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Trippa

Unica e inimitabile

Se chiedete a Diego Rossi come è nata Trippa, lui, con quel pizzico di saccenza che può permettersi solo il fuoriclasse, vi dirà che l’ha creata perché non c’era nulla che a lui piaceva in giro. Infatti, fin dai primi mesi dopo l’apertura di questo locale, sono stati in molti a voler replicare la creatura di Diego Rossi e Pietro Caroli, tutti tentativi poco riusciti perché Trippa non è una trattoria e neppure un ristorante, è un vero e proprio microcosmo. Ne fanno parte i fornitori, la brigata di sala e cucina, i clienti (più o meno affezionati), le modalità di prenotazione e quella voglia di rompere e sovvertire le regole che sono l’essenza intrinseca di ogni avanguardia. Volendo paragonare Diego Rossi a un artista, la migliore similitudine è quella con Michelangelo Merisi, perché questo cuoco, come Caravaggio, padroneggia la tecnica ma eleva a protagonisti i vegetali più bistrattati così come i pesci e le carni dimenticate. Il tutto innovandosi sempre mediante la leva di quanto stagioni e mercato offrono ogni giorno.

La nobiltà delle materie “povere”

Tra i piatti più riusciti ci sono sicuramente la zucca arrosto con la bagnacauda oppure il cavolfiore, dal sapore schietto, con fonduta e tartufo nero. Croccanti e delicati invece i carciofi, proposti in insalata con sarde di lago e pompia, un agrume, quest’ultimo, quasi sconosciuto ma di estrema bontà.

Tra i primi sono imperdibili le paste fresche col ragù del giorno, nel nostro caso un sugo di daino dal gusto ricco ma non invadente. Eccellenti anche i secondi, dove meritano di essere citate le cotture alla brace eseguite sempre a puntino. Lo chef è bravissimo anche a nobilitare il quinto quarto in tutte le sue forme, non solo la classica trippa, quasi sempre in carta e proposta in vari modi, ma anche qualcosa di meno usuale come il fegato di coniglio alla veneziana oppure il lampredotto all’amatriciana.

Se si è fortunati tra i fuori carta si possono trovare le parti meno nobili del pescato, dalla buzzonaglia di tonno ai sottogola alle teste del pesce arrostite, da mangiare rigorosamente con le mani.

Ma quando si parla di Trippa non si può dimenticare Pietro Caroli, l’alter ego di Diego, tra i tavoli, e tutto il personale di sala, per metà rimasto immutato dall’apertura e capace di instaurare un rapporto diretto con gli avventori, pur restando molto professionale. La carta dei vini è cresciuta col tempo, purtroppo anche nei prezzi, conservando la sua originalità e offrendo un’abbondante scelta, comunque per tutte le tasche.

Dopo varie visite, pensiamo sia arrivato il momento di valutare Trippa alla stregua di un ristorante, perché si può fare avanguardia e ricerca anche riscoprendo le tecniche di cottura classica come avviene tra questi tavoli, oppure proponendo dei prodotti vegetali alla stessa stregua di ingredienti più nobili e costosi. E poi ci sono piatti iconici come il vitello tonnato o la trippa fritta, ormai “classici” della cucina italiana d’autore.

La Galleria Fotografica:

Un valido indirizzo nel cuore di Porta Romana: Pastamadre, trattoria siciliana dal buon rapporto qualità/prezzo

Quella di Porta Romana è diventata, con un’accelerata particolarmente decisa negli ultimi anni, una delle zone di Milano a più alta densità di ristoranti, anche se spesso, purtroppo, più dotati di fumo che non di arrosto.
Destreggiandosi però con un po’ di attenzione tra le innumerevoli insegne, è possibile pescare più di un indirizzo interessante o comunque particolarmente gradevole. E’ sicuramente questo il caso di Pastamadre, piccolo ristorante in via Corio, localizzato praticamente di fronte al capofila delle “trattorie” non solo di Porta Romana, ma della città tutta: il pluricelebrato Trippa.

