Passione Gourmet Pizzeria Archivi - Pagina 2 di 14 - Passione Gourmet

Montegrigna

Lenta lievitazione, materie prime e padronanza del forno

Gli appassionati di pizza ben sanno cosa voglia dire provenire da Tramonti (SA), ed è proprio questo il paese nativo di Bruno De Rosa, patron della pizzeria Montegrigna di Legnano. A soli 26 anni, nel 1971, apre la prima sede a Legnano, per poi trasferirsi in zona residenziale: un ingresso che non si scorgerebbe quasi se non vi si stesse andando di proposito. Il locale è decisamente essenziale, senza orpelli, ordinato e luminoso. Il bel bancone d’altri tempi dà il benvenuto all’ingresso dove vi è una piccola sala prima dei gradini che porteranno all’ampia sala principale, per un totale di una ottantina di coperti.

Scansionato il QR code che rimanda al menù sul sito, ci troviamo innanzi a una lista molto corposa di pizze. Tutti gli impasti sono a lenta lievitazione, le farine utilizzate sono moltissime, oltre alle aggiunte quali limone, origano, peperoncino a dare un quid in più. Gli ingredienti di qualità spaziano dalle alici del Mar Cantabrico al maiale nero calabrese e, come il menù sottolinea, la composizione di ogni pizza è pensata al meglio per esaltarne l’impasto. Vi sono anche degli antipasti freddi, focacce, bruschette salumi e formaggi oltre a una contenuta offerta dalla cucina in termini di primi e contorni.

Ogni impasto è unico per fragranza, croccantezza, colore

Iniziamo con un Calzone a impasto giallo, ovvero impastato con farina di mais e 00, croccante e profumato. All’interno Scarola appassita, fiordilatte, capperi, alici del Mar Cantabrico, olive taggiasche, pecorino e olio evo. Al taglio, l’olio fuoriesce, la pasta croccante è invitante già alla sola vista, i capperi e le alici del Mar Cantabrico le conferiscono una sapidità delicata, smorzata dagli altri ingredienti. I bordi del calzone, dove la pasta si sovrappone, sono spessi ma dalla consistenza gradevole. Proseguiamo con una scoperta strabiliante, davvero da provare, la Pizza al mais viola con carciofi: fiordilatte, carciofi artigianali, patate sotto cenere, olive Riviera, Parmigiano 30 mesi in cottura, olio evo. Un tripudio di sapori: i carciofi, leggermente piccanti, fanno da chiosa ad ogni boccone, mentre davvero centrata è la delicatezza delle deliziose patate col profumo del mais e l’umami del Parmigiano.

Il climax ascendente per sapidità prosegue con una pizza a base ”Impasto alle erbe e peperoncino dedicato a mio padre”: farro, segale e farina 00. La consistenza soffice dell’impasto, non a caso, è chiamata “sinfonia“, ed è condita con Pomodori passiti, guanciale, alici del Mar Cantabrico, Prosciutto cotto di Parma, Bitto, origano di montagna, olio evo. La cottura degli ingredienti è ottimale, nonché scongiurata la paura di una eccessiva sapidità. Elemento ricorrente, qui, il fatto che tutti gli ingredienti siano distinguibili e ben bilanciati: il peperoncino nell’impasto ben amalgamato, l’alice è imponente e opulenta.

I dolci, artigianali, sono a cura della figlia del patron, Stefania De Rosa. Tra i vini, una selezione consigliata per la pizza – sono tutte proposte di Tramonti – oltre a una più classica e contenuta proposta di rossi bianchi e spumanti. Due birre alla spina e due birre artigianali chiudono l’offerta, insieme a liquori nazionali e artigianali. Il servizio è cordiale, genuino e appassionato, interessato allo scambio con l’avventore.

