invecchiato quasi tre anni, dal gusto molto intenso.
mole,Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera
Nigiri dolce con litchi.
nigiri, Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera
Churros.
churros, Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera
Mango.
mango, Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera
Gelato al latte di capra su tortilla fritta dolce.
gelato, Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera
Gelato di avocado salato con cacao, sesamo e mandorla.
gelato di avocado, Pujol, Città del Messico, Chef Enrique Olvera

A Milano,  la crescita esponenziale della ristorazione -a tutti i livelli di qualità- alla quale abbiamo assistito negli ultimi due anni, è uno dei più tangibili lasciti dell’ultima Esposizione Universale.

Un vorticoso movimento tra aperture, chiusure e trasferimenti di grandi chef, grandi tavole, concept di tendenza. Il movimento sotto il cielo meneghino ha visto la nascita di tavole etniche di qualità di cui, fino a poco più di un anno fa, non v’era traccia alcuna.
C’è chi ha fatto di Expo un punto di partenza, trasferendo marchio e concetto dalla periferia in uno dei nuovi e affascinanti scorci del centro della città.
Con che scelta?  Tra tante, la più intrigante era quella di dare lustro alla variegata cucina mesoamericana che, ormai è fatto notorio, rappresenta con quella sudamericana una delle nuove frontiere della gastronomia mondiale.
Vuoi per il ventaglio di prodotti, vuoi per il risvolto complesso del gusto tradizionale, con il quale ricorrono i sapori della cucina di strada, vuoi perché in Italia si è dato sempre importanza ai numeri, senza mai pensare al binomio tra questi e la qualità di determinate cucine.

Forse è stato l’insieme di tutti questi fattori, oltre ovviamente al business, che ha spinto Sandro Landucci, imprenditore italo-messicano, a replicare in pianta stabile, con l’idea che “squadra che vince non si cambia”, il progetto temporaneo che durante Expo era capace di macinare, tra ristorante e taco bar, poco meno di quattromila coperti al giorno.

L’investimento, si vede, è stato importante. Il locale è molto bello, oltre che spazioso e luminoso, alla base di Torre Solaria con vista sull’avveniristico quartiere di Porta Nuova e delle Varesine, e una grande cucina aperta. Location impreziosita da un design originale e assolutamente centrato (affascinanti le famose sedie Acapulco che tappezzano il soffitto).
Una buona margarita, una tequila o un mezcal sono un consigliato preludio a quelli che sono pezzi forti della cucina messicana.
Non si parla esclusivamente di tacos, burritos, nachos, fajitas e churros, ma di piatti più creativi che, al contempo, restano saldamente ancorati ai sapori della tradizione messicana.
A quanto pare non ci sarà un resident chef ma una girandola di grandi cuochi che, come ad Expo, si alterneranno proponendo piatti d’autore, durante periodi diversi.
Durante le nostre visite abbiamo conosciuto la cucina di Mario Espinosa, poco più di trent’anni, ex collaboratore del grande Enrique Olvera (“Pujol”), con esperienza dai fratelli Roca.
Più che la materia prima, dalla quale ci aspettavamo molto di più, c’è piaciuta la tecnica, assolutamente calibrata, e il controllato utilizzo delle salse che accompagnano tutte le preparazioni.
Un buon maialino confit, oltre le cotture dei pesci, sono i tratti distintivi della nostra esperienza.
I tacos sono buoni (meglio quelli di carne), la tostada con tonno, avocado e matcha di livello leggermente superiore così come le salse di accompagnamento.
Deludono invece i dolci, dall’esecuzione troppo scolastica ed estremamente banali, anche considerata la fascia di prezzo in cui si colloca il ristorante.
Il servizio è volenteroso, sorridente e gentile, ma il peso dei tanti coperti si fa sentire: alle volte capita che si crei un po’ di confusione, tanto a livello di tempistiche della cucina, quanto nelle incomprensioni, constatate più volte, nelle ordinazioni.
Il prezzo è più alto rispetto ai classici ristoranti messicani del panorama nazionale, ma a giustificarlo ci sono la location e la cura delle preparazioni che proiettano questa tavola etnica in un campionato di livello decisamente superiore.

E’ da apprezzare l’apertura a pranzo e cena, sette giorni su sette, per tutto l’anno.
Nell’attesa di una positiva evoluzione, consigliamo di provare il Besame Mucho prenotando un posto alla taqueria (al bancone), assaggiando qualche tacos o le tostada e pasteggiando con i buoni cocktails o con la più tradizionale birra: a nostro avviso è questa la formula ideale (nonché la più economica) per massimizzare la soddisfazione dell’avventore.

Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano

Purea di fagioli.
purea di fagioli, Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano
Salsa piccante.

Salsa piccante, Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano

Nachos.
Nachos, Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano
Lime.
lime, Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano
Tostada con tonno, avocado ed (evanescente) salsa matcha.
Tostada di tonno, Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano
Taco di pesce del giorno.
Taco di pesce, Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano
Gli ottimi tacos al pastor (con maiale cotto nello strutto).
tacos al pastor, Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano
Enchiladas di branzino.
enchiladas, Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano
Filetto di branzino, insalata di verza mista e maionese al peperoncino habanero. Tecnicamente ben fatto.
Filetto di branzino, Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano
Maialino confit, avocado e nachos con formaggio fresco. Una preparazione davvero gustosa.
maialino confit, Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano
Churros tradizionali.
churros, Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano
E i deludenti bunuelos.
bunuelos, Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano
Perfetta Margarita.
margarita, Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano

Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano

Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano

Besame Mucho, Chef Mario Espinosa, Milano