Due vetrine affacciate sul marciapiede mostrano al passaggio un locale intimo e circoscritto, che ricorda nei toni e nelle dimensioni un izakaya giapponese. Una decina di tavoli stretti e vicini, con sedie di dimensioni davvero lillipuziane, inserite in una sala dall’arredamento essenziale e dai toni chiari. Appena entrati e dato uno sguardo in giro, la prima impressione fa pensare ad una proposta dall’ispirazione giapponese, o comunque di taglio orientale.
E invece, il motore della cucina di questo locale è il sud Italia, più precisamente la Sicilia, e tutte le preparazioni che compaiono in carta ruotano intorno ai classici isolani. In carta abbiamo trovato, nell’ordine: macco di fave novelle, insalata di polpo come alle Eolie, arancino al ragù, tenerume saltato con aglio, pasta con le sarde, biancomangiare alla mandorle… in pratica, Milano-Sicilia solo andata.

Un punto di forza sono le paste fatte in casa, molteplici e, per quanto riguarda quelle da noi assaggiate, degne di nota. Non tutto è allo stesso ottimo livello (dall’arancino ci aspettavamo molto di più, così come dalla Stigghiola, meno decisa nel sapore di quanto è lecito aspettarsi) ma la media del pasto resta comodamente sopra la sufficienza.

Completano l’offerta un servizio fin troppo rapido e determinato ma sempre cortese, e una buona carta dei vini -parametrata ovviamente al tipo di locale- che, nonostante le numerose assenze segnalate tra le varie pagine, permette di godere di qualche bottiglia interessante ottimamente prezzata.

Un valido indirizzo per tutte le volte in cui gradite una buona cucina, semplice e materica, anche visti e considerati i prezzi, assolutamente onesti.

La galleria fotografica:

Un must a Milano: Trippa, la trattoria del futuro di Diego Rossi e Pietro Caroli

Come deve essere una trattoria nel nuovo millennio?
Non sappiamo se sia stata questa domanda il punto di partenza del progetto, ma di sicuro Trippa è la risposta giusta al quesito, come testimonia la costante difficoltà di trovare un tavolo da queste parti.

Ripensare il concetto di ristorazione popolare e tradizionale è progetto ambizioso e spesso destinato a insuccessi o glorie effimere: da queste parti, però, tutto è stato pensato in maniera impeccabile e appare vero e sentito.
Il locale è caldo e sembra davvero lì da sempre; l’accoglienza è gentile ma informale, curata dal socio dello chef Pietro Caroli, con sorrisi che non sono mai di circostanza. La cantina non enorme, ma piena di referenze scelte con attenzione al gusto e al portafoglio.

La cucina, poi, è la protagonista principale di questo successo: piatti fatti per accontentare ogni palato ma eseguiti con la misura di uno chef che ha vissuto l’alta cucina e sa dosare piccoli azzardi, minime deviazioni del gusto fatte per alleggerire o rendere ancora più appetitose pietanze conosciute da sempre.

Antipasti e primi, soprattutto, sono eccellenti, con tartare di qualità sopraffina, sia nella carne sia nel pescato (da segnalare quella di cavallo, quando c’è) e paste fresche e secche sempre di grandissima golosità, con proposte del giorno che invogliano al frequente ritorno. Nel nostro caso degli gnocchi al ragù di coniglio che, pur proposti in quantità da trattoria, sono finiti in un attimo.

Ai secondi, in cui la tecnica di Diego Rossi emerge cristallina, potreste arrivare un po’ affaticati, se vi sarete fatti tentare da pane e scarpette: rischiereste così di non godere il pesce del giorno o alcune proposte più “hard” come i sanguigni spiedini di interiora di coniglio o le declinazioni di trippa e altri pezzi di quinto quarto sempre presenti. Dolci di impronta tradizionale, senza sbavature, magari da condividere viste anche in questo caso le porzioni generose.

Intorno a voi noterete un pubblico davvero eterogeneo, ma non vi sfuggirà che molti sono clienti abituali, come in ogni osteria che si rispetti: non temete, però, sarete trattati con la stessa simpatia e calore e, se riuscirete a prenotare, non mancherete di diventare voi stessi degli habitué.

Milano è indubbiamente una città dalla natura a due facce.

Da una parte il lato più intimamente meneghino: popolare, affezionato e saldo alle tradizioni ed alle usanze, con lo sguardo rivolto alle innumerevoli proposte relative al “passato” che questa città ha da offrire.
Dall’altra l’aspetto più attuale, dinamico ed “internazionale”, estremamente sensibile alle mode e alle tendenze, che subisce influenze e ne detta a sua volta, costantemente in divenire e proiettato in avanti.
Due lati che coesistono, si tollerano, spesso si incrociano e altrettanto spesso non perdono occasione per deridersi, trovando all’atto pratico ben pochi punti d’incontro.