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Piano B: pizza contemporanea a Siracusa

Friedi Schmuck è romano di nascita ma tirolese di origine, da parte di padre. L’altra parte, riferita alla mamma, di origini siracusane, lo porta giovanissimo a trasferirsi a Ortigia. La mamma, del resto, sarà un elemento capitale della sua formazione: gli trasferisce infatti la passione per la cucina che culmina, nel 2011, con l’inaugurazione della sua pizzeria Piano B. “Mancava una pizza romana scrocchiarella a Siracusa”, così nasce la sua avventura. La folgorazione però avviene ai corsi di un noto mulino del nord Italia, dai cui maestri mutua i segreti degli impasti, tanto da decidere di evolvere il suo prodotto e la sua proposta.

Oggi sono cinque le tipologie d’impasto che trovate proposte da Piano B. C’è la pizza romana, sottile, e quella tipo napoletana ma evoluta, col cornicione ben rigonfio; poi c’è l’impasto a fermentazione spontanea, da idrolisi, e la pizza cotta al padellino con impasto quasi interamente integrale. Noi ne abbiamo provate quattro, tutte tra il buono e il discreto. Ingredienti di qualità ottima abbinati a una pizza che, in linea generale, è sempre risultata un filo troppo cruda, non ben cotta. Un prodotto che, però, vale la pena davvero di tenere in considerazione perché in zona ha pochi rivali, forse nessuno.

Segnatevi questo indirizzo e andate a provarla, quando sarete in visita a questa splendida città.

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El pibe de oro della pizza abita a Caserta

Sulla personalità e sul talento di Francesco Martucci, alias el pibe de oro, abbiamo veramente poco da aggiungere. La sua crescita è inarrestabile: dopo aver attrezzato più di 300 metri quadri di cucina con ogni diavoleria conosciuta sull’orbe terracqueo (abbattitori, roner, essicatori, liofilizzatori, estrattori, affumicatori) lui continua a sperimentare; il fine? Costruire un nuovo codice della pizza contemporanea. E lo fa a suo modo, con un suo percorso personale, e con doti davvero rare: perseveranza da un lato, talento istintivo dall’altro e un grande, grandissimo palato che gli fa scoprire equilibri e dosaggi a molti ancora sconosciuti.

La sua versione di marinara, il futuro di marinara, oltre che nella mirabile tripla cottura (al vapore a 100°, fritta a 180° e al forno 400-420°) che conferisce una croccantezza unita a una leggerezza davvero formidabili, è un punto di riferimento per quella salsa di pomodoro concentrata quanto leggera e per gli ingredienti sapientemente dosati: crema di pomodoro arrosto, per la precisione, che ricorda il ragù cotto ore e ore sulla stufa economica; pesto di aglio orsino, capperi di Salina, olive di Caiazzo, alici di Trapani e origano di montagna.

L’innovazione e il gusto nella pizza migliore del mondo

Un tripudio e un’esplosione di sapori e un grande, grandissimo assemblaggio di prodotti. Francesco Martucci cerca il meglio, non solo in Italia, e lo lavora fino a fare della pizza una materia nobile in barba alla sua estrazione popolare. Ma il capolavoro compiuto è proprio questo.

Anche nelle pizze più tradizionali, tipo la Parmiggiana, riesce a imprimere una forza e un sapore che solo i grandi palati riescono a codificare. Quale? In questo caso il ricordo della parmigiana della nonna, quella un filo ossidata ma meravigliosamente golosa. Passando attraverso la 4 pomodori in 4 consistenze, con un lavoro tra asciugature/essicature, concentrazioni e lavorazioni che rende davvero onore al re pomodoro. Finiamo con il capolavoro contemporaneo della Popeye,  spinaci al burro di Normandia, coppa di testa di Simone Fracassi, crema acida di bufala, zest di limone. Un unicum davvero micidiale.

Un talento unico, che non si arresta, e che continua la sua crescita e la sua evoluzione con costanza e tenacità.

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Pecora Negra: la pizzeria del cuoco n. 1 al mondo per la World 50 Best

Mauro Colagreco, con una folgorante carriera, è diventato indiscutibilmente il cuoco di punta nella sua nazione d’adozione, la Francia. Tra gli altri, i più importanti riconoscimenti sono la prima posizione nella classifica della World 50 best e le tre stelle dalla Guida Michelin, riconoscimenti che lo hanno proiettato nell’olimpo dell’alta gastronomia.