Ed è proprio in questi rari punti d’incontro che la Trattoria Trippa si insinua, riuscendo ad accontentare praticamente chiunque, senza far storcere il naso al tradizionalista -che non lo bollerà come “posto da fighetti”- ed al contempo attirando e convincendo la fazione più trendy, quella più attenta al contenitore che al contenuto.

Tavolate, dunque, eterogenee al massimo: dalla coppia fashion-addicted con lo sguardo più rivolto ad Instagram che ai piatti, al gruppo di colleghi appena usciti dall’ufficio; dall’anziana coppia di habitué, al tavolo di appassionati venuti di proposito, qui le sedie difficilmente restano vuote.
Tutto ciò grazie ad un attento mix, composto in primis dalla qualità degli ingredienti, ma anche dal felice posizionamento (nella viva zona di Porta Romana) e non ultimo da un’ottima strategia di comunicazione.
Questo il segreto del successo di Trippa, di tale portata che innumerevoli sono state le persone rimbalzate durante la nostra cena; qui, senza prenotazione, avrete vita davvero difficile.

Più di ogni altra cosa però, quel che ci ha sorpreso è stato il contenuto del piatto, nonostante fossimo consci che Diego Rossi non sia certo uno sprovveduto. Piatti dall’anima popolare e l’aspetto “da trattoria”, ma processati con l’occhio critico, la selezione, la cura e le attenzioni normalmente dedicati a cucine dagli intenti ben più nobili. Carni mai meno che eccellenti (di provenienza Macelleria Martini, di Boves), verdure rispettate e valorizzate dalla sapiente cottura, sapori e profumi tradizionali concentrati, amplificati e cesellati attraverso la tecnica e l’esperienza, il tutto servito in porzioni considerevoli e proposto a prezzi decisamente corretti.

Una cena da Trippa è paragonabile ad un viaggio su una strada conosciutissima, ma percorsa per la prima volta a piedi anziché -come sempre- in macchina; rallentando l’andatura, si riescono a percepire dettagli mai visti, ad apprezzare tutte le sfaccettature e tutti i più importanti piccoli particolari, prima di quel momento mai rilevati.

Completano la bella esperienza un servizio rapido e capace, sintonizzato sullo stesso mood della cucina, ed una carta dei vini semplice ma sensata, con qualche buon prodotto italiano in continua rotazione, nonché una bella scelta di vermouth & affini per il dopo cena.

La spartana mise en place, con tovagliette di carta oltre a tavoli e sedie di legno. Più trattoria di così!
Trattoria Trippa, Chef Diego Rossi, Milano
Cocotte di broccolo fiolaro, guanciale Santoro e pepe nero.
cocotte di broccolo, Trattoria Trippa, Chef Diego Rossi, Milano
Il vitello tonnato, davvero sublime. Difficile immaginarlo migliore di così.
vitello tonnato, Trattoria Trippa, Chef Diego Rossi, Milano
La zuppa del giorno: con cavolfiori, carciofi e polvere di liquirizia.
zuppa del giorno, Trattoria Trippa, Chef Diego Rossi, Milano
Eliche Gentile con ragù di coda alla vaccinara.
eliche con ragù, Trattoria Trippa, Chef Diego Rossi, Milano
Disponibile praticamente sempre come fuori carta la Trippa, questa volta proposta alla romana.
trippa, Trattoria Trippa, Chef Diego Rossi, Milano
Nessuno spazio residuo per i dessert, ma compaiono in sala due assaggi al quale è impossibile dire di no.
Tastasal…
Tastasal, Trattoria Trippa, Chef Diego Rossi, Milano
…e midollo alla brace.
midollo alla brace, Trattoria Trippa, Chef Diego Rossi, Milano
I vini aperti per l’occasione.
vini, Trattoria Trippa, Chef Diego Rossi, Milano
vino, Trattoria Trippa, Chef Diego Rossi, Milano
La trattoria, vista dalla strada.
Trattoria Trippa, Chef Diego Rossi, Milano