Siamo stati tra i primi a visitarlo, in quell’ormai lontano 2006, quando decise di lanciarsi in una impresa folle – ma la follia è uno dei tratti distintivi dei grandi uomini – aprendo il suo ristorante, il Mirazur, a un passo dal confine italiano.
Mai stanco, mai soddisfatto, sempre sorridente e disponibile, Mauro Colagreco ha da poco aperto anche una pizzeria sul lungomare di Mentone perché, non dimentichiamolo, nelle sue vene scorre sangue italiano. Un’altra scommessa azzardata, rischiosa, ma, come tutte, vinta a mani basse.

Una pizza fragrante quella del Pecora Negra, con un punto di cottura ottimo e una stilistica che la fa assomigliare alla pizza di Stefano Callegari di Sforno. Cottura lievemente pronunciata, lievitazione perfetta, condimenti di qualità appropriati. E prezzi coerenti.

Un plauso a Colagreco, per aver creato un secondo locale di grande successo, che propone una pizza veramente molto buona, appena oltre il confine.

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Il laboratorio creativo di Renato Bosco

Usiamo la locuzione “laboratorio creativo” non a caso, dal momento che quella di Renato Bosco è una realtà variegata e multiforme che a oggi conta ben sei locali – degustazione, asporto, ma anche pasticceria e cucina – dislocati tra le provincie di Verona e Prato.

Un’evoluzione che spazia su più fronti: da oltre trent’anni in prima linea nella sperimentazione su lievitati e panificati, il pizzaiolo, classe 1967, ha distillato la linea generale della sua filosofia in ben sette tipologie di impasti. L’occhio guarda alla tradizione, alla classica pizza tonda napoletana ma poi si posa su orizzonti che abbracciano sia soluzioni con quella che lui chiama “Pasta Madre Viva” – un mix di farina di cereali e acqua a fermentazione spontanea – sia su preparazioni d’ispirazione orientale.

Siamo nella sala di degustazione di San Martino Buon Albergo, propriamente battezzata Renato Bosco Pizzeria, casa-madre dell’intero concept di Saporè che, invece, si trova a Verona. Un locale sobrio, minimale ma dalle luci calde e accoglienti.

La pizza contemporanea

Abbiamo optato per un percorso in cui, a farla da padrone, fossero le varianti più diversificate del prodotto. Ad aprire le danze ci ha pensato Mozzarella di pane, la proposta più ardita del menù: un panino lievitato immerso nell’acqua di governo della mozzarella cotto al vapore e infine inciso e farcito. Il risultato è un ibrido tra una mozzarella e un mantou, dalla consistenza gommosa e dai sentori di latte. Ottimamente accordato con la dolcezza della farcitura con zucca, burrata e amaretti, ci è parso sopraffatto dalla prepotenza della burrata nella variante con l’acciuga.

A seguire, Pizzacrunch, una rivisitazione della pizza in teglia alla romana estremamente croccante grazie alla lunga lievitazione, connubio perfetto con la farcitura in cui spiccava la duplice forma del pomodoro – confit e in salsa – a rincorrersi tra dolcezza e acidità.

Come terza portata arriva Aria di pane, vero e proprio signature dish di Renato Bosco: l’impasto a base di Pasta Madre Viva viene cotto al forno e, una volta servito, acquisisce una voluminosità tanto fragrante nella crosta esterna quanto evanescente nell’imbottitura interna. Molto delicata la versione con lavarello del Garda, omaggio alla fauna ittica del versante veronese dell’omonimo lago.

In chiusura, da segnalare la Tartelletta al Lemon Curd, in cui l’acidità dell’agrume ha bilanciato la consistenza della crema. Da applausi la pasta frolla, di una friabilità clamorosa.

Il percorso di Renato Bosco si conferma di anno in anno sempre più sicuro e sperimentale. Non possiamo che augurarci che prosegua, dunque, di questo passo.

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